Kenneth Whittaker, Metodi e fonti per la valutazione sistematica dei documenti
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Abstract
Kenneth Whittaker. Metodi e fonti per la valutazione sistematica dei documenti. Edizione italiana a cura di Patrizia Lucchini e Rossana Morriello. Manziana (Roma): Vecchiarelli, 2002, xiv, 120 p. (Studi e testi; 17). ISBN 88-8247-087-3. Eur 13.
La traduzione italiana del volume di Whittaker, i cui criteri di valutazione dei documenti si è cercato in questi anni di divulgare (non so con quali pratici risultati), viene a colmare una lacuna nella complessa operazione di formazione, arricchimento e sfoltimento delle raccolte. Ne viene presentato un utile adattamento che, pur non mettendo in discussione l'impostazione originaria, ne evidenzia la validità metodologica e intellettuale, come è giustamente affermato nella presentazione del volume.Dopo i primi due capitoli che introducono al metodo e i successivi tre che si occupano dei criteri proposti, il sesto, riguarda le fonti informative e quindi il riferimento a giudizi altrui, giudizi che servono a rafforzare o, in caso di mancata disponibilità dell'opera, a sostituire la valutazione sistematica. Gli ultimi due capitoli, i più innovativi, si riferiscono all'applicazione della griglia a documenti cartacei e non cartacei, differenti dal libro ed allo sfoltimento delle raccolte.
Ancora attuali sono le osservazioni svolte dal Whittaker nel lontano 1982 in cui si affermava che la valutazione per la selezione dei documenti è un argomento essenziale per la carriera della maggior parte dei bibliotecari di professione e che quindi dovrebbe far parte della formazione di tutti gli studenti di biblioteconomia. A tale proposito, mentre non mi soffermo a elencare i pregi di questa traduzione che sono molti, vorrei invece proporre una breve riflessione sul metodo per rispondere alla domanda che Whittaker si poneva nella prefazione già citata, sottolineando che nel 1977 (e forse anche oggi) solo l'1% degli studenti di biblioteconomia (inglesi) considerava la selezione un argomento fondamentale per la propria professione. I bibliotecari infatti tendono a considerare essenziale per la loro formazione, la descrizione formale del documento da inserire in cataloghi, in elenchi ecc. mentre considerano (consideravano?) "estraneo" qualsiasi altro approccio. Al contrario l'attività produttiva è il "condizionante" della selezione, anche se era, ieri, fuori dal contenitore ove si organizzano ordinatamente i documenti ed, oggi, fuori dalla virtualità dei record della rete. Riportare l'operazione della valutazione alle normali operazioni catalografiche e bibliografiche, cambiando solo il contesto (dalla forma al prodotto; dalla descrizione alla valutazione) può essere un modo per avvicinare due "mondi", che pur appartenendo allo stesso "circuito", poco si comprendono e si apprezzano. Infatti gli elementi utilizzati da Whittaker (personali, di organizzazione della pubblicazione ecc.) sono in gran parte riducibili al lavoro catalografico, bibliografico e di indicizzazione per materia o per soggetto. Ho detto, in gran parte, poiché il testo dell'autore inglese è sicuramente più ricco di suggestive indicazioni.
Una seconda osservazione: scorrendo il capitolo sulle fonti per la valutazione, ho nuovamente rilevato la "penuria" di strumenti bibliografici indirizzati specificatamente alle biblioteche (soprattutto quelle medio-piccole, di pubblica lettura), strumenti che segnalino le novità suddivise per materia e per livello con brevi ma precisi giudizi o repertori annuali o pluriennali che consentano sia "il ripescaggio" di documenti non acquisiti, sia lo sfoltimento o il rinnovo totale o parziale delle raccolte (penso, anche in questo caso alle biblioteche medio-piccole).Infine una giusta precisazione: va dato atto che il primo tentativo di traduzione e applicazione del metodo di Whittaker, dopo i suggerimenti di Miranda Sacchi, è stato compiuto da Carla Rivolta nella sua tesi Metodologie di valutazione nella scelta del libro, presentata nell'anno scolastico 1984-85 presso la scuola IAL-CISL di Brescia.
