di Simonetta Buttò
A sette anni dalla fondazione dell'Associazione italiana per le biblioteche - in chiusura dei lavori del quarto Congresso nazionale, tenuto a Macerata e Recanati nel giugno del 1937 - Luigi de Gregori ricordava alla platea «lo scopo più essenziale» per cui era stata fondata l'Associazione: «quello di promuovere effettivamente l'incremento delle biblioteche e di cooperare alla diffusione fra gli Italiani dell'amore del Libro» 1. De Gregori proseguiva individuando nella persona del ministro dell'educazione nazionale Giuseppe Bottai - presente in sala - l'interlocutore principale per la realizzazione di quel fine, chiedendosi, a fronte della palese situazione di squilibrio delle biblioteche italiane, come possa «diffondersi largamente la coltura senza le biblioteche pubbliche, e come si concilia questa nostra deficienza con l'intento e con l'interesse che ha lo Stato di educare anche intellettualmente tutta la Nazione» 2. E precisava: «La biblioteca pubblica del tipo di quelle che a noi difettano assicura a tutti la lettura gratuita ed agevole, non la fa soltanto un privilegio di alcuni; apre le sue porte e offre il suo beneficio al passante senza chiedergli nulla, come fanno le chiese; non solo, ma si fa anche centro di distribuzione di libri fuori di sede per tutti quelli che non possono frequentarla a loro volontà, come sono i rurali, i militari, i degenti negli ospedali o i detenuti nelle carceri. È una organizzazione che parecchie nazioni progredite intellettualmente hanno già inserito nel quadro delle loro attività, e si sforzano ogni giorno di perfezionare» 3. Oltre all'esempio - ovvio - del Nord America, de Gregori citava «nazioni piccole come il Belgio e la Cecoslovacchia», e poi anche il Giappone e la Svizzera, che avevano saputo mettere al servizio della popolazione tramite una rete capillare di biblioteche libri di consumo e la possibilità di un costante aggiornamento culturale. A vent'anni dalla promulgazione, il fallimento in Italia della legge del 1917 che obbligava i Comuni a istituire le biblioteche era sotto gli occhi di tutti. Sul modello inglese de Gregori auspicava allora l'imposizione di «un contributo speciale lievissimo» 4, una tassa a favore delle biblioteche, imposta ai cittadini dai Comuni, autorizzati da legge dello Stato. Sarebbe spettato invece alle associazioni bibliotecarie il compito di diffondere la cultura di un servizio pubblico non accentrato, e l'attività delle associazioni straniere riunite nella FIAB, la loro opera di propaganda e diffusione dei principi di civiltà, era lì a offrire il miglior esempio di cooperazione con i governi.
Decisamente ostile la risposta del ministro Bottai, che con preoccupazione non rintracciava nella relazione di Luigi de Gregori - bibliotecario comunque definito «competente» - i necessari e auspicati «orientamenti nuovi» in grado di regolare «la struttura e il funzionamento delle Biblioteche italiane» e metteva in guardia i bibliotecari riuniti in congresso dal porre la complessa storia italiana in relazione - o, peggio, in parallelo - con le realtà straniere che «hanno creato ex-abrupto, senza che alla loro opera fosse di ostacolo il peso di una millenaria civiltà, come la nostra» 5. Il rispetto della tradizione e la recente affermazione di nuovi mezzi di diffusione della cultura popolare (la radio, i viaggi popolari, il sabato teatrale, lo sport) imponevano una sola soluzione: «mantenere in vita ed anzi gelosamente custodire le biblioteche che hanno la missione di conservare il libro, ed accanto ad esse creare le biblioteche che abbiano il compito di diffondere il libro. Lasciare aperte a tutti le nostre biblioteche così come sono oggi sarebbe un errore, perché esse contengono in buona parte libri inaccessibili alla grande massa del popolo» 6.
Si concludeva così, con un richiamo del ministro al carattere semmai «tecnico-bibliografico» 7, e non politico, dei problemi delle biblioteche italiane, il primo Congresso "ufficiale" dell'Associazione italiana per le biblioteche che contasse Virginia Dainotti, bibliotecaria alla Governativa di Cremona, fra i suoi partecipanti.
Nel discorso di Luigi de Gregori sono già presenti tutti i temi fondamentali che costituiranno i punti fermi dell'impegno professionale di Virginia Carini Dainotti: l'orizzonte internazionale nel quale de Gregori aveva inquadrato un problema nazionale; il ruolo guida dello Stato nella diffusione della cultura operata tramite gli enti che agiscono sul territorio; la capacità di intervento di un sodalizio di persone colte e impegnate, associate dalla comune fiducia nel progresso della società civile.
L'anno seguente, il 1938, al Congresso di Bolzano-Trento la dott. Virginia Dainotti presentava una sua relazione dal titolo Limiti e funzioni delle biblioteche governative isolate 8 in cui è già visibile, sia pure in forma ridotta e sotto la particolare angolazione dell'esperienza sviluppata alla Biblioteca governativa di Cremona, l'interesse per la creazione di istituti che, oltre a servire un ristretto pubblico di studiosi, rispondessero anche alle esigenze dei semplici "lettori", incuriositi da un argomento letterario, o di pura divagazione, o d'attualità. Sarà lei stessa a definire questa sua prima relazione «un antefatto» 9 della battaglia per l'affermazione della biblioteca pubblica in Italia.
Questo della biblioteca pubblica rimane il tema al quale Virginia Carini Dainotti ha maggiormente legato il suo nome: tuttavia, a partire dal Congresso di Bolzano-Trento, la Carini aveva continuato a partecipare assiduamente ai congressi dell'Associazione, segnalandosi spesso nel dibattito sulle questioni tecniche, anche quando queste acquisivano un rilievo politico, con interventi informati, appuntiti, pragmatici e che rivelavano un'attenzione particolare per le esperienze straniere 10. Segno di una concezione della vita professionale e associativa centrata sulle "cose", sulla tecnica professionale, e sul raggiungimento del consenso sulle soluzioni operative.
Eppure, ripercorrendo le tappe fondamentali della nostra storia associativa e rileggendo gli articoli apparsi sui suoi organi di stampa non si trovano indizi della sua partecipazione alle cariche sociali, né a organismi di indirizzo politico, né allo studio delle normative interne: la vita dell'Associazione - se per vita dell'Associazione intendiamo la militanza negli organi direttivi o la presenza nei dibattiti sulle questioni statutarie e di regolamenti - non la vide mai in primo piano. La politica interna, le discussioni sugli articoli di Statuto, le rivendicazioni di questa o quella categoria nel sodalizio, evidentemente non la interessavano.
