Parole note: itinerari tra letteratura e musica in biblioteca. Consulenza scientifica: Stefano Pogelli, Claudio Vedovati.  Roma: Provincia di Roma, Assessorato alla cultura, Sistema bibliotecario provinciale; Manziana (Roma): Vecchiarelli, 1996.  147 p.  ISBN 88-85316-81-6.  L.25.000.


Mi sono spesso chiesto come sarebbe stato, in una realtà non immaginata né virtuale, un mio ipotetico incontro con la favoleggiata biblioteca dell'Istituto Warburg (http://www.sas.ac.uk/Warburg/), imputata della responsabilità di aver generato, in menti malleabili e non pigre, pensieri che hanno poi dato inizio a cammini nuovi e del tutto insospettati della nostra storia culturale: dall'Iconologia di Panofsky al Bruno di Yates, dal Saturno di Wittkower ai "grilli" di Baltrusaitis e chissà cos'altro ancora.

Più volte, preso da un febbrile fantasticare, ho provato ad assaggiarne un leggero antipasto - di quelli che mettono più fame - scorrendo i titoli (e insinuandomi qua e là tra le pagine) dei volumi allineati sugli scaffali della libreria Tombolini in via Quattro Novembre a Roma. Anche qui, come là, gli accostamenti insospettati eppur rigorosi di opere apparentemente estranee tra loro scatenano un breve e subitaneo uscir fuori da sé e dal mondo, lasciando al libero gioco delle associazioni il compito di approdare a spiagge sconosciute: ciò che si dice degli effetti del "pensiero laterale".

L'incontro con Parole note (è voluta l'ambiguità del titolo) ha ricreato all'improvviso la medesima schizoidia del ritrovarsi come a passeggiare all'interno del teatro di Giulio Camillo o a rivivere il sogno di Polifilo prenestino, tra "soggetti" e tra "oggetti" reali eppur virtuali, disposti in casuale eppur ordinata sequenza da un occulto, divino shelf-master. Un viaggio - l'inciso è per voi, indicizzatori - all'interno di un ipotetico catalogo semantico: questa è l'avventura della lettura di Parole note...

Apparentemente si tratta solo della guida-catalogo di una mostra sui rapporti fra musica e letteratura, merito della Provincia di Roma, e così è in realtà, ma con in più un'idea della biblioteca come varco a un luogo di libertà dove la parola e il suono - in questo caso, ma l'esperimento merita di essere ripetuto con altri generi di espressione/comunicazione: chi si sobbarca? - si sollecitano e si esaltano a vicenda in modo ricorsivo, fino a creare un nuovo oggetto unitario eppure composito, formato dall'insieme integrato della "musica" e della "letteratura".

L'opera, dopo le consuete presentazioni istituzionali e alcuni stuzzicanti (e del tutto evitabili, come di consueto) saggi introduttivi sulle ragioni dell'iniziativa, su librettisti e compositori, sull'ascolto e sulla lettura, e un'intervista a uno sconosciuto (almeno per me) Tommaso Vittorini «musicista e nipote d'arte», presenta, nella seconda parte, con la libertà e con la leggerezza delle famose serate musicali con Schubert al pianoforte, brevi percorsi fra letteratura e musica che raccontano, sul filo di quattro paradigmi assai ampi (Parola e suono, Narrare in musica, Luoghi, protagonisti, strumenti e Nazioni in musica), tutto ciò che ai due curatori può essere venuto in mente sull'argomento (ma l'argomento è, in realtà, inesauribile, e credo che gli autori si siano fermati dove si sono fermati per esaurimento non della fantasia né della conoscenza, ma per l'impossibilità fisica di proseguire, a meno di scrivere tomi e tomi, e volumi e volumi...). Poco più di appunti, quindi, ma corredati da guide "ragionate" all'approfondimento, come inviti a "leggere", ad "ascoltare" e a "vedere", apparentemente anche lontane dal tema trattato, ma tutte interessanti e qualche volta anche sorprendenti.

Un esempio tra i tanti possibili. Nella sezione Narrare in musica, entro il paragrafo C'era una volta: l'orrore, la fiaba, la fantascienza, si parla del racconto gotico dell'Ottocento (ah, Mario Praz!), correlandolo con opere musicali "demoniache" come la Sinfonia fantastica di Berlioz, la Totentanz di Liszt, la Danza macabra di Saint Saëns e la scena del Sabba nel Nabucco verdiano. Si accenna poi ai Pink Floyd e a David Bowie come a cantanti visionari, non senza ricordare la colonna sonora di Arancia meccanica di Kubrick. L'universo della fiaba è presente con i lieder mahleriani estratti da Arnim e Brentano.

Vengono poi analizzati, in forma di brevi appunti di recensione o segnalazione, singoli approfondimenti della chiacchierata iniziale, con le note bibliografiche (e bibliofile) del caso: un'edizione italiana illustrata con le tavole originali del 1876 di Des Knaben Wunderhorn di Arnim e Brentano (Rizzoli, s.d.), l'edizione Gardiner della Fantastica di Berlioz (Philips, 1993), l'antologia dei testi delle canzoni di Bowie (Arcana, 1982) e il suo The rise and fall of Ziggy Stardust and the spiders from Mars (EMI, 1990) - nel momento in cui scrivo, ancora di stretta attualità - per poi passare all'edizione originale di Metropolis di Fritz Lang e finire con il Leroux del Fantasma dell'Opera (Newton Compton, 1994).

Cosa leggere per saperne di più? Le Fiabe di Andersen, le Fiabe del Reno dei soliti Arnim & Brentano, quelle dei Grimm, e i Racconti di Hoffmann, poi la famosa antologia della fantascienza di Einaudi, e i racconti di Poe...

Ascoltare? Naturalmente Bennato (Burattino senza fili), Hoffmann (Undine), Humperdink (Hänsel e Gretel), il citato Mahler, i Jethro Tull (Aqualung)...

Vedere? Che domande! Ma, buon dio, Il fantasma del palcoscenico, no? (De Palma, 1974) e poi Nosferatu principe dalla notte (Herzog, 1979), 2001 odissea nello spazio (Kubrick, 1968)...

E così, di tema in tema, di nota in nota (tanto per mantenere l'ambiguo) si "naviga" per tutto l'universo letterario e musicale antico e contemporaneo come se non esistessero (e come in realtà non esistono se non nella pigrizia del classificatore) divisioni di generi, e dove il volo pindarico - o il saltar di palo in frasca, se preferite - diventa un pregio, un vantaggio, un sistema moralmente e gnoseologicamente lecito che organizza il fantasticare secondo la più nobile arte del narratore; e quasi direi, sulla scorta di Walter Benjamin, del "favoleggiatore", perché, in realtà, di favoleggiare si tratta, tanto che il lettore può trasformarsi (almeno, è questo che è successo a me) in ascoltatore che se ne sta a bocca aperta a pendere dalle labbra virtuali di chi crea, narrando, un universo del tutto inesplorato (è forse proprio, questo, un facsimile del Wort-Ton-Drama, l'integrazione delle arti sognata da Wagner?), e non mi stupirei se si potesse costruire altrettanto validamente un'opera del genere di questa che sto recensendo, però inventando di sana pianta tutto quanto, e imbrogliando il lettore (come già fa ogni bravo e onesto romanziere) con citazioni fasulle ma verosimili, impossibili ma assurdamente probabili e, quel che più conta, fonte di piacere. Che so? Il Manuale di zoologia fantastica di Borges?

Domenico Bogliolo, CICS, Università di Roma "La Sapienza"