Le biblioteche provinciali: funzione pubblica e ruolo istituzionale: convegno nazionale, Pescara, 25-26 settembre 1997, a cura di Dario D'Alessandro.  Roma: AIB, 1998.  171 p.  ISBN 88-7812-052-9.  L. 35.000.

L'epoca della globalizzazione, che è appena iniziata, imporrà confronti sempre più serrati in tutti i settori, non ultimo quello dei saperi e delle competenze, e coinvolgerà anche le moderne "infrastrutture della conoscenza": le biblioteche, appunto. È questo il motivo per cui il convegno di Pescara del settembre 1997 - di cui si presentano qui gli atti - si segnala come particolarmente interessante: nell'immediato futuro, infatti, le biblioteche provinciali saranno chiamate a svolgere una delicata funzione di sintesi tra passato e futuro, tra coordinamento e incentivazione, tra management e salvaguardia delle eguaglianze.

Innanzitutto, si è detto, tra passato e futuro: tradizionali depositarie della memoria delle comunità locali (significativi, in tal senso, gli interventi di Luigi Ponziani, August Ploner Bernard, Salvatore Basile), le biblioteche provinciali saranno però chiamate presto, come hanno sottolineato il presidente dell'AIB Igino Poggiali e il sottosegretario Alberto La Volpe, a colmare il divario di conoscenze, che poi significa di opportunità future, tra gli utenti "del sud" (d'Italia, del mondo) e quelli "del nord". E in questo nuovo ruolo di "agenzia informativa", di "biblioteca territoriale diffusa" (Gianfranco Conti), le biblioteche provinciali dovranno anche essere in grado di trasformarsi in biblioteche elettroniche e multimediali, non semplicemente automatizzate (Giovanni Bergamin), il che comporterà l'impiego di nuove figure professionali alla cui formazione sta in parte già provvedendo il piano d'azione Mediateca 2000, che rappresenta un'importante opportunità di miglioramento, in particolare per le regioni meridionali indicate dall'Unione Europea con l'obiettivo 1.

E anche all'interno di altre importanti funzioni elencate dal Manifesto Unesco sulle biblioteche pubbliche del 1994 (creare e rafforzare l'abitudine alla lettura, stimolare l'immaginazione e la creatività, promuovere la consapevolezza dell'eredità culturale, incoraggiare il dialogo interculturale) gli spazi aperti all'intervento e all'iniziativa appaiono numerosi: istituire borse di studio, presentare libri, promuovere attività editoriali (Luciano D'Alfonso).

In ambito geografico/funzionale, inoltre, le biblioteche provinciali dovranno necessariamente incrementare il loro naturale ruolo di mediazione tra l'ambito operativo delle biblioteche nazionali e quello delle biblioteche civiche e dei sistemi comprensoriali, entrambi assai presenti, anche se talvolta in maniera inefficace, nel nostro territorio dalle consolidate tradizioni comunali; in questo ambito, come ha ricordato Paolo Traniello, la legge 142/1990 schiude importanti novità in quanto «oltre ad attribuire alla provincia funzioni di coordinamento e di programmazione di attività comunali, prospetta per essa anche nuove funzioni amministrative come quelle da esercitare nel campo della valorizzazione dei beni culturali. Da questo punto di vista, va seguita con attenzione [...] l'idea che sembra emergere in taluni contesti - compreso, aggiungo, quello abruzzese, illustrato dall'assessore La Barba - di operare vaste deleghe di competenze regionali in campo culturale alle province». Ciò lascia intravedere per le biblioteche provinciali un ruolo di coordinamento e di promozione dei servizi bibliotecari in ambiti quali la formazione e l'aggiornamento del personale, il coordinamento tra biblioteche di diversa appartenenza, la valorizzazione dei fondi antichi.

Un ruolo, quindi, di sempre maggiore rilevanza che proprio per questo richiede in chi vi opererà a livello direttivo una sensibilità manageriale e una chiara consapevolezza di un punto di equilibrio tra gli obiettivi della cooperazione (che nel nostro paese - lo ha giustamente ricordato Alberto Petrucciani - ha purtroppo spesso significato spreco di risorse finanziarie e umane, in particolare nel settore della catalogazione partecipata) e una opportuna valorizzazione delle risorse locali: basti pensare, per fare solo un accenno ad alcuni dati citati nel convegno, alle diverse decine di migliaia di volumi del solo Seicento conservati nelle biblioteche provinciali di Salerno, Potenza, Matera che ancora attendono - come del resto in molte altre biblioteche d'Italia - un primo censimento.

Data inoltre la forte dispersione strutturale delle nostre biblioteche, a fronte di un livello di penetrazione nel relativo bacino di utenza che si aggira - lo ha ricordato ancora Petrucciani - tra il 5% e il 10%, si rende oramai urgente affrontare il problema della scala dei servizi e dotarsi di risorse finanziarie ripartite non soltanto sui fondi provinciali ma anche, proporzionalmente, su quelli dei comuni e degli altri enti eventualmente partecipanti: il Sistema bibliotecario provinciale di Brindisi, ad esempio - la cui attività è stata illustrata da Francesco Arganese - prevede una differenziazione del contributo finanziario degli enti partecipanti in base al numero degli abitanti del territorio amministrato.

