Quasi in sintonia con una maggiore e più insistita attenzione verso l'infanzia, che ha ormai assunto caratteri che si sono efficacemente definiti come "puerocentrici" nella nostra cultura occidentale, anche la biblioeca per ragazzi ha acquisito quella dignità e quella autonomia d'immagine che da tempo le mancavano, se si eccettua qualche isolato e pionieristico intervento di segno opposto a metà del secolo. Nel corso di questi ultimi dieci-quindici anni non solo l'editoria per ragazzi ha conosciuto una forte espansione di mercato, ma anche la biblioteca che veniva dedicata ai bambini e ai ragazzi ha visto riconosciuta la propria vocazione di servizio che, già per sua definizione, era orientata a uno specifico pubblico e con esso doveva fare i conti. Forse, proprio questa sua caratteristica così tipica, in un contesto che orienta sempre più marcatamente i servizi all'utenza, ha in qualche modo e in taluni casi favorito la biblioteca per ragazzi a essere meglio riconoscibile e più curata di altre tipologie di biblioteca, la cui genericità d'indirizzo o le difficoltà di gestione legate alla loro esistenza (pensiamo alle biblioteche scolastiche in Italia) ne faceva contestualmente perdere invece ruolo e funzioni. Se poi pensiamo che il forte sviluppo delle biblioteche pubbliche in Italia a partire dalla metà degli anni Settanta ha visto in realtà protagonista un pubblico per gran parte formato da giovani e giovanissimi appena usciti dalla scuola dell'obbligo e che la biblioteca comunale poteva in molti casi essere considerata una biblioteca per ragazzi, ricostruiamo un quadro che rimette in discussione talune convinzioni acquisite e si riposiziona su altri parametri.
Il libro di Antonella Agnoli giunge pertanto a proposito, in un momento molto favorevole allo sviluppo delle biblioteche per ragazzi. Se forse gli si può imputare una colpa, è proprio quella della sua scarsa tempestività di fronte a uno scenario che ha iniziato a prender forma già più di qualche anno fa, insomma un certo ritardo rispetto all'attenzione di cui si è detto, essendo mancati finora in Italia manuali ma anche semplici testi su questo specifico argomento. Il dibattito si è attestato più sulle possibili attività di animazione in biblioteca o sulla letteratura ed editoria per ragazzi (le cui tematiche sono sempre state tradizionalmente vive anche fuori dalla biblioteca) piuttosto che sull'organizzazione del servizio in quanto tale. Si sono organizzati vari convegni, sono nate diverse riviste del settore che dimostrano tuttora grande vitalità ma, appunto, è finora prevalsa la presentazione di esperienze, anche di grande interesse, o di riflessioni su argomenti specifici, piuttosto che l'approfondimento sistematico dell'intero universo delle "biblioteche per ragazzi" che solo la dimensione di un libro poteva veramente garantire.
Antonella Agnoli sembra infatti essersi accorta di questa lacuna e, pur dovendo a stento contenere la sua trattazione nella ristretta dimensione della collana, ha approfondito con particolare cura proprio quelle tematiche che maggiormente risultavano sacrificate nella letteratura in lingua italiana sull'argomento, facendo abbondantemente ricorso alla bibliografia e alle esperienze straniere. Ne è risultato un libro molto pragmatico, con le caratteristiche di un piccolo ma utilissimo manuale, ricco di esempi concreti, scelti per aiutare il lavoro quotidiano del bibliotecario, ma anche utile per chi, architetto o bibliotecario che sia, voglia riprogettarne il servizio. Una costante, lungo le cento pagine del libro, sono infatti le frequenti tabelle che illustrano sinteticamente gli obiettivi e le competenze professionali richieste per curare i singoli servizi o, comunque, all'interno del testo, i frequenti stacchi per rimarcare, ricapitolare, rielencare i punti essenziali del discorso fatto. Il testo cresce in efficacia e chiarezza, anche se può a volte venir meno la fluidità del racconto, qualità non altrettanto indispensabile - ci sembra - per un libro di questo tipo.
