Cento anni di Bibliofilía: atti del Convegno internazionale, Biblioteca nazionale centrale di Firenze, 22-24 aprile 1999
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Abstract
Cento anni di Bibliofilía: atti del Convegno internazionale, Biblioteca nazionale centrale di Firenze, 22-24 aprile 1999, a cura di Luigi Balsamo, Pierangelo Bellettini, Alessandro Olschki. Firenze, Olschki, 2001. iv, 426 p. ISBN 88-222-5002-8. Eur 92,95.
Le pagine d'apertura di questa pubblicazione celebrativa e il fitto "gioco di specchi" citazionale che dal suo interno segnala sistematicamente altri testi o altri eventi, riportano alla memoria i complessi segmenti paratestuali che hanno caratterizzato la maggior parte delle opere erudite del Cinque e Seicento: quei lunghi itinera letterari - fatti di prefazioni, avvisi, lettere, dediche, con una trama serrata di segnalazioni e rimandi - che ancora oggi costituiscono la più allettante miniera informativa per il bibliografo attento. Allo stesso modo, fatte salve le debite differenze, anche il paratesto che precede questi atti congressuali olschkiani è fonte preziosa per dati e circostanze: ci rappresenta infatti un bell'intreccio di casi di cultura, che non sarebbe stato meglio tratteggiato dal più appassionato dei saggisti barocchi.È comprensibile, d'altronde, come per onorare la figura di Leo Samuel Olschki e festeggiare il centenario della sua amata creatura, «La Bibliofilía» - ora pubblicata col sottotitolo di Rivista di storia del libro e di bibliografia, ma apparsa al momento della fondazione, nel 1899, con la didascalia Raccolta di scritti sull'arte antica in libri, stampe, manoscritti, autografi e legature -, si sia voluta in qualche modo rievocare, nell'allestimento del volume, una foggia intellettuale e editoriale tipica di un periodo storico che Olschki frequentava da par suo. Dagli scritti iniziali - euritmicamente articolati in Premessa, Saluto della Direttrice della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, Inaugurazione della Mostra storica della Casa editrice Leo S. Olschki e Apertura del Convegno - veniamo a sapere quanto laboriosa e protratta sia stata la raccolta di materiali e relazioni (un paio non ottenute per la stampa; una, al contrario, aggiunta in tale sede). Veniamo anche informati di quanto sia stato complesso il percorso celebrativo progettato dall'editore attraverso le distinte pubblicazioni che si sono volute correlare al centenario: le dispense II e III del 1999 e la I del 2000 della Bibliofilía, che hanno contenuto tempestivamente le relazioni dei convegnisti, sebbene in ordine diverso da quello della manifestazione; il volume illustrativo della Mostra sulla casa editrice tenutasi parallelamente al congresso (Centotredici anni. Catalogo storico della Mostra. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, 22 aprile - 23 maggio 1999); il libro Anatomie bibliologiche, contenitore commemorativo di saggi - parimenti commemorativi - già proposti in Bibliofilía II/III del 1998, fatto conoscere al pubblico proprio nella circostanza del convegno. Per non parlare dei documenti d'archivio che sono stati portati man mano alla luce, alcuni in occasione del meeting e altri successivamente, in tempo per l'uscita degli atti.
Nella sezione iniziale, predominante, sono stati collocati quattordici interventi. I primi rivisitano tematiche e materie dibattute nel corso degli anni sulla Rivista, attraverso uno scrupoloso spoglio delle dispense e una valutazione del peso che ciascun'area di studio ha avuto nel caratterizzare il profilo scientifico del periodico (Fahy, "La B." e gli studi bibliologici in Italia; Scapecchi, "La B." e lo studio degli incunaboli in Italia; Zancani, B. e filologia: contributi agli studi quattro-cinquecenteschi; A. Rosenthal, "La B." e la musica; Tamani, "La B." e la bibliografia ebraica; Petrucci Nardelli, "La B." e la storia della legatura). Altri relatori, invece, analizzano i legami materiali e intellettuali che hanno costituito lo scenario storico in cui «La Bibliofilía» si è collocata. In qualche caso tali nessi si evincono per analogia (Palazzolo, "Il Bibliofilo", 1880-1890: un precedente di breve durata; Bruni, Due riviste a confronto: "La B." e "The Library"), in altri casi per la contiguità degli obiettivi e degli interessi (Grignani, La Società bibliografica italiana e "La B."; Cristiano, L'antiquariato librario italiano di fine Ottocento e un suo protagonista: Ulisse Franchi). Ad altri studiosi è affidato il compito di dar vita a una bella galleria di personaggi che del periodico sono stati a vario titoli partecipi o prossimi: Rhodes, "La B." 1954-1999: ricordi autobiografici; Bellettini, Carlo Frati (1863-1930) e "La B."; Harris, Il primo stampatore de "La B.": Salvadore Landi; Minicucci, Scritture ridolfiane minori. Prefazioni e recensioni. Si segnalano tra questi per la sua corposità il saggio di Bellettini, e per la sua particolarità quello del Rhodes, in quanto l'autore è l'unico a raccontare in prima persona la propria collaborazione, oltre tutto per un arco di tempo che copre ben quarantacinque anni.
