Information seeking in context: proceedings of an international conference on research in information needs, seeking and use in different contexts, 14-16 August, 1996, Tampere, Finland, edited by Pertti Vakkari, Reijo Savolainen and Brenda Dervin. London: Taylor Graham, 1997. 467 p. ISBN 0-947568-71-9. £ 45.
La nuova frontiera della ricerca che questo convegno propone all'information science potrebbe essere così sintetizzata: il fondamento teorico dei sistemi informativi non può essere una scienza. Deve essere una logìa, ed è ancora tutto da fare.
Il fatto che la scienza dell'informazione (nel significato anglosassone) fosse un po' troppo povera di fondamenti teorici per fregiarsi del titolo di scienza era sempre stato una spina nel fianco dei suoi fondatori, tutti provenienti da discipline scientifiche. Di fatto tutto quello che si era potuto mettere insieme era un modello della comunicazione scientifica e le leggi bibliometriche sull'andamento della produttività scientifica che sustanziavano tale modello. Come nel caso della biblioteconomia, al centro dell'attenzione era il meccanismo di comunicazione e trattamento dell'informazione; iniziatore e destinatario - l'autore e l'utente dell'informazione - ne erano i confini, l'input e l'output del sistema informativo. Con l'evoluzione tecnologica degli anni Ottanta l'attenzione sul sistema non fa che accentuarsi, appuntandosi in particolare sull'efficienza tecnica dei meccanismi di recupero delle informazioni archiviate, con una virtuale sovrapposizione tra sistema informativo e sistema informatico. Col tempo, però, l'universo dell'utente finisce per rientrare in campo, perché i progressi della telematica e dell'informatica hanno introdotto un nuovo tipo di committenza (l'azienda, che ridisegna i confini e gli scopi dei sistemi informativi) e un nuovo tipo di utente, l'utente finale, e per entrambi occorre disegnare sistemi informativi nuovi. E almeno nella fase di impianto, l'utente occorre davvero studiarlo, pena il fallimento del sistema informativo che si va costruendo. D'altra parte, vanno anche cadendo le barriere tra tipi diversi di informazione: il rapporto fra utente, sistema e informazione non è più rappresentabile come una catena "uno a molti", ma come una rete "molti a molti". È da questi mutamenti che emerge la proposta di individuare una più ampia e generale teoria, che consideri tutte le interazioni in gioco, e per la prima volta questo fondamento teorico lo si cerca nell'universo dell'utente, non nel sistema informativo. Ecco allora questo sforzo di elaborare una teoria dell'information seeking in context, che consideri tutto l'arco del comportamento informativo dell'utente: la percezione del gap informativo, il processo decisionale e cognitivo con cui ricerca l'informazione necessaria, l'uso che farà dell'informazione acquisita.
«Condizione essenziale per la progettazione di servizi e sistemi informativi efficaci è la comprensione delle necessità informative», dice Allen nel suo contributo al convegno. Così formulata, dopo più di quarant'anni di studi sull'utenza è una convinzione ormai generalmente condivisa, anche se non ha ancora modificato gli assiomi della biblioteconomia. Ma qui significa qualcosa di completamente diverso da ciò cui siamo abituati. Nei 25 contributi che formano le quattro sezioni di questo volume non si parla mai dei sistemi informativi di cui si descrivono gli utenti (e non è neppure così, perché si discute piuttosto del modo in cui si dovrebbero descrivere). Può essere l'effetto della drastica selezione operata dagli editors sui contributi accettati (25 sugli 80 proposti): dopotutto era stata la Dervin a iniziare nel 1986 le ostilità con la sua decisa critica contro la prevalente concezione meccanicistica sia dell'utente, visto solo all'intersezione con il sistema informativo, sia dell'informazione, pensata come significato oggettivo di valore informativo costante (Brenda Dervin - Michael Nilan, Information needs and users, «Annual review of information science and technology», 21 (1986), p. 3-33).
Di fatto, in questi atti di Tampere, al momento di intersezione tra utente e sistema informativo si accenna solo per affermare che il contesto (o i contesti: psicologico, cognitivo, sociale, istituzionale, operativo) influenza sia il comportamento dell'utente nel definire necessità, richieste e usi dell'informazione, sia la definizione e la risposta del sistema informativo. Contesto, comportamento informativo dell'utente e prodotto informativo del sistema interagiscono «come l'acqua e i pesci», dice la Dervin: «il pesce nuota nell'acqua e l'acqua gli è dentro». Perché la conoscenza e le strutture della conoscenza non sono né oggettive né soggettive, ma intersoggettive, prodotte entro un sistema condiviso di significati. Un sistema condiviso di significati è ad esempio la struttura organizzativa o istituzionale in cui si muovono sia l'utente professionale sia il sistema informativo, e che condizionerà sia la domanda sia la risposta informativa.
Utente, sistema e contesto non sono collegati da una catena di causalità, sono un insieme inscindibile di interrelazioni: la visione meccanicistica è ormai dietro le spalle e lo dimostrano i continui riferimenti teorici al cognitivismo, allo strutturalismo, alla sociologia dei gruppi, alla semiologia. Per tutti il punto di partenza è nella percezione (influenzata dal contesto in cui emerge) di un gap informativo che l'individuo sperimenta di fronte a un evento: uno stato di incertezza, che riguarda anche l'esito, e comprende sia il processo di ricerca informativa dell'utente, sia il processo di risposta del sistema informativo e la sua probabilità di soddisfare il bisogno informativo (in termini di accessibilità, credibilità, ecc.). Sicché, come Kuhlthau aveva già affermato nel 1993, la sfida che la ricerca in information science deve affrontare è il progetto di sistemi informativi che consentano agli utenti di passare dall'incertezza alla comprensione. Eccoci quindi arrivati in acque davvero profonde: tutto dipende da tutto e influenza tutto e l'unica base di partenza certa è l'incertezza. Nella sintesi finale, Vakkari sottolinea quanto ci sia ancora da fare: quel che si sta proponendo è una metateoria, un'orienting strategy, la teoria non c'è. E manca ancora - sorprendentemente, anche negli interventi più teorici e autorevoli (Wilson, Dervin, Kuhlthau, Allen) - una definizione dell'elemento centrale, l'informazione. Ma la via è tracciata: porre l'utente al centro del problema di costruire sistemi informativi porta a questo, a questa logìa che osserva la rete delle interrelazioni che avvolgono il concetto e processo del ricercare informazioni. È una via incerta e rischiosa, anche metodologicamente. Come ricorda la Kirk nella sua lucida analisi, abbandonare l'idea di poter far ricorso a fondamenti oggettivi, a una causalità scientifica per spiegare l'information seeking, comporta il problema, comune a tutte le soft sciences, di doversi limitare ad analisi di tipo descrittivo, di poter svolgere solo indagini di tipo etnografico, più difficilmente trasferibili e generalizzabili.
Un libro utile? Non direi, ma interessante sì. Dopo tutto non capita tutti i giorni di vedere una rivoluzione copernicana in corso.
Laura Anselmi, Sistema informativo bibliotecario del Politecnico di Milano