Uno dei capitoli più significativi in questo senso è il secondo (La biblioteca per ragazzi e i suoi pubblici), che ci aiuta meglio a capire come tutto il libro è stato concepito. Proviamo a seguirne la struttura. Il punto di partenza sono le Guidelines for children's services dell'IFLA che ritroviamo utilmente ripubblicate in appendice. Sempre tenute presenti, ma senza che l'autrice se ne faccia soggiogare parafrasandole, vengono utilizzate per introdurci a casi concreti ed espressamente italiani. Si parte dagli obiettivi che ci si vuole porre, per poi fissare i punti più sensibili nella formazione del personale preposto a questo specifico incarico, fino a toccare, sempre per rapidi ma sicuri cenni, il problema degli spazi. È un metodo di analisi molto praticato nel libro, e lo potremmo ritrovare facilmente anche in altri capitoli.
Si può dire che la Agnoli dedichi pari attenzione al pubblico che frequenta la Sezione ragazzi (interessanti mi sono parse, pur nella stringatezza del testo, le parti dedicate alle fascie della prelettura e degli adolescenti) e agli spazi che essi frequentano. In quest'ultimo caso mi sembra anzi di notare una sensibilità ancora più avvertita, non comune nella manualistica corrente, che sottolinea efficacemente l'importanza di progettare "bene" non solo gli spazi fisici, le strutture portanti della biblioteca per ragazzi, ma anche i suoi arredi, creando quella che viene non banalmente chiamata l'"atmosfera" della biblioteca per ragazzi, elemento fondamentale nella sua impalpabilità e indeterminatezza e per ciò stesso unico. Ma cos'è questa "atmosfera"? «Probabilmente - ci suggerisce la Agnoli - è un insieme di fattori: innanzi tutto lo spirito del personale che ci lavora, poi i colori, le luci, le decorazioni, il modo di esporre i documenti, i materiali usati per gli arredi e per il pavimento, la presenza di piante, cuscini, poltrone, tende [...], elementi che identificano, personalizzano e danno identità al luogo».
Certo, non possiamo ridurre tutta l'ampia problematica della biblioteca per ragazzi alla sua "atmosfera": l'autrice si è impegnata ad analizzare anche altri e numerosi aspetti, dalle nuove tecnologie all'ampliamento delle collezioni, dalle collocazioni alle classificazioni e particolare attenzione è stata attribuita alla genesi storica della biblioteca per ragazzi raffrontandola con le esperienze di altri Stati europei e con gli Stati Uniti. Però il segno più evidente dello "stile" di una biblioteca (non si vuole, ancora una volta, parlare di "cultura" della biblioteca) è proprio l'atmosfera che spesso vi si percepisce, questo mix fatto di sempre vasta disponibilità di libri, di piacevolezza degli interni e di civile gradevolezza nel rapporto bibliotecario-utente, da cui tutto il pubblico della biblioteca - ragazzi, genitori e bambini, adolescenti e anziani - rimane piacevolmente attratto.
"Pari dignità", si era detto all'inizio, parlando della biblioteca per ragazzi, o potremmo dire anche "pari qualità". Credo che studi di questo tipo contribuiscano a strappare la biblioteca per ragazzi da quell'aura un po' stantìa ed edulcorata in cui ogni tanto capita ancora di ritrovarla imbozzolata, aiutandola ad accelerare il suo processo di rinnovamento. Ma se esempi più fortunati esistono (e anche in Italia, lo sappiamo, esistono), è forse già superato parlare di dignità o di qualità da conquistare: è la biblioteca per ragazzi che, a volte, ha qualcosa da insegnare, ha qualità e dignità da offrire anche agli altri tipi di biblioteca.
Romano Vecchiet
Biblioteca civica "V. Joppi", Udine