Il volume raccoglie una serie di interventi già pubblicati in "International preservation news" o presentati a simposi e convegni (prevalentemente Conferenze generali dell'IFLA) fra il 1996 e il 1999, e, trattando indifferentemente di oggetti digitali, di carta permanente, di micro e macro ambienti per la conservazione di documenti su supporti deperibili, di documenti sonori e fotografici, di fonti di storia orale, ha il merito di ricondurre culture e tecniche conservative settoriali e modelli organizzativi differenti all'interno di un quadro comune di riferimento. Inconsueta, forse, per il lettore italiano è anche l'ampiezza del contesto geografico, evidente nella ricca serie di contributi sulla conservazione di materiali tipici dei paesi dell'Estremo Oriente, in particolare Cina e Sud-est asiatico.
Il primo gruppo di interventi costituisce una buona introduzione ai temi della conservazione degli oggetti digitali: sono evidenziati alcuni aspetti critici, come la necessità e al contempo la difficoltà di definire criteri di selezione dell'informazione digitale che si intende conservare e l'esigenza che i progetti di digitalizzazione tengano conto dell'obiettivo della conservazione di lungo periodo in tutte le fasi della loro realizzazione (pensiamo ad esempio all'esigenza di raccogliere i metadati necessari alla conservazione già nelle fasi di acquisizione degli oggetti digitali); e ancora il problema irrisolto della gestione dei diritti di proprietà intellettuale, e l'esigenza di dotarsi di strumenti integrati per l'accesso alle collezioni digitali, attraverso la cooperazione e lo sviluppo di standard (Gould e Varlamoff). Il tema della costruzione di un archivio nazionale delle pubblicazioni in formato digitale, con particolare riferimento all'esperienza australiana, una delle più avanzate al riguardo, è affrontato da Webb e, in una prospettiva più ampia, da Lyall.
Il primo individua le aree di intervento rilevanti dal punto di vista metodologico: formazione e sviluppo della collezione digitale, descrizione degli oggetti e loro denominazione permanente (ad esempio, attraverso URN), aspetti gestionali (autenticazione e controllo di integrità), sviluppo di set di metadati, rapporto centralizzazione/decentramento della collezione digitale, conservazione di lungo periodo, con una sintetica ed utile rassegna delle tecniche di conservazione degli oggetti digitali. Lyall analizza le condizioni del successo di una politica nazionale di conservazione di documenti di ogni tipo, delineando un modello organizzativo che vede attività e responsabilità di conservazione ampiamente diffuse sul territorio ma con un forte coordinamento da parte di un organismo centrale. Interessante, anche pensando alla situazione italiana, la constatazione dello scarso impatto che in diversi paesi hanno avuto i programmi costruiti a tavolino e, di conseguenza, l'indicazione di definire il piano nazionale a posteriori, puntando al coordinamento dei migliori progetti già avviati.
I due interventi successivi trattano dei supporti sonori ed audiovisivi. Da un'indagine condotta nel 1995 dalla International Association of Sound Archives (IASA) sono emersi con chiarezza le condizioni ed i problemi di conservazione delle varie tipologie di supporti sonori (cilindri in cera o celluloide, dischi in acetato, shellacs a 78 giri, dischi in vinile, nastri in acetato, in poliestere, in PVC, compact disc). I supporti in acetato sono quelli a maggior rischio di deperimento e perdita (Boston). Per la conservazione dei contenuti sonori ed audiovisivi non c'è alternativa alla digitalizzazione ed alla conservazione degli oggetti digitali ottenuti in archivi capaci di autocontrollarsi e autorigenerarsi, definendo a seconda delle necessità il metodo di conservazione più appropriato (Schuller).
Seguono tre contributi dedicati al tema del deperimento dei supporti cartacei. Le caratteristiche della carta permanente, tale cioè da mantenere la propria struttura fisico-chimica stabile per un lungo periodo di tempo, sono definite dalla norma ISO 9706, che costituisce una buona risposta all'esigenza di ridurre gli interventi di conservazione e restauro nel medio periodo. Il problema, tuttavia, è quello di diminuire i costi di produzione della carta alcalina (Dahlo). Buoni risultati si ottengono anche con l'aggiunta di carbonato di calcio alla polpa durante il processo di fabbricazione; è necessario comunque continuare le attività di ricerca ed i programmi di test sui materiali, anche in vista del processo di revisione della norma ISO 9706 (Svensson e Alwarsdotter). Kastaly illustra le strategie conservative della collezione di 300.000 volumi di quotidiani e periodici posseduti dalla Biblioteca nazionale ungherese: microfilmatura a tappeto (un milione di pagine microfilmate ogni anno), deacidificazione, laminazione con polietilene e carta giapponese. In Ungheria è stata dimostrata la convenienza economica della produzione di carta alcalina con aggiunta di carbonato di calcio, e ad oggi l'85% della carta prodotta o importata è conforme alla normativa ISO. Essenziale comunque per una corretta pianificazione delle attività di conservazione sarebbe un'esplicita menzione su ciascuna pubblicazione delle caratteristiche della carta adoperata.
