Il codice e le biblioteche

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Luca Bellingeri

Abstract

Certamente costituisce la riforma di gran lunga più importante fra le molte che in questi ultimi mesi hanno interessato il settore dei beni culturali. Certamente, pur fra le mille polemiche che ne hanno accompagnato la nascita, costituisce un'importante evoluzione nella disciplina del settore. Certamente, almeno per alcuni aspetti, costituisce un'altra occasione mancata per il mondo delle biblioteche.
Si tratta della legge fondamentale per il settore dei beni culturali, quella legge di tutela che ha visto la luce lo scorso 22 gennaio 2004 (D. lo n.42), a proposito della quale, prima di soffermarsi più estesamente sulle biblioteche, non si può non dedicare almeno un cenno ad alcuni elementi di carattere generale di particolare spicco.
Così appare, ad esempio, di particolare rilievo la individuazione, nell'articolo 1, dei principi fondamentali ai quali il Codice si ispira, oppure la soluzione adottata di ricomprendere finalmente in un'unica serie tutti i beni culturali, a qualunque categoria appartengano, o di riconoscere la natura di bene culturale a tutta una serie di realtà ignorate dalla precedente normativa. Meritevole infine il tentativo, anche se non sempre del tutto riuscito, di fornire una puntuale ed organica definizione giuridica delle molteplici attività connesse al patrimonio culturale, o degli istituti e luoghi della cultura ad essi preposti.
Per converso, non si può non accennare alle molte perplessità suscitate dall'articolo 12 sulla verifica dell'interesse culturale ed alle conseguenze anche gravi che, secondo alcuni, avrebbe potuto comportare sulla sopravvivenza stessa del nostro patrimonio culturale. La disposizione è infatti apparsa a molti commentatori tanto più grave, in considerazione del fatto che l'intera procedura di verifica deve concludersi entro 120 giorni dal suo avvio e, in caso di mancata risposta nei termini, la verifica deve intendersi conclusa con esito negativo.
Se tuttavia nel complesso il giudizio che si può dare del nuovo Codice è sostanzialmente positivo, il discorso cambia sensibilmente quando ci si ponga nell'ottica specifica delle biblioteche.
Ancora una volta, infatti, molti dei problemi del settore non sono stati nemmeno sfiorati dal Codice, mentre per molti altri la risposta fornita è stata quanto meno parziale ed insoddisfacente.
Basti pensare, ad esempio, al complesso ed articolato tema della fruizione dei beni librari, liquidato in un solo comma, oppure, all'assenza di ogni riferimento ai servizi bibliografici nazionali ed all'istituto del deposito legale, o alla deludente e riduttiva definizione di biblioteca fornita dalla lettera b) del comma 2 dell'articolo 101, la prima definizione di biblioteca, si noti, mai formulata in un testo normativo italiano ed appunto per questo certamente meritevole di una maggiore attenzione e consapevolezza
Ugualmente confusa e contraddittoria appare poi la soluzione adottata in merito al riparto di competenze fra Stato e Regioni in materia di tutela dei beni librari, una materia, come è noto, radicalmente modificata dal decreto di trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative statali in materia di biblioteche degli enti locali del 1972, in base al quale, caso unico nel panorama dei beni culturali, gli uffici delle soprintendenze ai beni librari erano stati trasferiti alle Regioni e le loro competenze parte trasferite e parte delegate alle Regioni stesse. Ebbene, la formulazione assai poco chiara dei commi 2 e 3 dell'art.5, lungi dal sanare una storica discrasia introdotta in materia dal D.P.R. n.3/1972, sembra invece destinata ad accrescere l'incertezza per il futuro.
Disattenzione, scarsa considerazione per il settore delle biblioteche, semplice approssimazione? Certamente in parte anche questo, ma in realtà il vero problema è probabilmente un altro, se vogliamo ben più sostanziale, solo parzialmente legato alla specifica questione del Codice e direttamente connesso invece con la natura stessa dei nostri istituti e, quindi, della nostra specifica professione. Se, come scriveva nel 1967 Angela Vinay, le nostre biblioteche hanno il compito di conservare i beni librari posseduti, ma anche quello di diffondere e produrre cultura, fornendo ai lettori non solamente ciò che possiedono, ma sopratutto ciò di cui essi hanno bisogno, è infatti chiaro che il Codice non può, se non solo parzialmente, rispondere alle nostre esigenze e specificità.

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