Servizi multimediali in una biblioteca pubblica di base: l'esperienza di Cologno Monzese
di Luca Ferrieri

1. Dalla mediateca ai servizi multimediali

C'è una breve ma già ricca storia dietro il recente sviluppo di sezioni e servizi multimediali nella provincia di Milano, su cui ora fornirò qualche succinto ragguaglio riferito in particolare all'esperienza della biblioteca di Cologno Monzese. Dal punto di vista progettuale la strada che va probabilmente delineandosi è quella di una scelta a mezza via tra quella che Gianna Landucci 1 chiama «tradizione italiana» in fatto di mediateche e di non-book services, e quella che è la tendenza e primogenitura francese. Se la prima, per dirla in modo molto schematico, ha privilegiato la creazione di (in realtà pochissime) istituzioni separate dalla biblioteca e deputate soprattutto alla conservazione e diffusione del patrimonio audiovisivo 2, la seconda si è caratterizzata per un'energica opera di trasformazione della fisionomia della biblioteca pubblica di base, non a caso spesso ribattezzata come mediateca. La possibile «terza via» che pare configurarsi in provincia di Milano ha probabilmente un maggior indice di continuità (e un maggior debito culturale) nei confronti della scelta anglosassone della multimedia library.

Si può azzardare l'ipotesi che il cammino che è ora, forse tardivamente, iniziato anche nelle biblioteche italiane 3, persegua decisamente la strada di una stretta integrazione tra strutture bibliotecarie e servizi multimediali e nello stesso tempo però, a differenza di quanto è avvenuto in Francia, non ritenga necessario spingere questo processo fino al punto di indurre una mutazione genetica nel concetto di biblioteca pubblica e di sanzionarla con un cambio di nome (e i nomi, si sa, sono importanti). Tutto ciò mi pare che sia dovuto non tanto a un'insufficienza di radicalità, non tanto (o non soltanto) al ritardo, ma proprio al privilegio di chi arriva quasi per ultimo, e può quindi vedere con più facilità e lucidità come la diversificazione tra i vari media, il rapporto tra libro e altri supporti, rappresentino una tappa (e non una negazione) nello sviluppo della biblioteca pubblica. Nella tradizione e nella storia della biblioteca pubblica sta scritta anche la possibilità di questo passo e di questo passaggio. La biblioteca si propone ancora come la teca più comprensiva, quella che può contenere le altre: per questo il cambio di nome può essere fuorviante, per questo parlerò di biblioteche multimediali e non di mediateche 4.

Non siamo, dunque, alla fine della storia, né del libro, né della lettura, né della biblioteca pubblica; siamo invece, sicuramente, all'inizio di un'altra storia, quella che richiede la coesistenza non necessariamente pacifica e lo sviluppo di media diversi tra loro, che crescono e si affermano anche in quanto mantengono la loro costitutiva differenza. Ho fatto queste precisazioni, in sede di premessa, perché ritengo che lo sviluppo dei nuovi servizi multimediali nella biblioteca pubblica debba guardarsi non solo da posizioni passatiste e mitologiche incentrate intorno al culto monoteistico del Libro, ma anche da quella che va configurandosi come una vera e propria «ideologia multimediale» 5. Tale è, infatti, quella che riduce il multimediale a una sorta di nuovo medium che soppianta, estingue o riduce in cattività tutti gli altri, con una visione che rappresenta in realtà una forma di «monomedialità» mascherata. Sia dal punto di vista dei contenuti che da quello degli strumenti, credo invece che si debba pensare la multimedialità come un grande meticciato di saperi e di tecniche: il che non significa banalmente una babele di linguaggi, anche se il rischio babelico è sempre in agguato dentro ogni processo di contaminazione 6.

Dal punto di vista organizzativo lo sviluppo dei servizi multimediali nella cintura milanese deve molto al contributo attivo e al sostegno della Provincia di Milano, la quale ha promosso dal 1997 il progetto Multimedialità in biblioteca, che ha favorito lo sviluppo di quattro poli multimediali 7. La biblioteca di Cologno Monzese (che già aveva avviato da qualche anno dei servizi multimediali e che è stata una delle prime a livello provinciale e nazionale ad aprire un accesso a Internet per il pubblico) è stata scelta come uno dei poli e ha potuto così aprire nel 1997 una nuova sezione multimediale. Successivamente la biblioteca ha presentato alla Regione Lombardia un progetto denominato Nessuno escluso 8, per lo sviluppo di servizi multimediali rivolti alle fasce tecnologicamente deboli della popolazione (anziani, portatori di handicap, soggetti culturalmente o psicologicamente «refrattari», ecc.). Questo progetto ha ricevuto dalla Regione un finanziamento grazie al quale si sta procedendo a una profonda revisione e a un rafforzamento della sezione multimediale.

Nell'istituzione del nuovo servizio, il primo nodo venuto al pettine è stata l'alternativa sezione separata / integrazione (anche «fisica»: spazi e scaffali comuni) dei servizi multimediali e di quelli di lettura. A favore della seconda possibilità spingevano e spingono ottime ragioni di principio: la necessità di rendere il più possibile intercomunicanti i supporti e le informazioni da essi ospitate, l'interpretazione del multimediale come un nuovo modo di pensare la globalità della biblioteca e non solo come un suo servizio aggiuntivo. A favore della prima cogenti esigenze pratiche e logistiche che alla fine, nella nostra esperienza, si sono rivelate determinanti: la necessità di organizzare uno spazio adeguato e attrezzato per la consultazione dei nuovi prodotti multimediali; la scarsità iniziale del patrimonio a disposizione dei lettori che avrebbe significato la sua sostanziale invisibilità se disseminato all'interno del patrimonio librario; la non sempre facile convivenza d'uso tra consultazione del cartaceo e consultazione del multimediale (si pensi solo alla rumorosità di macchine e stampanti, al turn-over di persone davanti agli schermi, agli «ah» e agli «oh» di meraviglia o sgomento che si susseguono nelle vicinanze di un computer in funzione). Infine, vi è un ulteriore elemento da prendere in considerazione: la scelta delle sezioni separate è stata quella prevalentemente praticata nel caso degli audiovisivi di «precedente generazione», con fonoteche e videoteche che fanno parte della biblioteca ma ne costituiscono una zona separata e spesso indipendente. Sotto questo profilo una riflessione, ancora poco sviluppata ma di notevole rilievo, dovrebbe riguardare il rapporto tra l'esperienza delle fonoteche e quella delle sezioni multimediali: accanto ai punti di contatto e di analogia vi sono molte (e a mio avviso preponderanti) spinte divergenti 9.

