Biblioteche digitali: la nuova frontiera della cooperazione
Esattamente vent'anni fa a Sangineto (Cosenza), durante il XXVIII Congresso dell'AIB, si svolse un episodio apparentemente marginale ma di non poco impatto sulla storia recente delle biblioteche italiane. Angela Vinay, presidente dell'AIB e direttore dell'ICCU, e Michel Boisset, allora vicedirettore della neonata Biblioteca dell'Istituto universitario europeo, si incontrarono e stabilirono un'azione comune per lanciare un ambizioso programma di cooperazione su scala nazionale che di lì a qualche anno si sarebbe concretizzato nel progetto SBN. L'intelligenza politica, la determinazione e il prestigio professionale che riconosciamo a queste due personalità possono spiegare solo in parte i motivi per cui riuscirono subito a mobilitare l'élite professionale intorno al progetto e poi a imporlo in sede politico-amministrativa.
Le nuove tecnologie bussavano alla porta delle biblioteche italiane il cui quieto vivere era stato già scosso dagli echi postsessantotteschi e dall'affermarsi delle nuove realtà regionali; si scorgeva una nuova vitalità, soprattutto da parte delle più giovani generazioni di bibliotecari, che si esprimeva in fioritura di iniziative, cui mancava un punto di riferimento, un quadro nel quale collocarsi. Intanto la telematica avanzava e prometteva opportunità straordinarie se le biblioteche avessero sacrificato un po' del loro tradizionale individualismo, se alla pressione delle ditte informatiche che cominciavano a fiutare l'affare i bibliotecari avessero opposto un comportamento unitario e propositivo. È vero che le nostre biblioteche sembravano poco disposte a mettere in discussione i loro assetti organizzativi e che il concetto di servizio non rientrava a pieno titolo nella cultura organizzativa dei bibliotecari italiani: ma allora, quale migliore occasione dell'avvento dell'automazione per innescare finalmente un processo di modernizzazione di questi servizi? Non si trattava infatti di un piano di automazione – dichiarò candidamente e autorevolmente Luigi Crocetti, nel 1982 in veste di presidente dell'AIB – ma «di un progetto che si serve dell'automazione per ottenere un nuovo disegno complessivo della realtà bibliotecaria». In quale misura il progetto SBN sia davvero riuscito a innovare la realtà bibliotecaria italiana è ancora oggi materia di vivace dibattito, ma il dato che vogliamo rilevare è che in quella fase, di fronte all'avvento delle nuove tecnologie, i bibliotecari riuscirono ad avviare una riflessione generale (politico-culturale) e a dare un risposta strategica e operativa ispirata ai principi della cooperazione e del servizio all'utente.
Con gli anni Novanta le tecnologie dell'informazione e della comunicazione realizzano un nuovo forte salto di qualità, i cui effetti appaiono ben più dirompenti e pervasivi rispetto alla prima ondata degli anni Settanta-Ottanta, quando il computer poteva trattare solo dati espressi in simboli alfanumerici e le reti di trasmissione riguardavano un'utenza ancora ristretta e circoscritta ai settori della ricerca, dell'impresa e delle pubbliche amministrazioni. Oggi la tecnologia digitale è in grado di rappresentare, archiviare, riprodurre e trasmettere forme, colori e suoni di qualsiasi tipo e Internet è entrata a far parte della vita quotidiana di milioni di persone. «We are all beginning another great journey» – ci assicura l'inossidabile Bill Gates – e Internet non è che una pallida idea delle cosiddette autostrade dell'informazione che collegheranno gli individui del pianeta! Cosa succederà esattamente, non lo sappiamo; certo è che le grandi manovre delle potenze economiche e dei grandi gruppi multinazionali per il controllo dell'industria mediale, in vista della "convergenza tecnologica" (espressione con la quale gli addetti ai lavori definiscono l'incontro tra computer, telecomunicazioni e televisione), sono cominciate da tempo. Si tratta di un confronto su vasta scala che include il ridisegno degli assetti geoeconomici e la messa a punto di strategie per sfruttare le opportunità di mercato e di nuovi strumenti per regolare i rapporti commerciali, in prospettiva di un sistema sempre più globalizzato.
