Per la storia dei bibliotecari italiani:
note dal libro di cassa dell'Associazione italiana biblioteche 1930-1944

di Alberto Petrucciani

La prima pagina del Libro di cassa

«Il giorno 11 giugno 1930, alle ore 11,30 si riunirono presso il notaio Bellini in piazza S. Lorenzo in Lucina 40, per rogare l'atto costitutivo della Associazione: il Presidente on. Leicht, i vice presidenti Salvagnini e Bonazzi, il tesoriere De Gregori, i consiglieri Calcagno e Boselli, il segretario Mancini.
Poi si passò da Aragno, per la bagnatura».

Così, con il ricordo della costituzione formale dell'Associazione dei bibliotecari italiani e del relativo brindisi in un noto bar romano, si apre il registro dei Conti di cassa tenuto da allora fino al gennaio 1944 da Luigi De Gregori, ed ora conservato nell'Archivio storico dell'AIB1.

Le vicende dell'Associazione italiana biblioteche sono note a grandi linee attraverso la Cronologia e altri lavori di Giorgio De Gregori2, ma forse non sufficientemente esplorate nell'interesse storico (e anche attuale) che rivestono. Fonte preziosa e generosa di sorprese è naturalmente l'archivio storico dell'Associazione3, al cui ordinamento attese proprio De Gregori soprattutto alla fine degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta. Non essendo stato possibile in seguito completarne l'ordinamento e darne una descrizione inventariale anche sommaria, non è facile valutarne la consistenza e soprattutto la completezza. Ma sicuramente, a un primo esame, la documentazione appare sostanzialmente organica, pur con scarti e lacune di varia entità a seconda dei periodi e dei settori, naturalmente per quanto riguarda l'attività nazionale (mentre pressoché sconosciuti sono consistenza e destino degli archivi delle Sezioni regionali, dall'immediato dopoguerra ad oggi). La documentazione appare, comprensibilmente, più completa per il periodo successivo alla svolta di Chianciano (1960), ma con nuclei consistenti, pur se non in tutti i settori, anche per il periodo della rifondazione democratica, dai primi progetti dell'immediato dopoguerra alla presidenza del senatore Casati (1951-1954), e per la lunga presidenza Calderini (1954-1960). Come si sa, le controversie "esplose" nell'assemblea di Chianciano, anche con risvolti legali, comportarono per qualche tempo l'esistenza, almeno sulla carta, di due amministrazioni della stessa Associazione, ciascuna delle quali non riconosceva l'altra come legittima.

Per il periodo iniziale, nel ventennio fascista, le carte conservate riguardano, salvo poche eccezioni, i congressi annuali, che costituivano allora la principale attività dell'Associazione, e possono essere in parte integrate con la documentazione pubblicata con una certa regolarità, almeno nei primi anni, dalla rivista ministeriale «Accademie e biblioteche d'Italia», nata pochi anni prima con la Direzione generale delle accademie e biblioteche. Tuttavia queste informazioni, collocate in una apposita sezione di Atti e comunicati ufficiali dell'Associazione (dal 1930 al 1933) o inserite nel ricco notiziario sulla vita delle biblioteche, si riducono via via, fino all'interruzione della rivista stessa nel 1943.

In questo quadro, il registro di cassa tenuto da Luigi De Gregori risulta a mio parere una fonte di estremo interesse, soprattutto per la sua completezza e continuità. Nel periodo prebellico, come è noto, l'AIB nasce e rimane sotto il controllo del Ministero dell'educazione nazionale (così era stato ribattezzato nel settembre 1929 il Ministero della pubblica istruzione) e in particolare della Direzione generale delle accademie e biblioteche. Ma, al di là della cornice formale data dalla norma statutaria che prevedeva che le cariche maggiori fossero nominate dal Ministro, e quelle minori ricevessero la sua approvazione, tutto da indagare e valutare è il profilo effettivo dei rapporti fra Associazione e gerarchia politico-amministrativa, e quindi i ruoli che ciascuna parte giocava rispetto all'altra.

Il libro dei conti offre alcune chiavi di lettura, ovviamente attraverso dati e indizi di natura finanziaria. Mentre la pagina delle uscite del primo anno inizia con la «bagnatura» e l'acquisto, nello stessa giornata, «d'un quadernetto da conti», a cui segue pochi giorni dopo la parcella notarile, quella delle entrate si apre con i primi introiti di quote sociali e, il 25 settembre 1930, il primo «sussidio del Ministero», di 4998 lire. Due anni dopo, nel giugno e nell'ottobre del 1932, seguono altri due contributi di 9995 lire ciascuno, poi nel gennaio del 1934 un altro sussidio ministeriale, di 4998 lire, questa volta finalizzato a rifondere in parte le spese dell'Associazione per la partecipazione di bibliotecari italiani a riunioni all'estero. Nell'aprile dello stesso anno il Ministero eroga un contributo di 20.000 lire dai residui dei fondi stanziati per il primo Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia, tenuto nel 1929, di cui era terminata nel 1933 la pubblicazione dei monumentali atti; un secondo contributo dello stesso importo e fonte arriverà nel maggio 1935 e infine un ultimo residuo di ben 32.383,35 lire a un anno esatto di distanza. Sempre a partire dal 1934, come vedremo, iniziano a pervenire saltuariamente anche contributi ministeriali finalizzati a singole iniziative, che continueranno fino al 5 gennaio 1944, ultima entrata registrata (e unico movimento relativo a quell'anno).

Converrà tirare, innanzitutto, qualche somma. Le entrate complessivamente registrate in questi quindici anni, di 797.734,60 lire (contro 769.984,5 lire di uscite), possono essere ripartite in grandi voci, ovviamente funzionali a questo studio piuttosto che ad astratte categorie contabili, come segue.

Risorse proprie163.242,50(21%)
- quote sociali vere e proprie70.122,80
- quote di partecipazione a congressi, gite, ecc.85.599,00
- interessi bancari2.417,20
- varie (una sottoscrizione, vendita di pubblicazioni, ecc.)5.103,50
 
Contributi e rimborsi del Ministero360.529,35(45%)
- contributi generici33.987,00
- contributi sui fondi del Congresso del 192972.383,35
- contributi per i congressi nazionali77.977,00
- contributi per missioni all'estero33.693,00
- compensi e contributi per attività diverse49.682,00
- rimborsi di anticipazioni92.807,00
 
Compensi e contributi di altri enti273.962,75(34%)
- compensi per attività263.602,75
- contributi per congressi e gite8.360,00
- rimborsi di anticipazioni2.000,00

Per confronto, negli anni più recenti i bilanci consuntivi dell'Associazione registrano solitamente contributi annuali del Ministero per i beni culturali e ambientali per circa 15-20 milioni di lire, che corrispondono a una percentuale delle entrate fra l'1 e il 2%, mentre possono essere più consistenti, semmai, i finanziamenti che provengono dall'Unione europea o dalle Regioni, in genere per programmi di formazione, portando il complesso di queste entrate intorno al 20% del totale.

Nel periodo che ci interessa le quote sociali costituiscono un'entrata piuttosto stabile, di circa 5000 lire all'anno4: una cifra modesta ma che, come vedremo, si rivelerà ampiamente sufficiente a coprire le spese di gestione ordinarie dell'Associazione. Lo Statuto fissava la quota associativa annuale a 25 lire, ridotta alla cifra irrisoria di 6 lire per gli aderenti all'Associazione nazionale fascista del pubblico impiego (poi all'Associazione fascista della scuola): la quota intera, in effetti, era versata solo dagli enti e da una minoranza abbastanza ristretta dei soci persone5. Nel complesso i soci, circa trecento nel primo anno, arrivarono a circa 400 negli anni successivi e ad oltre 500 verso la fine degli anni Trenta6.

