Il tradizionale appuntamento pescarese di settembre sulle biblioteche provinciali comincia a produrre risultati concreti visto che, come sottolinea il suo organizzatore Dario D'Alessandro nella Premessa agli atti dell'edizione '99, si è questa volta potuta annoverare la partecipazione ai lavori dell'UPI (Unione province italiane) e la «formalizzazione del Coordinamento tra le 35 biblioteche provinciali e consorziali [che] come prima scadenza ha fissato i lavori per la redazione delle linee guida di una carta dei servizi e di un regolamento tipo».
Nell'anno del rinnovo contrattuale del comparto Regioni-enti locali la posizione giuridica del bibliotecario all'interno dell'amministrazione provinciale è stata oggetto degli interventi più cospicui: Paolo Traniello (La situazione giuridica del personale di biblioteca) l'ha esaminata alla luce del mutato quadro gerarchico delle fonti legislative in materia che annoverano ora, dopo la cosiddetta privatizzazione del pubblico impiego di cui al d. leg. n. 29/1993, «il principio della concertazione e la contrattazione collettiva come fonte normativa autonoma» la quale, prevedendo «la regolamentazione da parte dell'ente di procedure selettive per la progressione verticale (anche a una categoria superiore)» - si veda in particolare l'art. 4, c. 1, 3 del nuovo sistema di classificazione del personale - tende a far affievolire il principio del concorso pubblico e del valore legale del titolo di studio; ciò determinerà sempre più, come ha rilevato Venanzio Guerrini (Formazione e riforma della pubblica amministrazione), una valorizzazione della formazione e dell'aggiornamento professionali quali condizioni strumentali al raggiungimento degli obiettivi programmati (cfr. in particolare l'art. 23 del CCNL): «L'aggiornamento professionale, come "metodo permanente" di gestione delle risorse umane ha, quindi, come finalità l'adeguamento delle competenze ma, soprattutto, il "consolidamento" di una cultura di risultato (senza la quale anche la competenza sarebbe risorsa culturale improduttiva), lo sviluppo dell'autonomia e della capacità lavorativa, l'orientamento dei percorsi di carriera».
In netto contrasto, significativamente, con la funzione "strategica" che oggi si attribuisce alla formazione professionale, l'intervento di Luca Bellingeri (La situazione giuridica del personale nelle biblioteche dello Stato) ha fatto risaltare ancora di più, da un minuzioso esame dei regolamenti ministeriali in materia, il declino, più o meno a partire dal primo decennio del Novecento, delle competenze tecniche richieste al personale delle biblioteche pubbliche statali che ha finito, nel tempo, col determinare «un sostanziale appiattimento della situazione dei dipendenti delle biblioteche su quella degli altri impiegati statali e soprattutto una pressoché definitiva rinuncia a individuare percorsi formativi e professionali specifici che distinguessero tale personale da quello delle altre amministrazioni pubbliche».
Ribadendo nel suo intervento tale diversità di contenuti e competenze, e quindi dei relativi requisiti di accesso, sullo sfondo oramai imminente del nuovo ordinamento dei corsi universitari, Alberto Petrucciani (Accesso alla professione: formazione, tirocinio e certificazione) si è soffermato sull'esperienza effettuata all'interno della biblioteca dell'AIB nel selezionare, formare e documentare l'attività dei tirocinanti puntando soprattutto su «una certificazione analitica ed attendibile delle attività svolte e delle capacità acquisite. [...] Solo così si può uscire da valutazioni generiche o soggettive, potendo indicare specificamente, per esempio ai futuri datori di lavoro, quali siano i compiti che una persona ha mostrato di sapere svolgere, a quale livello e con quali metodi e strumenti, e quale sia la documentazione che ne fa fede».
Walter Capezzali (Il direttore-dirigente: problemi di professionalità e margini di difesa) e Dario D'Alessandro (Il concorso per direttore di biblioteca pubblica: dirigente tuttofare o bibliotecario manager?) hanno entrambi evidenziato i pericoli insiti nell'attuale collocazione del direttore della biblioteca provinciale tra la qualifica di dirigente di area, di norma collegata alla direzione di una biblioteca medio-grande, che finisce però per distoglierlo, a causa del groviglio di attribuzioni e competenze, da una direzione attenta e puntuale della sua struttura e quella, per ovvi motivi assai più diffusa, di semplice funzionario di fascia D privo, in quanto tale, di poteri effettivi di controllo del PEG (Piano esecutivo di gestione) e quindi di incisive possibilità di intervento; una soluzione sembra però ora a portata di mano se andrà in porto il d.d.l. n. 4014 sulla riforma dei servizi pubblici locali già approvato al Senato e attualmente in discussione alla Camera il quale, riformulando gli art. 22 e 23 della legge n. 142/1990 sulle autonomie locali, riduce a casi eccezionali la gestione in economia dei servizi erogati dagli enti locali costringendoli, tra l'altro, a far ricorso all'istituzione nel caso dei servizi "a contenuto sociale" come appunto quello bibliotecario. Questa sarebbe senza dubbio la soluzione migliore perché in tal caso la figura del direttore della biblioteca provinciale assommerebbe in sé, oltre alle necessarie competenze tecnico-scientifiche, fondamentali attribuzioni in tema di autonomia amministrativa e contabile: l'istituzione, infatti, come precisa l'art. 22, c. 5, l. n. 142/1990 nella formulazione provvisoria del d.d.l. n. 4014, «è ente strumentale dell'ente locale per l'esercizio di servizi a contenuto sociale, dotato di personalità giuridica, di autonomia gestionale e di proprio statuto approvato dal Consiglio dell'ente locale; [...] agisce nel rispetto dei criteri di efficacia, efficienza ed economicità ed è obbligata a realizzare il pareggio di bilancio, attraverso l'equilibrio di costi e ricavi, compresi i trasferimenti di risorse finanziarie». «Con tali nuove norme - sottolinea Roberto Piperno, delegato UPI - si allargherebbe di molto l'impiego della istituzione per i servizi culturali, il che faciliterebbe la soluzione del problema della autonomia e qualità del personale addetto alle biblioteche»(La funzione del bibliotecario nella politica culturale dell'UPI).
Completano il volume relazioni informative come quella di Livia Borghetti (La biblioteca digitale) sui progetti di digitalizzazione di alcune raccolte attualmente in corso presso la BNCR, e case histories tra le quali segnalo in particolare quella di Vincenzo Lombardi (Aggiornamento, formazione e tirocinio: tre esperienze presso la Biblioteca provinciale "P. Albino" di Campobasso) perché documenta tra l'altro un fattivo seppur temporaneo impiego delle professionalità acquisite dagli stagisti del progetto Mediateca 2000 per far conoscere, con l'ausilio di strumenti multimediali, il mondo delle biblioteche agli studenti della provincia di Campobasso.
Fabrizio Antonini
Biblioteca della Facoltà di ingegneria, Università dell'Aquila