La traduzione italiana del volume di Whittaker, i cui criteri di valutazione dei documenti si è cercato in questi anni di divulgare (non so con quali pratici risultati), viene a colmare una lacuna nella complessa operazione di formazione, arricchimento e sfoltimento delle raccolte. Ne viene presentato un utile adattamento che, pur non mettendo in discussione l'impostazione originaria, ne evidenzia la validità metodologica e intellettuale, come è giustamente affermato nella presentazione del volume.Dopo i primi due capitoli che introducono al metodo e i successivi tre che si occupano dei criteri proposti, il sesto, riguarda le fonti informative e quindi il riferimento a giudizi altrui, giudizi che servono a rafforzare o, in caso di mancata disponibilità dell'opera, a sostituire la valutazione sistematica. Gli ultimi due capitoli, i più innovativi, si riferiscono all'applicazione della griglia a documenti cartacei e non cartacei, differenti dal libro ed allo sfoltimento delle raccolte.
Ancora attuali sono le osservazioni svolte dal Whittaker nel lontano 1982 in cui si affermava che la valutazione per la selezione dei documenti è un argomento essenziale per la carriera della maggior parte dei bibliotecari di professione e che quindi dovrebbe far parte della formazione di tutti gli studenti di biblioteconomia. A tale proposito, mentre non mi soffermo a elencare i pregi di questa traduzione che sono molti, vorrei invece proporre una breve riflessione sul metodo per rispondere alla domanda che Whittaker si poneva nella prefazione già citata, sottolineando che nel 1977 (e forse anche oggi) solo l'1% degli studenti di biblioteconomia (inglesi) considerava la selezione un argomento fondamentale per la propria professione. I bibliotecari infatti tendono a considerare essenziale per la loro formazione, la descrizione formale del documento da inserire in cataloghi, in elenchi ecc. mentre considerano (consideravano?) "estraneo" qualsiasi altro approccio. Al contrario l'attività produttiva è il "condizionante" della selezione, anche se era, ieri, fuori dal contenitore ove si organizzano ordinatamente i documenti ed, oggi, fuori dalla virtualità dei record della rete. Riportare l'operazione della valutazione alle normali operazioni catalografiche e bibliografiche, cambiando solo il contesto (dalla forma al prodotto; dalla descrizione alla valutazione) può essere un modo per avvicinare due "mondi", che pur appartenendo allo stesso "circuito", poco si comprendono e si apprezzano. Infatti gli elementi utilizzati da Whittaker (personali, di organizzazione della pubblicazione ecc.) sono in gran parte riducibili al lavoro catalografico, bibliografico e di indicizzazione per materia o per soggetto. Ho detto, in gran parte, poiché il testo dell'autore inglese è sicuramente più ricco di suggestive indicazioni.
Una seconda osservazione: scorrendo il capitolo sulle fonti per la valutazione, ho nuovamente rilevato la "penuria" di strumenti bibliografici indirizzati specificatamente alle biblioteche (soprattutto quelle medio-piccole, di pubblica lettura), strumenti che segnalino le novità suddivise per materia e per livello con brevi ma precisi giudizi o repertori annuali o pluriennali che consentano sia "il ripescaggio" di documenti non acquisiti, sia lo sfoltimento o il rinnovo totale o parziale delle raccolte (penso, anche in questo caso alle biblioteche medio-piccole).Infine una giusta precisazione: va dato atto che il primo tentativo di traduzione e applicazione del metodo di Whittaker, dopo i suggerimenti di Miranda Sacchi, è stato compiuto da Carla Rivolta nella sua tesi Metodologie di valutazione nella scelta del libro, presentata nell'anno scolastico 1984-85 presso la scuola IAL-CISL di Brescia.
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