RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Pioneering new serials frontiers: from petroglyphs to cyberserials: proceedings of the North American Serials Interest Group, 11th Annual conference, June 20-23, 1996, University of New Mexico, Albuquerque, Christine Christiansen, Cecilia Leathem editors.  Binghamton: The Haworth Press, 1997.  407 p.  ISBN 0-7890-0324-4.  $ 89.95.  Pubblicato anche in «The serials librarian», 30 (1997), n. 3/4, e 31 (1997), n. 1/2.

Il volume contiene gli atti dell'undicesimo convegno del North American Serials Interest Group, al quale hanno partecipato oltre 700 iscritti tra bibliotecari, editori, distributori, ecc. Corollario al congresso sono stati due pre-convegni per la conoscenza degli standard EDI (Electronic data interchange) e diciannove seminari-relazione su esperienze pratiche. Completa il volume la lista di tutti i partecipanti.

Fulcro della trattazione sono le pubblicazioni elettroniche: le nuove sfide e i nuovi problemi che si pongono non soltanto ai bibliotecari ma a tutti coloro che operano nel settore. Un buon numero di interventi è, per l'appunto, di editori, distributori, produttori di abstracts e di indici (i cosiddetti secondary publishers), il che evidenzia la stretta connessione che esiste tra tutte queste figure professionali quando si parla di periodici. Le varie sessioni hanno via via affrontato questi temi: problemi di catalogazione, di copyright, di licenze elettroniche, di sviluppo delle collezioni, di partnership, ecc.

L'irrompere delle pubblicazioni elettroniche porta a ripensamenti e dubbi anche sulle cose che sembravano immutabili. La stessa definizione di "pubblicazione definitiva" cambierà in qualche modo: "pubblicazione" significherà che un editore ha dichiarato il lavoro di un autore accettabile, dopo un lavoro di revisione. La copia del lavoro depositata nel database dell'editore sarà considerata la versione definitiva del lavoro, così come lo è oggi la copia su carta. L'editore sarà visto meno come un produttore di prodotti stampati e più come un custode della proprietà intellettuale distribuita attraverso il mezzo che più si adatta alla natura del lavoro individuale o alle necessità dei lettori. Il proliferare delle riviste scientifiche e il costo crescente degli abbonamenti conducono necessariamente alla partnership tra diversi enti per contenere i costi, ma è la mole dell'informazione tout court che rischia di divenire insostenibile per le biblioteche, i lettori, gli stessi produttori di informazione. In questo quadro si delinea sempre più importante l'opera dei secondary publishers: la National Federation of Abstracting and Information Services in un anno ha creato registrazioni bibliografiche per più di 10 milioni di documenti che si vanno ad aggiungere ai 160 milioni già esistenti. Come si vede, i numeri sono impressionanti.

Molti sono i progetti qui menzionati nell'ambito delle collezioni di periodici elettronici: JSTOR (Journal Storage Project) della Mellon Foundation o il Project Muse della Johns Hopkins University che ha il fine di rendere disponibili su supporto elettronico i 40 titoli della Johns Hopkins University Press. Un altro caso concreto è quello delle riviste dell'Institute of Physics disponibili su Web da gennaio 1996, con accesso senza ulteriori costi per gli abbonati (in altri casi citati, versione su carta e online sono disponibili entrambe al 130% del prezzo della sola versione a stampa). Un'innovazione interessante è quella di rendere "cliccabili" le citazioni, ossia permettere di raggiungere l'articolo citato: quest'operazione sarà fatta inizialmente tra le proprie riviste, con l'obiettivo di estenderla a riviste di altri editori.

Ho trovato particolarmente interessanti le relazioni che si soffermano sulla catalogazione di queste risorse. Vengono analizzati i vari campi MARC specifici per questo materiale (es. 856) con relative raccomandazioni, non sempre seguite da tutti, come ad esempio la designazione generica di materiale da adottare – computer file – che in alcune biblioteche viene sostituita con altre voci più immediatamente comprensibili, come electronic serial. Si raccomanda la doppia catalogazione per il periodico disponibile sia su carta che online. C'è la tendenza a catalogare anche le risorse elettroniche "remote" (che non sono state scaricate sul server della propria biblioteca o per le quali non è stato fatto l'abbonamento): questo significa anche un ripensamento su cosa deve essere un OPAC. È ovviamente difficile esercitare un controllo bibliografico su queste risorse remote, a differenza di quanto avviene per quelle materialmente possedute dalla biblioteca, ma ciò non deve comportare una loro esclusione automatica. Se poi la biblioteca vuole immagazzinare queste risorse, si presenta il problema, nel corso del tempo, dell'obsolescenza dell'hardware e del software per l'accesso, oltre al fatto che anche i media elettronici, come la carta, sono soggetti al deterioramento fisico. È vero che gli editori mantengono archivi delle proprie pubblicazioni, ma gli editori possono cambiare. Sarà sempre più necessaria, quindi, la collaborazione tra questi ultimi e le biblioteche, specie per quanto riguarda l'archiviazione.

