Giovanni Pascuzzi. Cyberdiritto: guida alle banche dati italiane e straniere, alla rete Internet e all'apprendimento assistito da calcolatore. Bologna: Zanichelli, 1995. 245 p. ISBN 88-08-09106-6. L. 30.500.
Giovanni Pascuzzi. Il diritto fra tomi e bit: generi letterari e ipertesti. Padova: CEDAM, 1997. 214 p. L. 26.000.

Giovanni Pascuzzi insegna Diritto privato comparato nella Facoltà di Giurisprudenza di Trento e ciò, come lo stesso autore ricorda, significa non poco: da un lato infatti le attrezzature informatiche di cui si è dotato il Dipartimento di scienze giuridiche di questa Università gli hanno consentito di raffinare e perfezionare le conoscenze che stanno alla base di queste sue due opere, dove si pone come obiettivo primario riuscire nell'intento di avvicinare i giuristi al mondo delle informazioni fondamentali per la gestione del diritto, dall'altro la frequentazione del diritto comparato gli ha permesso di entrare in contatto con la realtà assai più dinamica dell'organizzazione presente nel mondo accademico anglosassone. I due anni trascorsi fra le due opere hanno determinato una maturazione notevole dei temi che stanno alla base dell'acuto ragionamento tecnico-giuridico di Pascuzzi, dando la possibilità al lettore di seguirne con grande piacere intellettuale il filo conduttore. Tra i destinatari di Cyberdiritto l'autore non cita i bibliotecari; strana dimenticanza, se si pensa al rilevante ruolo di mediazione delle informazioni svolto dalla nostra professione nell'ambito delle biblioteche giuridiche e se ricordiamo le considerazioni espresse in un'opera per certi versi analoga, l'Internet handbook for law librarians di James Miller, autentica Bibbia dei colleghi americani che operano nelle scuole di diritto, dove hanno la possibilità di svolgere anche una regolare attività didattica, la qual cosa non può che alimentare un prestigio dal quale i bibliotecari italiani sembrano essere molto lontani per le molteplici ragioni che tutti conosciamo. Al di là dell'inevitabile invecchiamento di alcuni dati (l'opera è del 1995 e in questi due anni molta acqua è passata sotto i ponti dell'informatica), la solida struttura di Cyberdiritto mantiene una sua concreta validità, soprattutto per l'impostazione chiara e sobria della materia trattata, cui non difettano certo utili tavole esemplificative. La prima parte è dedicata alle informazioni giuridiche in linea; partendo da una riflessione approfondita sull'impatto positivo dell'informatica nell'ambito specifico (minor ingombro fisico, aggiornamento rapido dei dati giurisprudenziali, utilità somma dell'information retrieval), si accenna alle reti per la comunicazione dei dati, a Videotel, alla rete Itapac, alla rete ISDN, alla rete GARR: informazioni corredate di utili indirizzi di riferimento, tanto più necessari quanto meno esperti sono coloro che si avvicinano per la prima volta al tema. Il capitolo dedicato a Internet analizza, come d'uso, le funzioni fondamentali: posta elettronica, FTP, telnet e strumenti NIR: ne deriva una certa utilità, oltre che dalla chiara descrizione di tali strumenti, anche dall'elencazione di liste di discussione d'ambito giuridico (tutt'ora operanti) e da esempi di ricerca su vari OPAC universitari italiani e stranieri. Segue una vasta analisi delle banche dati di più frequente consultazione in Italia, in Europa e negli USA, parte in cui particolare rilievo è assegnato al Centro elettronico di documentazione della Corte suprema di Cassazione (Italgiure), la più importante banca dati italiana operante in ambito giuridico e la cui complessità di interrogazione, almeno fino alla più recente modalità di Easyfind, convalida l'acuta analisi di Pascuzzi in merito alle difficoltà di fruizione. Pluralità di banche dati, diversità di mezzi di collegamento e di procedure di login o di linguaggio di interrogazione, diversità di termini di ricerca: tutto questo può spaventare l'utente inesperto e convincerlo a utilizzare mezzi più tradizionali oppure a ritenere di non poter ottenere risultati soddisfacenti. Tuttavia occorre ricordare che molto è stato fatto in questi ultimi tempi per migliorare la situazione e molto si sta facendo, soprattutto nell'ambito dei linguaggi di interrogazione.