Alle quote sociali vere e proprie si aggiungono, a partire dal 1936, le quote di partecipazione ai congressi annuali, o a occasionali gite sociali: quote consistenti (70 lire a persona nel 1936 e 1937, ben 160 nel 1938 e 200 nel 1940), che per l'ultimo congresso d'anteguerra, quello del 1940 a Napoli, ammontano complessivamente a quasi 35.000 lire. Ma quest'entrata costituisce, nella sostanza, un parziale rimborso spese, in quanto l'Associazione si faceva carico, come corrispettivo, delle spese di alloggio e vitto dei congressisti, organizzando in prima persona la loro sistemazione sul posto, con un esborso totale (comprensivo quindi di spese organizzative e di quelle dei numerosi ospiti) che si aggirava in genere intorno al doppio delle quote incassate.

Trascurando per ora gli introiti minori e i compensi o contributi di altri enti, che iniziano solo dal 1936 e riguardano quasi completamente una sola impresa, quella della Statistica delle pubblicazioni italiane, soffermiamoci ad analizzare i trasferimenti ministeriali, di lettura non così ovvia come può apparire a prima vista.

Si tratta sicuramente di contributi consistenti, ma solo in piccola misura concepiti come sussidio generico. I contributi per i congressi, per esempio, hanno consistenza quasi pari all'introito complessivo delle quote di partecipazione, ma non è facile arrivare a una stima dell'effettivo "dare e avere" fra Associazione e Ministero per questo settore. Oltre che con i contributi finanziari diretti, il Ministero contribuiva alla riuscita dei congressi anche appoggiandone l'organizzazione, sollecitando (almeno per il primo, nel 1931) la partecipazione dei bibliotecari non statali attraverso la rete delle Sovrintendenze, inviandovi spesso in missione sovrintendenti o direttori di biblioteca. D'altra parte, l'Associazione non solo offriva un'occasione di rilievo pubblico e un'ampia platea per la presentazione dell'attività del Ministero, ma soprattutto nella seconda metà degli anni Trenta si faceva carico dell'ospitalità di una pletorica delegazione di funzionari ministeriali, spesso con mogli e magari anche figli al seguito7. Già in questo caso, insomma, si intravede uno "scambio", comunque un rapporto non unidirezionale e non principalmente finanziario.

A fronte dei contributi ministeriali per missioni all'estero e, più in generale, anche dei contributi provenienti dai residui del I Congresso mondiale delle biblioteche, possiamo provare a mettere le spese che l'Associazione sosteneva per una delle sue principali finalità, l'impegno per una forte presenza italiana nelle attività della Federazione internazionale delle associazioni bibliotecarie (inizialmente Comitato internazionale delle biblioteche e di bibliografia, oggi IFLA) e più in generale nei maggiori convegni e incontri di carattere bibliografico, biblioteconomico e di documentazione in Europa e in America.

Le spese dell'AIB per attività di carattere internazionale, individuabili a partire dal libro di cassa, ammontano complessivamente a 100.181,30 lire (dal 1931 al 1942): all'interno di queste la quota di gran lunga più rilevante è rappresentata dalle missioni all'estero (81.166,55 lire), a cui seguono le quote di iscrizione alla Federazione (complessivamente 5.265,90 lire, per gli anni 1931-1939, in ragione di 0,35 franchi svizzeri all'anno, pari a circa 1,3 lire, per ogni proprio socio) e spese varie (accoglienza e ospitalità di colleghi stranieri, acquisti o omaggi di pubblicazioni, spedizioni postali, ecc.8).

Se analizziamo caso per caso (come si farà, chiedendo venia della pignoleria, in nota9), è evidente che i finanziamenti ministeriali esplicitamente destinati a questo scopo coprivano solo una modesta parte della spesa, e si configuravano a volte piuttosto come una "partita di giro" imposta, in cui la burocrazia aggiungeva d'autorità alla delegazione dell'Associazione personaggi di proprio particolare gradimento e ne sosteneva, non sempre interamente, le spese. Attendendosi viceversa, com'era allora ovvio, che la delegazione AIB desse essenzialmente voce alle realizzazioni del regime e alla sua pretesa - in effetti allora non priva di qualche fondamento - di una almeno pari dignità dell'Italia, talvolta perfino di un ruolo d'avanguardia, nel contesto bibliotecario mondiale.

Intorno alla presenza dei bibliotecari e delle biblioteche italiane sulla scena internazionale ruotano in gran parte, del resto, la nascita e i primi passi dell'Associazione, così come l'"abbraccio" - sicuramente spesso ambiguo - fra questa e la gerarchia politico-amministrativa.

I contributi a valere sui fondi residui del primo Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia configurano l'Associazione, dal particolare angolo visuale di un libro dei conti, come l'erede di quell'evento che senza dubbio può considerarsi il più rilevante nella vita o almeno nella visibilità delle biblioteche nel Ventennio10. Questa pista conferma, sostanzialmente e simbolicamente, quanto già sembrava emergere da numerosi altri indizi, ossia la forte e diretta filiazione dell'Associazione dal Congresso del 1929. Il che comporterebbe poi, sia detto per inciso, risalire alle radici di questo, cosa che qui non è possibile nemmeno tentare.

Il Congresso mondiale ebbe un comitato d'onore costituito dall'allora ministro della pubblica istruzione Giuseppe Belluzzo, dal suo sottosegretario, lo storico del diritto e deputato Pier Silverio Leicht, e dal sottosegretario agli affari esteri Dino Grandi; presidente del Comitato esecutivo era il senatore Antonio Cippico, vicepresidente il direttore generale delle accademie e biblioteche Francesco Alberto Salvagnini, segretario generale Vincenzo Fago, l'artefice, o almeno il materiale tramite, dell'assegnazione del Congresso all'Italia. La fondazione dell'AIB seguirà il cambio di titolare e denominazione del Ministero avvenuto nel settembre dello stesso anno e vedrà alla presidenza l'onorevole Leicht, non più sottosegretario, vicepresidente il direttore generale Salvagnini, tra i consiglieri "esterni" alla professione il conte Cippico, e in primo piano i bibliotecari più rappresentativi già coinvolti in quell'occasione: Guido Calcagno, Domenico Fava, Giuseppe Fumagalli e Alfonso Gallo, già membri del Comitato esecutivo del Congresso del 1929 e quindi del primo Consiglio direttivo dell'AIB, Giuliano Bonazzi e Luigi De Gregori, direttori della Nazionale di Roma e della Casanatense, organizzatori di una delle mostre del 1929 e poi rispettivamente secondo vicepresidente e tesoriere dell'Associazione. La Commissione tecnica del Congresso, formalmente presieduta dal nuovo sottosegretario Di Marzo e incaricata di curare gli Atti e tutte le attività successive, coinciderà per dieci dei suoi quattordici componenti con il primo Consiglio direttivo dell'AIB: vicepresidente ed effettivo leader il Leicht, con il conte Cippico e il direttore generale Salvagnini, gli ispettori superiori Guido Calcagno e Domenico Fava, i direttori Bonazzi, Boselli (segretario della Commissione e poi dell'AIB), Fumagalli e Sorbelli, e il professor Mancini che incontreremo fra poco11.

L'AIB in sostanza, come aveva sottolineato già Giorgio De Gregori12, nasce per dare all'Italia bibliotecaria una rappresentanza internazionale, prima che per ragioni interne, che pure erano presenti e si erano manifestate a più riprese, per esempio nei convegni dei bibliotecari statali e in quelli dell'associazione dei bibliotecari e dei funzionari di archivi e musei degli enti locali13, senza arrivare però fino a quel momento a risultati concreti. Ed è probabile che la nascita dell'Associazione sarebbe stata molto più difficile, o stentata, se non si fossero incontrati, in un'occasione favorevole, la volontà di sprovincializzazione dei bibliotecari più preparati e innovatori e il desiderio del regime di esibirsi sulla scena internazionale.