Da un punto di vista tecnico-normativo il modello organizzativo più idoneo, come ha sottolineato anche l'assessore provinciale Gianfranco Conti, appare quello dell'Istituzione (l. 142/1990, art. 22-23) perché meglio risponde «alle dimensioni e agli obiettivi che possono riassumersi nel ruolo territoriale di una biblioteca provinciale con quei margini di flessibilità e di autonomia che essa garantisce» (attualmente, per fare un esempio concreto, è gestito proprio tramite Istituzione il Sistema bibliotecario romano e l'esperienza è oggetto di vivo interesse tra gli "addetti ai lavori").

Un'altra indicazione interessante, perché sembra già tradurre in concreta realtà operativa talune indicazioni emerse al convegno, è quella che proviene dall'esperienza del Centro sistema bibliotecario della Provincia di Roma, la cui attività è stata illustrata da Giuliana Pietroboni: operante su nuove basi grazie alla recente legge della Regione Lazio n. 42 del 1997 che attua - per quanto riguarda biblioteche, musei e archivi di ente locale - il decentramento delle competenze disegnato dalla l. 142/1990, il Centro sistema bibliotecario promuove iniziative di qualificazione e aggiornamento del personale delle biblioteche comunali, concorre alla valorizzazione dei beni librari con attività quali il censimento di fondi antichi, la pubblicazione di repertori, la promozione della lettura, eroga servizi di supporto tecnico-amministrativo a favore dei comuni per l'attivazione, il funzionamento e lo sviluppo delle biblioteche di ente locale, promuove attività di coordinamento territoriale per la gestione dei servizi bibliotecari a favore degli enti locali che abbiano attivato forme di cooperazione in questo campo.

Nonostante la persistenza, segnalata qua e là negli interventi, dei noti problemi che ancora assillano le nostre biblioteche (le incomprensioni tra potere politico e personale tecnico, i regolamenti spesso obsoleti, l'impiego di personale demotivato o scarsamente qualificato, la mancanza di una adeguata normativa a livello nazionale e regionale, l'erogazione di fondi spesso irrisori) il quadro complessivo che emerge dal convegno è quello di un settore lucidamente consapevole delle sue potenzialità che lotta per affermare la propria diversità dall'ambito più piattamente burocratico dell'ente di appartenenza e che, soprattutto, si sforza costantemente di adeguare la tipologia dei propri servizi alle necessità più urgenti della sua utenza raccordandoli organicamente, quando ciò sia possibile, alle nascenti reti telematiche integrate, civiche, provinciali o regionali: si va così dall'offerta di postazioni Internet e di accesso a sportelli telematici come l'Informagiovani, alla costituzione di poli SBN provinciali o interprovinciali (connessi a nascenti sistemi informativi regionali e a reti telematiche museali), all'attività di scannerizzazione su supporto ottico delle riviste d'interesse locale.

Per tante biblioteche provinciali l'adesione a SBN ha indubbiamente significato - costi a parte - liberazione dall'isolamento, semplificazione delle procedure, valorizzazione delle raccolte, aumento del tasso di circolazione dei documenti (la Biblioteca provinciale "Salvatore Tommasi" dell'Aquila, ad esempio, ha quasi quadruplicato il numero di prestiti effettuati): in questo senso l'intervento di Cristina Magliano dell'ICCU - che ha annunciato la costituzione di uno staff di editing e controllo di qualità sui dati SBN e l'ultimazione, sempre da parte del suo istituto, di un progetto di authority file nazionale per autori e titoli uniformi da distribuire eventualmente su supporto ottico - lascia sperare per il futuro in un netto miglioramento dell'attività di controllo catalografico, anche se a tutt'oggi sembra francamente ancora lontana la trasformazione di SBN, auspicata dalla Magliano, da rete di catalogazione a rete di servizi, nonostante l'apertura "verso l'esterno" garantita dalla piattaforma UNIX e dall'architettura client/server.

Una realtà, insomma, quella delle biblioteche provinciali, che forse in questo momento rappresenta il punto centrale, perché più complesso e variegato, del processo di trasformazione che investe da alcuni anni le biblioteche italiane: basti pensare all'incredibile varietà di disposizioni regolamentari che a tutt'oggi disciplinano il servizio di prestito ("un caleidoscopio"), emersa dall'indagine condotta da Dario D'Alessandro.

Certo, nella diversa portata delle iniziative, nella maggiore o minore consistenza dei fondi che le supportano, nel differente grado di autonomia di chi è chiamato a realizzarle - basti pensare che in alcuni enti provinciali è stata di recente annullata la qualifica di bibliotecario-dirigente - sono ancora visibili, talora vistosamente, le impronte di un contesto storico arretrato, di una tradizione culturale mortificata, di un dissesto finanziario e sociale in cui annaspano, con grande dignità e spirito di riscatto, le realtà bibliotecarie più emarginate: ed è proprio per questo che il Convegno di Pescara, cui fa da pendant quello, sempre pescarese, del 24-25 settembre 1998 (Public library: la biblioteca provinciale: problemi di gestione e di formazione professionale) rappresenta il documento di una certa realtà italiana da sempre così contraddittoria e difforme, delle sue luci e delle sue (secolari) ombre, delle sue possibilità e dei suoi impedimenti, all'avvento oramai imminente di un nuovo secolo nel quale tutti noi speriamo che tanti nodi potranno positivamente essere sciolti.

Fabrizio Antonini
Biblioteca della Facoltà di medicina e chirurgia, Università dell'Aquila