I quadri regionali nella storia dell'editoria italiana non hanno finora goduto di soverchia fortuna. La stabilizzazione poco più che secolare dell'assetto statuale nazionale e la marcata differenziazione, anche fra centri geograficamente prossimi, dell'attività tipografica, hanno indotto non senza ragione l'attenzione dei cultori della materia verso ricognizioni localmente più circoscritte. Tanto più nel caso del frequentatissimo approccio alle vicende della prototipografia e delle edizioni cinquecentine, dove ricondurre a un terreno in certo modo unitario centri territorialmente vicini ma disomogenei per background culturale, sociale e istituzionale, ha messo sovente in guardia gli studiosi da percorsi cognitivi più ampi e da normalizzazioni eccessive e spesso arrischiate.
Con tutto questo non è che manchino, sulla tipografia dei secoli XV e XVI in Italia, esempi di apporti bibliografici dimensionati su piani regionali, afferenti in gran parte, per la verità, al contesto meridionale e insulare. Basti ricordare qui, solo en passant, i vecchi lavori di L. Rivera e R. Tiboni per l'Abruzzo, di V. Capialbi per la Calabria, di F. Evola e G. Oliva per la Sicilia, di R. Frattarolo per l'area meridionale, di A. Caterino per la Puglia e di L. Balsamo per la Sardegna e, più recentemente, per l'Emilia.
Lo stesso ambito geografico umbro, di cui si occupa il volume in esame, è stato in passato materia di breve rivisitazione complessiva da parte di G. Cecchini, in margine alla mostra sull'arte della stampa umbra svoltasi a Foligno nel corso del 1942 (cfr. La prima mostra dell'arte della stampa umbra, "Accademie e biblioteche d'Italia", 17 (1943), p. 14-18) e, a distanza di un ventennio, per un bilancio sullo stato dell'arte e un aggiornamento bibliografico della materia (cfr. Stato di conoscenza della tipografia e della editoria in Umbria dal secolo XV al secolo XIX, "Bolletttino della Deputazione di storia patria per l'Umbria", 60 (1963), p. 119-128).
Il volume di Capaccioni ci ricorda come il contesto editoriale e tipografico umbro, segnalatosi in tempi anche non recenti per esperienza e iniziativa imprenditoriale, offra in effetti spunti significativi anche per i primi secoli della stampa: non ultimo il fatto che, dopo Subiaco, Roma e Venezia, Trevi possa vantare il radicarsi dell'esperienza tipografica già nel 1470, fra le prime città d'Italia, e ad opera per la prima volta nel nostro paese di una società costituita all'uopo. Ma, oltre a questo, non vanno sottovalutati anche i tre incunaboli folignati (prima edizione anche qui del 1470), l'originale carattere commerciale della produzione cinquecentina fulginate, le vicende della dinastia tipografica dei Cartolari, i saldi precedenti cinquecenteschi della stampa in Orvieto, Città di Castello, Spoleto, Cascia, Todi e Assisi.
In assenza di nuovi apporti documentari, la cui ricerca viene sollecitata per rimuovere dubbi e incertezze riguardo all'identità e alle vicende di alcuni tipografi, il volume procede sostanzialmente a una sistematizzazione e a una "rassegna critica" della apparentemente non inconsistente bibliografia sulle origini della stampa nei centri citati, benché l'autore, nella Premessa al volume, citando recenti contributi sull'argomento, ricordi come la storia editoriale umbra dei primi secoli sia stata di fatto "trascurata dagli studiosi di storia del libro", per la mancanza - a ben vedere - di "un'indagine di respiro regionale". Giustificata invece quest'ultima, sempre secondo l'autore, da un'omogeneità reperibile "da un certo comune modo di pensare e di agire della popolazione, da certe tradizioni, dalle rivendicazioni connesse alla costante emarginazione e all'isolamento di quest'area geografica e dei suoi abitanti". Un elemento di uniformità che permette a Capaccioni di contestualizzare tutta la bibliografia sull'argomento di fatto in un'"ottica locale", prodromo a un mancato confronto "tra il dato municipale e la realtà regionale e nazionale, che avrebbe permesso di effettuare un bilancio dell'editoria umbra".
Il notevole "accanimento bibliografico" dell'autore e l'indicazione di contributi ancora in fieri rendono il volume, essenziale nella sua scansione cronologica e territoriale, utile a un approccio complessivo alla materia. La mancanza nel conclusivo Indice dei nomi degli abbondanti riferimenti in nota costituisce un lieve appunto.
Mario De Gregorio, Biblioteca comunale degli Intronati, Siena