2. La struttura, le attrezzature, il patrimonio

Sono ancora molto poche, credo, le indicazioni e le linee guida per la progettazione di servizi multimediali. L'inevitabile empirismo che spesso presiede alle scelte architettoniche, di arredo, di impostazione strutturale, consente comunque di evidenziare alcune basilari esigenze di organizzazione degli spazi:
- tendenziale flessibilità delle postazioni, in modo da consentire sia un utilizzo individuale, sia un utilizzo a piccoli gruppi (molto diffuso), sia un utilizzo collettivo come laboratorio multimediale;
- flessibilità tecnologica in grado di consentire senza eccessive fatiche e senza smontare tutta la sala la periodica sostituzione delle attrezzature guaste o obsolete (ad esempio, «nascondere» le macchine ad incasso nelle strutture di arredo può essere forse esteticamente apprezzabile ma è tecnologicamente un po' prude e soprattutto scomodo, visto che ogni volta che c'è da svitare una presa bisogna penetrare all'interno dell'armatura);
- ubicazione della sezione in una zona ben collegata con l'area di prestito ma non troppo vicina e soprattutto non immediatamente contigua a postazioni di lettura;
- attenzione agli aspetti ergonomici delle sedute, dei tavolini, dei piani di appoggio (accanto al computer ci deve essere spazio per scrivere, il computer non può occupare tutto lo spazio disponibile);
- studio di un'illuminazione che non interferisca negativamente con la decifrazione dei monitor e che non ferisca ulteriormente gli occhi.

A Cologno abbiamo inizialmente creato cinque postazioni multimediali lungo una parete in una zona non molto distante dal banco di prestito e collocata in prossimità dell'inizio della scaffalatura aperta. La sezione è open space, e la delimitazione e la caratterizzazione sono state ottenute con espositori di CD-ROM e con indicazioni segnaletiche. Questa soluzione, tuttavia, con la nuova fase del progetto multimediale che abbiamo denominato Nessuno escluso verrà rivista e la sezione multimediale verrà trasferita in un'aula apposita, in grado di ospitare fino a venti postazioni (anche se partiremo con dieci). Quest'aula verrà dotata di tutte le necessarie infrastrutture elettriche e di connettività: i computer saranno collegati alla rete della biblioteca (oltre che a Internet, tramite linea dedicata e non commutata come avviene attualmente) e saranno anche posti in rete tra loro in modo da poter funzionare come terminali in occasione di corsi o laboratori. La sala sarà oscurabile, sarà dotata di videoproiettore e di schermo, vi saranno stampanti comuni e stampanti individuali. L'aula sarà climatizzata perché abbiamo verificato che nella precedente ubicazione l'affollamento di uomini e macchine portava d'estate a temperature insopportabili.

Il tratto caratterizzante del progetto Nessuno escluso è l'attenzione alle fasce di popolazione che hanno meno familiarità con le macchine o che hanno difficoltà nell'utilizzarle. Questo obiettivo sarà perseguito, oltre che con corsi, laboratori, interventi di promozione e altre iniziative, anche con una scelta delle attrezzature e delle interfacce più amichevoli. Alcune stazioni saranno equipaggiate con monitor più grandi, altre con sistemi di puntamento più facili da maneggiare. Due postazioni, dedicate ai non vedenti o agli ipovedenti (una è già presente e funzionante in biblioteca da più di un anno), verranno dotate di sintesi vocale e di barra braille: i non vedenti potranno, attraverso questi strumenti, «leggere» il libro collocato sullo scanner o navigare su Internet. Naturalmente le macchine andranno adeguatamente «blindate» e protette contro danneggiamenti volontari e involontari e incursioni di hackers e di virus; così come saranno tutte attrezzate con cuffie e microfoni.

La scelta delle attrezzature cercherà anche di ubbidire a un altro criterio: quello di offrire comunque qualche caratteristica in più rispetto alla dotazione standard che comincia a essere diffusa in molte case italiane. L'esigenza di economicità andrà quindi integrata con quella della qualità. Pare assurdo che le biblioteche facciano sempre la spesa ai discounts dell'informatica: in alcuni casi gli assemblati possono essere soluzioni validissime, in altri occorre ricercare la soluzione tecnologica di «avanguardia». Vi sono scelte leggermente più costose (ma ormai alla portata anche di servizi di base, mentre magari non a quella delle famiglie) che consentono prestazioni molto più soddisfacenti: ad esempio connessioni veloci a Internet, tramite reti dedicate o collegamenti satellitari, oppure dotazione di driver DVD, che restituiscono comunque un plus rispetto all'utilizzo casalingo del computer. In questo modo la biblioteca offre un servizio di informazione, comunicazione e documentazione a chi, per motivi economici o di lavoro o di viaggio, ne è privo, rispondendo così a un suo obiettivo fondamentale, che è quello di lavorare per una distribuzione meno diseguale delle risorse e del sapere, ma nello stesso tempo offre un servizio tecnicamente più evoluto anche a chi già lo possiede. È vero che, in alcuni casi, si rischia di rincorrere dei supporti e degli standard che poi vengono abbandonati: potrebbe essere il caso della tecnologia DVD, che stenta a decollare e per cui esiste ancora pochissimo software. Ugualmente però mi pare valga la pena di spendere cinquecentomila lire in più per consentire ai lettori della biblioteca di vedere un film multilingue su supporto DVD «prima» che il mercato decida se questo sarà o meno il supporto del futuro. La biblioteca deve scrollarsi di dosso l'abito polveroso, gli eccessi di prudenza e gli attendismi esasperati. Se non vogliamo essere sempre trattati come l'ultima ruota del carro bisogna ogni tanto saper fare qualche sorpasso.