Dobbiamo essere grati, si potrebbe dire, ai colleghi d'America e d'Inghilterra, e poi di altri paesi europei e non, che costituendo le prime associazioni bibliotecarie e annodando i primi fili di uno scambio fra loro hanno stabilito le regole a cui anche il regime ha dovuto sottostare: prima fra tutte, che la cooperazione bibliotecaria dovesse partire in primo luogo dalla libera discussione di libere associazioni, non dai governi o dalle burocrazie.

Batté astutamente questo tasto, volgendolo dal lato più opportuno, il Comitato promotore dell'Associazione dei bibliotecari italiani (questa la prima denominazione, fino all'8 luglio 1932), che nell'appello Ai bibliotecari d'Italia così esordiva: «Quello che è stato per anni un desiderio e un'aspirazione di molti di noi è oggi un fatto compiuto. L'Associazione dei Bibliotecari italiani è finalmente costituita. Il Iº Congresso mondiale delle Biblioteche e di bibliografia, che l'Italia ebbe l'onore di ospitare [...] fu potente impulso a determinare quell'accordo di volontà, che fin qui era mancato. La nostra Associazione - è doveroso affermarlo - è nata dal Congresso. L'esempio di più di 20 fra le più colte Nazioni di Europa e di America, il desiderio che anche la voce nostra risuonasse costante, accanto a quella degli altri autorevoli colleghi, nei convegni internazionali, fecero sentire impellente la necessità che sorgesse infine, a fianco delle consorelle straniere, l'Associazione dei Bibliotecari italiani [...]»14.

L'istanza del Comitato promotore al ministro Balbino Giuliano15 iniziava ricordando: «In tutte le più civili nazioni di Europa e di America prosperano da tempo Associazioni di bibliotecari e di bibliofili, che hanno lo scopo di tutelare gli interessi delle Biblioteche di ogni grado e di cooperare alla diffusione del libro e della cultura. Queste Associazioni sono riunite in una Federazione internazionale, a cui spetta la convocazione dei Congressi delle Biblioteche, e che spesso è chiamata dall'Istituto di Cooperazione intellettuale a dare pareri e a contribuire a lavori di carattere internazionale nel campo bibliografico. È doloroso che l'Italia ne sia sino ad ora stata assente: l'Italia che possiede le più ricche Biblioteche del mondo ed ha una tradizione bibliotecaria di primo ordine. Tale assenza apparve tanto più grave nello scorso anno, quando in Italia si adunò il primo Congresso Mondiale delle Biblioteche e di Bibliografia, nel quale, mentre le altre Nazioni erano ufficialmente rappresentate dai delegati delle rispettive Associazioni, che in una sezione del Congresso più particolarmente trattarono questioni di indole professionale e discussero i nuovi statuti della Federazione, agli Italiani non fu concesso - ed era naturale - di fare udire la loro parola. È così risorto negli animi il desiderio che anche in Italia si costituisca finalmente un'Associazione di bibliotecari, non solo per contribuire al miglior ordinamento e al più efficace rendimento delle pubbliche Biblioteche, ma anche - e più specialmente - perchè la voce dell'Italia suoni cosciente e ascoltata, così come nel fatto è desiderata, nei convegni internazionali».

Ciò ribadiva anche il ministro, nel suo breve messaggio di approvazione, e del resto negli stessi anni diverse erano le iniziative d'impegno in ambito internazionale, a livello intergovernativo, a partire dalla partecipazione alle attività dell'Istituto internazionale per la cooperazione intellettuale, sotto l'egida della Società delle Nazioni16.

I promotori dell'Associazione, però, "ci marciavano", perché l'Italia non era affatto assente dalla Federazione e dai suoi dibattiti, anche nella sede congressuale del 1929: se alla riunione di fondazione ad Edinburgo (1927), che doveva essere riservata ai delegati ufficiali delle associazioni, Luigi De Gregori e Vincenzo Fago avevano partecipato pur essendo in effetti inviati dal Ministero, l'elenco ufficiale delle associazioni bibliotecarie presenti al Congresso mondiale comprendeva il nostro paese, rappresentato dal Gruppo Biblioteche della Associazione generale fascista del pubblico impiego, e in veste di rappresentante di questa aveva partecipato alle riunioni del Comitato esecutivo della Federazione nel 1928 e 1929, a Roma, Parigi e ancora Roma, Vincenzo Fago, direttore dal 1926 al 1928 (o 1929) dell'Ufficio scambi internazionali al Ministero dell'istruzione. Una partecipazione forse discutibile sotto il profilo formale, quindi, ma non marginale, se la candidatura italiana per il primo Congresso mondiale delle biblioteche era stata accolta e lo stesso Fago era stato eletto, nella riunione romana del 1928, fra i due vicepresidenti della Federazione17. Certo sarebbe stato più difficile spiegare al ministro, in quel contesto, che la partecipazione italiana non era affatto impossibile o inesistente, anzi era affidata a un'associazione di "sicura fede" dal punto di vista politico e che raccoglieva una larga parte dei bibliotecari (come provano i dati già citati sulle quote sociali ridotte), ma tuttavia professionalmente poco presentabile, dalla sua denominazione fino alla mancanza di quel prestigio culturale e di quella competenza scientifica che apporteranno i primi dirigenti dell'Associazione dei bibliotecari italiani18.

Ma torniamo ai conti, e in particolare alla più difficile valutazione delle altre voci di entrata che provenivano dal Ministero dell'educazione nazionale. Nella cifra complessiva di quasi 150.000 lire che abbiamo raccolto con ampio margine di dubbio sotto le due ultime etichette di compensi per attività diverse e di rimborsi, e che costituirebbe il 18% circa delle entrate complessive, confluiscono in effetti essenzialmente delle "partite di giro", almeno in senso figurato e non strettamente contabile, significative dal punto di vista politico e magari amministrativo piuttosto che da quello finanziario.

Come casi evidenti ed estremi della seconda categoria possiamo porre il rimborso ministeriale delle 3000 lire che l'AIB aveva anticipato d'urgenza nel luglio 1938 al senatore Balbino Giuliano in partenza per una missione all'estero (di natura non bibliotecaria, e quindi evidentemente per un mero problema di tesoreria o di contante), o quello di 1999 lire, nel maggio dello stesso anno, per l'anticipo di 1498,50 lire che l'AIB aveva fatto all'economo del Ministero per le spese del raduno dei provveditori agli studi e le altre 200 lire di un compenso a un collaboratore nella stessa occasione. Cifre contabilizzate nei movimenti di cassa (e che, come si vede dal secondo esempio, non sempre coincidono esattamente, al di là del tipico prelievo di una o cinque lire), ma che evidentemente testimoniano soltanto di contiguità e facilitazioni sul terreno pratico.

Più spesso, contributi o rimborsi precisamente finalizzati ad attività per le quali non si intravede alcun ruolo effettivo dell'AIB si possono ritenere motivati, oltre che da rapidità e semplicità operativa, da una più agevole giustificazione amministrativa della spesa, in forma di sussidio a un'Associazione riconosciuta. L'Associazione sembra quindi prestarsi in diversi casi, soprattutto alla fine degli anni Trenta e nei primi anni Quaranta, a fare da "ufficiale pagatore" del Ministero: fenomeno che, del resto, appare endemico nella vita dell'AIB, come lo è probabilmente in sodalizi analoghi, anche se nel periodo più recente si verifica piuttosto a livello di Sezioni e di Amministrazioni regionali.

Raggrupperei questi interventi in tre categorie:
- contributi a istituti;
- sussidi personali;
- compensi per lavori scientifici e professionali.