La seconda e più contenuta parte dell'opera è dedicata all'apprendimento del diritto assistito da calcolatore, progetto globale dove l'apprendimento è l'obiettivo e l'informatica è il mezzo privilegiato: qui dominano i software didattici più o meno sofisticati a seconda della interattività del prodotto, gli ipertesti che permettono allo studente la manipolazione dei dati dentro le informazioni secondo percorsi personalizzati (l'esempio riprodotto illustra l'ipertesto ideato da Pascuzzi per un corso di Diritto civile dell'Università di Trento) e infine i sistemi esperti, autentiche riproduzioni di processi mentali funzionanti con sofisticate tecniche di retrieval. L'autore conclude indicando le azioni necessarie per sconfiggere l'impostazione tradizionale dell'insegnamento giuridico in Italia, progetto in cui biblioteca virtuale e aule virtuali ricoprono un ruolo non trascurabile per l'economia di spazio e di tempo che potrebbero garantire a vantaggio della ricerca: conclusione certamente eccessiva e discutibile, come dimostra la querelle in atto sulla necessità delle biblioteche reali, ma segnale positivo di un approccio diverso alla materia da parte dell'accademia, che ha accolto con diffidenza le grandi novità in atto, anche se consapevole di dover sottostare ai mutamenti indotti dalle innovazioni tecnologiche.

Nell'opera successiva Pascuzzi prosegue la sua acuta analisi degli strumenti di conoscenza del patrimonio giuridico e della loro trasformazione indotta dall'informatica applicata. Partendo dall'enunciato di una necessaria selezione dei materiali ad opera di filtri che ne permettono la catalogazione e l'interpretazione, l'autore introduce il tema oggetto di studio tramite un interrogativo fondamentale, cioè se il contenuto di un testo sia indifferente rispetto al mezzo o supporto che lo fa circolare. Risulta evidente che la manifestazione del pensiero è pesantemente condizionata dalle modalità con cui esso viene trasmesso: le idee ospitate su Internet non potranno mai avere la forma necessaria per una relazione scritta su supporto cartaceo. Da ciò deriva che la stessa cultura giuridica non può non essere condizionata vista l'impossibilità di poter entrare in contatto con l'enorme patrimonio relativo al diritto; si sono resi quindi necessari dei filtri che ne permettano la conoscenza e l'utilizzazione: vi sono i filtri elaborati da chi sceglie i materiali (leggi le sentenze da pubblicare e quindi da conoscere come precedente), i filtri determinati da chi prepara le massime giurisprudenziali operando quindi un'opera di astrazione, i filtri che derivano dalla catalogazione delle informazioni (repertori di legislazione, bibliografia, giurisprudenza coordinati e pubblicati da case editrici specializzate nel diritto). Pascuzzi analizza casi specifici, come i punitive damages del diritto americano o i danni extracontrattuali del diritto italiano, per supportare il percorso mentale e culturale che porta dal "fatto" al giudizio: tale percorso, con i suoi molteplici legami, è stato sempre tradotto in supporti cartacei; di qui il suo limite, soprattutto se si pensa al problema della quantità di dati, che può essere superato dall'informatica e dalla telematica (vedi l'applicazione di Internet) con l'utilizzo di generi letterari alternativi. Il passaggio dal testo all'ipertesto elettronico avviene naturalmente purché dalla scrittura lineare si proceda a una struttura reticolare, come già l'autore aveva anticipato in Cyberdiritto, dove tuttavia si era limitato ad accennarvi brevemente. In questo suo ultimo lavoro Pascuzzi analizza il fenomeno con singolare chiarezza espositiva e lucida passione, concludendo che non ha molto significato provare diffidenza per il "nuovo" rappresentato dagli strumenti informatici di cui bisogna invece indagare e sfruttare ogni possibilità senza credere che il libro abbia concluso la sua lunga avventura.