La Guardaroba medicea dell'Archivio di Stato di Firenze, a cura di Maria Grazia Vaccari. Firenze: Regione Toscana, Giunta regionale, 1997. 373 p. (Toscana beni librari; 8).
Il fondo Guardaroba medicea dell'Archivio di Stato di Firenze costituisce da tempo oggetto di attenzione da parte degli studiosi, soprattutto storici dell'arte, che nelle carte dell'ufficio preposto alla gestione del patrimonio mobiliare della famiglia toscana hanno reperito inventari utili a ricostruire le vicende legate al collezionismo e alla committenza dei Medici nell'arco di oltre tre secoli. I primi frutti, spesso sorprendenti, di questo approccio a una fonte documentaria sostanziosa (oltre 1700 pezzi) e qualitativamente suggestiva sono emersi in anni recenti in alcune esposizioni fiorentine e - come segnalato opportunamente in una nota in calce a questo volume - in una nutrita serie di lavori bibliografici.
La recente pubblicazione della descrizione inventariale del fondo, condotta non a caso da una storica dell'arte, giunge alla fine di una travagliata vicenda editoriale (determinata dalla compianta scomparsa della collezione «Inventari e cataloghi toscani»), e fa seguito a un lungo lavoro di riordinamento del materiale documentario, reso necessario dall'inadeguatezza e dall'obsolescenza degli inventari preesistenti. L'accuratezza della descrizione - la cui lettura viene sacrificata per la verità a tratti dalla veste tipografica del volume - riesce finalmente a rendere conto della variegata ricchezza del fondo e a schiudere di fatto prospettive accattivanti di ricerca anche in contesti diversi da quello eminentemente storico-artistico.
Nata come amministrazione dei beni mobili della famiglia (il documento più antico presente nel fondo è costituito da un registro che annota, a partire dal tardo Quattrocento, i movimenti di oggetti conservati nella iniziale residenza dei Medici in via Larga, precedente al trasferimento in Palazzo dei Signori a opera di Cosimo, divenuto duca di Firenze), la Guardaroba acquisisce progressiva rilevanza in coincidenza con l'istituzione del Granducato, la formazione di un organico apparato di corte e il consolidamento dell'amministrazione statale, con una competenza specifica sulla conservazione e distribuzione dei materiali ordinari e di pregio di pertinenza della famiglia. All'ufficio era delegata infatti l'esecuzione dell'oggettistica d'uso e degli oggetti d'arte relativi sia alle necessità strettamente familiari sia di rappresentanza della corte, l'arredamento del palazzo e delle residenze di campagna, l'organizzazione di feste e apparati effimeri per eventi particolari e spettacoli. Disponeva a questo scopo di un assegnamento annuo da parte della Depositeria generale, con il quale provvedeva al compenso di artisti e maestranze.
Il progressivo trasferimento della corte a Palazzo Pitti, attuato a partire dalla seconda metà del Cinquecento, incise profondamente sull'unitarietà di gestione della Guardaroba, producendo di fatto uno sdoppiamento dell'ufficio, con conseguente sovrapposizione di competenze e confusione negli atti, testimoniata dalla interruzione e dalla lacunosità di alcune serie documentarie. Una situazione cui si tentò di mettere riparo con una riforma, nel 1637, che divise sostanzialmente l'ufficio in competenze distinte fra la Guardaroba delle robe fabbricate e quella del taglio. A quest'ultima competevano l'acquisto delle materie prime, l'affidamento dei lavori, la determinazione delle modalità di manifattura, il pagamento delle maestranze e, infine, la consegna del prodotto finito alla Guardaroba delle robe fabbricate, cui invece spettava la custodia e la distribuzione dei manufatti.
La stessa riforma del 1637 ridimensionava anche il ruolo del Guardaroba maggiore, nominato con rescritto granducale, a cui veniva affidata la direzione dell'ufficio e la soprintendenza della Galleria - pur se già separata dalla Guardaroba e con un suo autonomo "scrittoio" - demandando gli ulteriori compiti a una serie di subordinati, fra cui un "guardaroba di camera" destinato alla custodia dei gioielli e degli abiti del granduca, un "guardaroba delle maschere", i maestri dell'armeria, spezieria, fonderia della stalla e della musica, i responsabili della credenza, del tinello e della bottiglieria e il provveditore a capo dell'arazzeria. Al primo guardaroba, a capo delle robe fabbricate, era assegnata anche la responsabilità della custodia delle chiavi delle porte cittadine.
Il progressivo svuotamento delle competenze della Guardaroba coincide di fatto con l'estinzione della dinastia medicea. Nel trentennio di reggenza lorenese (1735-1765) l'ufficio sconta la mancata residenza della corte in Toscana e una serie di provvedimenti - a partire dalla delega alle Regie fabbriche nel 1739 della riparazione di palazzi e ville - contribuisce a emarginarne il ruolo nella gestione mobiliare del patrimonio granducale. La razionalizzazione amministrativa sollecitata da Pietro Leopoldo fece il resto. La carica di guardaroba maggiore veniva soppressa con motuproprio granducale nel 1770, nel 1784 le competenze già dell'ufficio venivano trasferite al maggiordomo maggiore della Regia Corte, e infine nel 1789 un ulteriore motuproprio aggregava definitivamente la Guardaroba all'amministrazione generale del Granducato.
Mario De Gregorio, Biblioteca comunale degli Intronati, Siena