[AIB] Associazione italiana biblioteche. Bollettino AIB 1997 n. 4 p. 447-464
SBN: un bilancio per il futuro
di Claudio Leombroni

Qualche anno fa Tommaso Giordano, Susanna Peruginelli e Corrado Pettenati, citando un arguto esperto nordamericano, elencarono le fasi che caratterizzano i progetti di automazione delle biblioteche: estasi, confusione, disastro, ricerca dei colpevoli, punizione degli innocenti, riconoscimento del merito a coloro che non l'hanno [1, p. 12]. È probabile che questa scansione di atteggiamenti, con qualche aggiustamento, possa essere utilizzata con profitto da parte di chi voglia studiare l'evoluzione del progetto SBN, anche se l'automazione è solo una sua componente strumentale.

Sono trascorsi ormai vent'anni da quando la Conferenza nazionale delle biblioteche svoltasi a Roma nel 1979 auspicò la creazione di un Sistema bibliotecario nazionale. La Conferenza, come è noto, fu sollecitata dall'AIB quale occasione di riflessione, a conclusione della prima legislatura regionale, sulla situazione di scollamento fra Stato e Regioni a seguito del decentramento di competenze in materia di biblioteche avvenuto in virtù del d.P.R. n. 3 del 1972. In quell'occasione Angela Vinay pronunciò un discorso bellissimo e per molti aspetti ancora attuale. «È nostra convinzione - disse a nome dell'AIB - che per una seria ipotesi che voglia dare al paese un sistema di informazione e di strutture per la formazione e l'educazione permanente del cittadino, la legge debba realizzare una organizzazione orizzontale e verticale sulla base di sistemi integrati previa una individuazione, mai sin qui realmente tentata, dei compiti rispettivi delle strutture e dei servizi centrali, regionali, locali» [2, p. 41]. In queste parole già si scorgono, a un tempo, quel nucleo di valori e di intuizioni che sono alla base di SBN e quel delicato, e spesso precario, equilibrio tra poteri centrali e periferici nella definizione di un Servizio bibliotecario nazionale fondato sull'interazione e sulla cooperazione fra servizi nazionali e servizi locali.

Gli anni trascorsi rappresentano un lasso di tempo sufficiente perché si possa abbozzare un bilancio, dopo quello, lucidissimo, di Ornella Foglieni [3] per i primi dieci anni di vita di SBN. Invero, dopo gli anni iniziali, ricchi di entusiasmo e di speranze, SBN è stato periodicamente oggetto di "bilanci", generalmente negativi, spesso venati da forti delusioni, in qualche caso inconsapevolmente animati da una sorta di rimozione, che ha condotto ad attribuire al progetto la responsabilità di lacune ed elementi di negatività in realtà appartenenti ai servizi bibliotecari del nostro paese generalmente intesi. Il bilancio che vorrei tentare in questo intervento è più vicino all'impronta che ne ha dato Ornella Foglieni. Soprattutto, con riguardo alla citazione iniziale, non intendo trovare colpevoli, ma semplicemente individuare alcuni nodi problematici con spirito costruttivo. In ogni caso, al di là della discussione oggi in atto, non si tratta di un'operazione semplice, perché SBN era ed è un progetto complesso, sia per gli obiettivi che ne sono alla base, sia per il numero e l'eterogeneità degli attori coinvolti, sia per le inevitabili correlazioni (e collisioni) con i processi organizzativi interni ai servizi bibliotecari. Limiterò quindi l'analisi ad alcune componenti progettuali che daranno il titolo ai paragrafi seguenti, delineando per ciascuna di esse le caratteristiche, l'evoluzione e i punti critici. L'analisi è rivolta ai nodi problematici e non agli aspetti positivi di SBN, che a mio avviso sono molti e in parte inespressi anche a causa di una sorta di sottoutilizzo del sistema attuale. Seguirà l'illustrazione di un paio di modeste proposte per il futuro.

1. Le finalità del progetto

La Conferenza romana del 1979 non produsse esiti concreti. Tuttavia ebbe il merito di riconoscere la necessità di un sistema nazionale di servizi bibliotecari capace di fornire gli strumenti per la formazione culturale e professionale del cittadino; un sistema che doveva fondarsi sul coordinamento e sulla cooperazione delle diverse competenze amministrative, statali regionali e locali. In uno dei documenti preparatori della Conferenza, frutto di un gruppo di lavoro al quale parteciparono, fra gli altri, Diego Maltese, Giovannella Morghen, Alfredo Serrai e Angela Vinay, compare per la prima volta il termine "controllo bibliografico universale" associato all'idea di "sistema bibliotecario nazionale". Quell'idea acquisiva quindi il significato di somma di tutti i servizi bibliotecari operanti sul territorio nazionale, indipendentemente dalla loro appartenenza amministrativa. Ne derivava non solo la necessità di un'integrazione dei compiti delle due biblioteche nazionali centrali e dell'ICCU, ma anche l'ipotesi di un catalogo collettivo nazionale, arricchito dal contributo degli archivi locali, che consentisse la localizzazione e la disponibilità di tutto il patrimonio documentario esistente nelle biblioteche italiane [4].

In quell'occasione compare anche il termine "cooperazione", destinato a caratterizzare il linguaggio dei bibliotecari italiani nel decennio successivo. In particolare sono adombrati due livelli di cooperazione: uno interistituzionale, relativo agli ambiti di competenza di Stato, Regioni ed enti locali (province e comuni); l'altro più propriamente interbibliotecario. Nei due anni seguenti il termine si arricchisce di un ulteriore elemento. Il 2 aprile 1980 viene istituita con decreto ministeriale una Commissione nazionale per l'automazione delle biblioteche, con il compito di elaborare un progetto per la costituzione di una base dati bibliografica nazionale. Da quella Commissione scaturirono principi e scelte tecniche di quello che di lì a poco sarà il Servizio bibliotecario nazionale. Ebbene, nella definizione dei livelli di cooperazione compare anche l'automazione. È utile ricordare che nel dibattito di quegli anni l'idea di cooperazione insiste essenzialmente e giustamente sul livello interbibliotecario. Le biblioteche devono essere le protagoniste della cooperazione, con l'obiettivo di arricchire l'informazione bibliografica, ma soprattutto di incrementare la possibilità di accesso ai documenti ovunque essi si trovino. L'automazione e la cooperazione fra istituzioni sono in questa prospettiva livelli cooperativi strumentali, ovvero strumenti per stimolare, agevolare o arricchire un servizio nazionale di circolazione dei documenti all'interno del quale la singola biblioteca si configura come unità di servizio [5]. Distinguere gli usi del termine "cooperazione" non è inutile. La storia successiva di SBN dimostrerà in più di un caso, a parte taluni accenti retorici, una certa confusione o ambiguità nell'uso e nell'applicazione del concetto di cooperazione. La cooperazione tra biblioteche non coincide con l'automazione, ma storicamente preesiste ad essa [6, p. 22]. Né il fatto che ambiti amministrativi diversi cooperino per irrobustire e sviluppare i servizi bibliotecari ha come conseguenza necessaria la cooperazione tra biblioteche. Questa trae origine primariamente dalla riorganizzazione dei servizi bibliotecari in relazione ai bisogni della comunità in cui operano e dalla capacità delle biblioteche di percepirli; e difficilmente i confini di quella comunità coincidono con distretti amministrativi definibili a priori.