I suoi interventi nell'Associazione - si dovrebbe forse dire per l'Associazione - riguardano puntualmente gli scopi e il ruolo della nostra e delle altre associazioni professionali, la logica e i metodi dell'intervento su temi professionali e su problemi concreti, la creazione e il rafforzamento degli strumenti organizzativi. In questi interventi c'è - come vedremo - un'idea precisa, e una pratica, della vita associativa, ma non c'è traccia di impegno nell'esercizio di funzioni (un impegno "sul campo" che invece, in quegli stessi anni, caratterizzava il ruolo di Francesco Barberi o di Giorgio de Gregori).
Come è noto, all'interno dell'AIB il nome di Virginia Carini Dainotti è legato innanzitutto alla Commissione che ha elaborato il primo standard italiano sulle biblioteche pubbliche 11, ma quell'esperienza era stata preceduta da alcuni contributi, apparsi sulla stampa dell'Associazione, che si rivelano oggi legati a quella in funzione di anticipazioni, come momenti preparatori dell'azione concreta.
Il più illuminante fra questi è un articolo, pubblicato sul secondo numero del «Bollettino d'informazioni» e intitolato Lavorare per commissioni, in cui emerge con chiarezza un'idea precisa e lungimirante del ruolo dell'Associazione, anzi delle associazioni professionali.
In quell'occasione la Carini Dainotti, pur volendo rimanere al di fuori della mischia politica che aveva portato l'Assemblea straordinaria di Chianciano dell'ottobre 1960 alla divisione dei soci AIB in tre categorie (bibliotecari statali, bibliotecari degli enti locali e bibliotecari delle biblioteche speciali), rinunciava solo in parte a dire la sua, e non poteva impedirsi di rivolgere un ammonimento: «In questo modo l'Associazione - sia un bene o un male - è venuta in una certa misura a configurarsi come una confederazione di associazioni. In una certa misura - e questo è sicuramente un male - la nuova struttura sancita dallo Statuto rischia di creare una separazione artificiosa tra bibliotecari, non già in nome di una effettiva diversità di interessi tecnico-professionali; ma in forza di una specie di ... peccato originale, o di un diritto di nascita« 12. Secondo la Carini la divisione per categorie poteva raggiungere risultati positivi (almeno per i bibliotecari dei primi due gruppi, quello degli statali e quello dei dipendenti da ente locale) nel caso in cui si dovessero affrontare problemi legati alla condizione professionale: stato giuridico ed economico, concorsi, promozioni. Attività certo necessarie alla crescita consapevole della professione e che coinvolgono l'Associazione costituendone uno dei compiti fondamentali, ma solo «a condizione che accanto all'articolazione che potremo definire "verticale", per categorie, noi ci affrettiamo a predisporne un'altra, in un certo senso "orizzontale", per commissioni o per gruppi di lavoro, che ci permetta di richiamare dalle tre "categorie" i bibliotecari (da qualunque ente impiegati e retribuiti) che sono interessati agli stessi problemi e che solo lavorando insieme possono migliorare la loro preparazione e promuovere l'evoluzione progressiva dei loro istituti» 13.
L'esempio, anche in questo caso, è quello americano. E non solo perché - come affermava - gli americani, non avendo altri esempi a cui ispirarsi, fin dal 1886 poterono scegliere di lavorare per commissioni semplicemente seguendo la «logica delle cose», ma perché a distanza di 80 anni dalla fondazione dell'ALA, era ormai ben visibile come le altre "logiche", fossero quelle della politica o quelle dell'accademia, nel corso della storia erano state di volta in volta messe da parte e superate in nome di un metodo di lavoro e di intervento accettato dall'intera categoria professionale.
L'aspetto pratico, la tecnica organizzativa, diventano così nodi centrali nella metodologia del lavoro per commissioni: «Ma, siano molte o poche le commissioni che si vorranno creare, il problema è di dar loro una struttura uniforme e una disciplina metodologica che consenta ai membri di essa di collaborare, anche se vivono in città diverse. Il fatto che il lavoro delle commissioni debba svolgersi soprattutto per corrispondenza, non deve scoraggiare [...]. Se mai, una tale condizione di lavoro renderà necessaria la costituzione di commissioni non troppo numerose, e potrà consigliare di dare ad ogni commissione un Segretario-Relatore che [...] avrà in realtà il lavoro più gravoso perché gli spetterà il compito di impostare e di concludere la discussione, sia preparando la prima relazione provvisoria e di impostazione, sia raccogliendo in un documento finale da presentare al Congresso le proposte, i voti e le formulazioni conclusive» 14.
L'articolo della Carini suscitò l'attenzione del direttore del «Bollettino», Francesco Barberi, che lo fece seguire da una nota redazionale nella quale si teneva a precisare che in verità «un primo passo verso l'articolazione "orizzontale" auspicato dalla dott. Carini Dainotti fu compiuto dall'AIB nel 1955 con l'affidare a singoli colleghi competenti o volenterosi l'incarico di occuparsi di certi settori [...] particolarmente trascurati e sui quali veniva sollecitata dalla FIAB la nostra collaborazione. Altrettanto potrebbe dirsi della nostra partecipazione al comitato internazionale per la riforma delle regole di catalogazione. Questo lavorare, anziché per commissioni, per ... cirenei, rispondeva alle modeste possibilità di allora» 15.
L'idea dunque c'era già, ed era buona, mancava tuttavia lo sviluppo dell'idea e la costruzione di una scala di priorità che si adattasse realisticamente alla situazione dell'associazione professionale italiana, pur senza toccare il principio che riguarda il metodo di lavoro e la struttura organizzativa.
Ed è proprio questo il compito che si era assunto la Carini chiedendo nell'immediato al consiglio direttivo dell'Associazione la costituzione di due commissioni-uffici prioritari: l'ufficio Pubblicazioni e quello dell'Informazione professionale. Il primo per la stampa del «Bollettino» e per la programmazione delle pubblicazioni di interesse tecnico, il secondo per la biblioteca e la sede dell'AIB e per il catalogo unico delle pubblicazioni professionali possedute dalle biblioteche italiane e da quelle straniere operanti in territorio italiano 16.