Nella prima categoria il caso più consistente è quello del contributo di 19.990 lire ricevuto nel febbraio 1938 «per la lettura serale alla Biblioteca Vitt. Emanuele di Roma (da passare a quella Direzione)», ma nello stesso anno pervenne un altro contributo di 6000 lire destinato al nascente Istituto di patologia del libro19. Il caso diventa più frequente negli ultimi anni, con quasi perfetta coincidenza di importi e date: 10.000 lire nell'aprile 1942 per il Comitato per la collocazione del libro italiano all'estero (l'identico contributo del 29 luglio 1943 rimase all'Associazione per la caduta del fascismo, come indica una nota a matita), 3000 lire nello stesso mese al Comitato per la Fondazione "Agata Lo Vasco" (la bibliotecaria scomparsa l'anno precedente), 3000 lire nel giugno 1942 al comm. De Feo per l'Istituto nazionale per le relazioni culturali con l'estero, che pubblicava la serie delle Bibliografie del ventennio, oltre alle 12.995 girate nel 1941 al Dopolavoro del Ministero, con cui frequenti erano allora i rapporti finanziari soprattutto per congressi e gite sociali.

In vari altri casi, soprattutto via via che si aggravavano le conseguenze della guerra, l'AIB provvide per conto del Ministero, probabilmente per ragioni di disponibilità di cassa o di semplicità di motivazione, ad erogare anticipi, piccoli compensi e soprattutto sussidi a singole persone, poi rimborsati in blocco e quindi non facilmente ricostruibili20.

I sussidi che potremmo dire di carattere umanitario erano comunque già una tradizione dell'Associazione, almeno a partire dalla morte di Federico Ageno (30 novembre 1934), direttore della Nazionale romana e per poco più di un anno "co-segretario", con Boselli, dell'AIB. In quell'occasione l'AIB provvide a tutte le spese dei funerali e del deposito della salma, e successivamente incontriamo dei sussidi analoghi: alla vedova e poi agli orfani del prof. Pironti, comandato alla Nazionale di Roma, a Guido Calcagno, già in pensione, per la morte del figlio e per una malattia, a Gino Tamburini per la morte di un figlio, a Maria Ortiz presumibilmente pure per un lutto, oltre a piccole cifre a impiegati di categoria inferiore per trasferimenti o altre urgenze. Fra le occasioni liete, invece, solo un dono di nozze per la figlia del direttore generale Scardamaglia, nel dicembre 1941, e una piccola gratifica ad Alessandro Eleuteri, collaboratore di De Gregori in varie incombenze AIB, nell'ottobre 1936, sempre in occasione del matrimonio.

Bisognerà invece distinguere gli incarichi ministeriali, con relativi finanziamenti, che hanno piuttosto natura professionale, e corrispondono cioè a lavori di carattere scientifico e tecnico che potremmo pensare organizzati in almeno relativa autonomia dall'Associazione. I primi casi che si incontrano sono il contributo per l'organizzazione della Mostra delle biblioteche italiane tenuta nel 1934 a Palazzo Carpegna (14.994 lire, in tre rate, a fronte di spese che ammonteranno complessivamente a 23.015,60 lire ma vennero purtroppo elencate in un rendiconto a parte non conservato), il rimborso, nel gennaio 1935, delle 1500 lire che l'AIB aveva versato due mesi prima a Sorbelli «per viaggi fatti per la "Collezione dei manuali"», ossia per l'Enciclopedia del libro21, che iniziò a uscire appunto nel 1935, e nel 1937 l'incarico del riordino della nuova Biblioteca del Ministero (con un finanziamento di 2499 lire, a fronte di compensi per 2900 lire corrisposti dall'AIB proprio a un gruppo di dipendenti ministeriali).

Ma in questo campo l'incarico (e il finanziamento) più rilevante non venne dal Ministero dell'educazione nazionale, ma dall'Istituto italiano del libro, nel 1936, e poi dall'Accademia d'Italia, fino al 1943. Si trattava dell'incarico di curare ogni anno, per un compenso di 35.000 lire (8602,75 lire nel 1936), la Statistica delle pubblicazioni italiane. Il finanziamento risulta speso integralmente, di solito, per compensi a una quindicina di dipendenti del Ministero, in stretto ordine gerarchico e di importi: i due ispettori De Gregori e Gallo, i capidivisione Bonfiglio e Apollonj (e nel '42 e '43 perfino il direttore generale Scardamaglia), e poi via via funzionari minori e impiegati; a questi compensi si aggiungono, dal 1938, una quota di diecimila lire girata a impiegati della Biblioteca nazionale di Firenze, allora diretta da Boselli (che riceveva pure un compenso minore), e un'altra quota più piccola (2000 lire) all'Istituto centrale di statistica o a un suo funzionario, oltre al costo della stampa delle schede che venivano utilizzate e a spese minori22.

Non saprei a chi l'AIB dovesse l'affidamento di questo incarico, e se vi fosse comunque, come è probabile, la mano del Ministero, ma soprattutto non è chiaro, come del resto nei casi minori dei finanziamenti ministeriali per il riordino della Biblioteca o per l'invio di libri ai prigionieri di guerra, se si tratti di incarichi cercati o subiti, e quali ne fossero le ragioni. Sicuramente non di carattere finanziario, almeno per quanto riguarda le casse dell'Associazione, dato che le spese in genere assorbivano interamente, e talvolta superavano, i finanziamenti ricevuti. Possiamo pensare che per il Ministero, oltre ai vantaggi di carattere amministrativo, fossero in gioco motivazioni di tipo clientelare: una maniera, in sostanza, per girare gratifiche aggiuntive, "fuori busta", ai propri funzionari e dipendenti. Viene da pensare, però, anche alla prospettiva opposta, ossia a un consapevole uso di queste risorse da parte dell'AIB (e quindi in sostanza di Luigi De Gregori, che in quel periodo ne governava completamente l'amministrazione) per garantirsi, con piccoli benefici che allora non ponevano i problemi etici o fiscali che porrebbero oggi, buone relazioni con la gerarchia ministeriale e con un gruppetto di impiegate e impiegati che in vario modo collaboravano, all'occorrenza, alle attività dell'Associazione e alle incombenze pratiche della sua segreteria. Del resto, le retribuzioni dei pubblici funzionari, anche di grado elevato, erano in quegli anni piuttosto modeste, e l'evidente infoltirsi del plotone di collaboratori alla Statistica nel '42 e '43 ci ricorda le difficili condizioni di sopravvivenza in quegli anni di guerra. Probabilmente anche in questa maniera, insomma, come con l'estendersi dell'ospitalità ai congressi, con le gite sociali e altre attività talvolta in collaborazione con il Dopolavoro, e con i rituali omaggi al regime e la deferenza al direttore generale, si cercava di garantire vita e attività dell'Associazione, in anni particolarmente difficili, perché rimanesse comunque un luogo di libero incontro e dibattito professionale e una tribuna da cui, pur con le cautele del caso, si potessero sollevare e discutere i maggiori problemi bibliotecari italiani, dall'inesistenza di una rete di biblioteche pubbliche degne di questo nome alla mancanza di una grande vera biblioteca nazionale. I temi, insomma, da sempre cari ai due infaticabili animatori dell'Associazione in quel quindicennio, il presidente Leicht e il "tesoriere" (ma in effetti, pur senza il nome, segretario, ispiratore e organizzatore) Luigi De Gregori.

Tornando per l'ultima volta ai nostri conti, non molto aggiunge a quanto si è già visto l'analisi delle uscite dell'Associazione nel suo primo quindicennio. Si è già detto delle attività di carattere internazionale, che con oltre centomila lire di spese complessive sfiorano un settimo del bilancio, assorbendo in maniera pressoché completa non solo i finanziamenti ministeriali finalizzati a questi scopi ma anche quelli provenienti dai residui del Congresso del 1929. In sostanziale pareggio, come si è visto, a fronte dei trasferimenti ministeriali o di altri, sono le attività speciali svolte per incarico altrui e quelle che abbiamo chiamato non a caso "partite di giro", che superano la metà del bilancio complessivo: circa 400.000 lire di spese che è possibile ricondurre con relativa certezza in questo campo, di cui oltre 250.000 solo per la Statistica delle pubblicazioni italiane, contro 408.091 lire di entrate. Il 28% circa delle uscite (217.639 lire) è poi rappresentato dall'organizzazione dei congressi annuali e di altre manifestazioni, a fronte di quote e contributi inferiori di circa cinquantamila lire (171.936 lire). Questo passivo, a cui aggiungere le circa trentamila lire complessive di elargizioni dell'AIB a persone o a istituti non coperte da contributi corrispondenti, era però compensato ampiamente dai contributi ministeriali generici (circa 34.000 lire, come si è detto), dalle modeste eccedenze di alcuni finanziamenti finalizzati e soprattutto dal buon margine che, come vedremo ora, le spese di gestione lasciavano rispetto alle entrate proprie, essenzialmente quelle delle quote.