La maggior parte dei restanti contributi passa in rassegna la situazione delle biblioteche e degli archivi nei paesi del Sud-est asiatico. Per la gran parte di questi (e si tratta di paesi quasi senza storia scritta, in cui la memoria storica si sta formando) i documenti conservati in archivi e biblioteche, spesso deperibilissimi come i manoscritti su foglia di palma, costituiscono le uniche testimonianze di un retroterra culturale comune, messo a dura prova dall'imperialismo occidentale del XIX secolo e poi dalle guerre devastanti del XX, cui è seguito lo sviluppo di ideologie fortemente nazionalistiche e poco sensibili a quel retroterra. Conservare e valorizzare tali documenti, rendendoli disponibili per il sistema educativo, contribuisce in maniera determinante alla ricostruzione di un'identità regionale e di un sistema di valori comune, premessa della rinascita e dello sviluppo economico.
A questi principi si ispirano i programmi di formazione e cooperazione in loco messi in atto dal Dipartimento Conservazione della Biblioteca della Cornell University (Stato di New York, USA), che detiene, con il fondo Echols, la più ricca collezione al mondo di libri e manoscritti del Sud-est asiatico, ed ha sviluppato competenze particolari nella gestione di questi materiali. Dean e Abhakorn illustrano le campagne di microfilmatura ed i progetti di conservazione in atto nei monasteri buddisti e negli altri istituti di conservazione in Thailandia, Laos, Burma, Cambogia e Vietnam. Significativa la proposta di Dean di istituire un centro sovraregionale per la conservazione nel Sud-est asiatico con l'obiettivo di creare in loco competenze tecniche e manageriali tali da rendere questi paesi autosufficienti in merito alle strategie ed ai programmi di conservazione.
Ai macro e microambienti per la conservazione sono dedicati gli interventi di Shenton (British Library) e di Kenjo (Istituto nazionale giapponese per la proprietà culturale). Sono illustrati i sistemi di monitoraggio ambientale, di filtraggio del particolato e dei gas esausti, di controllo di temperatura, umidità e condizioni di illuminazione. Caratteristica la preferenza giapponese, paese in cui il problema fondamentale è l'elevato tasso di umidità, per gli scaffali ed i contenitori in legno di cedro o cipresso, in grado di assorbire ed espellere l'umidità meglio di altri materiali. Per quanto riguarda i microambienti vengono utilizzati contenitori privi di ossigeno e in grado di assorbire le sostanze inquinanti, strips rivelatrici di acidità, alcalinità e presenza di solventi o di resine, liquidi di pulizia a base di glicole propilenico. Sono in corso di sperimentazione anche nuovi contenitori in silicato di calcio, che ha un comportamento simile al legno relativamente all'umidità, ma resiste bene anche al fuoco.
Zuzao Lin, della Biblioteca Zhejiang di Hangzhou, illustra la situazione cinese, in cui coesistono metodi tradizionali di difesa dei documenti cartacei dagli insetti e dall'umidità (arsenico bianco, erbe aromatiche, contenitori in legno di canfora, carbonella) con altri più moderni (scansione digitale per favorire l'accesso ai documenti, congelamento a -40° per 48 ore, conservazione sotto vuoto). Altri interventi sono dedicati alla conservazione e restauro di globi geografici (Roger e Hubert), all'Archivio fotografico del Comune di Lisbona, che mette a disposizione del pubblico 350.000 immagini digitalizzate (Pavao) e al laboratorio di rilegatura automatizzata dei libri attivo all'interno della Nazionale francese (Tsagouria). Chiude il volume un contributo di Varlamoff e McKenzie che richiama i molteplici tragici eventi che nel corso del XX secolo hanno portato alla distruzione di collezioni librarie (si pensi a Sarajevo), ed illustra le convenzioni internazionali sulla protezione della proprietà culturale.
Si esce dalla lettura del libro con la convinzione che la tutela e la valorizzazione di quanto sostanzia l'eredità culturale dei popoli debba passare per la definizione di progetti integrati, basati su standard o linee guida internazionali, mirati almeno alla ormai classica triade archivi/biblioteche/musei, senza dimenticare le istituzioni private e di ricerca; progetti dunque di qualità elevata, in grado di convincere i decisori istituzionali e politici e mobilitare risorse economiche, divenendo strumenti di politica culturale.
Maurizio Messina
Biblioteca nazionale Marciana, Venezia