Non si trattava di un piano costruito a tavolino, né di una semplice derivazione dall'esperienza americana, ma del risultato di un'analisi basata sull'osservazione e sul riconoscimento dei puntelli fondamentali su cui si regge l'efficienza e la capacità di intervento di una associazione professionale: il metodo di lavoro, fondato su gruppi omogenei di persone legate non dalla medesima appartenenza amministrativa, ma da un comune interesse tecnico e scientifico per le tematiche in discussione; la struttura organizzativa dell'Associazione; la conoscenza delle esperienze internazionali; la disponibilità della documentazione tecnico-professionale.
Nel 1965, riprendendo in una seconda puntata lo stesso tema, sempre sul «Bollettino», Virginia Carini Dainotti ebbe modo di apportare alcune precisazioni - anche queste di tipo pratico-organizzativo - dovute alla recente esperienza nella commissione che produsse gli standard per le biblioteche pubbliche. La prima proposta è quella di separare le competenze del relatore e del segretario: la nomina del relatore, cioè di colui che stende materialmente il testo, doveva spettare al Consiglio direttivo, con il mandato di scegliere un socio tanto competente che potesse svolgere il suo compito senza eccessiva fatica, mentre il segretario avrebbe assicurato il funzionamento della commissione coordinando le attività pratiche necessarie. In secondo luogo veniva ribadito che le tematiche da affrontare non dovessero essere troppo ampie, ma tali da permettere di raggiungere risultati nell'arco di tempo compreso fra due congressi 17.
In nome di un obiettivo concreto, come si vede, strumenti e metodi vengono di volta in volta calibrati, pesati, messi in relazione con l'analisi delle concrete possibilità di azione, e d'altra parte - sempre in nome dell'approccio realistico all'azione - il fine stesso può essere a sua volta corretto, ridimensionato, adeguato alla realtà, purché non venga mai annullato 18.
Quasi in sordina, già con il primo numero del nuovo «Bollettino», la Carini aveva lanciato il suo primo appello per la soluzione del problema organizzativo dell'Associazione, individuando nel tema dell'informazione professionale uno dei cardini su cui era destinata a ruotare l'intera struttura, e lo aveva fatto con un articolo dedicato alla sede dell'AIB - rimasto l'unico sul tema - intesa come "casa comune", luogo di riunione e discussione ma anche di studio, indispensabile complemento per il funzionamento dell'Associazione 19.
Anche in questo intervento l'approccio realistico, la considerazione di quanto l'AIB poteva permettersi in quel particolare momento non fa deflettere la Carini dall'affermazione del principio. Se l'ALA ha impiegato quasi 70 anni per la costruzione e l'organizzazione di una vera e propria sede arredata e con tanto di segretario e personale retribuito, va da sé che l'AIB non possa ancora permettersi il lusso di fare altrettanto: ma è tuttavia possibile valutare le possibilità concrete e costruire la propria scala di priorità per la realizzazione - a piccoli passi - del progetto. È insomma già possibile - secondo la Carini - farsi assegnare una sala arredata da una delle organizzazioni aderenti all'Associazione e anche dotarsi di un segretario ma, visto che al momento è impossibile retribuirlo, i soci romani potrebbero a turno assicurare con la loro presenza l'apertura della sede. E continua: «Ma soprattutto noi dobbiamo e possiamo incominciare subito a costituire nella sede dell'Associazione una raccolta di documentazione specialistica di cui tutti sentiamo il bisogno e della quale attualmente non disponiamo [...]. Intanto però due cose si possono fare da subito: la prima è raccogliere nella sede dell'Associazione le poche opere di biblioteconomia che già in passato sono state donate all'AIB; l'altra è di mettere mano alla preparazione di un piccolo catalogo unito delle opere di biblioteconomia disponibili in tutte le biblioteche italiane [...]. Il «Bollettino» a sua volta, pubblicando regolarmente gli indici delle principali riviste di mestiere e fornendo sunti e recensioni degli articoli importanti, completerebbe in modo tempestivo e apprezzabile la nostra informazione» 20.
Dunque avere una sede significa avere una biblioteca specialistica che permetta la diffusione dell'informazione e la crescita della professione, ma significa anche conquistare un luogo di discussione dal quale far partire verso l'esterno i risultati degli studi. In questa ottica si rende subito necessario che il «Bollettino» diventi sempre più una rivista di approfondimento scientifico e di intervento nelle tematiche professionali, tale da consentire una politica di scambio con altre riviste e da permettere di stringere i rapporti con le Associazioni straniere.
Certo, rimaneva insoluto il problema dei finanziamenti, che in questa occasione veniva esplicitamente rimandato ad altra sede, ma vale la pena di ricordare che nel dicembre del 1960, avendo vinto il premio dell'Ente nazionale biblioteche popolari e scolastiche (presentando il manoscritto del volume poi pubblicato con il titolo La biblioteca pubblica istituto della democrazia), la Carini aveva già versato alla causa della sede 50.000 lire 21 e che almeno in un'altra occasione aveva finanziato con 10.000 lire la stampa del «Bollettino» e degli atti dei congressi dell'Associazione 22.
Quello che emerge con chiarezza è la sua fiducia nel consesso professionale, la convinzione della superiore forza di persuasione e di realizzazione dei gruppi di tecnici ed esperti della materia, al di sopra e oltre gli schieramenti politici e governativi: il motto della società bibliografica che in tante occasioni ebbe modo di ricordare (tractant fabrilia fabri) sostanzia alla fine anche l'esistenza stessa di una associazione professionale. I suoi reiterati inviti a non perdere di vista gli obiettivi, il suo realismo e il suo modo di andare velocemente e per le vie brevi verso la soluzione dei problemi non si potrebbero capire se non facendo appello a quella fiducia - certo di tipo che oggi definiremmo tecnocratico - nel ruolo della professione e nella capacità professionale degli addetti ai lavori 23.
È un punto di forza che la Carini considera dunque interno alla professione e sostanziale nel bibliotecario, non elargito da questo o quel provvedimento di legge o circolare ministeriale: come dire che la forza dei bibliotecari è innanzitutto nell'essere bibliotecari, cioè tecnici ed esperti di una disciplina scientifica.
