Con questo volume l'autore intende documentare la storia dei servizi bibliotecari per gli immigrati negli Stati Uniti dal 1876, anno di fondazione dell'ALA e inizio dell'effettivo riconoscimento della professione bibliotecaria, sino alla fine della seconda guerra mondiale.
Poiché l'immigrazione è stata per gli Stati Uniti uno dei fenomeni che più ha contribuito a determinarne l'identità nazionale e lo sviluppo nel corso dei secoli, in questo libro il modificarsi dei flussi migratori e la storia dell'immigrazione fanno da sfondo all'interazione tra l'attività delle biblioteche pubbliche e la comunità degli immigrati nel suo insieme. Uno degli obiettivi di questo lavoro è quello di delineare l'atteggiamento dei bibliotecari e della biblioteconomia verso la questione immigrazione ed immigrati, atteggiamento che ha via via influenzato il costituirsi e l'evolversi dei servizi bibliotecari in questo campo. L'autore ricostruisce la storia dei servizi bibliotecari per le minoranze etniche anche attraverso le biografie, il lavoro e gli scritti di alcune bibliotecarie, come Jane Maud Campbell (1869-1947), Eleanor Ledbetter (1870-1954) ed Edna Phillips (1890-1968) e dell'editore John Foster Carr (1869-1939) che alle attività delle biblioteche pubbliche per la popolazione immigrata dedicarono gran parte della loro vita e del loro impegno professionale e che, se da un lato erano animati da uno spirito egualitario e progressista, dall'altro vedevano nella biblioteca pubblica anche uno strumento insostituibile di "controllo sociale".
Nella storia dell'immigrazione degli Stati Uniti l'autore ci ricorda una data che fa da spartiacque, quella del 1924, anno in cui venne emanato il National origins act. Con quest'atto il numero degli immigrati che potevano raggiungere gli Stati Uniti dall'Europa dell'Est, dall'Europa del Sud e dall'Asia sarebbe stato limitato a 150.000 unità all'anno. Prima di quella data il governo degli Stati Uniti non aveva imposto limiti ai flussi migratori nel paese (free immigration). Il National origins act modificherà radicalmente la concezione che i bibliotecari avevano del loro ruolo rispetto a un'utenza ormai composta da lettori provenienti dai paesi più diversi del globo. Durante il periodo della free immigration gli immigrati erano visti come "americani in fieri" e i bibliotecari vedevano dunque se stessi come agenti di spicco nel processo di americanizzazione della popolazione straniera. Tutto questo in un clima profondamente tollerante e pluralista, che incoraggiava le differenze culturali.
Dopo il 1924, con la Grande depressione prima e il New deal poi, i bibliotecari sentirono il processo di americanizzazione degli immigrati come parte integrante di un più ampio movimento di educazione degli adulti non alfabetizzati. L'obiettivo principe del lavoro del bibliotecario divenne dunque quello di creare una cittadinanza alfabetizzata permeata da valori pluralisti.
Dalla lettura di questo libro apprendiamo inoltre l'importanza e il ruolo fondamentale che, nella storia dei servizi di biblioteca per le minoranze etniche, ebbe il Committee on work with foreign born dell'ALA, comitato che fu operante fino al 1948 e che ebbe tra i suoi presidenti alcuni dei bibliotecari citati in precedenza. Con esso intrecciarono la loro attività numerose altre istituzioni, operanti nei diversi Stati, per potenziare le attività delle biblioteche pubbliche nella società multiculturale dell'epoca.
Se il taglio del volume è prevalentemente di tipo storico, la filosofia e le riflessioni teoriche che lo attraversano possono aiutare anche il bibliotecario di oggi che si trova a dover affrontare la riorganizzazione della propria biblioteca, per rispondere a una clientela diversificata per cultura e provenienza e in un clima di crescente internazionalizzazione della professione e di globalizzazione della società.
Il valore del libro non sta dunque soltanto nel pregio della ricostruzione storica accuratamente documentata anche sui rapporti annuali delle principali biblioteche pubbliche americane, ma nell'aver risposto ad alcune domande, di cui l'autore scriveva nell'introduzione, che sono le stesse che noi ci poniamo quando ci accingiamo ad affrontare il tema biblioteche e società multiculturale. Forse, tra tutte, la più significativa è quella che chiede se i bibliotecari nell'esercizio del loro lavoro tendano a mantenere lo status quo o piuttosto trovino nel cambiamento e nella sfida di nuovi pubblici da soddisfare uno stimolo a ripensare globalmente il senso del loro lavoro e gli obiettivi del servizio bibliotecario pubblico. Non possiamo che essere d'accordo nel sostenere che rispondere con entusiasmo e intelligenza all'emergenza di nuove realtà e nuove utenze si configuri più come un dovere e un impegno che come una scelta.
Cecilia Cognigni
Biblioteche civiche torinesi