Lo sviluppo delle collezioni si scontra anch'esso con queste nuove risorse. Come selezionarle? Come mantenerle, vista la loro volatilità, tipica del mondo Internet? Si cerca, naturalmente, di selezionare ciò che correntemente si raccoglie in certi campi del sapere, aggiungendovi semplicemente le risorse online. Bisogna anche tener conto dei dettagli tecnici, formati, modi di accesso, disponibilità degli archivi, ecc. Importante è la frequenza degli aggiornamenti, altrettanto importante è individuare la possibile/probabile longevità della risorsa. C'è poi il dilemma delle risorse a pagamento: sì, no, e se sì il problema del controllo degli accessi.

Esistono già alcuni cataloghi collettivi di risorse online: quelli del CIC (Committee on Institutional Cooperation), InterCat di OCLC. Spesso le norme (AACR2, Library of Congress Subject Headings) sono in ritardo rispetto alle nuove necessità richieste da queste pubblicazioni.

La provvisorietà degli indirizzi è un altro problema molto sentito. Lo Uniform Resource Identifier Working Group della Internet Engineering Task Force sta lavorando per creare uno standard Uniform resource name al posto dei vecchi URL. L'idea è di definire un testo-stringa che identifichi senza ambiguità una risorsa Internet indipendentemente dalla sua localizzazione. Anche OCLC si è mossa in questo senso creando PURL (Persistent uniform resource locator).

Altro problema concreto è quello delle licenze per i prodotti elettronici. Come deve muoversi un bibliotecario in quest'ambito poco conosciuto? Senz'altro è bene leggere a fondo la licenza perché quello che si può fare con i prodotti online varia molto da contratto a contratto. Molto variabili sono le definizioni di "utente autorizzato", "uso", "localizzazioni" dove la biblioteca può usare il prodotto. Non tutte le licenze, ad esempio, prevedono l'accesso remoto. Molto diversificati sono anche i termini di pagamento. Rene Olivieri della Blackwell spiega come le licenze per l'accesso ai siti siano il minore dei mali in un panorama di costi sempre crescenti per gli abbonamenti. Un altro aspetto collegato è quello del copyright e del determinare con certezza i limiti del fair use (ricerca, uso, studio personali), definiti in modo vago dal Copyright revision act del 1976: è necessario poi capire quali sono questi limiti in un ambiente digitale. C'è il timore che si arrivi a un pay-for-view, ossia a un sistema che divide nettamente l'accesso all'informazione tra i poveri e i ricchi, creando gli information haves e gli have nots. L'amministrazione Clinton, attraverso la National Information Infrastructure, ha cercato di analizzare la questione e la task force creata per studiare questi problemi di diritto d'autore ha elaborato un libro bianco uscito nel 1995 nel quale sembrano confermate in parte queste ipotesi pessimistiche, lasciando comunque molte questioni in sospeso.

I concetti che maggiormente si ripetono nel corso degli interventi sono quelli che ribadiscono la necessità della collaborazione tra vari enti, a ogni livello: tra le biblioteche, tra le biblioteche e gli editori, tra le biblioteche e i secondary publishers, ecc. Altro concetto fondamentale è il coinvolgimento del personale bibliotecario che deve essere dotato di mezzi tecnologici adeguati e la cui partecipazione accanto allo staff più propriamente tecnico-informatico è essenziale per la riuscita di qualunque progetto.

In conclusione, sono rimasta colpita dalla vivacità e diversità degli interventi, vivacità di chi si trova a operare in un campo nuovo, "pionieristico" per l'appunto: un contesto che si trasforma di giorno in giorno e con regole ancora tutte da scrivere. I ritardi nostri in questo settore credo siano evidenti. Probabilmente quando tra qualche (?) anno ci troveremo di fronte agli stessi quesiti, dalle biblioteche anglosassoni ci giungeranno delle linee di comportamento già sperimentate. Risparmieremo così dubbi e tentativi, ma avremo perso anche questa fase così creativa dove tutti portano il loro piccolo contributo agli inediti quesiti che le pubblicazioni elettroniche pongono.

Giovanna De Benedet, Università Cà Foscari, Venezia