Significativamente quel nucleo di idee che nel 1979 era espresso con il termine "sistema" già nel 1981 trova una più puntuale definizione nel concetto di "Servizio bibliotecario nazionale" [7]. Tale concetto è più esteso di quello di cooperazione e più pregnante di quello di sistema. Esso esprime essenzialmente il tentativo di riorganizzare i servizi bibliotecari sull'intero territorio nazionale, indipendentemente dalla loro appartenenza amministrativa, al fine di realizzare una infrastruttura di servizi per l'accesso al documento, strategica per la crescita civile, culturale ed economica del nostro paese. Sotto questo profilo SBN intendeva rendere operative proposte, attese e speranze che avevano animato l'azione dell'AIB nel corso degli anni Settanta [8, p. 68-69]. Né va sottaciuta l'influenza sull'elaborazione concettuale del progetto dei programmi IFLA per il controllo bibliografico e per l'accessibilità dei documenti [9, 10].

I contenuti del progetto furono ulteriormente definiti al termine dei lavori di una commissione che affiancò l'ICCU dall'aprile del 1980 all'autunno del 1981. Volendo tentare una sintesi dei documenti dell'epoca e dei numerosi interventi dei protagonisti di quella felice stagione della nostra professione [11-17] e tenendo conto delle precisazioni terminologiche sopra illustrate, si potrebbe disegnare la seguente scansione logica dei contenuti concettuali del progetto SBN:
a) la biblioteca è primariamente un'unità di servizio con l'obiettivo di fornire ai cittadini l'accesso ai documenti;
b) per perseguire in modo adeguato tale obiettivo è necessario non solo che la biblioteca utilizzi appieno le proprie risorse, ma che si avvalga anche delle risorse delle altre biblioteche (cooperazione interbibliotecaria);
c) per permettere alle biblioteche di cooperare in modo efficace, di condividere servizi e risorse, occorre dare alla questione un respiro nazionale, creando un servizio di accesso al documento che responsabilizzi, attraverso la cooperazione tra le diverse sfere di competenza amministrativa, Stato, Regioni ed enti locali (cooperazione tra istituzioni);
d) un servizio nazionale di accesso al documento può essere consolidato e sviluppato dagli strumenti posti a disposizione dall'automazione, consentendo la condivisione delle risorse ed elevando la produttività dei servizi attraverso la riduzione o la soppressione di attività manuali ripetitive e ridondanti;
e) l'automazione delle biblioteche proposta da SBN prevede due componenti: una primaria destinata all'accesso del documento (prestito interbibliotecario e catalogazione partecipata) e una secondaria destinata alla gestione della biblioteca (acquisizione, prestiti, ecc.).

Questa trama concettuale, che richiama molte questioni generali, è l'ambito entro il quale collocare le finalità di SBN. Limitarlo a uno solo degli aspetti sopra richiamati, sia esso l'automazione o la catalogazione partecipata, significa avere una percezione parziale e fuorviante del progetto: ed è ciò che è accaduto negli anni successivi, all'interno e all'esterno del mondo SBN.

2. Gli attori della cooperazione

Introducendo i lavori del 30º Congresso dell'AIB, Luigi Crocetti disse, a proposito di SBN: «credo che sia sufficiente l'esame dei documenti di base finora prodotti da chi attende al progetto perché tutti intendano che ci troviamo di fronte a quelli che vorrei definire nella maniera più semplice un'idea e un metodo nuovi; un qualcosa, comunque, che obbliga il bibliotecario a riflettere, a prendere una posizione, non importa quale; che l'obbliga addirittura a una specie d'esame di coscienza, come la guerra l'ha provocato in letteratura» [18, p. 61]. A tanti anni di distanza è lecito chiedersi se i bibliotecari quell'esame di coscienza lo fecero davvero. E non tanto nei confronti dei contenuti tecnici del progetto, quanto piuttosto di fronte ai principi generali in esso contenuti. Il progetto SBN derivava le sue scelte dall'assunto della biblioteca come centro di servizi. Ebbene, quante biblioteche che aderirono a SBN avevano introiettato la "cultura del servizio"? Quante avviarono il ripensamento della propria organizzazione riducendo gradualmente le risorse destinate alle attività di catalogazione e incrementando il numero e la qualità professionale degli addetti al pubblico o ai servizi di informazione? E quante possedevano la "cultura della cooperazione"? Credo che buona parte delle biblioteche scelte per avviare la sperimentazione del progetto SBN non fecero alcun "esame di coscienza". In molte di esse l'organizzazione del lavoro era fondata su funzioni tradizionali, "conservative", sulle quali si erano costruite attese professionali e comportamenti difficilmente modificabili nel medio periodo. Rimasero invece fuori dal progetto, per diversi motivi, alcune realtà particolarmente vivaci disseminate in diverse regioni. La presenza maggioritaria di biblioteche sostanzialmente carenti di una cultura organizzativa in grado di tradurre nel lavoro quotidiano i principi alla base di SBN condizionò probabilmente gli sviluppi del progetto, indirizzandolo, ad esempio, verso l'enfatizzazione di questioni tecniche e catalografiche a scapito delle problematiche legate all'approccio dell'utente finale al sistema, quali, ad esempio, la banale disponibilità di terminali al pubblico e di un OPAC decente.

L'idea (in sé valida) che l'automazione potesse essere uno strumento per la razionalizzazione della realtà bibliotecaria italiana [18, p. 62; 19, p. 163] accosta per certi aspetti SBN ad altre esperienze di automazione nella pubblica amministrazione. Lo stretto nesso tra informatica nella pubblica amministrazione e riorganizzazione del lavoro burocratico e degli uffici, condizione fondamentale per l'incremento qualitativo dei servizi erogati, è più volte evocato nella normativa e nella letteratura [20]. Tuttavia l'esperienza dimostra che la "reingegnerizzazione" dei processi interni a un'organizzazione pubblica è molto lenta e con esiti incerti. Nel caso di SBN l'assenza di una strategia "minimalista", che puntasse sin dalle prime fasi d'avvio del progetto alla realizzazione, almeno parziale e almeno in qualche biblioteca, di servizi di immediato impatto sull'utente finale forse contribuì a dilatare i tempi necessari per una profonda riorganizzazione dei nostri servizi e a realizzare progetti senza avere una chiara percezione dei bisogni del cittadino. In ogni caso ha «concorso a creare tra i bibliotecari una sorta di ideologia dell'attesa dell'elemento risolutore» [21, p. 54].