Il quadro che si va componendo non è ancora chiaro ma alcune tendenze in atto nel nostro settore ce ne lasciano già intravedere qualche contorno e possono darci un'idea delle grandi sfide che ci attendono.
Innanzitutto la questione del copyright: su questo terreno i bibliotecari hanno visto infrangersi molte loro illusioni sul futuro della società dell'informazione e stanno sperimentando a loro spese il gioco duro del nuovo agone. Il confronto è cominciato all'inizio degli anni Novanta con l'affacciarsi all'orizzonte delle prime direttive CEE ed è tuttora in pieno svolgimento. Ma è ormai evidente – complice le volontà dei governi sia conservatori che progressisti – che le biblioteche difficilmente riusciranno in ambito digitale a mantenere il pacchetto di "utilizzazioni libere" che sono state loro riconosciute nell'era cartacea. L'adozione di norme più restrittive in materia di copyright e la pratica delle licenze comporteranno una profonda rivisitazione delle politiche dei servizi e delle modalità di accesso, fino a lambire la missione stessa della biblioteca intesa come strumento democratico di accesso alla conoscenza.
L'irrompere nell'area dei servizi bibliotecari dei fornitori commerciali sta producendo cambiamenti radicali sia a livello degli utenti che delle biblioteche. Mentre per un verso si assiste alla crescita dell'uso di questi servizi da parte delle biblioteche e degli utenti finali, per l'altro si registra una progressiva riduzione delle risorse delle biblioteche in termini di potere di acquisto e di personale. Inoltre la tendenza alla concentrazione dei diritti e dei servizi nelle mani di poche società e agenzie potrebbe avere delle implicazioni molto vaste in futuro per quel che riguarda la disponibilità e l'affidabilità dell'informazione.
Sembra abbastanza accertato che le tecnologie digitali consentiranno notevoli economie a livello della struttura fisica delle biblioteche e della gestione dei documenti. Infatti rispetto alla carta e al microformato il supporto elettronico risulta essere di gran lunga quello più conveniente da punto di vista sia dell'immagazzinamento che dell'accesso (si veda in proposito l'articolo di Malinconico in questo stesso fascicolo). Ma questa opportunità potrà essere adeguatamente sfruttata solo quando sarà trovata una soluzione conveniente e affidabile per la conservazione a lungo termine del documento elettronico. Allo stato attuale siamo ancora in alto mare su questo fronte. Comunque, considerata la complessità del problema nei suoi vari aspetti organizzativi, tecnici, legali e culturali (la questione è evidentemente vitale per la conservazione della memoria storica e l'identità culturale), qualunque soluzione non potrà attuarsi che in un'ottica di cooperazione su larga scala, perché nessuna biblioteca può illudersi di affrontare da sola questi problemi. Tutto questo richiederà il riadeguamento di norme, funzioni e infrastrutture.
Se le prospettive sono poco chiare, ancora più indefiniti sono i tempi e le tappe del processo. La situazione di incertezza è espressa dall'atteggiamento degli addetti ai lavori: audaci a parole, prudenti nei fatti. «Oggi non c'è biblioteca che pianifichi oltre i due anni – ci confessa un dirigente di una importante biblioteca di New York – e per il momento non abbiamo piani che prevedano la dismissione di collezioni cartacee».
Il concetto di biblioteca digitale può risultare mistificante se si prescinde dalla considerazione della fase di transizione in atto. Una transizione destinata a durare a lungo e che vedrà convivere le collezioni cartacee con i servizi digitali, che richiederà il sostegno in parallelo della vecchia e della nuova infrastruttura, con tutte le implicazioni che ne derivano sul piano della gestione delle risorse e dell'integrazione dei servizi. Ma è questa la soluzione più avveduta? Quante biblioteche potranno permettersela?