Questo discorso vale a maggior ragione per gli acquisti del software, dei prodotti multimediali, degli accessi alle banche dati. Il bibliotecario multimediale deve muoversi quasi alla cieca su questo terreno, perché oltre a essere giovane di esperienza professionale, ha pochissimi strumenti utili a cui ricorrere per farsi un'idea dei prodotti (riviste, recensioni, percorsi di lettura cominciano però timidamente ad apparire ed è prevedibile e auspicabile che si diffondano sempre di più). Inoltre, la configurazione merceologica e il packaging dei prodotti multimediali accentuano ed esasperano la «dittatura dell'involucro» che già rappresenta una caratteristica (negativa) dei prodotti editoriali. Prendendo tra le mani un CD-ROM è assolutamente impossibile arguire qualcosa del contenuto: con ulteriore mancanza di buon gusto molto spesso i produttori non pongono sulla copertina neanche un riassunto, neanche l'indice, bensì i soliti requisiti tecnici (che sono sempre eguali). Per capirne qualcosa occorre installarlo e magari mandare così a picco altri programmi (con la consueta copertura dei file *.dll). Anche la rete distributiva e commerciale di CD-ROM e altri supporti multimediali è in uno stato pionieristico e preistorico. Abbiamo così evocato, senza poterlo affrontare neanche frammentariamente, il decisivo capitolo della formazione professionale dei bibliotecari, che dovranno nei prossimi anni prepararsi a cambiare pelle: proprio se vorranno continuare ad accogliere libri e a promuovere la lettura, dovranno farsi accorti ma anche spericolati navigatori dell'infospazio. Nelle biblioteche di medie dimensioni si pone molto presto un problema di equilibrio tra due spinte divergenti: quella alla creazione di figure specializzate, di bibliotecari multimediali quasi a tempo pieno, e quella verso la massima circolazione di competenze tecnologiche all'interno di tutto il personale della biblioteca. La divaricazione non può essere composta se non, appunto, con l'equilibrio: è sicuramente indispensabile che si crei un centro di responsabilità, di aggiornamento e di autoaggiornamento, impersonato da una o più figure professionalmente forti ed è altrettanto vitale che queste si impegnino in un'opera di diffusione delle competenze e di crescita dell'intero comparto. Questa è anche la strada che stiamo cercando di percorrere a Cologno Monzese e mi pare che essa non abbia incontrato le resistenze tecnofobiche paventate da più parti.

La cosiddetta amichevolezza dei programmi, dell'interfaccia di consultazione dei cataloghi e dell'intera struttura multimediale, è un altro requisito della massima importanza ed è spesso più declamato che agito. Oltre all'OPAC standard per la consultazione dei cataloghi (in genere costituito da un modulo del software di gestione della biblioteca o da un programma interfaccia) sarebbe opportuno che le biblioteche si dotassero di un OPAC locale personalizzato, di una schermata introduttiva che presenti in modo semplice e intuitivo le varie opzioni disponibili (consultazione del catalogo, consultazione dei CD-ROM, navigazione Internet, allacciamento a banche dati, ecc.).

3. Storie di ordinaria gestione

Anche dal punto di vista della gestione sono poche le biblioteche che si sono dotate di un regolamento per l'utilizzo dei servizi multimediali. A Cologno abbiamo preferito un congruo periodo di sperimentazione (con la possibilità di cambiare in fretta le regole del gioco) prima di arrivare a raccogliere le modalità di utilizzo, e anche gli standard di servizio da garantire, in una Carta dei servizi che è in corso di discussione e approvazione in seno al Sistema bibliotecario Nord-Est.

La sezione multimediale, in biblioteche di medie dimensioni (Cologno è una città di cinquantamila abitanti con una biblioteca di cinquantamila volumi e sessantamila prestiti annui e con circa una decina di «addetti ai lavori»), tende molto presto a risucchiare e a monopolizzare le attenzioni e le energie del personale. Il bisogno di assistenza anche elementare manifestato dal pubblico è molto forte e, come vedremo, uno dei maggiori fronti di impegno dei bibliotecari è quello di accrescere i livelli di alfabetizzazione informatica diffusa per potersi concentrare su operazioni di consulenza e di reference più qualificate. L'utilizzo di postazioni polivalenti (che resta la soluzione migliore e la più adeguata ai processi di integrazione tra i vari supporti, ad esempio tra CD-ROM e Internet) comporta tuttavia alcuni sbilanciamenti nell'utilizzo: nella nostra esperienza è la navigazione su Internet a fare la parte del leone e a schiacciare la consultazione dei CD-ROM multimediali. Questa situazione è in parte il frutto di una forte ondata di curiosità e di infatuazione, ma in altra e consistente parte è il risultato obiettivo di una maggiore ricchezza informativa che Internet offre rispetto ai prodotti multimediali, il cui stato di arretratezza artistica e culturale è ormai stato abbondantemente rilevato 10.

