I dieci saggi presentati da John Feather nascono per commemorare Peter Havard-Williams, insigne professore universitario e studioso di biblioteconomia scomparso nel 1995. Nato e affermatosi in Gran Bretagna, la sua poliedrica personalità e una rara vivacità intellettuale lo hanno presto condotto a insegnare nei cinque continenti, raccogliendo con entusiasmo soprattutto la sfida rappresentata dall'evoluzione della scienza e della pratica biblioteconomica nei paesi in via di sviluppo. A questa sfida Havard-Williams si è dedicato con passione e impegno totali come membro dell'IFLA e in veste di consulente chiamato da importanti organismi internazionali - l'Unesco e il Consiglio d'Europa fra gli altri - a collaborare a progetti per la costruzione di nuove biblioteche nel Terzo mondo. In non pochi casi, è stato grazie al suo personale intervento che presso le università di queste nazioni sono stati attivati i primi dipartimenti di biblioteconomia e scienze dell'informazione, dove Havard-Williams è stato punto di riferimento costante per collaboratori, bibliotecari e studenti.
Gli autori dei contributi sono appunto ex studenti e colleghi di Havard-Williams, che qui affrontano principalmente due temi, entrambi assai cari al loro maestro: i progressi della biblioteconomia nei paesi poco sviluppati e la formazione universitaria e professionale dei bibliotecari, con speciale riguardo per la didattica e la definizione dei curricula degli studenti. Queste due ampie tematiche vengono sviluppate attraverso la descrizione di esperienze vissute nelle proprie nazioni, in una variegata rassegna di casi che spaziano dalla Namibia al Pakistan, dal Botswana all'Algeria, alla Corea del Sud. La lettura del volume ci porta così alla scoperta di un mondo che, per buona parte di noi, risulta del tutto nuovo, guidandoci nell'esplorazione di realtà profondamente diverse da quella che conosciamo, ma non per questo prive di spunti di interesse.
I primi due contributi (H. Heany, A. Irving) si preoccupano di tratteggiare il profilo umano e professionale di Peter Havard-Williams, di cui vengono illustrate le proposte per la definizione di un adeguato iter educativo per bibliotecari che, alle soglie del nuovo millennio, dovranno essere information specialists completi e non più, o non solo, librarians. A partire dalle riflessioni su tale complessa questione, a delinearsi è la figura di un docente preoccupato di saldare sempre la teoria alla pratica, secondo una concezione che fa della biblioteca un luogo d'apprendimento. Emerge quindi l'attenzione di Havard-Williams per alcuni aspetti - formazione e accesso alla professione bibliotecaria, reference, innovazioni tecnologiche, management, misurazione e valutazione della qualità, cooperazione bibliotecaria - inediti al momento della loro enunciazione negli anni Sessanta, ma che sarebbero diventati di viva attualità in anni ben più vicini a noi.
Con i quattro interventi successivi (M. Menou, K.J. Mchombu, P. Sturges, D. Baker) entriamo nel cuore della raccolta, dedicato all'Africa, il continente dove forse l'influenza di Havard-Williams è stata più marcata. Se in taluni casi vengono trattati argomenti assai vasti e complessi, che esulano dall'ambito biblioteconomico - il ruolo dei mezzi d'informazione nel processo di democratizzazione in Africa, il rapporto fra culture autoctone e colonialismo, ecc. - questi saggi sottolineano tutti come il compito più difficile per i bibliotecari africani sia quello di farsi attori di una modernizzazione che rispetti la specificità della propria cultura, evitando l'appiattimento sui modelli forti proposti dall'Occidente. Lo studio dal taglio più eminentemente pratico è quello di Baker, che descrive le tappe di un esperimento condotto in Etiopia, volto a individuare il più opportuno percorso di riqualificazione professionale per un gruppo di bibliotecari in servizio presso biblioteche di diversa tipologia. Tutte le tappe attraverso cui si è sviluppato l'esperimento - l'attenta analisi preliminare della situazione di arretratezza delle biblioteche etiopiche; le scelte metodologiche e le valutazioni sulle materie dei corsi da impartire, suddivisi in managerial training e operational training; l'organizzazione modulare degli insegnamenti, impartiti nell'arco di un anno; la fase finale di misurazione dell'efficacia dei corsi - hanno via via confermato quanto sia forte la volontà di mettersi al passo da parte dei bibliotecari africani, che continuano a doversi scontrare con la perdurante povertà di queste aree e non di rado anche con la mancanza di una concreta volontà di cambiamento da parte degli enti governativi locali.
Dopo l'Africa australe, i tre contributi successivi ci conducono rispettivamente in Corea del Sud, Pakistan e Algeria (Young Ai Um, Rafia Ahmad Sheikh, B.M. Boumarafi), fra cui singolare appare soprattutto il caso algerino. L'Algeria è stata infatti il primo paese arabo a dotarsi di una biblioteca nazionale, istituita già nel 1835 quale affiliata di quella della Francia colonizzatrice, senza tuttavia che una simile favorevole circostanza abbia saputo tradursi in premessa per lo sviluppo organico di un sistema bibliotecario in cui le lacune sono tuttora numerose, specie nelle biblioteche di pubblica lettura e scolastiche.
Una raccolta di saggi, in conclusione, dove talvolta l'eccessivo particolarismo e l'enunciazione insistita di tabelle e dati vanno a scapito della scorrevolezza e dell'incisività e dove conseguentemente le esperienze riportate rischiano di costituirsi quali mere curiosità per il lettore italiano. Malgrado ciò, può ritenersi in ogni caso centrato l'obiettivo degli autori, che hanno voluto portare alla ribalta il fatto che troppo spesso, quando si parla di biblioteconomia, si continua a privilegiare un Occidente in cui è per certi versi ancora dominante l'esperienza anglosassone (si tenga conto che molti dei paesi esaminati sono anglofoni). Rimane certamente innegabile il divario a tutt'oggi esistente fra il Nord e il Sud del mondo anche per quanto concerne l'ambito delle biblioteche. Il suggerimento fornito dal volume a coloro che operano nei paesi in via di sviluppo è che tale divario non vada colmato mediante la mera emulazione dei modelli di sviluppo occidentali, bensì attraverso una loro originale rielaborazione che li renda applicabili in culture e contesti così peculiari. La strada da percorrere - anche da noi oggi in Italia, seppure da una diversa base di partenza - è del resto quella tracciata da Peter Havard-Williams e intelligentemente sintetizzata nel titolo stesso della raccolta: l'istruzione dei bibliotecari rappresenta l'ineludibile premessa per una reale trasformazione delle biblioteche verso la modernità, in un impegnativo percorso che conduca la biblioteconomia ad acquisire a pieno titolo il rango di scienza dell'informazione.
Anna Pavesi
Biblioteca dell'Istituto di lingue e letterature iberiche e iberoamericane, Università di Milano