L'Associazione italiana delle biblioteche
di Enrico Jahier
Pubblichiamo uno scritto di Enrico Jahier, direttore della Biblioteca Marucelliana di Firenze dal 1937 al 1952, riguardante l'opera del Comitato provvisorio fiorentino, promotore della ricostituzione su basi democratiche dell'Associazione italiana biblioteche dopo la guerra 1940-1945. Facciamo seguire il discorso pronunciato da Jahier in occasione dell'insediamento del primo Consiglio direttivo centrale della ricostituita Associazione, nel 1951.
Questo scritto rimase inedito perché preparato e inviato per la pubblicazione nel secondo fascicolo di quella «Rivista delle biblioteche», fondata nel 1947, che non vide mai la luce per la morte del suo direttore e fondatore, Luigi De Gregori. Segue un ricordo del bibliotecario Enrico Jahier, a cura di Giorgio De Gregori.
I fondamenti storici e giuridici della nuova organizzazione scaturirono dalla tradizione (Società bibliografica italiana: 1896-1915; Associazione dei bibliotecari italiani: 1930-1933; Associazione italiana per le biblioteche: 1933-1944) e dal nuovo orientamento democratico del paese delineatosi nell'immediato dopo-guerra.
Dalle esperienze del passato remoto la nuova Associazione trae l'abito critico, liberale, elettivo; da quelle più recenti, l'impostazione più radicale di un problema statale delle biblioteche da risolversi nel campo culturale, tecnico, e legislativo in intima collaborazione con gli organi governativi.
Le prime mosse vennero da Roma e Firenze. Ad un cordiale invito del Comitato provvisorio romano dell'Unione sindacale italiana archivi, biblioteche e belle arti (U.S.I.A.B.B.A.) successivo alla riannessione della Toscana all'Italia liberata (luglio 1945), i bibliotecari fiorentini, pur apprezzando la coraggiosa opera dei colleghi romani e i vantaggi della progettata unità programmatica delle attività culturali e sindacali, dichiararono di non per dare la loro adesione perché:
1) La adesione alla U.S.I.A.B.B.A. "sul piano sindacale" è pregiudicata dalla preesistenza di un Sindacato fiorentino facente capo alla Confederazione generale del lavoro con suoi rappresentanti già eletti.
2) La adesione ad una associazione che svolga azione sindacale e tecnico-culturale contemporaneamente non incontra favore in quanto esclude la compartecipazione dei bibliotecari delle biblioteche non statali con le quali si desidera invece stabilire rapporti maggiori che per il passato. E ciò indipendentemente dal fatto dell'inevitabile conflitto o duplicato col già costituito Sindacato locale.
3) Esclusa la veste sindacale dell'Associazione si ritiene inutile la collaborazione col personale degli archivi e belle arti in favore della quale, se poteva esser invocata qualche analogia nella carriera e nelle funzioni conservatrici, nessuna effettiva comunanza culturale e tecnica può esser messa in questione.
Sulla base di queste conclusioni veniva elaborato e diffuso in data 18 febbraio 1946 un appello così concepito:
Alcuni bibliotecari romani e fiorentini in una recente riunione, convinti che le biblioteche ed i bibliotecari italiani saranno chiamati, nei prossimi anni, a dare un contributo di fondamentale importanza alla soluzione dei problemi culturali e educativi nazionali, nell'intento di stringersi in efficace collaborazione, hanno deciso di ricostituire la Associazione delle biblioteche italiane su queste basi, in parte già proprie della disciolta Associazione, in parte da rinnovare:
1) Riunire in una sola associazione i bibliotecari italiani e tutti coloro che attendono professionalmente ad una attività di biblioteca, indipendentemente dalla loro posizione amministrativa (statale, parastatale, privata, ecc.).
