Stephen E. Ostrow.  Digitizing historical pictorial collections for the Internet.  Washington, DC: Council on Library and Information Resources; Amsterdam: European Commission on Preservation and Access, 1998.  VI, 28 p.

Piccola guida ragionata alla digitalizzazione, ovvero quanto di più attuale in tempi di grandi discussioni su biblioteche ibride e digitali. La fonte è autorevole: da un lato uno dei due editori del volumetto è (significativamente per noi) la Commissione europea sulla conservazione e l'accesso, a testimonianza dell'interesse dell'Unione Europea nei progetti di digitalizzazione; dall'altro l'autore, Stephen Ostrow, collabora al programma per la Biblioteca digitale nazionale della Library of Congress, che sta facendo della biblioteca digitale uno degli obiettivi nazionali e quasi una missione etica da compiere: «una biblioteca per tutti gli americani», recita lo slogan, una biblioteca i cui compiti dichiarati sono sviluppare le arti, la scienza e l'educazione, conservare e rendere accessibile il patrimonio culturale nazionale, e contribuire a creare un'America migliore.

L'esperienza dell'autore è legata alla digitalizzazione di collezioni storiche di immagini di vario tipo finalizzata alla messa in rete, e il volumetto passa infatti rapidamente in rassegna i problemi specifici di queste collezioni, ma le riflessioni che la lettura suscita possono ben valere per collezioni storiche in genere, e anzi il richiamo all'analisi attenta delle caratteristiche della collezione si adatta a qualsiasi biblioteca che progetti di passare al digitale.

Ostrow individua chiaramente un trinomio inscindibile (materiale-utente-fruizione) che avrà un peso rilevante sull'eventuale programma di digitalizzazione, fino a definirne i limiti precisi. Partendo dalla centralità della sala di lettura per la consultazione tradizionale del materiale visivo, viene suggerita un'analisi comparativa tra le varie possibilità di accesso e consultazione (tradizionali e "tecnologiche") in modo da poter meglio comprendere i limiti e le potenzialità del nuovo mezzo e da poterlo applicare in maniera adeguata alle caratteristiche del materiale, così da valorizzare la collezione stessa (e non impoverirla, come invece potrebbe fare una digitalizzazione sbagliata). Le caratteristiche del materiale (contenuto e forma), la fruizione possibile dello stesso, i destinatari finali del servizio (quali utenti e quanti) dovrebbero condurre alle due domande fondamentali a cui dare risposta: perché digitalizzare (conservazione, migliore fruibilità, accesso più ampio) e cosa (solo una parte della collezione, ma quale?), a cui seguirà necessariamente il come (standard, diritti, controllo "bibliografico", gestione tecnica e organizzativa). Dando naturalmente per scontato che un programma di digitalizzazione non si può improvvisare - dati i suoi alti costi di realizzazione e gestione - e che questo anzi dovrebbe essere pianificato scrupolosamente e adattato caso per caso alla singola collezione.

In mezzo a tanto sano pragmatismo americano, insomma, un barlume di biblioteca digitale dal volto umano. Non è tutto digitale quel che luccica...