A un certo punto un "elemento risolutore", in quegli anni spesso auspicato e preannunciato, sembrò essere il Protocollo d'intesa fra Stato e Regioni siglato a Roma il 30 maggio 1984 [22]. Per il modello di cooperazione previsto da SBN, calibrato sull'articolazione delle autonomie del nostro paese e fondato su un'organizzazione decentrata che salvaguardava a un tempo l'autonomia delle singole competenze amministrative e dei singoli istituti e la necessità di un coordinamento nazionale, il Protocollo d'intesa rappresentò un importante traguardo. In effetti per la prima volta il Ministero per i beni culturali riconobbe le Regioni come partners con uguali responsabilità nella definizione di un servizio nazionale, riservando a organi tecnici come l'ICCU una funzione di coordinamento. Inoltre venne riconosciuto alle Regioni il diritto di definire «l'organizzazione sul proprio territorio dei servizi bibliotecari in funzione del SBN», indipendentemente dall'appartenenza amministrativa delle singole biblioteche. Il Servizio bibliotecario nazionale si configurava quindi come una struttura di servizi articolata secondo la realtà territoriale e non secondo la titolarità delle singole biblioteche [23].

A dodici anni di distanza dal trasferimento alle Regioni di competenze in materia di biblioteche, dopo il dibattito che ne seguì in seno alla professione, dopo i timori che l'assenza di una legge di riferimento producesse venti realtà bibliotecarie tra loro non comunicanti, venne delineato un quadro di riferimento per gli attori istituzionali e un ambito della cooperazione dai contorni più definiti. Tuttavia, a ben guardare, il grado di definizione non era elevato: la stessa Vinay osservò che solo a conclusione dello studio sulla rete e sull'Indice si sarebbero precisati i livelli di cooperazione delle biblioteche [23, p. 5]. Ancora una volta, quindi, si determinava uno stato di attesa per un "elemento risolutore". Nel testo del Protocollo, inoltre, non erano presenti impegni concreti sui principi generali richiamati dal progetto SBN. Il livello di cooperazione individuato coincideva piuttosto con l'automazione dei servizi bibliotecari. Anzi, alcune parti del documento inducono a una lettura del Protocollo come un contratto fra soggetti pubblici per la produzione, la gestione e la circolazione di software. Questi aspetti, peraltro, saranno disciplinati da una convenzione-tipo Stato-Regioni siglata il 10 aprile 1985 dal ministro Gullotti e dall'assessore alla cultura della Regione Toscana in rappresentanza delle Regioni [24].

Gli altri attori della "cooperazione interistituzionale", province e comuni, rimanevano sullo sfondo, a parte compiti e ruoli fissati dalle singole leggi regionali. Il loro coinvolgimento era incardinato nell'ambito dei sistemi regionali in cui si intendeva articolare il Servizio bibliotecario nazionale. In questo disegno alle Regioni spettava l'individuazione delle "unità di servizio" e in ultima analisi la definizione dei servizi locali di SBN. È lecito chiedersi se questa architettura della "cooperazione interistituzionale", legittimata dal nostro ordinamento, potesse effettivamente sviluppare la "cooperazione interbibliotecaria" o non fosse piuttosto calibrata sulle esigenze dell'automazione; se contenesse al suo interno quella necessaria flessibilità per adattarsi agli "spazi" della cooperazione interbibliotecaria, più o meno vasti, più o meno coincidenti con determinate circoscrizioni amministrative e, in ogni caso, non definibili o attribuibili a priori. Il ruolo delle province, dei comuni e delle biblioteche pubbliche in ambito SBN si svolse così entro gli spazi disegnati dall'intersezione di questa architettura con l'organizzazione bibliotecaria definita dalle singole leggi regionali. Il grado di partecipazione degli enti locali al progetto SBN non fu quindi omogeneo [25-38]. In alcuni casi comuni e province gravitarono nell'orbita di un modello regionale fortemente accentrato, in altri si determinarono casi di diffidenza o di autoesclusione, di adesione senza partecipazione o di disinteresse tout court, in altri ancora si preferì sviluppare interessantissime esperienze di sistemi bibliotecari locali, variamente dimensionati. Probabilmente vi furono anche casi di esclusione, che smorzarono l'entusiasmo iniziale. Basti pensare alle accese discussioni suscitate dalle indicazioni iniziali della Commissione (peraltro in seguito disattese) circa le caratteristiche delle biblioteche potenzialmente partecipanti a SBN, che dovevano essere dotate di collezioni non inferiori a 50.000 volumi, con 5.000 acquisizioni annue, circa 40.000 consultazioni annue e operazioni di prestito non inferiori ai 5.000 volumi annui [13, p. 4]. Inoltre lo stesso modello di automazione previsto da SBN disegnò un ambito della partecipazione al progetto delimitato dalla disponibilità di costose piattaforme hardware e software omogenee, spesso non coincidenti con i reali ambiti della cooperazione interbibliotecaria. Per molte biblioteche significò cooperare con biblioteche artificiosamente individuate dalle esigenze dell'automazione piuttosto che dai bisogni e dalle specificità delle comunità che dovevano servire. In questo panorama le uniche eccezioni furono la Provincia di Modena, che tuttavia finì per orientare il proprio sistema bibliotecario verso soluzioni diverse da SBN [39], e la Provincia di Ravenna, che è tuttora, per molti versi, una sorta di anomalia nel mondo SBN. Forse, allora, si perse l'occasione di coinvolgere tutti i livelli istituzionali nella riorganizzazione dei nostri servizi bibliotecari, indirizzandoli verso quegli interventi strutturali dei quali si è sempre lamentata la mancanza.

Negli anni successivi il rapporto Stato-Regioni, sempre dialettico, mostrò segni di logoramento, almeno relativamente alle tre Regioni che promossero l'avvio di SBN. Il quadro di riferimento, del resto, si era arricchito di nuovi elementi. Innanzitutto, il mutamento delle funzioni dell'Indice previste nel progetto originario (che illustrerò nel paragrafo seguente): l'Indice diveniva il cuore del sistema della futura rete nazionale, arricchito inoltre dalle basi dati previste nel progetto SBL. Di riflesso l'ICCU e il Ministero assumevano nella logica del sistema SBN un ruolo più forte, più incisivo del semplice coordinamento, o almeno così poteva essere interpretato. A ciò si aggiungano il protrarsi dei tempi per l'avvio della rete, le difficoltà derivanti dal governo della componente informatica del progetto, le risorse relativamente scarse a disposizione e la necessità di contrattarne la ripartizione. Inoltre le Regioni che negli ultimi anni hanno aderito a SBN non sono riuscite ad assumere un ruolo preciso nel processo di crescita della rete e nello sviluppo dei relativi servizi sul territorio.

In anni più recenti è stato formalizzato anche l'interesse di lunga data delle università per SBN. Con l'Accordo di programma fra Ministero dell'università e Ministero per i beni culturali, siglato a Roma il 29 gennaio 1992 [40], è stato ufficialmente aggiunto un ulteriore, importante elemento alla cooperazione interistituzionale; elemento estremamente dinamico e carico di contenuti innovativi, che ha posto in crisi comportamenti, convinzioni ed equilibri consolidati. «Si è così generata - ha giustamente osservato Luciano Scala - una dinamica di rapporti estremamente fluida, nella quale culture e linguaggi diversi non hanno però ancora trovato un terreno comune di confronto» [41, p. 62]. Una prima definizione dei rapporti fra i soggetti in campo è stato il Protocollo d'intesa fra Ministero per i beni culturali e ambientali, Ministero dell'università e Coordinamento delle Regioni (1994) [42]. Si ha tuttavia la sensazione che l'università possa svolgere un ruolo assai più ampio di quello definito negli atti formali sinora sottoscritti.