Credo tuttavia che questa situazione non sia da accettare passivamente ma che la biblioteca possa e debba mettere in atto tutte le strategie di incentivazione e disincentivazione che ritiene necessarie per ricostituire una situazione di tendenziale parità di offerta culturale. Questa funzione di calmiere che la biblioteca può e deve esercitare nei confronti del mercato culturale vale per i servizi librari ma vale a maggior ragione per i servizi multimediali. Uno strumento che abbisogna di una forte spinta promozionale sono le banche dati: il pubblico che ormai ha quasi sempre «sentito parlare» di Internet vuole fare un giro sulla giostra interplanetaria, e non sa che spesso molte informazioni, e molte di più, si trovano in banche dati, riversate su CD-ROM o con accessi a pagamento. La biblioteca ha una grande funzione e anche responsabilità nell'indirizzare gli utenti verso queste fonti di informazioni e nell'acquisire gli accessi al maggior numero di banche dati adeguate al proprio pubblico. Un esempio può essere quello dei CD-ROM o delle banche dati di riviste e giornali: i lettori tendono molto spesso a indirizzare le proprie ricerche sulle edizioni cartacee o tutt'al più sui siti dei giornali, perché non pensano e non sanno che esistono le corrispondenti edizioni su CD-ROM.

Un'altra direttrice di questo embrionale marketing dei servizi multimediali può essere rivolta all'attivazione di campagne promozionali rivolte alle fasce sociali che meno conoscono e utilizzano Internet: in analogia a quanto la biblioteca pubblica può fare per «descolarizzare» la propria utenza, è opportuno che si mettano in atto strategie attrattive verso determinati segmenti di popolazione, per evitare che la sezione multimediale diventi monopolio (e luogo di bivacco elettronico) del ceto virtuale locale. Questo è il senso del progetto Nessuno escluso e ne tratteremo ancora brevemente quando affronteremo il tema dell'alfabetizzazione.

Poiché gli utilizzi del computer sono vari e variegati, un altro fondamentale problema di marketing dei servizi è quello che riguarda le delimitazioni e i vincoli d'uso. Non è questione che si possa dirimere in sede teorica e in modo indipendente dalle specificità locali: ogni biblioteca dovrà cercare di porre i propri paletti alla fine del territorio che riesce a coprire e a seconda del livello di coerenza con la propria mission che vuole stabilire. A Cologno abbiamo deciso di favorire, senza eccessi di zelo, la funzione informativa della biblioteca, e abbiamo quindi escluso, negli acquisti, i prodotti esclusivamente ludici, così come abbiamo evitato di acquistare software per gli utenti e di trasformarci in «softoteca». Parimenti, per ora, non permettiamo l'utilizzo delle stazioni per la redazione di documenti o altri lavori al computer, perché ci pare una specie di «affitto» delle macchine che rischia di azzerare ogni specificità bibliotecaria. Ma non escludiamo, nella nuova e più ampia sezione multimediale, di mettere a disposizione una o più macchine per questo servizio, vista anche la frequenza della richiesta. Abbiamo invece deciso, da subito, di permettere la spedizione di mail (e solo per questo scopo, oltre ai programmi come Eudora o Netscape, consentiamo l'utilizzo anche della videoscrittura) perché la funzione comunicativa dei nuovi media è una di quelle che la biblioteca deve valorizzare. La nostra idea iniziale di mettere a disposizione anche caselle di posta elettronica è stata presto superata dalla valanga di servizi di questo genere, anche gratuiti, che si sono resi disponibili sui siti Internet. Per lo stesso motivo, anche se la componente comunicativa si fa più fragile e sale invece quella legata all'approvvigionamento di software, permettiamo, con alcune regole, il downloading e il salvataggio di file su dischetti.

E le politiche di tariffazione? Anche questo è un terreno molto importante e delicato su cui ancora scarseggiano le riflessioni e le direttive di orientamento. Dice bene Riccardo Ridi 11 che non si vede perché le biblioteche debbano rifarsi economicamente sugli ultimi arrivati, ossia perché i media elettronici debbano fare le spese della crescente scarsità di risorse finanziarie delle biblioteche. Sull'altro piatto della bilancia, però (al di là della relativa facilità, nel caso dei media elettronici, di scorporare e riconoscere i costi vivi, che anche Ridi riconosce), va posto e salvaguardato l'obiettivo fondamentale di difendere la gratuità dei servizi di pubblica lettura e dei servizi informativi di base. A questo fine credo sia legittima, e ormai ampiamente diffusa in molte biblioteche, una politica di tariffazione che fissi dei prezzi (che quasi sempre coprono solo le spese) per alcuni servizi a valore aggiunto o che incorporino elevate quantità di lavoro. Non si vede perché i media elettronici debbano fare eccezione. Allora si tratterà di concordare più precisamente quali sono i servizi che la nuova biblioteca multimediale considera «di base» e che verranno offerti a titolo gratuito e quali invece quelli su cui chiederà un rimborso delle spese. Se è effettivamente sbagliato tariffare sulla base del supporto, è molto più sensato farlo sulla base del servizio richiesto o anche del tipo di utente che fa la richiesta (evidentemente il tipo di solvibilità e di disponibilità a spendere di un professionista è superiore a quella di uno studente o di un pensionato).

Per il momento, nella nostra biblioteca come in molte altre abbiamo fatto la scelta più facile, ossia quella di equiparare la consultazione di un CD-ROM alla lettura di un libro (e quindi considerarla gratuita) e di fissare una tariffazione a tempo (inferiore ai livelli di mercato: 5000 lire orarie) per le connessioni Internet. Ma nulla ci vieta di pensare che in futuro, speriamo anche in conseguenza di un abbattimento delle spese di telefonia per queste operazioni, la connessione Internet possa essere considerata un servizio base della biblioteca multimediale e quindi erogata gratuitamente. Cosa che noi facciamo già nel caso della consultazione delle banche dati, anche quando ci sono costate molto, proprio per promuoverne la conoscenza e l'utilizzo.