Il problema centrale in questa fase è governare la transizione, cioè pianificare gradualmente la riallocazione delle risorse per sostenere gli investimenti necessari alla riconversione. La vera sfida – il mondo dell'impresa docet – consiste nel saper sfruttare la tecnologia per migliorare la produttività e controllare i costi; questo vale sia per le biblioteche che per altri servizi pubblici. Ma non si tratta di un'operazione di ingegneria finanziaria, qui occorre soprattutto capacità di immaginazione per individuare nuovi obiettivi e soluzioni organizzative, per sviluppare sinergie con altri settori (in particolare con i partner del mondo del libro e dei produttori di contenuto). L'accentuarsi dell'interdipendenza è una ragione in più per abbandonare vecchi schemi e creare le condizioni per permettere alle forze in campo di spingersi verso le nuove frontiere della cooperazione. Sono questi in sostanza i nodi che le biblioteche devono affrontare per riaffermare nel futuro la loro autonomia e il loro ruolo.
Ed è proprio il terreno della cooperazione che fa da sfondo alle più rilevanti iniziative organizzate in Nord Europa, in Nord America e in Australia per rispondere alla nuova sfida tecnologica. Nel luglio 1997, appena qualche mese dopo la elezione di Tony Blair, viene diffuso un poderoso documento elaborato da una commissione del Governo britannico sul ruolo delle biblioteche pubbliche nella società dell'informazione (New Library: the people's network), in cui, tra l'altro, si propone la realizzazione di una rete di servizi e la costituzione di un'agenzia centralizzata per la gestione del copyright e la negoziazione delle licenze. Mentre sul fronte delle biblioteche universitarie si registra da alcuni anni un forte sostegno del governo, tramite organi come il Joint Information Systems Committee, ai progetti di cooperazione nel campo delle collezioni digitali, delle banche dati e della gestione delle licenze (programmi come E-Lib e BIDS rientrano in questa cornice).
Negli Stati Uniti la cooperazione in campo digitale si sta dispiegando a tutti i livelli con le capacità organizzative e la dovizia di mezzi che ben conosciamo. «Library trends» ha dedicato il fascicolo dell'inverno 1997 alle iniziative in corso; qui ne citeremo due tra le più note. Il progetto JSTOR, iniziato nel 1994 col sostegno della Mellon Foundation allo scopo di sviluppare un sistema per la conversione digitale, l'archiviazione e l'accesso ai periodici, si fonda sulla cooperazione tra le più importanti biblioteche di ricerca e gli editori. Al progetto sono state associate alcune grandi biblioteche britanniche grazie a un recente accordo intergovernativo. Un altro progetto di cooperazione in grande stile, sostenuto anche questo dalla Mellon Foundation, va sotto il nome di Digital Library Initiatives e associa alcune tra le più prestigiose università americane in un vasto e articolato programma di ricerca e sviluppo.
Dei progetti qui segnalati vorremmo notare rapidamente quegli aspetti più rilevanti dal nostro punto di vista:
a) l'iniziativa da parte dei governi;
b) il coinvolgimento dei grandi laboratori della ricerca tecnologica e la collocazione di alcune iniziative nel quadro delle attività di ricerca e sviluppo;
c) la tendenza a superare le frontiere nazionali della cooperazione;
d) il rapporto sinergico tra pubblico e privato.
Non possiamo infine far passare inosservato il fatto che la consapevolezza della posta in gioco ha prevalso persino sull'innato senso di competizione delle grandi e prestigiose università americane.
Vent'anni dopo Sangineto, alle porte del secondo Millennio, le biblioteche si trovano di nuovo di fronte a una fase di impasse che prelude alle grandi scelte. La mobilitazione di risorse e l'attivismo suscitati da SBN e dagli altri progetti di automazione hanno prodotto risultati apprezzabili sotto molti punti di vista, tuttavia non sembra che si sia riusciti a innescare quel circuito virtuoso che, nelle intenzioni dei primi promotori del programma di cooperazione nazionale, avrebbe dovuto ridisegnare il sistema bibliotecario italiano e «avviare a soluzione una crisi storica». Ma qui le responsabilità sono da ricercarsi ben oltre il mondo dei bibliotecari, cui al massimo possiamo imputare un eccessivo idealismo.
