A partire dal problema delle riduzioni dei bilanci a disposizione delle biblioteche universitarie in Gran Bretagna, David Baker, Director of Information strategy and services presso l'Università dell'East Anglia, cerca, insieme ad altri dieci bibliotecari, di rispondere agli interrogativi riguardanti il futuro di queste strutture.
Per capire le academic libraries è necessario analizzare la tipologia degli enti che le finanziano. Nei primi capitoli viene descritto il sistema di istruzione universitaria in Gran Bretagna dopo la riforma del 1992: si parla di old universities, new universities e colleges of higher education. Le biblioteche si trovano in situazioni diverse a seconda dell'ente nel quale sono inserite, perché diverse sono le prassi di autonomia di bilancio, di percezione del ruolo della biblioteca all'interno dell'istituzione e le finalità, a seconda che un'università privilegi l'insegnamento o la ricerca.
Comunque sia, la biblioteca universitaria si trova a dover affrontare cambiamenti fondamentali, anche per l'avvento delle nuove tecnologie, e, se vuole continuare ad avere un ruolo importante all'interno dell'istituzione di cui fa parte, la sua salvezza consiste nel rinnovare la politica gestionale attraverso l'applicazione del total quality management. Con questo termine - spiega Peter Brophy nel sesto capitolo - non si intende un obiettivo in sé, ma un approccio sistematico e olistico alla gestione; non si tratta di qualcosa da "conquistare", ma di un impegno a lungo termine che deve pervadere ogni decisione presa e deve riguardare non solo le decisioni ad alto livello dei dirigenti centrali, ma anche l'operato giornaliero di tutti gli addetti della biblioteca. Questa filosofia organizzativa si basa sulla customer satisfaction e sul miglioramento continuo del servizio, inteso come possibilità di modificare gli obiettivi con l'evolversi della situazione.
È alla luce di queste premesse che nel resto dell'opera si affrontano i problemi che vanno dal rapporto con l'utenza al calcolo dei costi, dal reperimento dei fondi per gli acquisti alla gestione delle collezioni, soprattutto per quanto riguarda il trattamento dell'information technology, problema estremamente sentito nelle istituzioni dedicate alla ricerca. Ci si occupa inoltre della gestione degli spazi e delle strategie per la richiesta di fondi per progetti particolari.
I sedici capitoli sono di facile lettura, costellati di esempi tratti dall'esperienza degli autori, e offrono perciò numerosi spunti di riflessione applicabili alla realtà quotidiana. Tra le note bibliografiche si trovano anche molti riferimenti a materiale presente in linea, e quindi facilmente reperibile, tra cui il Follett report, un documento preparato in seguito alla riforma del 1992, il cui scopo consiste nel gettare le basi teoriche per costruire il nuovo modo di pensare la biblioteca universitaria britannica.
Naturalmente, la monografia analizza da vicino una realtà straniera, ma questa realtà è talmente frastagliata che anche le biblioteche universitarie rientrano in tipologie molto diverse: si possono quindi individuare esperienze interessanti anche ai fini della gestione delle biblioteche nel nostro paese; del resto il problema della riduzione delle risorse non è solo britannico.
Matilde Fontanin
Centro interdipartimentale di servizi bibliotecari di economia, Università di Udine