2) Esercitare con una intensa vita associata, a mezzo di periodiche riunioni regionali e centrali e soprattutto dell'organo periodico dell'Associazione, la «Rivista delle biblioteche», di futura pubblicazione, un'azione concomitante col centro amministrativo, benché indipendente, diretta alla tutela e all'incremento delle biblioteche e al progresso degli studi professionali. Cosicché possano finalmente crearsi le condizioni morali, giuridiche, tecniche ed economiche necessarie all'attuazione di un piano di realizzazioni pratiche nel campo della diffusione e organizzazione delle pubbliche biblioteche.
3) Collaborare, unitamente ad altri enti affini, come l'A.E.L.I. (Associazione editori e librai italiana) alle iniziative utili alla diffusione del libro e della cultura; rappresentare le biblioteche italiane nei consessi internazionali; costituire un organo consultivo nei riguardi della necessaria evoluzione da biblioteche popolari (cosiddette) in biblioteche di coltura generale efficienti e decorose.
4) Mantenere desto e elevare a mezzo di conferenze, corsi di istruzioni e questionari il livello di cultura professionale degli impiegati di biblioteca e dei librai.
5) Vigilare che gli interessi professionali vengano considerati come meritano e tutelati in armonia con quelli collettivi.
A questo appello tutte le biblioteche governative ed alcune comunali facevano pervenire la loro calorosa adesione insieme agli elenchi dei primi iscritti reclutati nelle tre categorie (A, B, C). Particolare interesse offriva il contributo della Biblioteca Nazionale di Torino che nella adunanza del 9 settembre 1946, raccomandava:
1) Opportunità di tener presente, nello schema di statuto dell'Associazione, l'eventualità di un'adesione a questa anche di persone che non si occupino professionalmente di biblioteche, e precisamente sia dei direttori di biblioteche (di facoltà ed istituti universitari e di cultura, ovvero popolari) per i quali tale attività non sia né prevalente né continuativa, sia di bibliofili e di persone colte in genere, beninteso quando gli uni e gli altri sentano uno spiccato interesse per i problemi bibliografici e biblioteconomici. Si ravvisa perciò l'opportunità di offrire a tali categorie di persone la possibilità di aderire all'Associazione, e nello stesso tempo di escogitare una o più forme di adesione (creando ad esempio diverse categorie di soci con diritti ed attribuzioni ben distinti) che le differenzino dai bibliotecari di professione veri e propri.
2) Necessità di far cenno, nello schema di statuto, della costituzione e del funzionamento di sezioni regionali o interregionali (la suddivisione dovrà tener conto dell'importanza culturale dei singoli centri e della ricchezza del patrimonio bibliografico del territorio), e questo anche in vista del presente stato di cose, che ridurrà inevitabilmente al minimo la possibilità di contatti e di convegni su scala nazionale.
3) Opportunità di estendere e specificare il meglio possibile la collaborazione con associazioni affini: sia con quelle che si occupano dei problemi del libro e della stampa, sia con quelli che si occupano dei problemi culturali e delle categorie ad essi direttamente interessate. Possibilità di stabilire, in attesa della pubblicazione della rivista o nell'eventualità che non si possa risolvere il difficile problema del suo finanziamento, contatti con altri periodici bibliografici o di cultura per la pubblicazione di notiziari o la trattazione di problemi biblioteconomici.
4) Opportunità di estendere la collaborazione con associazioni affini - come sopra accennato - per lo sviluppo e l'evoluzione delle biblioteche popolari, necessità di farne presenti i problemi nel quadro di quello dell'istruzione e dell'educazione postscolastica.
5) Necessità di distinguere nell'interno dell'Associazione (anche in vista dell'ammissione di elementi estranei all'attività professionale vera e propria di cui al punto 1) l'attività culturale da quella degl'interessi di categoria. Nell'assenza di un organismo sindacale nazionale sarà inevitabile che l'Associazione se ne assuma il compito, data anche l'inopportunità di moltiplicare troppo le iniziative fra un numero di organizzandi relativamente esiguo, e l'intensità necessariamente maggiore con la quale nell'attuale situazione si fanno sentire gl'interessi economici ed i postulati di difesa della categoria. D'altra parte i bibliotecari dipendenti da enti pubblici - e sono la stragrande maggioranza - hanno interessi strettamente affini in confronto a quelli delle altre categorie impiegatizie, anche se non dipendono dalle stesse Amministrazioni.