Sulla questione tariffaria pesa negativamente la politica di disattenzione e qualche volta dello schiaffo in faccia praticata da governo e compagnie telefoniche: alle biblioteche non è stata concessa l'applicazione della riduzione telefonica (per altro abbastanza modesta) prevista per gli abbonamenti Internet e contemplata solo per le utenze private o le scuole. Evidentemente, di educativo la biblioteca ha solo i compiti di supplenza quando non vengono istituite, sviluppate e adeguatamente finanziate le biblioteche scolastiche. Il decreto legislativo n. 103/1995 con la ridicola parificazione delle biblioteche ai providers ha colmato la misura. Dopo l'accusa (da parte editoriale) di lucrare sulle fotocopie e quindi sul diritto d'autore, sentiamo il bisogno di un novello Papini che abbia il coraggio di trarre tutte le conseguenze: chiudiamo le biblioteche! 12

4. Tra intermediazione e censura

È noto come uno degli argomenti più dibattuti a riguardo delle nuove tecnologie dell'informazione sia quello della cosiddetta «disintermediazione» (ossia della tendenziale abolizione di filtri e di operatori tra l'utente e il documento ricercato) e come questo dibattito abbia molte ricadute sulla questione della futura sopravvivenza professionale dei bibliotecari. Dal nostro piccolo punto di osservazione dobbiamo confermare che per ora tale tendenza non esiste e che anche in futuro, quando l'effettiva disponibilità di servizi telematici di reading on demand dovesse divenire accattivante per alcune fasce di pubblico, tale tendenza sarebbe controbilanciata dalla accresciuta necessità di guide, consiglieri e intermediari sulle autostrade digitali 13. Non si vede perché, infatti, i bibliotecari siano necessari per catalogare, orientare e promuovere i libri e la lettura nella biblioteca cartacea e non lo siano più in quella digitale, che ha come sola differenza quella di essere «senza mura». Con ogni probabilità, anzi, lo sviluppo dei media elettronici creerà un maggiore fabbisogno di bibliotecari per ordinare e catalogare il crescente caos del «docuverso». L'esigenza di intermediazione come mediazione culturale, come selezione delle fonti, come sostegno alla ricerca e come apprendimento ad apprendere è da prevedere in aumento proporzionale al crescere dei nuovi media.

La confermata funzione di intermediazione dei bibliotecari e degli information brokers non si deve tradurre, naturalmente, in un soffocante eccesso di assistenza nei confronti degli utenti. Vale per i documenti e per i supporti multimediali ciò che vale per i libri: massima libertà di movimento per i lettori e interventi solo su richiesta, ma nello stesso tempo segnalazione (anche attraverso il linguaggio non verbale 14) della disponibilità a prestare soccorso in caso di bisogno. Potrebbe far parte di una nuova funzione di intermediazione anche il lavoro di conversione e di migrazione dei documenti da un supporto all'altro, lavoro che si può prevedere in forte crescita proprio con lo sviluppo delle tecnologie digitali e il continuo e rapido invecchiamento degli standard e dei software. Si tratterebbe in questo caso di un lavoro da bibliotecario conservatore in una biblioteca elettronica, il che non è affatto una contraddizione in termini.

La ciarliera società dei media che discetta di disintermediazione si è rivelata in compenso molto sollecita nel richiedere l'intermediazione dei bibliotecari per limitare o impedire l'accesso dei minori e non solo di questi a certi siti Internet. In America i casi e gli strascichi anche giudiziari che hanno coinvolto le biblioteche in questa singolar tenzone non si contano più. Credo che debba essere salutata con favore o comunque con rispetto la coraggiosa presa di posizione dell'associazione dei bibliotecari americani (impopolare talvolta presso gli stessi bibliotecari) volta a escludere ogni forma di censura in biblioteca. In Italia siamo ancora lontani dai furori americani, ma qualche segnale fa presagire che in un futuro abbastanza prossimo la materia diverrà più scottante.

Una prima risposta si ferma al livello tecnico e si affida ai cosiddetti «filtri» in grado di impedire l'accesso a determinati siti. Per ora tali filtri sono del tutto inefficaci, come è stato ampiamente dimostrato, e servono a impedire l'accesso a qualche museo con raffigurazioni di nudo piuttosto che alle molte Piccole donne che sono in realtà siti pornografici 15. In futuro può darsi che il miglioramento dei filtri consenta maggior efficacia e soprattutto possibilità di impostare ad personam il tipo di restrizione da adottare.

Questa possibilità tecnica consentirebbe un passo in avanti anche deontologico, perché potrebbero essere i genitori (per i minori) a predisporre le limitazioni che verrebbero memorizzate sulla tessera dei ragazzi tramite microchip e che poi, inserite nel computer, attiverebbero il filtro prescelto. La responsabilità educativa delle scelte di limitazione spetta infatti ai genitori ed è giusto che siano loro e non la biblioteca a esercitarle. Questa posizione non sfugge all'ulteriore critica che vi vede una sorta di patto familista e un abuso di potere ai danni dell'infanzia e dell'adolescenza, ma, nel quadro attuale dell'evoluzione dei costumi e dei poteri, non pare sensato proporsi posizioni ancora più radicali.