Questa prima serie di interventi, così nutrita di notizie e dettagli, costituisce il cuore della pubblicazione celebrativa. Sebbene sia una prassi quasi scontata il raccogliere, in sede di centenario o altra ricorrenza, un'ampia messe di testimonianze utili a delineare il profilo dell'istituzione festeggiata - talvolta, magari, rischiando di renderlo anche un po'troppo "certificato" -, non si può fare a meno di rilevare come in questo caso i risultati delle ricerche si segnalino per ricchezza e varietà, e rendano palese, anche ai meno addottrinati, quale sia lo spessore culturale e il valore storico di questa Rivista, tuttora una delle nostre pubblicazioni più apprezzate anche in campo internazionale.La seconda sezione, composta da otto contributi di argomento bibliografico e bibliologico, è stata congegnata come se dovesse riprodurre, in un certo qual modo, la "dispensa perfetta", attraverso l'esemplificazione di alcuni caratteristici campi di studio abitualmente coltivati nella «Bibliofilía»: storia della stampa (Conway, The early career of Lorenzo de Alopa; Staikos, The printing shop of Nikolaos Vlastos and Zacharias Kallierges; Mosley, Sources for Italian typefounding), di bibliofili e di collezioni librarie (Hobson, L'abate e il marchese; Hellinga, Il console Joseph Smith collezionista a Venezia per il mercato inglese), di discipline bibliografiche (López-Vidriero, Los estudios de historia del libro en España durante el siglo XX); non manca, in chiusura, un rinnovato omaggio al fondatore della casa editrice (B. Rosenthal, Una lettera di Leo S. Olschki a Marie Pellechet del 1898). Tra tutti questi saggi ci sembra necessario fare particolare menzione del suddetto lavoro di James Mosley, la cui vastità è frutto anche di una rielaborazione successiva al Convegno. L'autore ha potuto, infatti, in sede di pubblicazione, mettere in giusta evidenza, accanto al ragionamento critico, la porzione bibliografica, che ci pare davvero riduttivo chiamare Appendix. In essa sono infatti citati, talvolta con larghezza di dettagli e osservazioni, talaltra con maggior brevità, quasi centotrenta specimina di caratteri tipografici provenienti da stamperie o case editrici italiane, dal XVI sin oltre la metà del XIX secolo. L'elenco dei testi è organizzato in base al criterio geografico, ma l'indice dei nomi e quello cronologico consentono ulteriori canali di ricerca. La scarsità di fonti bibliografiche e storiche su questo specifico ed importante settore della storia del libro - poco frequentato dagli studiosi, fatti salvi alcuni ben noti capisaldi della letteratura - rende una tale ricognizione ad ampio raggio di particolare interesse per i cultori della tipografia del nostro paese.
Le pagine d'apertura di questa pubblicazione celebrativa e il fitto "gioco di specchi" citazionale che dal suo interno segnala sistematicamente altri testi o altri eventi, riportano alla memoria i complessi segmenti paratestuali che hanno caratterizzato la maggior parte delle opere erudite del Cinque e Seicento: quei lunghi itinera letterari - fatti di prefazioni, avvisi, lettere, dediche, con una trama serrata di segnalazioni e rimandi - che ancora oggi costituiscono la più allettante miniera informativa per il bibliografo attento. Allo stesso modo, fatte salve le debite differenze, anche il paratesto che precede questi atti congressuali olschkiani è fonte preziosa per dati e circostanze: ci rappresenta infatti un bell'intreccio di casi di cultura, che non sarebbe stato meglio tratteggiato dal più appassionato dei saggisti barocchi.È comprensibile, d'altronde, come per onorare la figura di Leo Samuel Olschki e festeggiare il centenario della sua amata creatura, «La Bibliofilía» - ora pubblicata col sottotitolo di Rivista di storia del libro e di bibliografia, ma apparsa al momento della fondazione, nel 1899, con la didascalia Raccolta di scritti sull'arte antica in libri, stampe, manoscritti, autografi e legature -, si sia voluta in qualche modo rievocare, nell'allestimento del volume, una foggia intellettuale e editoriale tipica di un periodo storico che Olschki frequentava da par suo. Dagli scritti iniziali - euritmicamente articolati in Premessa, Saluto della Direttrice della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, Inaugurazione della Mostra storica della Casa editrice Leo S. Olschki e Apertura del Convegno - veniamo a sapere quanto laboriosa e protratta sia stata la raccolta di materiali e relazioni (un paio non ottenute per la stampa; una, al contrario, aggiunta in tale sede). Veniamo anche informati di quanto sia stato complesso il percorso celebrativo progettato dall'editore attraverso le distinte pubblicazioni che si sono volute correlare al centenario: le dispense II e III del 1999 e la I del 2000 della Bibliofilía, che hanno contenuto tempestivamente le relazioni dei convegnisti, sebbene in ordine diverso da quello della manifestazione; il volume illustrativo della Mostra sulla casa editrice tenutasi parallelamente al congresso (Centotredici anni. Catalogo storico della Mostra. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, 22 aprile - 23 maggio 1999); il libro Anatomie bibliologiche, contenitore commemorativo di saggi - parimenti commemorativi - già proposti in Bibliofilía II/III del 1998, fatto conoscere al pubblico proprio nella circostanza del convegno. Per non parlare dei documenti d'archivio che sono stati portati man mano alla luce, alcuni in occasione del meeting e altri successivamente, in tempo per l'uscita degli atti.