Le spese restanti, infatti, sono quelle ordinarie o straordinarie di gestione dell'Associazione, che ammontano complessivamente alla modestissima cifra di 22.545 lire: indicativamente, la cifra equivale a poco più di quattro anni di quote sociali. Certo le attività dell'AIB allora si riducevano essenzialmente al congresso annuale, oltre alla partecipazione alle riunioni internazionali che abbiamo considerato a parte: l'Associazione non disponeva di un proprio periodico né produceva altre pubblicazioni (salvo gli opuscoletti con lo Statuto e altre informazioni)23, non promuoveva corsi di formazione (avviati nel 1935, per le biblioteche popolari e scolastiche, dalle Soprintendenze), né organizzava tutte quelle altre attività a cui siamo oggi abituati. Il libro di cassa testimonia comunque di una gestione estremamente oculata, sempre in attivo (anche perché, come si è visto, i trasferimenti ministeriali erano in genere rimborsi, più o meno tardivi), con un avanzo complessivo di 27.750,10 lire24.

Queste spese di gestione consentono talvolta di ricostruire particolari della vita associativa: per esempio, accanto alle spese minute postali, di cancelleria, per carta intestata e moduli, ecc., un investimento consistente, nel settembre 1932, per l'acquisto di una «Macchina Gestetner» (3052 lire), evidentemente il ciclostile sul quale erano prodotte le circolari per i soci che troviamo nelle carte d'archivio relative ai congressi. Due anni dopo altre 3500 lire vennero spese per lavori edili e mobilia nella sede dell'Associazione, la prima, allestita presso la Biblioteca Casanatense in via Sant'Ignazio 52. Negli anni precedenti la corrispondenza era indirizzata al Ministero, o a singole persone, e si può dire che non esistesse, come vedremo, una vera e propria segreteria. Seguono altre spese per la sede (lavori elettrici e idraulici, mobili, carta intestata, cancelleria), sempre nel 1934 un conto di legatoria di 160 lire per «cassette per le miscellanee della Biblioteca dell'AIB» (che non pareva essere esistita fino al lascito Camerani del 1961) e poi minute spese per il trasporto di libri, nel 1938 e di nuovo nel 1940 un compenso a un'impiegata del Ministero «per aver riordinato le carte dell'Archivio della AIB» e negli stessi anni altri piccoli compensi a collaboratori, segno di un'attività cresciuta e per la prima volta autonomamente organizzata. Comincia in questo periodo, fra l'altro, con la partecipazione al Congresso del 1937 e alla Statistica dal 1938 in poi, la collaborazione della signora Massimi, che molti soci ricordano come "incarnazione" della Segreteria dell'AIB per decenni, fino al 1992.

Artefice di questa riorganizzazione è evidentemente Luigi De Gregori, tesoriere dell'AIB fin dal principio e fino al 1936 direttore della Casanatense, che costruisce intorno a sé una rete di preziosi collaboratori, come Guido Zacchetti, professore di liceo distaccato nella Biblioteca, che comincia a collaborare con De Gregori dalla primavera del 1932 per la raccolta delle quote e dall'anno successivo viene nominato vicesegretario, e Alessandro Eleuteri, impiegato esecutivo della stessa Biblioteca, che troviamo almeno dal 1934 a curare spedizioni e pagamenti (e che sarà nel dopoguerra per qualche tempo tesoriere). Senza dimenticare l'amico Guglielmo Passigli, compagno di diverse missioni in Europa e in America, per l'AIB, dal 1933 al 1937, vicesegretario sempre dal 1933 (l'anno in cui lasciò la direzione della Nazionale di Palermo per la vicedirezione della Vittorio Emanuele) e secondo segretario, a fianco di Boselli, dal 1937. Dal 1936, quando De Gregori si trasferisce al Ministero, alla sede in Casanatense (la cui direzione passa ad Ada Moricca Caputi) si aggiunge di nuovo un "punto di appoggio" al Ministero, con la collaborazione iniziata allora di un impiegato, Renato Intendente («il nostro impareggiabile comm. Intendente», lo chiamava Leicht), che si assumerà la cura dell'organizzazione dei congressi da quell'anno al 1940, parte della relativa corrispondenza e molte altre incombenze, anche lui come vicesegretario. Carica non statutaria, e che in qualche modo tradiva linguisticamente il reale ruolo di Luigi De Gregori, di fatto segretario oltre che tesoriere (anche se la carica restò sempre formalmente a Boselli).

Le origini di questa svolta, in cui si crea e consolida l'affiatato tandem Leicht-De Gregori che i carteggi ampiamente documentano fino alla caduta del Fascismo e per qualche tempo oltre, credo si possano plausibilmente rintracciare nelle frizioni insorte fra Leicht e il direttore generale Salvagnini nell'organizzazione del congresso del 1932 a Modena e Firenze. Sarebbe complicato riassumere qui l'intricato carteggio fra Leicht e Boselli, presidente e segretario, da Bologna, e lo staff ministeriale che gestiva di fatto la segreteria romana dell'Associazione (Mancini, allora formalmente vicesegretario, e Maria Ortiz), sotto il vigile occhio del direttore generale, a cui si aggiungeva le preoccupazioni degli organizzatori locali (Domenico Fava, all'Estense, e in misura minore Angelo Bruschi e Fumagalli a Firenze). Sta di fatto che, fra profferte reciproche di pieno accordo sul programma, il direttore generale licenziò a nome di Leicht, dopo un secco telegramma che minacciava il rinvio del congresso ad «epoca da destinare», un programma in cui la seduta inaugurale del congresso era dedicata a una relazione sulla catalogazione per soggetto (di Luigi Ferrari) e a due erudite rievocazioni di Antonio Panizzi e Angelo Pezzana (affidate allo stesso Salvagnini e a Boselli), mentre in poche ore a un telegramma garbato ma fermo di Leicht seguiva, da Bologna, un programma definitivo in cui le relazioni di carattere più tecnico erano spostate al pomeriggio, quelle erudite a una sessione extracongressuale presso l'Accademia di scienze e lettere, e la prima seduta, con le autorità e la stampa, era dedicata interamente al discorso inaugurale dello stesso Leicht e soprattutto alla relazione di Luigi De Gregori dal titolo Necessità di una grande Biblioteca nazionale in Roma25.

Questa esperienza negativa, in cui Boselli vedeva soprattutto disfunzioni organizzative e magari spigolosità personali, allo spirito politicamente assai più avvertito di Leicht probabilmente insegnò che un presidente a distanza e a "mezzo servizio" (professore all'Università di Bologna, dove fu anche preside della Facoltà di giurisprudenza, e poi a Roma, deputato e dal 1934 senatore, nel 1932 vicepodestà di Bologna, presidente della Deputazione di storia patria per il Friuli e della Società filologica friulana, membro di innumerevoli commissioni, comitati, società scientifiche, ecc. ecc.) ma non privo di idee e di impegno nel portarle avanti doveva poter contare su una "macchina" operativa organizzata e di cui potesse fidarsi, nelle questioni più delicate come nella routine quotidiana. Una "macchina" che avesse a capo, quindi, una «persona che non fosse un uomo politico e che avesse sensibilità politica», come lui stesso definiva De Gregori in altra occasione, dandogli l'incarico di rappresentare l'Italia alla Sessione IFLA del 1939, in un contesto già carico delle tensioni della guerra26. A questo progetto si riferiva probabilmente la lettera a De Gregori del giugno 1933, in cui Leicht scriveva: «Carissimo amico, ho veduto qui Boselli, il quale nulla sapeva ancora delle nostre decisioni, perché non aveva ricevuto la mia lettera. Come mai? Eppure mi sembra che avevamo detto di spedirla subito. Boselli teme che gli uffici ministeriali potranno mettere i bastoni nelle ruote per la continuazione della nostra associazione, ma io sono meno pessimista, date le dichiarazioni del nuovo Dir. Gener. [Edoardo Scardamaglia, che si insedierà ufficialmente il 1º luglio] e del Ministro».