Sulla stessa linea si inserisce la relazione che Virginia Carini Dainotti tenne in quello stesso anno 1961 al Congresso di Viareggio su L'ordinamento del personale delle biblioteche pubbliche governative e delle soprintendenze bibliografiche, in cui, dopo aver registrato il progressivo decadimento della (un tempo) nobile professione del bibliotecario, si chiedeva con quali mezzi potesse risorgere una professione che nasceva alla pari con l'insegnamento universitario e concludeva: «Come vedete sarà un'idea fissa la mia; ma - da qualunque parte io esamini i nostri problemi - mi ritrovo sempre a questo punto: alla base del rinnovamento dei nostri istituti, come del miglioramento quantitativo e qualitativo della nostra carriera, deve esserci uno sforzo di preparazione e di aggiornamento professionale. E questo ci riguarda tutti, bibliotecari esperti e novellini. Tra i primi bisogna che l'Associazione riesca a promuovere un più attivo e vivace colloquio; per gli altri bisogna che trovi il modo di organizzare scuole e corsi di studio e aggiornamento [...]. Abbiamo dunque davanti a noi due doveri: rianimare la vita culturale e professionale dei bibliotecari; aiutare i giovani a formarsi perché vengano di rincalzo a noi nel cammino. Le proposte che io sono venuta formulando sul «Bollettino» dopo l'ultimo congresso mirano appunto al primo di questi fini: rianimare la vita culturale e professionale della categoria» 24. Anche sul tema della formazione dei giovani la Carini rivendicava all'Associazione il ruolo fondamentale di indirizzo e chiedeva all'assemblea di decidere sulla «costituzione di un gruppo di lavoro con l'incarico di esaminare l'organizzazione, la struttura e i programmi delle scuole bibliotecarie degli altri paesi, di discutere le possibilità che esistono nella situazione italiana di dar vita a organismi similari per la preparazione e l'aggiornamento del personale e per il conferimento di diplomi professionali, infine di formulare meditate proposte che l'Associazione - una volta che le abbia discusse e approvate - dovrà sforzarsi di trasferire sul terreno delle attuazioni concrete» 25.
Il metodo è sempre lo stesso e il fine è sempre quello di arrivare a una realizzazione concreta che può anche essere parziale e non definitiva, ma deve esserci.
Alla luce dei contributi che l'avevano preceduta, allora, l'esperienza dell'elaborazione degli standard per le biblioteche pubbliche non rappresenta solo il momento di maggiore impegno di Virginia Carini Dainotti nell'Associazione, ma costituisce anche l'irrinunciabile banco di prova dei concetti e della metodologia del lavoro che aveva già più volte espresso tramite la stampa professionale, fin dai suoi esordi.
La costituzione della Commissione di studio per l'esame di un nuovo ordinamento delle biblioteche degli enti locali in rapporto al funzionamento delle regioni avvenne nel gennaio 1963 con il mandato da parte del Consiglio direttivo di «tutelare l'avvenire delle biblioteche degli enti locali in armonia con le esigenze del mondo attuale» 26.
La Commissione aveva l'incarico di approfondire lo studio già compiuto da Renato Pagetti e presentato al 14° Congresso tenuto nel 1962 a Roma, Salerno, Sorrento e Montevergine 27. In quella occasione Virginia Carini Dainotti, chiamata a intervenire nel dibattito suscitato dalle relazioni congressuali, si dichiarò d'accordo con quanti sostenevano la necessità di stabilire costanti rapporti con il Parlamento sui temi di interesse bibliotecario, sottolineando anzi come «ciò costituisca uno dei precipui compiti dell'Associazione» 28. Ma la vera sostanza del ruolo che la Carini intendeva attribuire all'Associazione emerge nella frase seguente del suo discorso: «Questa, d'altra parte, poiché con l'attuazione dell'ordinamento regionale c'è da aspettarsi che si faccia strada una corrente di antistatalismo, deve rafforzarsi e porsi in grado di sostituirsi allo Stato, specie in ambiente regionale, per offrire ai bibliotecari quell'appoggio che essi oggi hanno da parte delle Soprintendenze bibliografiche» 29.
Oltre all'ispettrice generale Carini, facevano parte della Commissione Luigi Balsamo, allora soprintendente per la Sardegna, Giovanni Bellini, direttore della succursale per il nord dell'ENBPS, Antonio Dalla Pozza, direttore della Civica di Vicenza, Giorgio de Gregori, direttore della Biblioteca della Corte costituzionale, Renato Pagetti, direttore della Comunale di Milano, Massimo Palmerini, magistrato libero docente di Istituzioni di diritto pubblico all'Università di Roma, Paolo Spinosi, ispettore generale del Ministero della pubblica istruzione.
Per Virginia Carini Dainotti non era il primo mandato ufficiale nell'AIB: nel novembre del 1954, nel corso della sua prima riunione, il Consiglio direttivo guidato da Aristide Calderini, appena subentrato ad Alessandro Casati, nominò un Comitato provvisorio con il compito di organizzare la partecipazione dei bibliotecari italiani al terzo Congresso internazionale delle biblioteche e dei centri di documentazione che si doveva tenere a Bruxelles nel settembre 1955 30. Ne facevano parte Virginia Carini Dainotti, Giovanni Bellini (poi sostituito da Cecchini 31), Laura De Felice e Anna Saitta, alla presenza di un rappresentante del CNR. La presidenza del Comitato era affidata al direttore generale delle Accademie e biblioteche, Guido Arcamone.
A Bruxelles la Carini era intervenuta con una relazione su La lettura pubblica in Italia 32: il programma italiano era stato per la prima volta portato davanti a 1200 bibliotecari, appartenenti a 63 associazioni professionali che rappresentavano la categoria in oltre 40 nazioni, e veniva in questo modo sostenuto e legittimato anche nei confronti del governo italiano da organismi internazionali come la FIAB e l'Unesco. Vero è che contemporaneamente la Commissione nazionale del libro alla Presidenza del Consiglio otteneva un sostanzioso stanziamento per la creazione di 152 misteriose "biblioteche del contadino", ignorando e scavalcando sia la Direzione generale e il Servizio nazionale di lettura, sia il Comitato centrale per l'educazione nazionale e i Centri di lettura (è la stessa Carini a sottolineare l'insensatezza del provvedimento, ricostruendo a posteriori gli avvenimenti di quegli anni 33), ma è importante anche notare - come lei stessa ci tenne a fare - che la partecipazione della delegazione italiana in quell'occasione ottenne per il paese un posto fra gli altri organismi internazionali impegnati nella diffusione della lettura pubblica.