Nella sezione iniziale, predominante, sono stati collocati quattordici interventi. I primi rivisitano tematiche e materie dibattute nel corso degli anni sulla Rivista, attraverso uno scrupoloso spoglio delle dispense e una valutazione del peso che ciascun'area di studio ha avuto nel caratterizzare il profilo scientifico del periodico (Fahy, "La B." e gli studi bibliologici in Italia; Scapecchi, "La B." e lo studio degli incunaboli in Italia; Zancani, B. e filologia: contributi agli studi quattro-cinquecenteschi; A. Rosenthal, "La B." e la musica; Tamani, "La B." e la bibliografia ebraica; Petrucci Nardelli, "La B." e la storia della legatura). Altri relatori, invece, analizzano i legami materiali e intellettuali che hanno costituito lo scenario storico in cui «La Bibliofilía» si è collocata. In qualche caso tali nessi si evincono per analogia (Palazzolo, "Il Bibliofilo", 1880-1890: un precedente di breve durata; Bruni, Due riviste a confronto: "La B." e "The Library"), in altri casi per la contiguità degli obiettivi e degli interessi (Grignani, La Società bibliografica italiana e "La B."; Cristiano, L'antiquariato librario italiano di fine Ottocento e un suo protagonista: Ulisse Franchi). Ad altri studiosi è affidato il compito di dar vita a una bella galleria di personaggi che del periodico sono stati a vario titoli partecipi o prossimi: Rhodes, "La B." 1954-1999: ricordi autobiografici; Bellettini, Carlo Frati (1863-1930) e "La B."; Harris, Il primo stampatore de "La B.": Salvadore Landi; Minicucci, Scritture ridolfiane minori. Prefazioni e recensioni. Si segnalano tra questi per la sua corposità il saggio di Bellettini, e per la sua particolarità quello del Rhodes, in quanto l'autore è l'unico a raccontare in prima persona la propria collaborazione, oltre tutto per un arco di tempo che copre ben quarantacinque anni.
Questa prima serie di interventi, così nutrita di notizie e dettagli, costituisce il cuore della pubblicazione celebrativa. Sebbene sia una prassi quasi scontata il raccogliere, in sede di centenario o altra ricorrenza, un'ampia messe di testimonianze utili a delineare il profilo dell'istituzione festeggiata - talvolta, magari, rischiando di renderlo anche un po'troppo "certificato" -, non si può fare a meno di rilevare come in questo caso i risultati delle ricerche si segnalino per ricchezza e varietà, e rendano palese, anche ai meno addottrinati, quale sia lo spessore culturale e il valore storico di questa Rivista, tuttora una delle nostre pubblicazioni più apprezzate anche in campo internazionale.La seconda sezione, composta da otto contributi di argomento bibliografico e bibliologico, è stata congegnata come se dovesse riprodurre, in un certo qual modo, la "dispensa perfetta", attraverso l'esemplificazione di alcuni caratteristici campi di studio abitualmente coltivati nella «Bibliofilía»: storia della stampa (Conway, The early career of Lorenzo de Alopa; Staikos, The printing shop of Nikolaos Vlastos and Zacharias Kallierges; Mosley, Sources for Italian typefounding), di bibliofili e di collezioni librarie (Hobson, L'abate e il marchese; Hellinga, Il console Joseph Smith collezionista a Venezia per il mercato inglese), di discipline bibliografiche (López-Vidriero, Los estudios de historia del libro en España durante el siglo XX); non manca, in chiusura, un rinnovato omaggio al fondatore della casa editrice (B. Rosenthal, Una lettera di Leo S. Olschki a Marie Pellechet del 1898). Tra tutti questi saggi ci sembra necessario fare particolare menzione del suddetto lavoro di James Mosley, la cui vastità è frutto anche di una rielaborazione successiva al Convegno. L'autore ha potuto, infatti, in sede di pubblicazione, mettere in giusta evidenza, accanto al ragionamento critico, la porzione bibliografica, che ci pare davvero riduttivo chiamare Appendix. In essa sono infatti citati, talvolta con larghezza di dettagli e osservazioni, talaltra con maggior brevità, quasi centotrenta specimina di caratteri tipografici provenienti da stamperie o case editrici italiane, dal XVI sin oltre la metà del XIX secolo. L'elenco dei testi è organizzato in base al criterio geografico, ma l'indice dei nomi e quello cronologico consentono ulteriori canali di ricerca. La scarsità di fonti bibliografiche e storiche su questo specifico ed importante settore della storia del libro - poco frequentato dagli studiosi, fatti salvi alcuni ben noti capisaldi della letteratura - rende una tale ricognizione ad ampio raggio di particolare interesse per i cultori della tipografia del nostro paese.
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