Sono finalmente usciti gli atti della V Conferenza nazionale per i beni librari, svoltasi a Milano nei giorni 7 e 8 marzo 1996 grazie all'iniziativa dell'Ufficio centrale per i beni librari, di concerto con la Regione Lombardia e l'Editrice Bibliografica.
Il radicale rinnovamento della funzione della biblioteca ha reso necessario un confronto fra le varie categorie di professionisti che ruotano attorno agli istituti bibliotecari al fine di sviluppare metodologie operative conformi alla nuova immagine, non più intesa come «contenitore ma anche come centro di servizi di informazione e di documentazione». Tale evoluzione implica un ripensamento della missione non solo dal punto di vista prettamente tecnologico, ma comporta - ed ecco l'aspetto innovativo - un'attenzione per la struttura propriamente fisica dell'edificio, che dovrà essere pensato tenendo presenti le nuove esigenze funzionali cui dovrà sottostare. I numerosi interventi si sono concentrati sulle possibili linee operative intorno alle quali edificare nuove strutture in grado di assicurare la raccolta e la conservazione della sempre più vasta produzione editoriale. A tale riguardo diviene necessario intervenire secondo i tre livelli individuati da Francesco Sicilia:
- economizzare lo spazio, razionalizzando gli acquisti e imparando effettivamente a cooperare;
- reperire spazi adeguati alle nuove esigenze bibliotecarie, con la consapevolezza che dalla piena funzionalità degli istituti statali può dipendere in larga parte lo sviluppo dell'intero sistema della cultura;
- predisporre modelli progettuali e organizzativi adeguati alle nuove esigenze, che attualmente una biblioteca può e deve gestire.
Particolarmente interessanti sono poi le relazioni di Vittorio Gregotti e Paola Vidulli, due architetti che si sono occupati prevalentemente di edilizia bibliotecaria. In particolare, il primo è stato l'unico straniero a essere ammesso al concorso indetto per la trasformazione di un'ala del British Museum, lasciata libera a causa del trasferimento del materiale librario nella nuova sede della British Library nel quartiere di San Pancrazio a Londra. La Round reading room, progettata da Panizzi nel 1854 e capace di accogliere circa trecento lettori, conserverà la sua funzione in quanto non sono state accettate modifiche o trasformazioni: essa diventerà un vero e proprio monumento. In tal modo scompare una tradizione secolare che vedeva biblioteca e museo strettamente congiunti, simbolo di un sapere unitario.
Oggi la frantumazione delle discipline ha favorito la creazione di istituti specializzati, ma contemporaneamente sono sorti centri di aggregazione, biblioteche di quartiere e circolanti, gruppi di lettura. Siamo inoltre di fronte a una profonda trasformazione nel modello architettonico delle biblioteche che, a detta della Vidulli, «tende a perdere il carattere formale unitario, diventando più spesso somma di parti funzionali diverse che riflettono l'aumentata articolazione dei servizi offerti». Di estremo interesse si rivela la sua analisi sulla «struttura tipologica della biblioteca postmoderna» che vedrà il rafforzamento del ruolo dei servizi d'informazione e di prima accoglienza (caffè, libreria, referente rapido), punti di richiamo e di incontro. Anche in Baviera sono stati da poco istituiti centri che hanno ben saputo armonizzare le esigenti richieste dei bibliotecari con le «ambizioni formali e figurative degli architetti». Klaus Kempf, responsabile del comparto delle biblioteche scientifiche di Monaco, delinea la situazione che si è venuta a creare nella Germania odierna e che potrebbe essere un utile modello anche per la situazione italiana. Le biblioteche si dividono essenzialmente in due categorie:
- quelle collocate nel centro della città, in strutture preesistenti, assegnando in tal modo nuove funzioni a palazzi storici o venendo inserite in edifici nuovi in sintonia con il contesto urbano;
- quelle organizzate seguendo il modello americano dei campus posti nelle periferie della città forniti, oltre che di biblioteche, anche di laboratori, mense e centri amministrativi.
