L'evoluzione tecnologica ha reso possibile lo sviluppo dei corsi di studio a distanza, che, se fino a un decennio prima erano limitati alla Open University o all'External Degree Programme dell'Università di Londra, con l'inizio degli anni Novanta entrano a far parte a pieno titolo dell'offerta didattica di università "tradizionali" del Regno Unito.
Lorna Unwin, Kate Stephens e Neil Bolton, dell'Università di Sheffield, in questo studio finanziato dalla British Library indagano sul rapporto tra le biblioteche universitarie e gli studenti dei postgraduate distance learning courses. Questo tipo di utenza ha esigenze totalmente diverse da quella residenziale: gli autori si chiedono fino a che punto le biblioteche siano in grado di raccogliere la sfida, e per rispondere conducono un'indagine che si articola in vari momenti.
Da un lato vengono raccolti tra gli studenti circa 1000 questionari nei quali si indaga sulle caratteristiche personali degli utenti, sulla loro formazione e occupazione, sulla distanza dalla sede del corso e dalla biblioteca locale e sulle loro aspettative nei confronti della biblioteca; 47 di loro, inoltre, tengono per periodi variabili un diario delle loro visite in biblioteca durante il 1995.
Un altro aspetto dell'indagine riguarda la raccolta di dati presso le biblioteche, sia universitarie che pubbliche. Per quanto riguarda le prime, si cerca di scoprire se distinguono gli studenti a distanza, ad esempio, da quelli part-time, quali servizi siano in grado di offrire loro (istituzione di un numero verde, possibilità di prenotare a distanza, di prendere in prestito o di restituire i documenti per posta, presenza di personale dedicato a questo tipo di utenza) e quanto questi servizi vengano pubblicizzati, senza trascurare di indagare sul trattamento riservato agli utenti a distanza iscritti presso altre università e sull'eventuale coinvolgimento della biblioteca nell'organizzazione dei corsi.
Alle public libraries viene distribuito un questionario con domande relative alla percentuale di richieste che esse ricevono da parte di studenti di corsi a distanza e sull'adeguatezza dei servizi da esse offerti a questo tipo di utenza. Inoltre, attraverso varie interviste raccolte nell'anno accademico 1994-1995, si cerca di capire come i responsabili dell'organizzazione dei corsi valutino il ruolo della biblioteca.
Dall'indagine emerge la necessità di un maggior coordinamento tra le università che organizzano i corsi a distanza e le loro biblioteche. Ben il 72% degli utenti ha dichiarato di aver usufruito della biblioteca ma, paradossalmente, sembra che la public library sia più disponibile a soddisfare i loro bisogni, pur non disponendo di grandi risorse economiche. Infatti gli studenti non residenziali incontrano notevoli difficoltà nell'uso della biblioteca universitaria, dovute sia alla loro scarsa familiarità, sia alla mancanza di formazione in questo senso durante il corso, ma anche al fatto che le biblioteche stesse non sono preparate a rispondere alle loro esigenze, non essendo sufficientemente informate sui corsi. L'utenza a distanza rischia di essere invisibile agli occhi del bibliotecario e, anche laddove i servizi vengono attivati, l'utenza non ne viene debitamente informata, dando così la falsa impressione che non ci sia richiesta. La public library, al contrario, vista la vicinanza alla residenza dello studente, si pone come gateway all'informazione, ma dispone di poche risorse: sarebbe perciò auspicabile un maggior coordinamento tra questa realtà e quella universitaria, oltre che un investimento in tecnologie dell'informazione per potenziare questa rete capillare, già esistente.
L'opera è completata da una bibliografia relativa alla letteratura anglofona sull'argomento - che viene anche commentata nel primo capitolo - e da varie appendici con i questionari usati nell'indagine. Manca solo, forse, qualche riferimento a siti Internet o ad altre risorse consultabili in linea.
Matilde Fontanin
Centro interdipartimentale di servizi bibliotecari di economia, Università di Udine