È probabile che lo scenario qui descritto subirà ancora mutamenti profondi: basti pensare all'attuale dibattito sulla riforma dello Stato e delle autonomie locali. È in questa situazione di notevole fluidità che SBN dovrà dimostrare la robustezza delle sue radici.

3. L'automazione come strumento della cooperazione

La Commissione per l'automazione per le biblioteche sopra menzionata individuò le caratteristiche tecniche e funzionali del sistema in grado di supportare le scelte biblioteconomiche operate da SBN, ossia la creazione di un catalogo logicamente unico, ma fisicamente distribuito. Esse possono essere così riassunte:
- utilizzo di procedure standard e di una struttura dei dati comune per consentire la "comunicazione" tra biblioteche indipendentemente dalla piattaforma hardware proprietaria utilizzata, economie di realizzazione e un certo grado di modularità e flessibilità in grado di assorbire future aperture del sistema;
- decentramento degli elaboratori, con basi dati locali interconnesse;
- creazione di un Indice centrale con funzioni di indirizzamento verso le basi locali;
- utilizzo della rete pubblica nazionale come supporto trasmissivo;
- organizzazione decentrata del sistema per consentire l'autonomia delle singole biblioteche e lo sviluppo di applicazioni specifiche;
- controllo da parte dell'ICCU dello sviluppo software, anche su diverse piattaforme, per evitare investimenti in applicazioni che richiederebbero successivamente ulteriori risorse per la loro integrazione;
- la scelta degli elaboratori compete alle biblioteche stesse o agli organismi ai quali fanno capo;
- integrazione dei sistemi bibliotecari automatizzati attuali esistenti nei casi in cui sia tecnicamente possibile [12].

Il sistema scelto come base di SBN fu quello messo a punto da Michel Boisset e Corrado Pettenati all'Istituto universitario europeo, reso noto ai bibliotecari italiani proprio dal «Bollettino» [43, 44]. Il sistema dell'IUE utilizzava una piattaforma SEMS MITRA 125 con database ovviamente proprietario. È importante notare che a partire da questo nucleo originario, negli anni 1981-1982 il gruppo che stava definendo i contenuti tecnologici del progetto effettuò un accurato lavoro di analisi dei maggiori sistemi di automazione delle biblioteche presenti e operanti su scala internazionale (Aleph, BIBSYS, Libs 100, OCLC, RLIN, UTLAS, WLN, ecc.). Questo approccio serio, non provinciale, al problema dell'automazione caratterizza le origini di SBN e le modalità di lavoro del gruppo che ne disegnò le caratteristiche. Ancora oggi per tentare un'analisi seria del sistema SBN, dei suoi pregi e dei suoi difetti, occorre confrontarlo proprio con i principali sistemi presenti sulla scena internazionale e non con prodotti di minore complessità e minori ambizioni.

Il confronto costante col panorama internazionale e l'analisi delle caratteristiche e delle esigenze del nostro sistema bibliotecario suggerì l'adozione di soluzioni di alto profilo: una stessa struttura dati [45] e modalità di lavoro comuni per semplificare il protocollo di colloquio fra piattaforme diverse; la presenza dell'Indice come meccanismo nativo di indirizzamento per evitare al bibliotecario di selezionare a priori una base dati locale di riferimento; l'implementazione nativa delle procedure di prestito interbibliotecario e di catalogazione partecipata; un disegno architetturale che teneva conto delle esperienze del gruppo americano della Library of Congress e della rete norvegese BIBNETT, ma adattate a un disegno del sistema di tipo distribuito e coordinato, più appropriato alla nostra realtà bibliotecaria. Sul versante applicativo le componenti erano fondamentalmente due: una primaria destinata all'accesso al documento, costituita dalle procedure di prestito interbibliotecario e di catalogazione partecipata, e una secondaria costituita essenzialmente dalle procedure gestionali della biblioteca. La prima componente, perno del sistema, assicurava l'interoperabilità fra le varie piattaforme e pertanto doveva essere adottata in modo omogeneo in tutti i sistemi locali; la seconda era suscettibile di un certo grado di personalizzazione secondo le esigenze delle singole biblioteche.

Il disegno dell'architettura di rete fu delineato con particolare intensità tra il 1984 e il 1985 dal Gruppo Indice e Rete [46] ed è utile richiamarne gli elementi essenziali. La rete SBN utilizza come supporto trasmissivo la rete di trasmissione dati pubblica con protocollo X.25 e un'architettura che implementa i primi cinque livelli ISO/OSI divenuti standard alla fine del 1983. Le singole basi dati comunicano fra loro attraverso l'Indice e la rete secondo lo schema di un sistema distribuito. L'Indice è gestito dal sistema di automazione di ogni biblioteca e non dai singoli bibliotecari e contiene gli elementi essenziali per individuare un titolo (in sostanza una chiave di 74 caratteri) e indirizzare verso la base locale che ospita la descrizione completa di quel titolo. Può invece comunicare le intestazioni autori complete dei relativi legami. I protocolli applicativi devono consentire i servizi di interrogazione, aggiornamento e circolazione della posta. I messaggi da sistema a sistema sono scambiati secondo le modalità ISO/OSI. I messaggi sono formati da un'intestazione di lunghezza precisata e da un corpo di lunghezza variabile secondo il tipo di processo richiesto. L'intestazione comprende l'indicazione della base di partenza (3 caratteri), l'indicazione della base di destinazione (3 caratteri), il tipo di processo richiesto (6 caratteri), un numero progressivo in caso di ritrasmissione di aggiornamento (1 carattere) [47].

Anche da questa illustrazione sommaria si ricava l'idea della complessità del sistema e dell'assoluto rilievo delle elaborazioni concettuali che ne sono alla base. Certamente il progetto si presentava con caratteristiche di unicità, in Europa e nel mondo, e con soluzioni tuttora interessanti.

A tanti anni di distanza l'impianto progettuale può certamente essere discusso. Credo però che nell'avvio di SBN e nelle prime sperimentazioni abbiano inciso tre fattori negativi: l'avvio dell'attività di sviluppo a partire da una macroanalisi, la mancanza di una documentazione dettagliata e completa, l'assenza di uno studio di fattibilità corredato da un'attenta analisi costi/benefici che potesse offrire alle amministrazioni strumenti per pianificare gli investimenti. La diffusione del personal computer, che nel 1983 conosceva tappe importanti, naturalmente non poteva ancora far immaginare con sufficiente nitidezza scenari futuri. Così i gruppi di sviluppo, in particolare quelli localizzati a Torino, Milano e Ravenna, si trovarono a confrontarsi spesso con problematiche non previste, a investire una quota notevole di tempo nell'attività di analisi, ad affrontare il lavoro di sviluppo in un contesto di base dati multiblioteca con risorse di calcolo condivise con altri servizi della pubblica amministrazione (problema sconosciuto alle due biblioteche nazionali centrali), oltre a problemi organizzativi legati alle singole realtà. Di qui la dilatazione dei tempi di realizzazione, di testing delle singole procedure. Inoltre «era indispensabile in quegli anni risolvere ogni questione emergente dalla catalogazione con un'attenzione minuziosa, quasi esasperata, alla descrizione dei dati, ai loro collegamenti e alle regole per la catalogazione» [3, p. 194]. Le procedure sviluppate a Torino e Milano, che poi confluiranno in un unico prototipo, si avvalevano di un ambiente tecnicamente robusto e flessibile come ADABAS, utilizzato da grandi sistemi di automazione bibliotecaria e adottato nel 1986 anche dalla rete norvegese BIBSYS [48]. Il prototipo ravennate fu sviluppato su mainframe Sperry (poi Unisys) e database reticolare proprietario. Le procedure realizzate a Firenze furono invece sviluppate su mainframe Honeywell (poi Bull) e database reticolare proprietario, in collaborazione col Centro di calcolo dell'Università di Firenze. Il primo polo multiblioteca a utilizzare nel lavoro quotidiano le nuove procedure fu quello ravennate (poi romagnolo), che sfruttò l'esistenza sul territorio di tutti i livelli di cooperazione coinvolti in SBN e un'organizzazione del lavoro di sviluppo piuttosto efficiente [49].

