Nella relazione introduttiva al XLII Congresso dell'Associazione il Presidente nazionale Rossella Caffo ha sostenuto che «la politica dei piccoli passi non sortisce effetti significativi» e pertanto è da ritenersi che «i tempi siano maturi per riproporre una legge quadro per le biblioteche che definisca la struttura del sistema bibliotecario, i compiti e le funzioni delle varie tipologie di biblioteche e dei modelli di collaborazione interistituzionale». Lo stesso impegno è stato ribadito da Rossella Caffo, sempre a Trieste in sede di assemblea dei soci, delineando le ipotesi di azione futura dell'Associazione. Inoltre il Presidente ha provveduto a istituire un gruppo di studio e ha sollecitato tutte le Commissioni e, in particolare, la Commissione nazionale Biblioteche statali a discutere dell'argomento, perché si fornissero al sottosegretario Alberto La Volpe le risultanze di un lavoro a cui sono stati comunque chiamati a contribuire tutti i soci.
Dunque si torna a parlare di legge-quadro. Come qualcuno forse ricorderà nel 1991 una proposta in tal senso era già stata presentata da alcuni deputati di quella che allora si chiamava Sinistra indipendente. Ma la proposta tale rimase, senza mai giungere a un qualche esame, vista la situazione politica generale che ha, tra l'altro, comportato il ridursi in maniera traumatica della durata delle ultime legislature.
Ovviamente molti ricorderanno quella proposta, ma senz'altro pochi rammenteranno, invece, che proprio sulle pagine del «Bollettino» quella proposta provocò un dibattito che mi vide protagonista assieme a Gianni Lazzari e che ebbe qualche coda anche su «Biblioteche oggi», dove Lazzari definì «ingenerose» le critiche alla proposta di legge. Sono ormai passati alcuni anni da quello scambio di opinioni. In questi anni ho personalmente maturato l'opinione che Gianni Lazzari avesse, comunque, ragione. Sia ben chiaro che molte delle motivazioni che mi spinsero a quel giudizio negativo permangono e sono convinto che, alla luce di quanto è accaduto (o non è accaduto!) in questo periodo, si provvederà a una nuova stesura del testo, che tenga presente la necessità di un'armonizzazione delle realtà bibliotecarie sul territorio, partendo anche dal recente dibattito sulle autonomie regionali e da qualche novità normativa (come ad esempio l'approvazione del nuovo regolamento delle biblioteche pubbliche statali). Autonomia e cooperazione dovranno, immagino, senz'altro essere due dei cardini attorno ai quali dovrà ruotare una proposta che davvero voglia incidere. E probabilmente questa autonomia e questa cooperazione dovranno avere un risalto ben maggiore rispetto al passato.
Ma è importante che il governo si preoccupi di presentare una legge-quadro per le biblioteche. Potrei senz'altro affermare, per giustificare il mio «ripensamento», che a questi convincimenti sono giunto anche perché vittima di una serie di delusioni. Potrei sostenere, ed è vero, che quando nel 1992 estremizzavo certe posizioni, non ero afflitto da una malattia infantile, ma bensì animato dalla sincera speranza che qualcosa potesse davvero cambiare seguendo delle strade nuove, senza bisogno di una legge. In questo parzialmente mi potrebbe confortare il recente invito rivolto da Luigi Crocetti e Diego Maltese a tutti i bibliotecari italiani perché adottino le risultanze del lavoro del GRIS in materia di soggettazione, senza aspettare che una circolare o un decreto ministeriale lo autorizzi. Ma mi rendo ben conto che si tratta di operare su piani diversi.
L'Associazione può e deve impegnarsi in una battaglia per una legge-quadro semplicemente perché se questo paese non riesce a scrollarsi di dosso la mania di legiferare non c'è altro mezzo per tentare di attirare l'attenzione della classe politica sui nostri problemi. La richiesta continua di una progressiva delegificazione sembra, infatti, scontrarsi con il perverso concatenamento delle norme: come in un mostruoso castello di carte sembra che l'eliminazione di un comma possa determinare il crollo dell'intero edificio. Forse è una questione di tempo, ma questo tempo esiste anche per le biblioteche e più ne passa, più la situazione generale dei nostri istituti bibliotecari può rischiare di venire dimenticata, per essere magari accantonata per sempre. Allora è bene riuscire a mettere dei paletti, se possibile.
Nessuno credo possa illudersi che una legge basti a cambiare la realtà. Ma è anche un'illusione, o un'ingenuità, o il segno di un difetto di esperienza, credere che una sorta di spontaneismo fideistico riesca a incidere maggiormente. Per questo, in un paese come il nostro, leguleo e litigioso per vocazione, è probabilmente inutile pretendere che proprio dalle biblioteche, avvinte ancora da lacci e lacciuoli, si possa partire, come forse sognavo anni fa, per riformare lo Stato. Ma nel frattempo, se si finisce per non far nulla o se si propongono improbabili tabule rase, si rischia di perdere anche quelle poche occasioni che i politici ci offrono (tenendo presente quanto di solito siano, tranne qualche rara eccezione, troppo spesso distratti rispetto alla nostra realtà, come ha opportunamente ricordato ancora Crocetti nel suo intervento all'ultimo congresso).
Certo non possiamo nascondere di essere ancora scottati dalle vicende dell'albo professionale. Ma questo non vuol dire che non si debba nuovamente provare a intervenire nelle sedi opportune perché il problema complessivo di un sistema bibliotecario nazionale, armonicamente funzionante, venga proposto con forza e con determinazione.
Non vi è nessuno di noi che possa dubitare che poter usufruire di un sistema bibliotecario efficiente è un diritto di ogni cittadino italiano, indipendentemente da dove risieda. La democrazia è dimezzata se questo diritto fondamentale non viene rispettato. Forse non sarà una legge-quadro a darci queste garanzie, ma nulla vieta che proprio a partire da una legge-quadro per le biblioteche si possano, se non imporre, almeno suggerire degli standard nazionali di funzionamento. Nulla vieta che l'elaborazione di una nuova legge-quadro, capace di indicare almeno delle linee generali, dei binari su cui muoversi, possa giovare ai bibliotecari italiani per imporre una nuova cultura della biblioteca.
Quattro anni fa avevo voluto intitolare le mie riflessioni critiche Non basta cambiare la cornice... Non ho mutato parere su questo, ma per incidere con forza, per poter davvero reggere il quadro, di una cornice c'è comunque bisogno. Meglio allora che la cornice sia resistente e preparata da un bravo artigiano. Meglio, comunque, che la cornice ci sia. Certo sta sempre a noi contribuire a scegliere la cornice che consenta di valorizzare appieno il quadro. Ciascuno di noi deve dare il suo contributo per raggiungere questo risultato con la forza della ragione e del buon senso, cercando di sfruttare al meglio l'esperienza del passato, ma con lo sguardo più lungo, con un'idea di prospettiva che, probabilmente, qualche anno fa a me mancava e che Gianni Lazzari, ad esempio, aveva.
Si tratta di una sfida per l'Associazione: abbiamo tutti gli strumenti per essere preparati a un confronto serio, sereno e responsabile. Speriamo che i politici abbiano davvero voglia di metterci alla prova.
Gabriele Mazzitelli