C'è da dire però che ancora in quegli anni la partecipazione dei delegati avveniva - per dirla con Barberi - più "per cirenei" che "per commissioni", che cioè ognuno di loro portava nel consesso internazionale non il documento ufficiale, la posizione dell'Associazione, ma il frutto del suo personale impegno e del suo studio, condotto a titolo personale, al quale semmai l'Associazione riconosceva il crisma della serietà professionale.
Difficile credere che quel primo incarico della Carini per l'Associazione non abbia avuto un peso determinante nella sua successiva elaborazione di una metodologia dell'impegno professionale e che l'esperienza di Bruxelles - nel bene e nel male - non abbia rappresentato quanto meno un monito sui modi e tempi dell'azione.
Quello che cambia, l'elemento nuovo che emerge con l'esperienza della Commissione per gli standard delle biblioteche pubbliche è proprio la possibilità di portare all'esterno una posizione ufficiale, accettata dai componenti di una intera categoria professionale, per ottenere la quale la Carini Dainotti si era battuta.
Forte di un mandato pieno e ampiamente rappresentativo di tutte le categorie professionali, la Commissione, in sole quattro riunioni - ognuna di più giorni - tenute dal marzo del 1963 al febbraio 1964, giungeva alla formulazione dei primi standard italiani per le biblioteche pubbliche 34.
La lettura dei verbali di lavoro della Commissione fornisce la traccia per seguire da vicino l'applicazione del metodo e dei principi che la Carini aveva posto a fondamento dell'efficienza dell'Associazione e che dovevano costituire la base comune di lavoro per un gruppo composto da persone provenienti da amministrazioni differenti, ma ugualmente interessate ai problemi della pubblica lettura e ai modi della sua realizzazione ed espansione.
Fin dalla prima seduta veniva decisa la struttura interna del gruppo: mentre la Presidenza doveva essere tenuta a turno dai partecipanti, Luigi Balsamo era designato segretario permanente e Virginia Carini relatrice.
Il primo punto da affrontare era quello dell'esame dei compiti demandati alla Commissione: bisognava cioè stabilire l'estensione e l'oggetto dei lavori e di conseguenza individuare gli interlocutori cui rivolgersi. Dopo un'ampia discussione sulla politica bibliotecaria italiana e sui ruoli istituzionali si decideva di concentrare i lavori sui modelli di organizzazione delle biblioteche pubbliche lasciando momentaneamente da parte il problema di una legge quadro 35 che di necessità avrebbe comportato tutta una serie di problemi politici e finanziari. A questo proposito la Carini faceva presente «l'opportunità di stabilire rapporti e mantenere contatti con organi, istituti, commissioni di studio che possono o devono interessarsi dei problemi della riforma burocratica del nuovo ordinamento regionale o della programmazione, al fine di fornire loro i suggerimenti e le conclusioni dei tecnici, cioè dei bibliotecari. In particolare [...], subito dopo le elezioni, la Commissione prenderà contatti per la costituzione di un gruppo parlamentare di amici delle biblioteche» 36.
Il lavoro specifico di elaborazione degli standard doveva cominciare con l'esame di quelli prodotti dagli inglesi e dagli americani: mentre quelli americani venivano giudicati più vicini all'esperienza italiana, rimaneva aperta la discussione su come tradurre, e se tradurre, il termine standard 37.
Definita la scaletta delle priorità, si affidava alla Carini la redazione di una bozza della prima parte.
Dunque, al primo punto veniva posta la produzione del testo degli standard, al secondo l'azione parlamentare tramite un gruppo di amici, ribadendo così il principio operativo secondo il quale «prima di iniziare un'azione qualsiasi, occorra avere un programma preciso, concreto, motivato» 38 e solo successivamente - e su basi certe - sarebbe intervenuto l'apporto dall'esterno.
Nella seconda riunione, tenuta a luglio, venivano esaminate e discusse le prime due parti del testo. Alla fine si dava incarico al segretario di preparare una nota informativa per il «Bollettino» e di inviare la bozza delle prime due parti «a un gruppo di colleghi noti per essersi occupati dei problemi trattati» e «a tutti i colleghi che ne faranno richiesta» 39.
Alla terza riunione (gennaio 1964) 40 venivano approvate altre tre parti del testo redatto dalla Carini, ma il problema di definire i criteri generali per la formulazione di uno schema di legge quadro, prima accantonato, tornava in primo piano, insieme alla necessità di definire il ruolo del bibliotecario nel sistema amministrativo: si discuteva in particolare su come garantire l'autonomia del bibliotecario dal punto di vista tecnico e gestionale e su come definire la partecipazione finanziaria, cioè il grado di responsabilità dell'ente locale e l'entità del contributo dello Stato.
Ancora una volta non si doveva permettere che i problemi più delicati si annodassero fra di loro, paralizzando di fatto lo svolgimento del lavoro.
Lo scioglimento dei nodi passa questa volta attraverso una scelta ancora operativa, ma non più collettiva, una specie di divisione dei compiti fra i membri della Commissione, con relativa concessione dell'esclusiva sul singolo punto ad essi affidato: viene dato mandato a Paolo Spinosi e a Virginia Carini di preparare una bozza di legge quadro, a Renato Pagetti viene raccomandata la stesura della sesta parte, quella relativa all'organico e alla carriera dei bibliotecari degli enti locali, e al Della Pozza di un testo a parte, contenente direttive per l'attuazione dello standard, con particolare riguardo ai criteri di divisione degli oneri fra Stato ed enti locali.
Due settimane separavano la terza dalla quarta riunione: il 9 febbraio 1964 - a tre mesi dal Congresso dell'Associazione, fissato per l'8 maggio - solo una parte dei problemi appariva inequivocabilmente risolta: non si era raggiunto l'accordo su questioni importanti come i criteri di divisione degli oneri finanziari fra lo Stato e gli enti locali e la deontologia del bibliotecario, né tantomeno poteva dirsi recepito lo schema di legge quadro, al punto che si dovette scegliere di formare una ulteriore sottocommissione (Carini, de Gregori, Palmerini, Spinosi) con il compito di rielaborare la bozza dopo aver studiato un documento, richiesto al dott. Palmerini, sui vari aspetti del diritto regionale in rapporto alle biblioteche. Tuttavia, il primo standard italiano per le biblioteche pubbliche era ormai completo in ogni sua parte 41: si decideva così di presentare comunque il lavoro al Congresso di Spoleto e di trasmettere il testo al presidente dell'AIB, Apollonj, perché se ne facesse portatore presso il direttore generale e dunque il ministro.