Per i primi gruppi di sviluppo l'Indice era solo un'idea, anche se per molte componenti del progetto si poneva inevitabilmente come "elemento risolutore". Il 1985 tuttavia segna una data importante per la storia di SBN, per certi versi epocale [50, p. 60-61]. In quell'anno fu affidato uno studio di fattibilità sull'Indice e sulla rete nazionale a due ditte di notevoli dimensioni, l'italiana Italsiel (oggi Finsiel) e la canadese GEAC. Generalmente le conclusioni dello studio, redatto alla fine del 1985, vengono presentate in modo omogeneo e unitario. In realtà, oltre ad analisi e soluzioni comuni e all'approvazione dell'insieme delle funzionalità del sistema individuate dal Gruppo Indice e Rete, le proposte delle due ditte divergevano su aspetti non secondari dell'architettura di rete. Le soluzioni comuni sono le seguenti:
- il dialogo fra le diverse basi dati locali deve avvenire attraverso l'Indice per ragioni di economicità, di efficienza della rete, di prodotti hardware e software disponibili;
- la quantità di dati presenti sull'Indice deve essere incrementata per consentire alle basi locali dimensioni ragionevoli quanto ad apparati e risorse di calcolo;
- l'architettura è di tipo "stellare" con risorse elaborative di notevoli dimensioni concentrate al centro: i poli chiedono servizi all'Indice e conseguentemente occorre realizzare procedure applicative ad hoc al centro del sistema, modificare le funzioni di catalogazione già realizzate a livello di polo e riscrivere le funzioni di prestito interbibliotecario.

Per quanto concerne la rete, invece, Italsiel propose l'architettura SNA di IBM, che avrebbe consentito una realizzazione a breve termine della rete SBN [51]. GEAC consigliò invece di adottare un'architettura ISO/OSI, anche se i livelli più elevati non erano ancora stati codificati in ambito ISO [52, p. 50]. In particolare suggeriva un approccio simile a quello adottato dalla Library of Congress con il progetto LSP (Linked Systems Protocol) [53, p. 51-58], con particolare riguardo all'adozione di uno standard di invio dei messaggi conforme a X.400. In questa prospettiva GEAC proponeva pure la valutazione di CASE (Common Application Service) come common backbone per applicazioni ISO, che avrebbero consentito a SBN l'implementazione di standard futuri utili per il progetto [52, p. 50].

Sebbene la scelta non fosse facile e presentasse variabili temporali non definite, con l'occhio di osservatori di tredici anni dopo e la possibilità di constatare che anche la soluzione proposta e realizzata da Italsiel richiese circa sette anni di tempo e che due anni dopo si pose il problema di adeguarla a livelli tecnologici più moderni, forse converrebbe riflettere su quanto Corrado Pettenati disse al convegno di Ravenna del 1986 a sostegno dell'ipotesi OSI: «In questo genere di imprese dove i tempi di realizzazione si misurano comunque in anni, una soluzione provvisoria rischierebbe di diventare definitiva con tutte le conseguenze del caso» [54, p. 37].

Di ciò che accadde nel 1985 e dintorni esistono due interpretazioni. Una, chiaramente argomentata da Luciano Scala, secondo la quale «di fatto il progetto usciva da una lunga fase di gestazione prototipale, vissuta spesso in modo pionieristico, per essere sottoposta al filtro di una verifica, per certi aspetti dura e difficile, da parte di interlocutori nuovi, abituati a gestire progetti di ampia portata su base industriale» [50, p. 60]. In altre parole, il progetto SBN passava dal prototipo alla realizzazione, dalla teoria al duro confronto con la realtà. Una seconda interpretazione legge invece quegli anni come il passaggio dal progetto al "piano", alla graduale assunzione di responsabilità primarie da parte di «burocrati e aziende» [17, p. 9]. Con una certa dose di equilibrio si può affermare, indipendentemente da considerazioni tecniche, che l'adozione della soluzione Italsiel, storicamente coeva all'avvio dell'esperienza dei "giacimenti culturali", introdusse nello sviluppo del progetto un forte rafforzamento delle strutture centrali e assegnò una funzione nevralgica a una grande azienda, con l'effetto di modificare gli equilibri sino ad allora presenti nella cooperazione interistituzionale e persino tra le ditte che avevano svolto il lavoro di sviluppo. Gli organismi più coinvolti nel governo del progetto non avevano strutture e competenze adeguate per controllare e valutare le strade che si stavano percorrendo, per evitare che le scelte tecnologiche non fossero strettamente calibrate sulle esperienze, le conoscenze e i limiti delle singole aziende coinvolte, per gestire e orientare un progetto che aveva, quasi inaspettatamente, assunto dimensioni notevoli. Sotto questo profilo esiste una lacuna strutturale collettiva. In questa situazione gli equilibri e le ragioni della cooperazione, anche a fronte dei notevoli investimenti necessari per adeguare e armonizzare le applicazioni di polo e di Indice alla soluzione adottata nel 1985, slittarono gradualmente, ma prepotentemente, sul versante dell'automazione, con l'inevitabile corollario di mediazioni, di alleanze costruite di volta in volta su singoli progetti o singoli finanziamenti.

Negli ultimi anni si è avviato un lavoro di revisione dell'automazione SBN e di adeguamento agli standard internazionali. Il progetto, ora in fase di realizzazione non senza contraddizioni, è denominato "Applicativo SBN UNIX client/server". È in sostanza il primo passo verso un'architettura di tipo aperto. Il problema di adeguarsi alle architetture attuali e agli standard di diritto o di mercato è stato affrontato nel corso degli anni Novanta anche dai grandi sistemi di automazione bibliotecaria degli altri paesi. La transizione di un sistema da architetture proprietarie ad architetture aperte può essere attuata riprogettando tutte le componenti ex novo o incapsulando legacy applications in un contesto ridisegnato a vari livelli nelle funzioni e nei servizi. SBN ha scelto in sostanza quest'ultima strada: soluzione possibile e legittima, ma purtroppo il disegno della nuova architettura client/server non è stato l'occasione per riflettere sulle scelte fatte nel 1985/86, per ripensare il ruolo di talune componenti del sistema, a cominciare dall'Indice, come peraltro suggerito anche dall'interno del mondo SBN [55, p. 469], né per riprendere e approfondire il tema dei servizi, che era e rimane il nucleo profondo di SBN. Non c'è stato nemmeno un confronto con le esperienze internazionali pari a quello che caratterizzò le origini di SBN. L'analisi di talune esperienze europee, ad esempio, avrebbe consentito di mutuare idee più interessanti e orizzonti più vasti [56].