Tra un tentativo di far comprendere a una più vasta opinione pubblica cosa fossero le biblioteche per tutti o la biblioteca nazionale nei paesi più civili e un omaggio formale al regime e alle sue gerarchie, fra uno scontro con Bottai e le attenzioni verso uno stuolo di funzionari e impiegatucci, fra una relazione che additava l'abbandono culturale di una vasta parte del paese (Barberi a Bolzano 1938) e un'altra che tesseva elogi delle biblioteche italiane impiantate nelle più lontane province dell'"Impero" (Guerriera Guerrieri a Napoli 1940), fra l'obbligo di indossare la camicia nera stampato in grassetto nel programma dei congressi, da Bari 1934 in poi, e la maggioranza dei partecipanti che non rinunciava alla propria camicia bianca (come mostrano le fotografie), fra il «colleghi» dei manoscritti e dattiloscritti originali e il «camerati» degli atti e resoconti ufficiali sulla rivista del Ministero, Leicht e De Gregori riuscirono a portare avanti sempre in piena sintonia e fiducia reciproca l'Associazione dei bibliotecari italiani, fino alla caduta del Fascismo.

Il primo agosto 1943, arrivato nella sua Cividale dopo essere scampato per poche ore prima al bombardamento di San Lorenzo (doveva tenere esami nel pomeriggio nella città universitaria) e poi a quello di Bologna, ricevuta la notizia del 25 luglio, in cui non era ancora chiaro se vedere un mutamento di governo o la caduta di un regime, Leicht scrisse subito a De Gregori per avere informazioni, domandandogli e domandandosi «Che ne sarà della nostra associazione?», mettendo a disposizione la sua carica e invitando l'amico a parlarne al Ministero. E in quello stesso 1943/44, sotto l'occupazione tedesca, bibliotecari romani giovani e meno giovani, da Barberi alla Ortiz, mentre davano il loro modesto contributo alla resistenza raccogliendo soccorsi per i detenuti politici o nascondendo ebrei e fuggiaschi in case e biblioteche, iniziavano a discutere di "vecchia" e "nuova" associazione dei bibliotecari italiani27. Ma questa è un'altra storia, che pure meriterà di essere ricostruita.


ALBERTO PETRUCCIANI, Dipartimento di storia moderna e contemporanea, Università degli studi di Pisa, piazza Torricelli 3A, 56126 Pisa, e-mail a.petrucciani@stm.unipi.it.
Sono particolarmente grato a Giorgio De Gregori per la pazienza e la partecipazione con la quale si è prestato a rispondere alle tante domande che questo lavoro mi ha suscitato; naturalmente è solo mia la responsabilità degli eventuali errori e delle interpretazioni proposte. Ringrazio ancora Andrea Paoli alla cui perfetta conoscenza delle carte di Luigi e Giorgio De Gregori ho fatto più volte ricorso.

1 Archivio storico AIB, A.VII.3: AIB, Conti di cassa, registro rilegato, non numerato, in cui le entrate e le uscite sono registrate su pagine a fronte, fino al 1939, e dall'anno successivo su due colonne nella stessa pagina.

2 L'Associazione italiana biblioteche: cronologia, a cura di Giorgio De Gregori, pubblicata originariamente nell'Agenda del bibliotecario 1990 e poi, aggiornata al 1999 da Simonetta Buttò, nell'Agenda del bibliotecario 2000, Roma: AIB, 1999, p. 5-18 (anche in «AIB-WEB», http://www.aib.it/aib/cen/crono.htm). Cfr. anche, dello stesso autore, Renato Pagetti e il rinnovamento dell'Associazione italiana biblioteche, «Bollettino AIB», 36 (1996), n. 2, p. 141-148; Ricordo di Enrico Jahier, ivi, 37 (1997), n. 4, p. 473-478; Vita di un bibliotecario romano: Luigi De Gregori, Roma: AIB, 1999.

3 Sull'Archivio dell'AIB ha recentemente richiamato l'attenzione Simonetta Buttò con la rubrica Album di famiglia, pubblicata in «AIB notizie» a partire dal n. 11 del 1999. Ma sulla puntuale utilizzazione della documentazione d'archivio dell'AIB si è basato anche il suo contributo Metodologia dell'impegno professionale: Virginia Carini Dainotti e l'AIB, presentato al convegno di Udine dell'8-9 novembre 1999 e poi pubblicato in questa stessa rivista, 39 (1999), n. 4, p. 422-435.

4 Nei primi due anni il ricavato delle quote risulta sensibilmente più alto (8246 lire nel 1930 e 8623 nel 1931) perché vi sono comprese le quote speciali di "socio perpetuo" (1000 lire) versate dalle Università di Genova (che contribuì addirittura con 5000 lire), Bologna, Sassari e Torino, dalla Biblioteca dell'Archiginnasio, dall'Istituto poligrafico dello Stato, dall'Istituto nazionale delle assicurazioni e dalla libreria editrice Leo S. Olschki, oltre alla quota atipica di 200 lire dell'Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Bologna. Secondo il prospetto sintetico dei bilanci 1930-1935 preparato da Luigi De Gregori per il Congresso del 1936 e allegato al libro di cassa queste quote speciali ammonterebbero però a sole 9200,80 lire (invece di 11.200, come risulta dall'elenco dei soci con le relative quote citato alla nota seguente). Segnalo inoltre che non risultano riscosse, o comunque pervenute al Tesoriere, le quote per il 1943 e 1944.