D'altra parte proprio in quei giorni il direttore generale, Nicola Mazzaracchio, si era impegnato a fare da portavoce dei principi espressi nel lavoro della Commissione in sede di programmazione economica 42, per il loro inserimento nel piano quinquennale della scuola: accanto al dibattito sui principi prendeva corpo, per la prima volta, una esperienza organizzativa sostenuta da consistenti finanziamenti statali.
La presentazione degli standard a Spoleto fu un evento complesso, svoltosi a due riprese, in cui si sottolineava sia da parte di Pagetti (che intervenne alla riunione dei bibliotecari degli enti locali, assemblea invero piuttosto tumultuosa 43), sia da parte della Carini, intervenuta in seduta plenaria 44, il consenso raggiunto intorno ai principi fondamentali, pur così innovativi, di biblioteca pubblica, secondo l'orientamento sviluppato in sede internazionale dalla FIAB e dall'Unesco (con i dovuti adattamenti al caso italiano), rimandando a un nuovo mandato l'insieme dei problemi rimasti insoluti.
Tuttavia, ancora prima di presentare il frutto del lavoro della Commissione all'Assemblea, la Carini si era voluto riservare uno spazio personale intervenendo dopo la relazione del presidente per rilanciare il valore del lavoro per commissioni e rivendicare a sé il merito di averlo promosso, per sottolineare il ruolo del «Bollettino» nella diffusione dell'attività scientifica, per sostenere la Biblioteca dell'Associazione e per affrontare, finalmente senza mezzi termini, il problema della divisione dei bibliotecari iscritti all'AIB in tre categorie, annunciando l'intenzione di proporre a questo scopo una modifica dello Statuto.
Si legge nel resoconto della prima giornata del Congresso: «la dott. Carini ha espresso il suo vivo compiacimento per il lavoro svolto dalle Commissioni, ricordando come essa è stata da molto tempo fervente sostenitrice della necessità e proficuità del lavoro per commissioni da parte dell'AIB; ha auspicato un coordinamento tra il Bollettino d'informazioni, elogiandone la regolarità di pubblicazione, e le riviste Accademie e biblioteche d'Italia e La parola e il libro, in modo che [...] servano ad allargare il campo dell'attività scientifica dei bibliotecari [...]. Parlando, poi, della Biblioteca dell'Associazione, della quale è stato distribuito il catalogo, pur riconoscendo che l'ordinamento di essa costituisce un altro felice risultato del triennio, ha lamentato che quel catalogo sia alfabetico per autori, e non per materie come sarebbe stato più utile [...]. Infine la dott. Carini ha lamentato che nell'organizzazione del Congresso un intero pomeriggio sia stato riservato alle riunioni separate per categoria, secondo lei poco utili e scarsamente funzionali» 45.
Come si vede, si tratta di un vero e proprio riepilogo, con commento, di quanto aveva detto e fatto per quasi dieci anni nell'Associazione e per l'Associazione, una specie di compendio di tutti gli argomenti che lei stessa aveva eletto a puntelli e strumenti del metodo di lavoro, insomma di una generale riaffermazione dei principi che avevano guidato e sostenuto il suo impegno nell'AIB. E tutto questo avveniva in un momento in cui non solo si era potuto finalmente ottenere il consenso dell'assemblea su un importante documento comune, espressione della convergenza tra forze diversamente orientate, ma appariva anche per la prima volta come fosse realmente possibile influire sulle forze politiche e sui piani di governo 46.
Dopo l'approvazione dell'Assemblea di Spoleto il documento fu stampato in 8000 copie e inviato con due diverse lettere circolari a firma del presidente dell'AIB Ettore Apollonj ai sindaci e a una scelta di direttori di biblioteche. Si legge nella lettera circolare destinata ai sindaci: «L'opera della biblioteca pubblica tanto più è necessaria oggi, dopo l'istituzione della scuola d'obbligo fino al 14° anno d'età, affinché questa possa avere la sua naturale continuazione attraverso il libero e facile contatto di tutti i cittadini con il libro e con la lettura, nonché attraverso i molteplici stimoli culturali che una biblioteca di quel tipo può offrire». E inoltre «il documento "La biblioteca pubblica in Italia. Compiti istituzionali e principi generali di ordinamento e di funzionamento" [...] vuole essere una guida per gli Amministratori degli Enti locali, e per i bibliotecari, chiamati, i primi, ad istituire e ad indirizzare appropriatamente le biblioteche pubbliche, e i secondi a organizzarle e a governarle» 47.
La lettera indirizzata ai colleghi direttori di biblioteca si concludeva: «Le accludo una copia del documento in questione sicuro che Ella vorrà farne oggetto di attento esame e sostenerne i concetti e i principi nell'ambito dell'Amministrazione di cui fa parte, di modo che essi abbiano appropriata diffusione e producano, sia pure lentamente, i frutti sperati ai fini del graduale rinnovamento e sviluppo delle nostre biblioteche e del funzionamento del servizio nazionale di lettura, a favore del quale nel Piano quinquennale della scuola [...], è prevista l'assegnazione di cospicui fondi da parte del Governo» 48.
Con l'ultimo atto della diffusione, presso il governo e presso gli amministratori locali, si chiude la parabola del metodo di lavoro per commissioni all'interno dell'associazione professionale italiana, così come Virginia Carini Dainotti l'aveva pensato, sostenuto e - in accordo con persone diverse ma ugualmente impegnate nel lavoro comune come Pagetti, de Gregori, Balsamo - anche portato a compimento.
L'anno successivo, al congresso di Bolzano-Merano, toccherà al presidente Apollonj, nella sua relazione introduttiva, rivendicare e sostenere il lavoro per Commissioni come metodo di analisi, intervento e pressione scelto e fatto proprio dall'AIB: «L'attività dell'AIB si è sempre più indirizzata verso il lavoro per commissioni, alle quali, seppure per difficoltà pratiche esse in un primo tempo hanno rivelato qualche lentezza, il Consiglio direttivo rivolgerà sempre di più la sua attenzione convinto dell'utilità di esse. Al Congresso di Spoleto furono presentati i risultati del lavoro della Commissione di studio per l'ordinamento delle Biblioteche degli Enti locali in rapporto all'istituzione delle Regioni: conseguenza di quei lavori è stata la pubblicazione degli standards approvati a Spoleto, che ora, stampati in circa 8.000 copie, si vanno diffondendo opportunamente» 49.