La nuova piattaforma tecnologica prevede, in estrema sintesi, un'architettura di rete TCP/IP con conseguente realizzazione di un'applicazione servente nell'ambiente CICS/DB2 dell'Indice, sistemi di polo in ambiente UNIX, con database Informix e OPAC residente sullo stesso elaboratore o su due elaboratori distinti interconnessi attraverso il protocollo RPC. Inoltre il nuovo sistema consente una certa articolazione di funzioni e servizi ai livelli sottostanti al polo, nonché migliorie delle funzionalità delle varie procedure. Non è invece chiara la disponibilità di API, requisito auspicabile per consentire future implementazioni anche in ambito locale.

Anche in questa circostanza, tuttavia, è ancora precaria la "cooperazione interistituzionale". Di fronte a un progetto cruciale per il futuro di SBN, sciaguratamente affidato dai partners a cinque ditte, gli attori della cooperazione non sembrano operare coerentemente per la felice conclusione del ridisegno di SBN, anche se frutto di scelte collegiali. E i ritardi sinora subiti dai lavori di sviluppo non sono di buon auspicio.

4. Il "governo" del progetto

Le strutture decisionali di SBN sono state periodicamente poste in discussione, anche da parte di chi ne è stato o ne è membro. Credo che buona parte del problema consista anzitutto nel fatto, forse inevitabile, che non tutte le decisioni sono adottate nelle sedi previste. Storicamente si è inoltre riscontrata una certa dose di interferenza o di confusione di ruoli fra le due tipologie di commissioni previste, una di tipo "politico-amministrativo", l'altra di tipo tecnico. Attualmente tali tipologie sono rappresentate, rispettivamente, dal Comitato nazionale di coordinamento e dal Comitato di gestione. È prevista pure l'attivazione di una Assemblea degli utenti. Su scala regionale dovrebbero inoltre essere presenti Comitati regionali di coordinamento. Gli attuali "organi di governo" sono stati disegnati anche sulla base dell'esperienza, non sempre felice, delle precedenti commissioni nazionali.

Invero nelle commissioni, e in particolare in quelle tecniche, generalmente si è avuta consapevolezza delle lacune, dei limiti e dei problemi che hanno caratterizzato lo sviluppo del progetto SBN [57]. Tuttavia gli organi tecnici di SBN possono prospettare soluzioni, sviluppare analisi, realizzare studi, proporre e progettare nuovi servizi, ma non possono e non devono seguire in prima persona il lavoro di sviluppo di applicazioni informatiche. D'altra parte la struttura organica dell'ICCU è inadeguata a tale scopo e nessuno, nel tempo, ha pensato di dotare l'Istituto di profili professionali adatti ai nuovi compiti che si è trovato a svolgere. La lacuna fondamentale del progetto SBN, sotto questo profilo, è stata l'assenza, al centro e alla periferia, di strutture con le competenze necessarie per governare la realizzazione di applicazioni che presentavano un notevole grado di complessità, anche per il numero di ditte coinvolte. In anni recenti l'AIPA ha dato indicazioni precise al riguardo ed è bene adottarle [58]. Si possono pensare al riguardo soluzioni di outsourcing, parziale o totale. Sotto questo profilo è certamente apprezzabile la decisione adottata dall'ICCU di affidare la supervisione del progetto in corso a una ditta specializzata.

Si è anche parlato in passato di una possibile "agenzia" per i servizi SBN. Questa ipotesi, da studiare attentamente, è ripresa e sviluppata anche nello studio sull'evoluzione della rete SBN realizzato recentemente dalla società Etnoteam. Credo sia giunto il momento di pensare seriamente alle modalità di "governo" e di funzionamento di un servizio nazionale quale è SBN, discutendone apertamente, ma tenendo sempre presente che la progettazione dei servizi bibliotecari appartiene alla nostra professione.

5. Per un mutamento di paradigma

SBN deve tornare per certi aspetti alle origini, deve tornare a quel nucleo di valori profondi che nel 1979 indussero Angela Vinay a pronunciare il discorso che ho citato all'inizio di questo intervento, a collegare la nascente idea di "servizio bibliotecario nazionale" alla necessità per il nostro paese di dotarsi di una struttura per l'accesso all'informazione «per la formazione e l'educazione permanente dei cittadini». Deve in sostanza tornare al primato del servizio al cittadino. Al cittadino e non tanto all'utente. A quel cittadino al quale dobbiamo offrire l'accesso all'informazione e alla conoscenza; quel cittadino che non distingue le biblioteche in base all'appartenenza amministrativa o alle dimensioni, ma che da ogni punto del territorio nazionale ha diritto di accedere ai servizi di un'infrastruttura nazionale. In questa prospettiva, forse, non ha più senso parlare di SBN come rete bibliotecaria nazionale. È bene introdurre nella nostra professione il concetto di "rete per l'accesso alla conoscenza e alla formazione", che non comprende solo i servizi bibliotecari, ma vede coinvolti tutti i soggetti implicati nei processi conoscitivi: biblioteche, servizi informativi di vario genere, editori, scuole, università e strutture formative. Dobbiamo essere consapevoli di dover gestire una sorta di "database distribuito della conoscenza".

In questa prospettiva, l'unica che può attirare verso la nostra professione quel riconoscimento sociale che non ha mai avuto, SBN non può coincidere con l'automazione. Deve essere indipendente dai singoli pacchetti applicativi. Il cittadino ha il diritto di accesso ai servizi di un'infrastruttura nazionale indipendentemente dai prodotti di automazione scelti dal comune in cui risiede.

Qualche anno fa ci siamo abituati all'idea che lo Stato o la "mano pubblica" non dovessero produrre panettoni o pomodori. Ora dobbiamo abituarci gradualmente all'idea che sia improprio per enti pubblici produrre software. L'automazione prevista nell'ambito di SBN ha certamente contribuito a modernizzare i nostri servizi, abituandoli a utilizzare strumenti prima sconosciuti. E certamente l'investimento pubblico nella produzione di software in questo settore ha colmato inizialmente le lacune del mercato.

Il perpetuarsi di questo tipo di investimento ha tuttavia avuto tre effetti negativi: innanzitutto ha impedito il decollo nel nostro paese di un vero e proprio mercato del software per l'automazione bibliotecaria come esiste in altri paesi; in secondo luogo ha creato perversi meccanismi di concorrenza fra enti pubblici e soggetti privati e addirittura fra gli stessi soggetti pubblici; infine ha danneggiato l'immagine stessa degli enti, spesso additati, a torto, come i difensori degli interessi delle ditte alle quali avevano affidato lo sviluppo delle applicazioni.

