A coronamento di una intensa, ricca ed innovativa attività in un settore documentario troppo spesso negletto, il Gruppo di studio sulle pubblicazioni ufficiali dell'AIB, costituitosi alla fine del 1995, si è confrontato, durante questo convegno, con professionisti della documentazione, ma anche con operatori dell'editoria e studiosi ed esperti di fonti amministrative ed istituzionali. Non che le riflessioni ivi svolte abbiano messo il suggello su queste tematiche, che, anzi, hanno trovato una eco internazionale nel corso del convegno "L'informazione pubblica nella società dell'informazione" (Roma, 23-24 novembre 2000) con una relazione di Fernando Venturini, dal titolo La documentazione di fonte pubblica e le biblioteche (consultabile in linea all'indirizzo http://www.burioni.it/forum/vent-dfp.htm); inoltre, dopo lo scioglimento del gruppo, l'opera prosegue con la predisposizione di quello strumento utilissimo e aggiornatissimo costituito dalla Documentazione di fonte pubblica in rete (DFP) consultabile su AIB-WEB. Il convegno, comunque, ha segnato un'occasione importante per focalizzare l'attenzione sul ruolo delle biblioteche come snodo strategico sia per la raccolta e il controllo della documentazione di fonte istituzionale che per la trasmissione e disseminazione delle informazioni. Infatti, come molte relazioni hanno sottolineato, soprattutto grazie allo sfruttamento delle nuove potenti tecnologie, a tale documentazione non si avvicinano più soltanto i diretti operatori e gli studiosi, bensì anche i cittadini interessati, che possono così, concretamente, esercitare il diritto costituzionale all'informazione e alla crescita culturale.
Tutto il convegno, in effetti, ruota su due concetti fondamentali ed interagenti: per censire e controllare la documentazione di fonte pubblica occorre un chiarimento terminologico che, andando oltre la definizione tradizionale di pubblicazioni ufficiali, si appunti sui contesti istituzionali e le tipologie documentarie coinvolti; d'altro canto, per poter fruire della documentazione appartenente a questo insieme così definito, si deve ripensare all'utenza, sulla base delle sue esigenze sia generiche, sia specialistiche. Relativamente a quest'ultimo concetto, non vi è dubbio, infatti, che, anche grazie a molte recenti leggi, in particolare quella sulla trasparenza amministrativa, si stia attuando un rovesciamento dell'impianto giuridico romanistico, che fa gravare sul cittadino l'onere della conoscenza delle norme giuridico-amministrative, a vantaggio, invece, di una concezione giuridica che cura l'interesse del cittadino, sostanziandolo di atti che rendano l'accesso alla documentazione di fonte pubblica condizione necessaria per l'esercizio pieno dei diritti di cittadinanza. Per esercitare davvero questi diritti, sottolinea Gregorio Arena, si deve superare l'ottica del diritto di accesso ai documenti "utilizzato più in vista dell'apertura poi di un conflitto, comunque di un contenzioso con l'amministrazione, che non per meri scopi conoscitivi" (p. 248). Al cittadino, infatti, interessano le informazioni contenute non solo nei documenti amministrativi prodotti dai soggetti pubblici, ma anche in quelli (normativi, politico-istituzionali, bibliografici ecc.) di cui i soggetti si sono serviti per l'elaborazione di quegli stessi documenti; spostando l'accento, allora, sulla diffusione e la disponibilità dei documenti, la pubblica amministrazione rende trasparente la propria attività e consente al cittadino di verificare la qualità dei servizi pubblici erogati.
Anche nella relazione di Alberto Petrucciani e Paolo Traniello viene evidenziato lo stretto rapporto fra l'attività informativa da parte della biblioteca e lo sviluppo della democrazia amministrativa, e in quella di Maria Grazia Vecchio si ribadisce che le biblioteche, nel far circolare le informazioni di fonte pubblica, assolvono a "un dovere di pubblica utilità" e contribuiscono alla "realizzazione del valore democratico che caratterizza la società moderna" (p. 175). Nicola Palazzolo auspica la costruzione di sistemi informativi orientati al cittadino, perché si sani quel "deficit di informazione giuridica dovuto sia alla massa documentale di materiale normativo e giurisprudenziale, non facilmente dominabile dal cittadino comune, sia alle difficoltà di decodifica del linguaggio normativo" (p. 85). Numerose sono, infatti, le insidie dell'informatica giuridica, cioè della documentazione giuridica prodotta e diffusa da enti pubblici tramite strumenti telematici, insidie che Gabriele Gatti mette bene in evidenza e di cui egli auspica il superamento grazie all'apporto delle "professioni documentarie".