Per quel che riguarda gli adulti, credo si debba respingere ogni istanza censoria, anche se resta valido il discorso prima abbozzato circa l'incentivazione e la disincentivazione di certi usi dello strumento. Evidentemente la navigazione per siti pornografici non rientra tra i principali interessi e motivi di esistenza di una biblioteca pubblica e quindi potranno essere valutati tutti i mezzi (esclusi filtri o censure) per scoraggiarla. A chi obbiettasse che il discrimine tra disincentivazione e censura è molto sottile potrei rispondere che è certo sottile ma decisivo, come lo è la differenza tra la scelta autonoma e professionalmente fondata di non acquistare certe opere e il soggiacere a una proibizione imposta dall'esterno per motivi politici o morali. I principali strumenti di disincentivazione che la biblioteca ha a sua disposizione sono quelli dell'offerta (di prodotti/servizi), di marketing, demarketing e promozione. La valorizzazione e la proposta di fonti informative di qualità serve a scoraggiare la frequentazione di quelle meno valide e soprattutto a far cogliere la differenza. Particolarmente utili in questo senso sono la predisposizione e l'aggiornamento sistematico di un bookmark della biblioteca (un lavoro duro, tra l'altro, su cui sarebbe auspicabile realizzare forme di cooperazione e di collaborazione tra varie biblioteche) e l'utilizzo personalizzato di quei programmi che consentono di apporre un «marchio» di qualità, spesso interattivo e referendario, sulle home-pages dei vari siti durante la navigazione 16.

Anche a Cologno siamo in attesa che un passo in avanti tecnologico consenta di uscire dall'impasse. Per ora abbiamo solo attivato la misura del tutto insufficiente di mettere a disposizione dei minori il programma di navigazione Explorer, che incorpora alcuni modesti sistemi di filtraggio, e di consentire agli altri la navigazione con Netscape. Nel frattempo siamo restii a introdurre altre misure, ivi compresa quella, di sapore molto scolastico, di chiedere ai minori un'autorizzazione dei genitori per l'utilizzo di Internet.

Penso che un'attenzione pari a quella che viene rivolta ai problemi di filtro o censura andrebbe posta nell'affrontare i problemi di privacy posti dai servizi multimediali. La diffusa incultura digitale spesso fa sì che appaiano maggiormente veniali i peccati di violazione della privacy compiuti attraverso il mezzo elettronico: chiunque passa accanto o dietro a uno schermo si sente autorizzato a guardarlo, mentre si farebbe molti più scrupoli a sbirciare nel quaderno aperto di chi sta scrivendo. Anche la apertura di una mail elettronica altrui è a tutti gli effetti una violazione di segreto epistolare. Nella nuova sezione multimediale di Cologno per questo stiamo pensando a una disposizione dei monitor e delle periferiche (stampanti) che salvaguardi il più possibile la riservatezza della consultazione e della ricerca. Questa è anche una parziale risposta ad alcuni problemi relativi alla diffusione di immagini inadatte ai minori, perché uno degli aspetti che spesso complica la faccenda in biblioteca è che il minore può vedere, passando o sbirciando, ciò che sta facendo l'adulto. È vero che questa tutela della privacy rischia di lavorare in direzione opposta alla disincentivazione che si auspicava più sopra, rendendo confortevole e discreta la navigazione in siti pornografici o dozzinali. Siamo in presenza in questo caso di una polarizzazione di principio che può essere composta nella gestione grazie alla quotidiana opera di mediazione del bibliotecario (un po' come avviene, su un altro terreno, per i possibili conflitti tra legislazione sull'accesso e legislazione sulla riservatezza 17). La tutela della privacy nasce dal rispetto della persona e dal rifiuto della censura, appartiene insomma alla sfera dei diritti inalienabili e «uguali per tutti»; le scelte di incentivazione/disincentivazione ubbidiscono piuttosto a strategie di politica e di cultura bibliotecaria che possono e debbono essere anche partigiane, temporanee e revocabili. Che ci sia armonia ed empatia tra questi due diversi ambiti e orizzonti è una delle sfide più appassionanti e ambiziose che il bibliotecario dovrà affrontare.

5. L'alfabetizzazione multimediale

L'introduzione di servizi multimediali sarebbe poca e perfino controproducente cosa se non fosse accompagnata da un'azione di divulgazione e alfabetizzazione multimediale. Quest'ultima deve avere un ruolo analogo a quello che ha la promozione della lettura nella biblioteca libraria e con questa anzi si deve profondamente intrecciare. Vi è in questo senso una dimensione inesplorata della promozione che è quella che lavora sulla frontiera tra libro e media elettronici e utilizza ad esempio le mailing lists e i newsgroups per far conoscere libri e discutere i risultati della loro lettura: i gruppi di lettura su Internet sono ormai una realtà (in America vi sono mailing lists come Blister o RRA-L 18 esclusivamente dedicate allo scambio di informazioni sui libri letti e anche in Italia su it.cultura.libri 19 vi è un gran discutere di lettura, ma le biblioteche brillano spesso per la loro assenza da queste piazze). È una piccola vanitosa soddisfazione quella che ci siamo presi digitando la stringa consigli di lettura nella maschera di interrogazione del principale motore di ricerca su Internet, AltaVista, e osservando come la risposta portasse la biblioteca di Cologno Monzese in prima posizione, seguita da altre biblioteche come quelle di Nonantola e di Merano 20. Che il libro si caratterizzi per una natura «multidimensionale», che lo rende particolarmente adatto all'integrazione con le nuove tecnologie è quanto sostiene per esempio Fabrice Piault argomentando quindi la fine del «libro-monarca assoluto» e il trionfo di un libro polivalente e polimorfo 21.

L'alfabetizzazione multimediale è stata quindi la prima preoccupazione e anche il primo campo di intervento per iniziative come Multimedialità in biblioteca organizzata dalla Provincia di Milano. In tutte le biblioteche coinvolte sono stati organizzati corsi, conferenze, incontri durante i quali si è cercato di far toccare con mano quello che si trova sulla rete e di far capire se e come Internet può essere d'aiuto per i bisogni informativi della cittadinanza. Anche il progetto Nessuno escluso oltre alla parte di predisposizione della struttura e delle macchine prevede una serie di attività (corsi, costituzione di gruppi di cibernauti, visite guidate al mondo multimediale) rivolte alla popolazione senior, la più esclusa da un utilizzo consapevole delle nuove tecnologie.