Comunque sia, dobbiamo riconoscere che oggi il quadro è mutato e che non è più il caso di seguire acriticamente percorsi disegnati in tempi ormai tecnologicamente remoti. I bisogni di informazione si vanno rapidamente evolvendo, il livello di istruzione si è elevato, i bibliotecari sono cresciuti professionalmente anche grazie alle esperienze maturate nell'ambito dei progetti tecnologici nazionali e internazionali, molte biblioteche hanno migliorato i propri servizi e in qualche caso si sono costruiti nuovi e moderni edifici destinati a ospitarli. La gran parte delle biblioteche è dotata di sistemi di automazione ed è stata realizzata una rete nazionale che collega circa 800 biblioteche. Insomma un cambiamento c'è stato e qualcosa sta cambiando, anche se molto lentamente, persino nella pubblica amministrazione, nei cui lacci e lacciuoli le biblioteche si sono spesso trovate imbrigliate. La scelta europea è ormai un processo irreversibile e spingerà il paese a muoversi con maggiore determinazione sulla strada della modernizzazione dei servizi pubblici e del sistema formativo.
Insieme a questi fattori positivi dobbiamo notare anche notevoli sfasature, contraddizioni e ritardi. Intanto rimane un forte divario tra Nord e Sud, tra le diverse aree del Centro-Nord, nonché tra le biblioteche dei diversi comparti. Non si è ancora riusciti, nonostante il pullulare di corsi universitari in beni culturali, a mettere in piedi un sistema di formazione e di ricerca appena adeguato ai tempi attuali. I più importanti programmi di investimento si muovono secondo schemi del tutto inattuali e dispendiosi (ad esempio la produzione di programmi per la gestione delle procedure), mentre le poche iniziative più innovative hanno vita grama. Infine non siamo riusciti, nonostante gli sforzi profusi dall'AIB in questa direzione, a ricreare un meccanismo di riflessione e proposta in grado di aggregare competenze e livelli di responsabilità, di attrarre interlocutori e interessi, dal quale far partire idee e linee di azione suscettibili di ampio consenso e sostegno. È sintomatico che sia stato abbandonato Edificare, un progetto di collaborazione con gli editori innovativo da tutti i punti di vista. Ed è anche sintomatico che non si riesca a intavolare, in sede professionale, una riflessione costruttiva sulle prospettive di SBN. Ma davvero crediamo di poter affrontare le sfide future continuando a erigere steccati e brontolare nel proprio cortile? La tecnologia va avanti con o senza bibliotecari: non a caso le iniziative di biblioteche digitali in Italia non vengono dal mondo delle biblioteche.
È proprio in queste circostanze che si misurano la maturità e le capacità di immaginazione di una professione. È giunto il momento di individuare nuovi obiettivi, di rivedere le priorità, di elaborare strategie, di trovare soluzioni organizzative agili ed efficienti anche al di fuori delle strutture della pubblica amministrazione, di riorganizzare il sistema di finanziamento e di orientarlo verso linee d'azione strategiche accuratamente selezionate. È tempo di guardarsi intorno, di stabilire nuove alleanze e collaborazioni con gli attori principali della nascente società dell'informazione, con il mondo della ricerca e dell'università per mobilitare competenze e associare i laboratori di ricerca allo sviluppo dei progetti. Occorre lanciare un'offensiva a tutto campo nel settore del servizio agli utenti, trovare punti di congiungimento e di integrazione con le reti territoriali e le iniziative che provengono da altri settori, a cominciare da quello della scuola. È ora di recuperare tutta la nostra creatività e tensione etica perché le biblioteche diventino protagoniste a pieno titolo dello sviluppo di una società dell'informazione orientata all'affermazione dei principi della democrazia.
«Ma a una sfida "societaria" come quella di cui stiamo parlando (anche se in gran parte proveniente dalla tecnologia) non si cerca una risposta unicamente nella tecnologia. Significherebbe chiudersi in un labirinto ripetitivo. Cerchiamo un senso ai mutamenti, diamo loro una direzione». Queste parole, pronunciate da Luigi Crocetti sedici anni or sono, mantengono intatta tutta la loro attualità.
Tommaso Giordano