1 Luigi de Gregori, Libro, biblioteche e associazioni bibliotecarie, in: Il Convegno dei bibliotecari a Macerata e Recanati (26-28 giugno 1937), Roma: Palombi, 1937, p. 58-63: 58.
2 Ivi, p. 59.
3 Ivi, p. 60.
4 Ivi, p. 61.
5 Il discorso di S.E. Bottai, in: Il Convegno dei bibliotecari a Macerata e Recanati cit., p. 65-67: 65.
6 Ivi, p. 66.
7 Ivi, p. 67.
8 Virginia Dainotti, Limiti e funzioni delle biblioteche governative isolate, «Accademie e biblioteche d'Italia», 12 (1938), p. 306-310, ora in: Virginia Carini Dainotti, La biblioteca pubblica in Italia tra cronaca e storia (1947-1967): scritti, discorsi, documenti, Firenze: Olschki, 1969, vol. 1, p. 133-140.
9 Ivi, vol. 1, p. 5.
10 In particolare la lettura del resoconto del Congresso di Milano del 1951 - il primo dopo la ricostruzione su base democratica dell'Associazione - risulta illuminante per capire il senso della partecipazione della Carini (che allora dirigeva la Biblioteca di storia moderna e contemporanea di Roma) alla vita della comunità italiana dei bibliotecari. In sede di discussione sui principali temi biblioteconomici presentati al congresso i suoi interventi "dal pubblico" appaiono innanzitutto improntati a un deciso pragmatismo. Alla fine della relazione Schellembrid sul neo-istituito Centro nazionale per il catalogo unico delle biblioteche italiane, per esempio, si rivolgeva al Comitato incaricato di studiare la possibilità di esecuzione del programma, incalzandolo sulle azioni concrete: «Se non sbaglio le richieste che noi facciamo al Comitato sono queste: che cosa ha deciso quanto alla schedatura, alla soggettazione, alla classificazione; come intende scegliere il personale estraneo che deve attendere al lavoro; dove intende lavorare e secondo quale piano» (cfr. VII Congresso nazionale dell'Associazione italiana per le biblioteche, Milano-Lecco 5-7 novembre 1951, Roma: Palombi, 1951, p. 60). E ancora: alla fine della relazione Ascarelli sui problemi di intestazione e schedatura nel catalogo unico italiano in rapporto all'esperienza straniera, gli interventi "a caldo" della Carini uniscono al pragmatismo nell'affrontare i problemi e nel valutarne le soluzioni una prospettiva più ampia indirizzata verso il futuro della cooperazione internazionale. In difesa delle regole americane affermava che accettare l'ultima denominazione ufficiale di un ente con scheda di rinvio dalle precedenti, opportuno nell'immediato, poteva poi essere anche utilizzabile ai fini della ricerca storica; che il catalogo "dizionario" di tipo americano aveva il pregio di permettere comunque la riconoscibilità dei suoi elementi costitutivi, che l'accettazione in un catalogo a stampa delle tradizionali schede secondarie in forma abbreviata rispetto alla scheda principale portava con sé la negazione stessa di un catalogo a stampa, oltre alle evidenti conseguenze di carattere economico. Infine, in un successivo momento del Congresso, rivendicava la piena utilità del soggettario americano che «rappresenta il risultato semisecolare del lavoro di una grande "équipe" come quella della Library of Congress, la quale dispone di un'attrezzatura di cui non si ha idea qui da noi» (ivi, p. 125).
11 Cfr. Associazione italiana biblioteche, La biblioteca pubblica in Italia: compiti istituzionali e principi generali di ordinamento e di funzionamento, Roma: AIB, 1965.
12 Virginia Carini Dainotti, Lavorare per commissioni, «Bollettino d'informazioni», 1 (1962), n. 2, p. 88-93: 88.
13 Ivi, p. 89.
14 Ivi, p. 92.
15 Ivi, p. 93.
16 Ivi, p. 92.
17 Virginia Carini Dainotti, Lavorare per commissioni, «Bollettino d'informazioni», 5 (1965), n. 2/3, p. 65-67.
18 Si legge già nell'articolo del 1961: «Solo attraverso il lavoro delle Commissioni si può uscire dal generico e dall'accademico, e proporsi - e raggiungere - obiettivi che sembrano più limitati ma che sono in realtà le tappe successive di un lungo e progrediente cammino» (Virginia Carini Dainotti, Lavorare per commissioni, «Bollettino d'informazioni», 1, 1961 cit., p. 90).
19 Virginia Carini Dainotti, Una casa per l'Associazione, «Bollettino d'informazioni», 1 (1961), n. 1, p. 35-36.
20 Ivi, p. 36.
21 Se ne dà notizia in una nota dal titolo Concorso E.N.B.P.S., pubblicata ivi, p. 39.
22 Cfr. la pagina intitolata Sottoscrizione del «Bollettino d'informazioni», 3 (1963), n. 1, p. 18.
23 Già nel 1957 la Carini era intervenuta con un articolo su «Notizie AIB» a proposito di uno sciopero dei bibliotecari italiani dove si legge un forte senso dell'identità professionale unito al monito rivolto all'amministrazione ad agire con idee chiare e risorse economiche adeguate alle idee: «I bibliotecari italiani hanno scioperato non per affermare propri diritti o per richiedere personali vantaggi e privilegi; ma per prospettare al paese lo stato di necessità in cui si dibattono i loro istituti, per affermare con forza polemica che vi è un settore di grande impegno nazionale in cui lo Stato sembra abdicare i suoi doveri e dimenticare le sue responsabilità» (Virginia Carini Dainotti, Uno sciopero, «Notizie AIB», 3, 1957, n. 1/2, p. 1-13: 2).
24 Virginia Carini Dainotti, L'ordinamento del personale delle biblioteche pubbliche governative e delle soprintendenze bibliografiche, in: XIII Congresso dell'Associazione italiana biblioteche, Viareggio, 8-11 maggio 1961, Roma: Palombi, [1964], p. 51-61: 60-61.