Mi pare che questo, infine, sia il terreno di sfida decisivo: quello che porta la biblioteca a misurarsi con la rivoluzione culturale e antropologica indotta dalle nuove tecnologie della comunicazione. Se la biblioteca se ne chiamerà fuori, abbandonerà la mutazione alla sola regia della tecnica e del mercato. Non morirà neanche così la biblioteca (i suoi chilometri di scaffalatura cartacea sono alimento bastevole per parecchi secoli) ma sicuramente morirà la biblioteca di pubblica lettura come la conosciamo oggi: una cellula viva, un sensore, un cuneo ben piantato nella vita culturale della comunità, nell'esperienza, nel sentire comune e perfino nella vita quotidiana di molte persone. La costruzione di una rete di efficienti e intelligenti servizi multimediali, e soprattutto di una cultura critica capace di utilizzarli senza mitizzarli e senza rendersene schiava, è la «nuova frontiera» che attende il lavoro di biblioteca dei prossimi anni e decenni.


1 Gianna Landucci, Mediateca, Roma: AIB, 1992, p. 23-37. Cfr. anche Non solo libri: biblioteca: prospettiva multimediale e nuovi pubblici: atti del convegno, Sassari 30-31 maggio 1991-Tempio 1° giugno 1991, Cagliari: Regione autonoma della Sardegna, 1992.

2 Tali sono ad esempio le mediateche regionali toscana e veneta, ma anche molte cineteche, discoteche e fonoteche.

3 Un confronto con le dotazioni multimediali delle biblioteche straniere ci potrebbe dare intera la misura del ritardo italiano. In America, ad esempio, il 44,6% delle biblioteche pubbliche dispone di un accesso a Internet per il pubblico (cfr. Jesús Blázquez, Sobre las bibliotecas y Internet, Presentación del área de bibliotecas museos y documentación, II Congreso nacional de usuarios de Internet e Infovía, 4 al 6 de febrero de 1997, Madrid, http://usuarios.bitmailer.com/jblazquez/pres1997.html.

4 Lascio del tutto inesplorato, per ragioni di spazio ma anche di pertinenza, il campo dell'ulteriore radicalizzazione rappresentata dal passaggio dalla mediateca alla infoteca.

5 Riccardo Castellana, C'è un ipertesto in questa classe?, «Allegoria», 9 (1997), n. 25, p. 91-105; Mariangela Musio, Fra ideologia e realtà: ipertesti e didattica, ivi, p. 106-119.

6 Cfr. il recente Paul Zumthor, Babele: dell'incompiutezza, Bologna: Il mulino, 1998.

7 Rappresentati dalle biblioteche di Bollate, Vimercate, Rozzano e Cologno Monzese (inizialmente era coinvolta anche la biblioteca di Abbiategrasso, poi ritiratasi). Il progetto ha finanziato una serie di attività di alfabetizzazione e divulgazione multimediale, richiedendo però ai comuni coinvolti di destinare una somma pari al contributo provinciale all'allestimento di nuovi servizi multimediali per la cittadinanza.

8 La prima stesura del progetto è leggibile sul sito Internet della biblioteca di Cologno Monzese: http://www.biblioteca.colognomonzese.mi.it/documenti/Nescluso.htm. Si veda anche la relazione di Cristina Giavoni, Internet per tutti (... nessuno escluso), presentata al Congresso AIB di Genova (1998) e anch'essa disponibile all'indirizzo Internet http://www.biblioteca.colognomonzese.mi.it/documenti/zena.htm. Sinteticamente il progetto prevede: allestimento di una nuova sezione multimediale con le caratteristiche più avanti indicate; iniziative di alfabetizzazione multimediale rivolte alla popolazione senior; creazione di gruppi di cibernauti e di gruppi di lavoro composti da diverse figure professionali; allestimento di pagine Web; presenza nei luoghi della rete ove si discute di tecnologie per anziani e portatori di handicap; realizzazione di ricerche sui bisogni informativi di queste fasce di popolazione; collaborazione con le biblioteche straniere che hanno già sviluppato interventi di questo tipo.

9 Nell'esperienza di Cologno Monzese, la fonoteca (che è anche una videoteca) ha affiancato, fin quasi dalle origini, il servizio bibliotecario. Negli anni, dopo alcune oscillazioni, essa ha finito per caratterizzarsi come servizio prevalentemente musicale, definendosi quindi più sulla base dei contenuti documentari che dei supporti. Questa scelta tuttavia non ha mai potuto svilupparsi fino in fondo, per l'impossibilità pratica di «disseminare» i diversi supporti e strumenti in tutta la biblioteca e per la simmetrica difficoltà ad accentrare in fonoteca tutte le fruizioni di carattere musicale (la sezione di libri sulla musica avrebbe dovuto teoricamente spostarsi in fonoteca). Questa forte specificità contenutistica rende comunque più facile ipotizzare una continuità tra le esperienze di fonoteca e quelle di una mediateca concepita come istituzione separata destinata a documentare anche la storia e lo sviluppo dei media (Gianna Landucci, Mediateca cit., p. 37). Mentre la sezione multimediale sembra piuttosto ereditare il progetto di proliferazione tecnologica e di gestione mediatica della biblioteca.

10 I prodotti multimediali esistenti sul mercato italiano, nella stragrande maggioranza dei casi, mostrano una architettura informativa molto grezza, che non sfrutta appieno le possibilità del mezzo. Molto spesso si tratta di sostanziali riversamenti di opere cartacee su supporto multimediale, con aggiunta di un software di information retrieval e di qualche brano sonoro o di qualche filmato, senza la piena consapevolezza delle opportunità linguistiche offerte dal nuovo medium.