Esiste tuttavia un argomento molto più persuasivo che deve indurre SBN a un diverso approccio nella gestione dell'automazione. Produrre applicazioni e grandi sistemi ha un costo elevato. Adeguare quelle stesse applicazioni ai ritmi velocissimi dell'innovazione tecnologica richiede notevoli quantità di risorse, rapidità decisionale e capacità di investimento in tempi brevi, che non sono propri degli enti pubblici. Sotto questo profilo la storia dell'automazione in SBN è un esempio lampante. La maggior parte degli investimenti è derivata da interventi straordinari e non da capitoli ordinari [57, p. 2-3]. Molte risorse sono state reperite da leggi e leggine, da varianti, magari ricorrendo a escamotages. Ciò ha impedito una seria pianificazione dello sviluppo del software e ha costretto il sistema ad arrivare sempre in ritardo, a constatare che un'applicazione appena realizzata era già obsoleta.

Credo che la soluzione migliore consista nel rendere di pubblico dominio l'intera documentazione tecnica di SBN e consentire a tutti i soggetti interessati, magari gradualmente e all'interno di una precisa cornice di regole, di sviluppare gli applicativi in un regime di concorrenza. Gli enti avrebbero il vantaggio di poter scegliere il prodotto qualitativamente migliore a costi di mercato e a seguito di regolare gara d'appalto, con notevoli risparmi quanto a manutenzione, assistenza e gestione. In questo contesto lo sviluppo del software e la definizione dei servizi dovrebbe avvenire nel quadro di standard e specifiche funzionali definite dai servizi bibliotecari col coordinamento dell'ICCU.

Coerentemente con questa impostazione occorre procedere a una più puntuale definizione dei servizi nazionali e dei servizi locali previsti in ambito SBN. Si tratta di definire i livelli di partecipazione ai servizi, introducendo nel nostro orizzonte operativo anche le biblioteche o i sistemi bibliotecari interessati alla catalogazione derivata e non solo a quella partecipata, nonché nuove modalità di arricchimento del catalogo nazionale. Occorre inoltre affrontare a livello nazionale la questione della circolazione dei documenti, rimuovendo lacci e lacciuoli che sinora l'hanno ostacolata e adottando a livello applicativo gli standard in materia al fine di consentire transazioni ILL verso altri sistemi.

Del resto non dobbiamo inventarci nuovi servizi. Quali servizi debba erogare una biblioteca nella società dell'informazione è già stato scritto in numerosi documenti europei. Si tratta soltanto di attuarli. SBN sarà in grado di realizzarli solo distinguendo l'automazione dai servizi, lasciando la prima al mercato e appropriandosi di questi ultimi definendone le caratteristiche e gli standard.

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[16] Angela Vinay. Il Servizio bibliotecario nazionale. In: Biblioteche e cooperazione: il progetto SBN in Umbria: atti del convegno "Il servizio bibliotecario in Umbria. Esperienze e prospettive di applicazione dell'automazione", Perugia 21-22 febbraio 1985, a cura di Pierina Angeloni. Milano: Editrice Bibliografica, 1986, p. 24-36.

[17] Bea Marin. SBN cinque anni dopo: un incontro con Giordano, Mugnai, Peruginelli, Pettenati del polo fiorentino. «Librinovità per le biblioteche», n. 10 (maggio 1988), p. 3-9.

[18] Luigi Crocetti. Il nuovo in biblioteca e altri scritti, raccolti dall'Associazione italiana biblioteche. Roma: AIB, 1994.

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[20] Augusto Leggio. Information technology e management: indicazioni tecnico gestionali ad uso delle pubbliche amministrazioni. Milano: Il sole 24 ore, 1993.

[21] Tommaso Giordano. Principi e obbiettivi della cooperazione. In: La cooperazione interbibliotecaria: livelli istituzionali e politiche: atti del convegno regionale, Firenze 27-29 novembre 1989, a cura di Susanna Peruginelli, Anna Marie Speno. Firenze: Giunta regionale toscana; Milano: Editrice Bibliografica, 1990, p. 51-56.

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[23] Angela Vinay. SBN: dalla Conferenza nazionale al Protocollo d'intesa Stato-Regioni. «Informazioni IBC», 1 (1985), n. 3, p. 4-5.

[24] Convenzione-tipo Stato-Regioni per l'istituzione del Servizio bibliotecario nazionale. In: I sistemi bibliotecari in Emilia-Romagna: materiali per l'applicazione della legge regionale sulle biblioteche degli enti locali o di interesse locale, a cura di Rosaria Campioni, Giuseppina Tonet. Bologna: Istituto per i beni artistici culturali naturali della Regione Emilia-Romagna, 1985, p. 147-148.

[25] Lilli Dalle Nogare. La Lombardia e il Servizio bibliotecario nazionale. In: Il Servizio bibliotecario nazionale: ipotesi di realizzazione in Lombardia: atti del seminario realizzato in collaborazione con l'Associazione italiana biblioteche, Milano, 18-19 novembre 1983, a cura di Ornella Foglieni. Milano: Editrice Bibliografica, 1984, p. 36-45.

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[27] Nazareno Pisauri. Linee di lavoro per la costituzione dei sistemi bibliotecari in Emilia-Romagna. In: I sistemi bibliotecari in Emilia-Romagna: materiali per l'applicazione della legge regionale sulle biblioteche degli enti locali o di interesse locale, a cura di Rosaria Campioni, Giuseppina Tonet. Bologna: Istituto per i beni artistici culturali naturali della Regione Emilia-Romagna, 1985, p. 25-32.

[28] Lilli Dalle Nogare. L'applicazione in Lombardia del Servizio bibliotecario nazionale. In: Biblioteche e cooperazione: il progetto SBN in Umbria: atti del convegno "Il servizio bibliotecario in Umbria. Esperienze e prospettive di applicazione dell'automazione", Perugia 21-22 febbraio 1985, a cura di Pierina Angeloni. Milano: Editrice Bibliografica, 1986, p. 69-77.

[29] Erica Gay. Dai cataloghi collettivi all'adesione al SBN. In: Biblioteche e cooperazione: il progetto SBN in Umbria: atti del convegno "Il servizio bibliotecario in Umbria. Esperienze e prospettive di applicazione dell'automazione", Perugia 21-22 febbraio 1985, a cura di Pierina Angeloni. Milano: Editrice Bibliografica, 1986, p. 89-93.

[30] Laura Peghin. Servizio bibliotecario e automazione in Umbria. In: Biblioteche e cooperazione: il progetto SBN in Umbria: atti del convegno "Il servizio bibliotecario in Umbria. Esperienze e prospettive di applicazione dell'automazione", Perugia 21-22 febbraio 1985, a cura di Pierina Angeloni. Milano: Editrice Bibliografica, 1986, p. 46-59.

[31] Lilli Dalle Nogare. Prospettive di sviluppo del SBN in Lombardia. In: La sperimentazione del SBN in Lombardia: atti della giornata di studio svoltasi a Milano il 3 aprile 1986 in collaborazione con l'Università commerciale Luigi Bocconi di Milano e la Biblioteca comunale di Milano, a cura di Ornella Foglieni e Maria Laura Trapletti. Milano: Regione Lombardia, [1987], p. 11-16.