Altro esempio straniero da considerare è quello catalano, dove il programma di rinnovamento della Rete delle biblioteche popolari è partito proprio dalla definizione di un nuovo modello architettonico per la biblioteca pubblica che deve diventare luogo "desiderabile" per ogni cittadino. Per Núria Ventura y Bosh, responsabile della Rete delle biblioteche popolari di Barcellona, sono quindi indispensabili «edifici confortevoli, moderni e piacevoli», costruiti in stretta collaborazione tra architetti e bibliotecari. Frutto di questa decennale collaborazione è stata la predisposizione di un documento-guida in cui si stabiliscono i parametri minimi dai quali partire ogni qual volta si intraprende l'avventura di un nuovo progetto.
Marie-Françoise Bisbrouck ha impostato il suo intervento sui criteri di programmazione seguiti in ambito francese, dove esiste una commissione ministeriale - da lei presieduta - che si occupa specificamente di costruzioni di biblioteche universitarie. Michel Melot, presidente del Consiglio superiore delle biblioteche, ha illustrato invece l'alta specializzazione raggiunta nel suo paese nello studio delle problematiche riguardanti la lettura su video (lettura che modifica indubbiamente l'accesso dei lettori al documento e conseguentemente l'organizzazione degli spazi e dei servizi).
L'intervento che maggiormente ci presenta una situazione programmata in Italia è quello di Ornella Foglieni, dirigente del Servizio Biblioteche della Regione Lombardia, dove grazie al contributo del FRISL (Fondo regionale infrastrutture sociali Lombardia, l. 33/1991) si è potuto costruire o ampliare un numero considerevole di strutture.
Massimo Nardi, responsabile dell'Ufficio tecnico per l'edilizia bibliotecaria del Ministero per i beni culturali, ha consigliato di non accrescere in modo incontrollato il patrimonio librario qualora la stessa biblioteca sia in un edificio storico: «il suo mantenimento in spazi inadatti crea problemi enormi, spesso insoddisfacenti a livello gestionale [...], è necessario esaminare la possibilità di mantenere la storicità delle biblioteche preparandosi alla creazione di nuove: solo operando in tal senso si garantirà il rispetto del passato e si assicurerà il presente e il futuro, ottenendo finalmente l'omogeneità tra contenitore, contenuto e funzione».
Gli ulteriori capitoli (tutti molto interessanti e ricchi di contenuti ma che per ragioni di spazio non è possibile trattare singolarmente) presentano una situazione italiana che è cambiata moltissimo in questi ultimi anni; sono infatti numerose le biblioteche in cerca di nuove sedi: dalla Biblioteca nazionale di Bari alla Mediateca di Santa Maria della Moscova di Milano. Parallelamente stanno crescendo gli architetti che, come Francesco Bossi e Simonetta Villanti di Roma, si occupano di «tutela fisica dei beni librari, tra normative di sicurezza e nuove tecnologie edilizie e impiantistiche».
Complessivamente il volume si presenta ben articolato, strutturato in capitoli che affrontano vari argomenti: si passa da Giulio Ponti con l'analisi del rapporto tra biblioteca pubblica e spazio urbano, ad Anna Maria Tammaro che descrive lo spazio fisico della biblioteca elettronica, senza mai perdere di vista lo scopo del libro (e del convegno) che rimane quello di ripensare le finalità delle biblioteche dopo l'avvento delle nuove tecnologie, la cui diffusione non può non determinare sostanziali trasformazioni nei tradizionali standard architettonici.
Concludiamo con le parole di Solimine: «la biblioteca cambia pelle ancora una volta (riferendosi alla nascita dei centri di documentazione), ma il ruolo di filtro e di mediazione che essa esercita è più che mai necessario, per consentire ai cittadini l'accesso alle risorse documentarie e informative. Resta la funzione, cambia lo spazio».
Patrizia Lùperi
Biblioteca del Dipartimento di lingue e letterature romanze, Università di Pisa