5 Poiché il libro dei conti riporta i versamenti delle quote, soprattutto nei primi anni, in parecchie tranches, le due quote non hanno dal punto di vista matematico fattori in comune e il numero dei soci è approssimativamente noto, ho cercato di calcolare le più plausibili ripartizioni dei soci nelle due categorie (persone a quota ridotta, quindi aderenti al sindacato fascista, da una parte, ed enti e persone a quota intera dall'altra), con l'aiuto di un piccolo programma scritto appositamente da mio figlio Giovanni, che qui ringrazio. Secondo questi calcoli, basati sulle liste dei soci (ma senza la relativa quota) pubblicate dal 1930 al 1932 nella rubrica dedicata all'AIB in «Accademie e biblioteche d'Italia», 4 (1930/31), n. 1, p. 100-103; ivi, n. 3, p. 190-191; ivi, n. 4/5, p. 486-488, e 5 (1931/32), n. 5, p. 452, e su un elenco ciclostilato databile al 1937 (Archivio storico AIB, A.II.3), i non iscritti all'Associazione fascista, inizialmente circa un quarto dei soci persone, calerebbero decisamente - intorno al 15% - dal 1932 (anno di trasformazione di quest'ultima), scendendo ancora, sotto il 10%, dal 1937 in poi. Si tratta comunque di stime assai aleatorie, soprattutto per l'alta incidenza di morosità e ritardi nei pagamenti delle quote. Sono successivamente emersi in archivio un Elenco degli iscritti all'Associazione dei bibliotecari italiani 1930-1932, databile a quest'ultimo anno, un Elenco di nuovi soci iscritti all'Associazione, che dovrebbe raccogliere le iscrizioni del secondo semestre del 1932 e del primo semestre del 1933, e altri documenti che accennano all'entità delle iscrizioni: fra questi l'elenco del 1930-1932 è di particolare interesse perché, riportando la quota versata, permette di individuare facilmente e con certezza i soci dell'AIB che non aderivano anche all'associazione fascista, almeno a quella data. Su 363 soci persone, 102 (28%) pagavano 25 lire, ma se lasciamo da parte ecclesiastici come Tisserant, editori come Formiggini, bibliofili come Ugo Da Como, ispettori bibliografici onorari e altri che non erano dipendenti pubblici, come Giannetto Avanzi, i soci dell'AIB non iscritti anche al sindacato fascista si riducono alla metà, una trentina di bibliotecari degli enti locali (probabilmente non tutti dipendenti) e 22 statali. I nomi di questi ultimi sono senz'altro significativi: Luigi De Gregori e altri colleghi e amici della Casanatense (Ada Caputi Moricca, Maria Ortiz, Giuseppe Staderini, Guido Zacchetti) e non (Tommaso Gnoli, allora direttore della Braidense, oltre a Fortunato Pintor, registrato ancora come bibliotecario del Senato, che pagò personalmente a De Gregori), il vecchio Bonazzi e la Castellano Teloni alla Vittorio Emanuele, Michele Pinto e le figlie Olga ed Elena, Enrico Jahier, Anita Mondolfo, Adele Mondolfi e Fanny Manis a Firenze, Ester Pastorello, Umberto Monti, Salvatorica Cappai, Augusto Riccio, Leandro Zancan, Pericle Maruzzi ed Emilio Diena.

6 Il numero dei soci al 13 dicembre 1930 (per la precisione 293) è indicato nel resoconto della prima seduta del Consiglio direttivo, tenuta in quella data, in «Accademie e biblioteche d'Italia», 4 (1930/31), n. 3, p. 294-296; nei giorni successivi però risultano incassate almeno una trentina di quote sociali. Gli elenchi a stampa citati alla nota precedente comprendono complessivamente (detratti quindici casi di duplicazione ma senza aggiungere le omissioni che risultano da altre fonti, prima fra tutte quella di Leicht) 352 soci, fra i quali 30 enti; l'elenco 1930-1932 ne conta 402, di cui 39 enti, mentre il supplemento del 1932/33 ne aggiunge 64 (fra i quali un solo ente). L'elenco ciclostilato del 1937 ne comprende 490 di cui 74 enti (esclusi i 4 nomi aggiunti a mano in una delle copie) e coincide perfettamente con quanto indicato in una lettera del vicesegretario Zacchetti (6 aprile 1938) che porta il totale definitivo per l'annata 1937 a 523, per l'aggiunta di altre 67 iscrizioni nella seconda metà dell'anno e l'eliminazione di 34 morosi. I rendiconti alla Federazione internazionale, arrotondati, ne indicano 333 nel 1931, 400 nel 1933, 420 nel 1934 e 500 nel 1938.

7 Al Congresso di Macerata e Recanati del 1937, per esempio, figurano ospiti dell'AIB ben 28 funzionari ministeriali o loro familiari, fra i quali però alcuni rivestivano cariche sociali (a partire dal direttore generale Scardamaglia e dal capodivisione Apollonj, rispettivamente vicepresidente e consigliere dell'Associazione) o collaboravano con l'organizzazione (come il vicesegretario Renato Intendente e la signora Gualda Caputo Massimi). Cfr. Archivio storico AIB, E.I.1: Congressi, Macerata-Recanati 1937.

8 Il libro di cassa registra, per esempio, piccole spese di ospitalità per le visite romane dei presidenti della Federazione Collijn, nel 1931, e W.W. Bishop, nel 1934, del tedesco Axel von Harnack, che nel 1937 tenne una conferenza alla Casanatense, di Hugo Krüss, direttore generale della Biblioteca di Berlino, nel 1940/41 e, insieme allo svizzero Marcel Godet e a Fritz Prinzhorn di Danzica, nel 1942. Naturalmente molte piccole spese, per esempio postali, non venivano registrate separatamente e non sono oggi identificabili.

9 Non figura nel libro di cassa la prima partecipazione ufficiale dell'AIB a una Sessione IFLA, quella di Stoccolma del 20-22 agosto 1930, dove andò il segretario Antonio Boselli (mentre Leicht mancò all'ultimo momento per un'indisposizione): in quella occasione l'AIB fu formalmente accolta nella Federazione, che aggiunse anche il nome in italiano alle sue denominazioni ufficiali, e lo stesso Boselli fu eletto vicepresidente della Conferenza (cfr. Il convegno a Stoccolma delle associazioni dei bibliotecari, «Accademie e biblioteche d'Italia», 4 (1930/31), n. 1, p. 74-79). All'arrivo del primo contributo ministeriale per missioni all'estero, nel 1934, l'AIB aveva già sostenuto spese consistenti per la missione di Luigi De Gregori e Guido Mancini a Cheltenham, nel 1931, per la IV Sessione della Federazione (6983 lire), poi per quella del presidente Leicht a Berna per la V Sessione nel 1932 (882,30 lire), per la partecipazione di De Gregori e Passigli al convegno di Chicago del 1933 (5000 lire per ciascuno oltre a 108,79 lire di spese minute), per il viaggio di Leicht alla Sessione IFLA di Avignone nello stesso anno (circa 450 lire) e per quello di De Gregori alla VII Sessione IFLA di Madrid (2800 lire), nel 1934. Il contributo di 7995 lire per il II Congresso internazionale delle biblioteche (Madrid 1935) si rivela una semplice partita di giro, essendo finalizzato all'identico contributo per la partecipazione di Alfonso Gallo ed Ettore Caraccio del Ministero, restando invece a carico dell'AIB le partecipazioni di Leicht, De Gregori, Passigli e di un altro funzionario ministeriale, Ugo Costa (per ulteriori 16.000 lire complessive, più un contributo di 1500 lire per la partecipazione di Fernanda Ascarelli, Maria Calà e Olga Pinto e spese minori). Non risultano contributi ministeriali per la missione di De Gregori e Passigli a Varsavia e Dresda, nel 1936, per la IX Sessione IFLA (4700 lire), mentre il contributo ministeriale di 6000 lire, nel 1937, coprì solo in parte le spese di partecipazione di De Gregori, Passigli, Nella Vichi e Maria Ortiz al primo Congresso mondiale di documentazione di Parigi (8000 lire, più 2000 che De Gregori ottenne direttamente dalla Commissione per la cooperazione intellettuale, a cui aggiungere ancora il contributo di 1000 lire per Laura Olivieri e Marta Friggeri). Seguirono i viaggi di Leicht e di Boselli a Bruxelles per la XI Sessione della Federazione nel 1938 (3535 lire) e di De Gregori alla XII Sessione in Olanda nel 1939 (3800 lire), e infine l'ultimo contributo ministeriale, per la partecipazione al Congresso internazionale di documentazione di Salisburgo, nel settembre 1942 (14.700 lire, contro spese di Leicht, De Gregori, Domenico Fava, Albano Sorbelli e Nella Vichi che ammontarono a 18.028 lire, compresa la riunione milanese di preparazione). Tirando le somme, si tratta di oltre ottantamila lire (un abbondante 10% delle uscite complessive), contro 33.693 lire di finanziamenti specifici; l'intera attività internazionale dell'AIB arriva a superare le centomila lire, assorbendo quasi completamente, oltre ai finanziamenti ministeriali specifici, i contributi provenienti dai fondi residui del Congresso del 1929.

10 Questa eredità si estende perfino al dopoguerra: nel 1954, infatti, la Direzione generale delle accademie e biblioteche mise a disposizione dell'AIB un centinaio di copie degli Atti, che vennero affidate in distribuzione esclusiva ad Olschki. Cfr. La prima riunione del nuovo Consiglio direttivo, «Notizie AIB», 1 (1955), n. 1, p. 9-11, e la corrispondenza fra Francesco Barberi, allora segretario, e la casa editrice, nell'Archivio storico AIB, D.VI.2.