[32] Ornella Foglieni. La sperimentazione del SBN in Lombardia. In: La sperimentazione del SBN in Lombardia: atti della giornata di studio svoltasi a Milano il 3 aprile 1986 in collaborazione con l'Università commerciale Luigi Bocconi di Milano e la Biblioteca comunale di Milano, a cura di Ornella Foglieni e Maria Laura Trapletti. Milano: Regione Lombardia, [1987], p. 34-45.

[33] Ornella Foglieni. Organizzazione e servizi delle biblioteche lombarde nelle prospettive della rete di cooperazione SBN. In: SBN e reti di automazione bibliotecaria: esperienze internazionali a confronto, a cura di Giuliana Bassi, Nadia Borsi, Licia Ravaioli. Bologna: Analisi, 1987, p. 133-136.

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[35] Nazareno Pisauri. Il SBN e la strategia dei sistemi nella Regione Emilia-Romagna. In: SBN e reti di automazione bibliotecaria: esperienze internazionali a confronto, a cura di Giuliana Bassi, Nadia Borsi, Licia Ravaioli. Bologna: Analisi, 1987, p. 117-123.

[36] Chiara Rabitti. Biblioteche e automazione nel Veneto. In: L'automazione delle biblioteche nel Veneto: verso una nuova fase della cooperazione: Venezia, 30-31 ottobre 1992, a cura di Chiara Rabitti. Venezia: Fondazione scientifica Querini Stampalia, [1993], p. 24-28.

[37] Erica Gay. Cooperazione e territorio in Piemonte. In: L'automazione delle biblioteche nel Veneto: verso una nuova fase della cooperazione: Venezia, 30-31 ottobre 1992, a cura di Chiara Rabitti. Venezia: Fondazione scientifica Querini Stampalia, [1993], p. 54-57.

[38] Lilli Dalle Nogare. SBN: il network bibliotecario. «La rivisteria, librinovità», n. 35 (apr. 1994), p. 22-24.

[39] Giorgio Montecchi. La biblioteca pubblica come istituzione della comunità: vent'anni di attività del Centro di documentazione della Provincia di Modena. In: L'organizzazione bibliotecaria in provincia di Modena: vent'anni di biblioteche a Modena. Ravenna: Longo, 1996, p. 13-52.

[40] Accordo di programma fra Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e Ministero per i beni culturali e ambientali. In: L'automazione delle biblioteche delle università: l'esperienza della base SBN delle università lombarde: atti delle giornate di studio svoltesi presso l'Università degli studi di Milano il 26 e 27 ottobre 1992 con il patrocinio del Ministero per l'università e la ricerca scientifica e tecnologica, a cura di Anna Maria Cozzi e Ornella Foglieni. Milano: Regione Lombardia, 1995, p. 100-107.

[41] Luciano Scala. Servizio bibliotecario nazionale: il 1997. «Informatica & documentazione», 23 (1996), n. 2, p. 55-62.

[42] Protocollo d'intesa tra Ministero per i beni culturali e ambientali, Ministero dell'università e della ricerca scientifica, Presidente del Coordinamento delle Regioni. «SBN notizie», 1994, n. 3/4, p. 21-23.

[43] Michel Boisset. L'automazione della biblioteca dell'Istituto universitario europeo di Firenze. «Bollettino d'informazioni AIB», 19 (1979), n. 2, p. 79-96.

[44] Gloria Ammannati. La Biblioteca dell'Istituto universitario europeo: una biblioteca a misura dell'utente. «Bollettino d'informazioni AIB», 20 (1980), n. 4, p. 259-264.

[45] Descrizione funzionale della base dati del Servizio bibliotecario nazionale. Roma: ICCU, 1983. Dattiloscritto.

[46] Corrado Pettenati. La rete di comunicazione nel SBN. In: Per lo sviluppo della cooperazione tra le biblioteche: 1976-1986: dieci anni di attività dell'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche: atti del convegno di Roma, 19-20 marzo 1986, a cura di Maria Cecilia Cuturi. Roma: ICCU, 1986, p. 53-58.

[47] Note sulle caratteristiche dell'Indice e della rete. S.l., 1984. Dattiloscritto.

[48] Arne Midtun. Introductory presentation of ADABAS for the Forum: Database systems comparison base on experience. In: European Library Automation Group. Database management systems: 15th Library systems seminar, Helsinki, 29-31 May 1991, ed. by Kaija Salo and Liisa Sten. Helsinki: Automation Unit of Finnish Research Libraries, 1991, p. 119-125.

[49] Igino Poggiali. Il Servizio bibliotecario nazionale in provincia di Ravenna. In: Biblioteche e cooperazione: il progetto SBN in Umbria: atti del convegno "Il servizio bibliotecario in Umbria. Esperienze e prospettive di applicazione dell'automazione", Perugia 21-22 febbraio 1985, a cura di Pierina Angeloni. Milano: Editrice Bibliografica, 1986, p. 94-103.

[50] Luciano Scala. Servizio bibliotecario nazionale: il 1995. «Informatica & documentazione», 23 (1996), n. 1, p. 59-64.

[51] Giorgio Boldini. [Intervento]. In: Per lo sviluppo della cooperazione tra le biblioteche: 1976-1986: dieci anni di attività dell'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche: atti del convegno di Roma, 19-20 marzo 1986, a cura di Maria Cecilia Cuturi. Roma: ICCU, 1986, p. 59-65.

[52] A feasibility study and commentary on the Italian National Library Service proposal for a shared catalogue and inter library loan system, prepared by GEAC Europe. Final Draft. 1985. Documento non pubblicato.

[53] Lorcan Dempsey. Libraries, networks and OSI: a review with a report on North American developments. Westport: Meckler, 1992.

[54] Corrado Pettenati. Nota sullo studio di fattibilità per la rete di telecomunicazioni nel Servizio bibliotecario nazionale. In: SBN e reti di automazione bibliotecaria: esperienze internazionali a confronto, a cura di Giuliana Bassi, Nadia Borsi, Licia Ravaioli. Bologna: Analisi, 1987, p. 133-136.

[55] Giovanni Bergamin. Servizio bibliotecario nazionale ed evoluzione dei sistemi informatici. In: Il linguaggio della biblioteca: scritti in onore di Diego Maltese, a cura di Mauro Guerrini. Milano: Editrice Bibliografica, 1994, p. 467-470.

[56] Knowledge models for networked library services: final report, written by J.S. Mackenzie Owen and A. Wiercx (NBBI). Version 1.0. 1996. http://www.nbbi.nl/ftp/kms/kmsfinal.zip.

[57] Commissione paritetica di esperti per SBN. Linee di sviluppo del Servizio bibliotecario nazionale. «SBN notizie», 1990, n. 1, p. 1-9.

[58] Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione. Linee guida per lo sviluppo dei progetti, la verifica dei risultati e il monitoraggio dei contratti di grande rilievo relativi ai sistemi informativi automatizzati della pubblica amministrazione. Versione 1.3. Roma, 1993. Documento non pubblicato.


CLAUDIO LEOMBRONI, Provincia di Ravenna, Servizio Informatica, U.O. Biblioteche e servizi informativi, via di Roma 69, 48100 Ravenna, e-mail leombroni@racine.ra.it.
N.B. An English abstract is also available.
Copyright AIB 1997-03-22, ultimo aggiornamento 2000-01-20, a cura di Alberto Petrucciani
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