11 Riccardo Ridi, A mo' di conclusione: intermediazione e tariffazione delle fonti informative elettroniche, relazione conclusiva alla sessione "Internet in biblioteca" al XLIV Congresso nazionale AIB, Genova 29 aprile 1998, in corso di pubblicazione (http://www.aib.it/aib/congr/co98netridi.htm). Cfr. anche Riccardo Ridi, Alfabetizzazione informativa e cittadinanza telematica: le risorse informative in rete fra globalizzazione planetaria e localizzazione metropolitana, in: La biblioteca, il cittadino, la città: atti del XLII Congresso nazionale dell'Associazione italiana biblioteche, Trieste, 27-28-29 novembre 1996, a cura di Romano Vecchiet, Roma: AIB, 1998, p. 20-25.

12 Il riferimento è a Giovanni Papini, Chiudiamo le scuole, Milano: Luni, 1996.

13 È vero che il reading on demand sposta l'onere della acquisizione delle raccolte dal bibliotecario all'utente, ma è altrettanto vero che l'incombenza della acquisizione e della scelta semplicemente retrocede al momento della formazione della biblioteca digitale e che in questo senso non c'è alcuna differenza rispetto a una biblioteca cartacea. Il rapporto tra autore e lettore sulla rete è infine altrettanto mediato che nella fabbrica del libro.

14 Si ritiene che un reference librarian troppo assorto in un suo lavoro, con gli occhi incollati alla sua scrivania o al suo catalogo, allontani e disincentivi l'utente che vorrebbe rivolgersi a lui, dandogli l'impressione di disturbare eccessivamente.

15 Il meccanismo di funzionamento dei filtri è di tre tipi: a) blocco per parole chiave o stringhe o tipi di immagini; b) possibilità di accesso solo a siti certificati; c) ispezione diretta ai siti e loro catalogazione con blocco per i siti inadatti. Per ora tutte e tre queste modalità danno luogo a risultati insoddisfacenti. Cfr. Norma Oder, La battaglia più difficile della signora Krug, «Sfoglialibro», apr. 1998, p. 18-25.

16 Ad esempio un software scaricabile gratuitamente, Alexa (http://www.alexa.com), consente al navigatore di assegnare un «voto» ai vari siti visitati, e il programma mostra poi a ogni connessione la media dei voti registrati dai cibernauti «alexiani». Una bussola naturalmente opinabile e soggetta a tutte le controindicazioni della popolarità (è una sorta di classifica dei bestsellers della rete compilata in tempo reale), ma che può comunque fornire utili indicazioni di orientamento, specie se a costruirla fossero biblioteche o società di navigazione sulla base di criteri e griglie pubblicamente discussi.

17 Penso alla l. n. 241 del 1990 e alla l. n. 675 del 1996.

18 La lista Blister (blister@world.std.com) è una lista di scambio di opinioni su libri (in inglese, ovviamente). La lista RRA-L (Romance Readers Anonymous) si appoggia al server della Kent State University LISTSERV@LISTSERV.KENT.EDU. Un contributo allo sviluppo di una mailing list della pubblica lettura è quello di Cristina Giavoni - Franco Perini, Tutti insieme appassionatamente?, «AIB notizie», 9 (1997), n. 1, p. 20-21, oppure http://www.biblioteca.colognomonzese.mi.it/documenti/aibcur.htm.

19 http://news2web.elbacom.it/index.cgi/it.cultura.libri/all.

20 Mi ha suggerito quest'esperimento il collega Franco Perini. Naturalmente sappiamo come «lavorano» i motori di ricerca, come una buona distribuzione di certe parole nei punti chiave del documento abbia una grande capacità di attrazione nei loro confronti (e abbiamo scoperto che vi sono software houses che offrono come servizio proprio la confezione di documenti in modo da assicurare un buon piazzamento nella ricerca).

21 Fabrice Piault, Le livre, la fin d'un règne, Paris: Stock, 1995. Al concetto di «polivalenza del libro» potremmo accostare quello di «polimorfismo della lettura» affermato da Jean Claude Passeron, Le polymorphisme culturel de la lecture, in: Le raisonnement sociologique: l'éspace non-poppérien du raisonnement naturel, Paris: Nathan, 1997. Sui primi prototipi di libro elettronico un'interessante discussione è disponibile in rete: Dan Gillmor, Electronic books open new chapter, «San José Mercury news», June 12, 1998 (accessibile a pagamento all'indirizzo http://www.mercurycenter.com/columnists/gillmor/docs/dg061298.htm); Michael J. Martinez, Crack open an e-book: will electronic text readers replace tomes and folios?, «ABC news», June 30, 1998 (http://www.abcnews.com/sections/tech/DailyNews/ebooks980630.html); Peter H. Lewis, Taking on new forms: electronic books turn a page, July 2, 1998 (http://www.nytimes.com/library/tech/98/07/circuits/articles/02book.html; l'accesso richiede la registrazione); Steve Silberman, Ex libris: the joys of curling up with a good digital reading device, «Wired», July 1998 (http://www.wired.com/wired/6.07/es_ebooks.html); Jakob Nielsen, Electronic books: a bad idea, «Alertbox», July 26, 1998 (http://www.useit.com/alertbox/980726.html). Un altro foro di dibattito su questi temi è rappresentato dalla rivista elettronica spagnola «Extra!-Net» (http://www.extra-net.net). I due primi prototipi commercializzati di libro elettronico sono il Softbook (http://www.softbookpress.com/softbook_sys/softbook.html) e il Rocketbook (http://www.nuvomedia.com/html/productindex.html [ora http://www.rocket-ebook.com/]).


LUCA FERRIERI, Biblioteca civica, piazza Mentana 1, 20093 Cologno Monzese (MI), e-mail lferrie@tin.it.
Relazione presentata al Seminario "Servizi multimediali nelle biblioteche pubbliche" (Milano, 29-30 settembre 1998), i cui atti sono in corso di pubblicazione. Ringraziamo la Regione Lombardia, e in particolare la dott.ssa Ornella Foglieni, per averci gentilmente concesso di anticipare questo contributo.