25 Ivi, p. 61.
26 Cfr. Associazione italiana biblioteche, La biblioteca pubblica cit., p. I.
27 Renato Pagetti, L'ente Regione e le biblioteche degli enti locali: considerazioni relative all'art. 117 della Costituzione, in: XIV Congresso dell'Associazione italiana biblioteche, Roma-Salerno-Sorrento-Montevergine, 25-29 ottobre 1962, Roma: Palombi, [1965], p. 84-89. In questa relazione Pagetti, affrontando il problema fondamentale dell'autonomia finanziaria delle Regioni, propose fra l'altro di finanziare le spese delle biblioteche con il gettito del lotto («È il tributo volontario della povera gente e l'entrata [...], a parte certe punte giustificate soprattutto da un costume secolare, è sostanzialmente proporzionale ai bisogni culturali delle singole Regioni»: ivi, p. 89).
28 XIV Congresso dell'Associazione italiana biblioteche cit., p. 92.
29 Ibidem.
30 La prima riunione del Consiglio direttivo, «Notizie AIB», 1 (1955), n. 1, p. 9-10.
31 Cfr. La riunione del Consiglio direttivo, «Notizie AIB», 1 (1955), n. 2, p. 11.
32 Se ne può leggere il testo in Virginia Carini Dainotti, La biblioteca pubblica in Italia cit., vol. 2, p. 315-325.
33 Ivi, vol. 1, p. 98-90
34 Gli standard furono pubblicati l'anno successivo: cfr. Associazione italiana biblioteche, La biblioteca pubblica in Italia cit. I verbali delle riunioni e le copie dei documenti prodotti dalla Commissione sono conservati all'Archivio dell'AIB.
35 Per una ricostruzione dei rapporti fra Stato e Regioni e sulle problematiche connesse alla legge quadro cfr. Paolo Traniello, Regioni e biblioteche in Italia, Milano: Cisalpino-goliardica, 1977, p. 38-52.
36 Archivio AIB, G.III.1: Biblioteche pubbliche di enti locali, Commissione di studio per l'esame di un nuovo ordinamento delle biblioteche degli enti locali in rapporto al funzionamento delle Regioni, Verbale delle sedute, 1a seduta: 23-24 marzo 1963, p. 2.
37 Tre, in questa prima seduta, le proposte riportate a verbale (ivi, p. 6): «livelli di efficienza (Pagetti)», «modelli di organizzazione (Carini)» e «tipi di organizzazione».
38 Archivio AIB, G.III.1 cit., 2a seduta: 11 luglio 1963, Verbale, p. 1.
39 Ivi, p. 3. Presso l'Archivio dell'AIB, G.III.1 cit., è conservata anche una lettera di de Gregori inviata a Balsamo già nell'aprile, in cui si formula un primo elenco dei bibliotecari da coinvolgere in questa fase. Vi compaiono i nomi di Guerrieri, Bersano, Pirani, Samek, Risoldi, Bassi, Guarino, Sciascia, Daccò, Manzini, Bottasso, Carrara, Carloni, Nenzioni, Guglielmi, Bruno, e dei direttori delle biblioteche di Forlì, Ascoli, Lecce e Arezzo.
40 Archivio AIB, G.III.1 cit., Verbale della terza riunione, 4 p.
41 Alle 21,30 del 10 febbraio, dopo due giorni di discussioni e analisi dei nodi irrisolti, «Carini propone che si decida di dividere la materia, di concludere l'esame degli standards prima del Congresso dell'Associazione che è previsto per maggio; che si riferisca al Congresso su questo punto, si annunci il 2° ciclo con la preparazione della legge quadro; ed eventualmente si chieda un nuovo incarico per studiare sia il problema della dichiarazione di morale professionale, sia la questione dell'Albo professionale e delle scuole bibliotecarie» (Archivio AIB, G.III.1 cit., Verbale della IV riunione, p. 2).
42 Era stata proprio la Carini a darne una anticipazione durante la quarta riunione, nel corso della discussione seguita alla presentazione del documento aggiuntivo che Antonio Dalla Pozza aveva elaborato su incarico della Commissione. Si legge nel verbale che «la Direzione Generale sta elaborando il proprio piano di interventi programmatici che si spera verrà inserito nel piano generale che il Ministero P.I. deve consegnare entro il 31 marzo e che a sua volta dovrà confluire nella programmazione generale che dovrà essere pronta per il giugno. Da ciò si ricava che già il Ministero sta predisponendo i propri interventi, per i prossimi anni, secondo un piano organico, basato sui dati che l'Amministrazione possiede e ricava dagli uffici periferici, ed orientato secondo i principi contenuti negli standards» (ivi, p. 3). L'intervento dello Stato effettivamente ci fu, e le biblioteche entrarono l'anno seguente a far parte delle istituzioni sostenute dal cosiddetto Piano Gui.
43 Se ne può leggere il resoconto in Giorgio de Gregori, Il XV Congresso dell'AIB, Spoleto, 8-10 maggio 1964, «Bollettino d'informazioni», 4 (1964), n. 3, p. 127-135.
44 Cfr. Virginia Carini Dainotti, Relazione della Commissione di studio per l'esame di un nuovo ordinamento delle biblioteche degli enti locali in rapporto all'istituzione dell'ente Regione, in: XV Congresso dell'Associazione italiana biblioteche, Spoleto, 8-10 maggio 1964, Roma: Palombi, [1967], p. 59-65.
45 Cfr. il resoconto, ivi, p. 35-36.
46 Ancora al Congresso di Fiuggi del 1967 la Carini tornava a fare il punto sul ruolo di pressione del testo degli standard nei confronti del governo: «la Direzione generale, e questo è il massimo riconoscimento che la professione possa darle, ha accolto pienamente le impostazioni date dai tecnici al problema dello sviluppo della lettura pubblica in Italia, e così facendo ha trasformato gli Standards in un effettivo programma di governo: nelle linee direttive Gui e nel Programma di sviluppo quinquennale. Questi Standards che, nel momento in cui sono stati approvati nel corso del XIV Congresso, sembravano ancora a molti l'ingenua prefigurazione di una impossibile "repubblica ideale"» (Virginia Carini Dainotti, Il servizio nazionale di pubblica lettura nell'ambito del Piano della scuola, in: I congressi 1965-1975 dell'Associazione italiana biblioteche, a cura di Diana La Gioia, Roma: AIB, 1977, p. 78).
47 Il modello di lettera è conservato in: Archivio AIB, G.III.1 cit.
48 Ibidem.
49 Ettore Apollonj, Relazione del presidente, in: Associazione italiana biblioteche, I congressi 1965-1975 cit., p. 3.