Forti di queste adesioni e raccomandazioni i bibliotecari fiorentini, riuniti a più riprese in assemblea e con l'intervento in contraddittorio di elementi sindacalisti, costituivano un Comitato provvisorio centrale, composto dei direttori delle principali biblioteche fiorentine statali e non statali (con sede presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze) e discutevano e approvavano a maggioranza di voti il seguente Statuto provvisorio 1 rimettendolo alle biblioteche aderenti per l'approvazione. Particolarmente dibattuta la attività sociale formulata nel comma 6 per certa sua connessione con quella sindacale.
Allo stato attuale delle cose è in corso il referendum sulla sede (Firenze o Roma), la discussione e approvazione dello Statuto, la fondazione di Comitati regionali e l'assestamento amministrativo della Associazione.
Alcune autorevoli osservazioni allo Statuto relativamente ad una supponibile sussistenza della precedente Associazione, alla organizzazione regionalistica della Associazione ed altri argomenti hanno provocato il seguente chiarimento del Comitato provvisorio centrale:
L'Associazione è sorta per iniziativa dei bibliotecari italiani, dopo due anni dalla liberazione del paese, ritenendo decadute, a seguito degli eventi politici e della completa assenza di segni di vita, le cariche nominate dal governo fascista in seno alla precedente Associazione. Essa ha assorbito e fatte sue tutte le norme statutarie di quest'ultima ad eccezione di quella che attribuiva agli organi centrali la facoltà di nominare le cariche direttive, incompatibile ormai con l'orientamento democratico del paese e contrastante con l'ordinamento delle associazioni similari straniere aderenti alla Federazione internazionale delle biblioteche.1 Alla fine di questo paragrafo Enrico Jahier aveva previsto di inserire il testo dello statuto.
Sembra quindi superata l'ipotesi della coesistenza di due associazioni dal momento che esse hanno la medesima denominazione, finalità e struttura e superfluo stabilire quale delle due sia l'assimilatrice o l'assimilata.
Si osserva inoltre che la organizzazione in sezioni regionali e provinciali non ha rapporto col progettato ordinamento regionale del paese, ma risponde a esigenze di amministrazione societaria comuni ad ogni sodalizio del genere compreso quello sindacale.
L'azione che l'Associazione si propone ha carattere culturale e di cordiale collaborazione tecnica e propagandistica con gli organi amministrativi centrali in vista della vasta opera di organizzazione e legislazione che si renderà necessaria affinché le biblioteche possano degnamente assolvere il loro compito nel nuovo Stato italiano.
Essa vuole inoltre interessare, indirizzare e cementare le forze culturali del paese che hanno interesse ai problemi bibliografici e biblioteconomici nella tradizione della prefascista Associazione bibliografica italiana così come recentemente ha esposto il direttore della Biblioteca Angelica dr. Francesco Barberi in un articolo pubblicato sul primo numero della «Rivista delle biblioteche».
Le limitazioni della sua azione nel campo sindacale sono stabilite dallo Statuto mentre le eventuali relazioni con gli organi sindacali esistenti verranno decise dal Consiglio centrale ogni volta che ciò possa rendersi utile ai fini dell'attività associata, secondo quanto lo Statuto medesimo prevede relativamente alla collaborazione con associazioni similari.
L'Associazione prima di proporsi il quesito di un riconoscimento giuridico ufficiale, confida, come istituto democratico indipendente, nella efficacia delle sue argomentazioni e delle sue azioni, sulla benevola comprensione e sull'appoggio dell'opinione pubblica e degli organi governativi cointeressati.