In questa nuova visione informativo-documentale, spunti significativi emergono dagli interventi di Paola Geretto e Giuseppe Vitiello: la prima illustra la parabola della statistica, che da scienza dello stato si trasforma, attraverso le differenti politiche seguite dall'Istat, in "informazione trasparente al servizio di tutti i cittadini" (p. 120); il secondo ci fa riflettere sul ruolo primario che dovrebbero assumere i servizi bibliografici nazionali per soddisfare le esigenze di informazione relative ad attività pubbliche, per diffondere pubblicazioni di notevole valore culturale, ma di scarso interesse commerciale, per accrescere la libertà di espressione in rete, dando voce anche alle minoranze culturali e linguistiche, evitando, nel contempo, quella forma di censura che avviene al momento della distribuzione, quando "certe pubblicazioni non riescono a raggiungere le librerie e vengono quindi ignorate dal pubblico" (p. 229). Quest'ultimo tema è affrontato anche da Giuliano Vigini che, al termine del suo excursus sull'editoria pubblica italiana, auspica il superamento della situazione attuale, caratterizzata da un'editoria pubblica, non commerciale, debole, "che non può trovare in libreria un punto stabile di riferimento" (p. 44), ma che invece dovrebbe acquistare visibilità "attraverso un tempestivo e organico lavoro informativo" (p. 45).
Ma come può il cittadino, che è il destinatario degli atti delle pubbliche amministrazioni, esercitare il suo diritto all'informazione, se non ha, ben organizzati e fruibili, i più svariati documenti pubblici, se non dispone, cioè, di una chiara definizione della documentazione da consultare? E qui torniamo al primo dei nodi interconnessi a cui ci si riferiva prima, per cui l'inadeguatezza del concetto da una parte, e la dilatazione del concetto stesso, dall'altra, rischiano di vanificare ogni sforzo di controllo bibliografico. Per questo Fernando Venturini e il gruppo da lui coordinato hanno lavorato per una definizione più puntuale delle cosiddette "pubblicazioni ufficiali", in considerazione del fatto che l'attuale definizione presenta criticità sia in relazione al concetto di ufficialità, riferito al contenuto giuridico, piuttosto che al contenuto della pubblicazione, sia in relazione al concetto di pubblicazione, in un'epoca in cui c'è sempre più separazione fra testo e supporto. Da qui la proposta di riservare il termine "pubblicazioni ufficiali" per i fogli legali e le altre pubblicazioni con certezza giuridica, e di connotare come "documentazione di fonte pubblica" "l'insieme dei prodotti documentari (con diffusione o rilevanza esterna) delle amministrazioni pubbliche" (p. 18).
Ma, al di là delle questioni terminologiche, interessante è l'approccio alle questioni poste da tale documentazione: da quello della sua produzione, sempre più soggetta a sfruttamento commerciale, a quello della fruizione più ampia, grazie alla diffusione in rete. A fronte di una produzione documentaria sempre meno centralizzata e sempre più "smaterializzata", la fruizione da parte degli utenti non può che richiedere servizi differenziati a seconda delle reali esigenze di generici cittadini o professionisti e studiosi. È, quindi, necessario un ripensamento, nella realtà italiana, circa la "possibilità di un controllo bibliografico separato e decentrato" e la individuazione di "un punto che rappresenti una sorte di stanza di compensazione dell'informazione istituzionale in rete" (p. 28-29), quello che Arena, nel suo intervento prima citato, definisce una sorta di "sportello unico" (p. 250), in cui una rete di biblioteche diffuse su tutto il territorio permetta un accesso unificato alle più disparate fonti informative delle diverse amministrazioni pubbliche.
Quest'ultima tematica del controllo bibliografico (con il suo corollario della diffusione) è affrontata in maniera particolare nel corso della tavola rotonda conclusiva del convegno, prendendo spunto dal disegno di legge sul deposito legale (Atto Camera 3610). Tutti gli interventi mettono in evidenza che l'efficacia del controllo non può essere garantita da una soluzione centralistica, del resto in crisi in gran parte dei paesi biblioteconomicamente più avanzati, ma si deve fondare sullo sviluppo di raccolte specializzate. Ciò presuppone una grande cooperazione interistituzionale e una esaltazione del ruolo delle biblioteche, l'unico posto in cui sia "possibile tradurre quelle informazioni in sapere, [...] con l'aiuto dei libri e del bibliotecario" (p. 152). Non si può non accogliere questo invito forte e chiaro, con l'augurio che si possano superare anche gli "steccati" fra competenze documentarie in settori affini (bibliotecari e documentalisti) e fra discipline tradizionalmente contrapposte (la biblioteconomia e l'archivistica).
Zanetta Pistelli
Unità di missione "Selezione ed aggiornamento degli archivi", Università di Pisa