11 Mancini curò per il Congresso del 1929 la Prima mostra internazionale di biblioteconomia e seguì poi la redazione degli Atti. Gli altri componenti erano tre direttori di biblioteca, Enrico Rostagno, Giuseppe Gulì e Giuseppe Gabrieli, e il funzionario ministeriale Ettore Caraccio. Nella Giunta esecutiva che aveva curato l'organizzazione presidente era stato Leicht, ancora sottosegretario, vicepresidenti Bonazzi e Rostagno, segretario Boselli, membri Calcagno, Fava, Gabrieli e Gulì. Per la maggior parte dei personaggi citati in questo contributo si rimanda, ovviamente, all'indispensabile repertorio di Giorgio De Gregori e Simonetta Buttò, Per una storia dei bibliotecari italiani del XX secolo: dizionario bio-bibliografico 1900-1990, Roma: AIB, 1999 [disponibile in parte anche in rete, http://www.aib.it/aib/editoria/dbbi20/dbbi20.htm].

12 Cfr. per esempio la premessa allo statuto del 1969, L'evoluzione dell'AIB durante un quarantennio, in: Associazione italiana biblioteche, Statuto e regolamento, Roma: AIB, 1969, p. 3-6; La "base" dell'Associazione: relazione di minoranza sulla riforma dello statuto, «Bollettino d'informazioni AIB», 16 (1976), n. 1, p. 33-39. Il topos si trova spesso ribadito; ancora nel 1955, per esempio, il direttore generale Guido Arcamone, nel breve messaggio di augurio sul primo numero del bollettino che allora l'AIB iniziava a pubblicare, scriveva: «Nata dal I Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia, l'Associazione entra ora nel 25º anno di vita» («Notizie AIB», 1 (1955), n. 1, p. 1). In tutta la serie degli Statuti dell'AIB l'adesione all'IFLA è indicata con grande rilievo, nell'art. 1 da quello del 1930 a quello del 1969, nell'art. 2 dal 1981 ad oggi.

13 L'Associazione dei funzionari delle biblioteche e dei musei comunali e provinciali aveva tenuto due importanti congressi nazionali, nel 1925 a Padova e nel 1928 a Bologna; il suo presidente, Giuseppe Agnelli, direttore della Biblioteca comunale di Ferrara e «nestore dei bibliotecari italiani» (Domenico Fava), fece parte del Comitato promotore e del primo Consiglio direttivo dell'AIB e nel 1931 promosse lo scioglimento della vecchia associazione e la sua confluenza nella nuova.

14 Associazione dei bibliotecari italiani, Roma: Stabilimento A. Staderini, 1930, p. [3] (il brano soppresso è il rituale omaggio al regime). L'opuscolo contiene anche la lettera al ministro Giuliano, la sua risposta, l'elenco delle cariche sociali, il primo Statuto e la scheda di adesione. Gli stessi testi vennero pubblicati anche in «Accademie e biblioteche d'Italia», 3 (1929/30), n. 6, p. 593-596.

15 L'on. Balbino Giuliano, professore all'Istituto superiore di magistero di Firenze, già sottosegretario con Alessandro Casati nella sua breve permanenza all'Istruzione dopo Gentile (dal luglio 1924 al gennaio 1925), era presidente dell'Istituto italiano del libro (istituito nel 1925 e diretto da Giuseppe Fumagalli) e aveva fatto parte del Comitato ordinatore dell'Esposizione del libro antico italiano organizzata a Firenze per il Congresso del 1929.

16 Per esempio nell'ottobre del 1928 era stata costituita, per coordinare la partecipazione italiana, la Commissione nazionale per la cooperazione intellettuale: vi troviamo sempre Leicht, presidente della Sottocommissione per le scienze morali e membro del Comitato di coordinamento.

17 Per i verbali delle sedute tenute dal Comitato nel 1929 e il puntuale resoconto dei precedenti e delle riunioni romane del 1928 si veda Primo Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia, Roma-Venezia 15-30 giugno MCMXXIX-A. VII: atti, Roma, Libreria dello Stato, 1931-1933, vol. 1, p. 179-197 (lo stesso volume contiene anche gli elenchi ufficiali dei comitati organizzatori e dei partecipanti); Isak Collijn, The International Library and Bibliographical Committee, ivi, vol. 5, p. 139-146. Cfr. anche Giorgio De Gregori, Vita di un bibliotecario romano cit., p. 31-32, 40-46 e 125-133.

18 Non risulta, comunque, un'ostilità anche larvata dell'Associazione fascista alla nascita dell'AIB: per esempio Vincenzo Fago e Guido Mancini figurano nel suo Comitato promotore. Lo stesso Fago, nel Congresso nazionale dei dipendenti statali delle biblioteche governative organizzato a Napoli nel maggio 1930 dall'Associazione fascista, aveva annunciato «fra il vivo compiacimento dell'Assemblea, la imminente costituzione della grande Associazione dei bibliotecari e bibliofili italiani, che più autorevolmente rappresenterà l'Italia nella Federazione Internazionale delle Associazioni di Bibliotecari» (Il Congresso nazionale dei funzionari delle biblioteche governative, resoconto anonimo in «Accademie e biblioteche d'Italia», 3 (1929/30), n. 6, p. 571-573: 571). Il già ricordato Guido Mancini, professorino di filosofia distaccato al Ministero, entrò nel primo Consiglio direttivo dell'AIB (1930-1933) assumendo le funzioni di vicesegretario e ne divenne vicepresidente a partire dal secondo triennio (1933-1936). Nel frattempo, nel 1931, al posto del Gruppo Biblioteche dell'Associazione del pubblico impiego era stata istituita la Sezione Biblioteche (detta anche Sezione Bibliotecari) dell'Associazione fascista della scuola, con Mancini segretario e, dal 1932, fiduciario nazionale. Mancini curò sempre per l'AIB i rapporti con il Partito nazionale fascista, dove era molto bene introdotto e presso il quale aveva sede la Sezione Bibliotecari dell'AFS, oltre a svolgere spesso funzioni di rappresentanza per l'Associazione, pur a quanto pare disinteressandosi, dopo i primissimi anni, dell'organizzazione delle sue attività. Nel 1934 divenne anche presidente dell'Ente nazionale per le biblioteche popolari e scolastiche, istituito due anni prima, e più tardi (se le menzioni che ho incontrato non sono in errore) fiduciario nazionale dell'intera Associazione fascista della scuola; il suo ruolo di primo piano per i rapporti tra fascismo e industria editoriale (a partire dalla Mondadori) emerge dallo studio di Adolfo Scotto di Luzio, L'appropriazione imperfetta: editori, biblioteche e libri per ragazzi durante il fascismo, Bologna: Il mulino, 1996. Tuttavia, a uno dei più acuti momenti di tensione fra AIB e Ministero, nel 1932-1933, potrebbe non essere stata estranea la tentazione, da parte dell'allora direttore generale Salvagnini, di sviluppare il ruolo dell'Associazione fascista, di cui era stato fra i promotori e propagandisti, a scapito di quella professionale.

19 Riguardo alla lettura serale nella Nazionale, evidentemente da coprire come in casi analoghi con compensi straordinari al personale, dalle uscite risultano versate complessivamente solo 15.288,65 lire, in rate mensili differenziate (e in gran parte anticipate) dal novembre 1937 al luglio 1938. Al contrario, ad Alfonso Gallo per l'Istituto di patologia del libro l'AIB, oltre a girare in giornata (15 febbraio 1938) il contributo ministeriale, aveva versato altre 3000 lire, in due rate, nelle settimane precedenti (6 gennaio e 1º febbraio), sempre «d'incarico del Ministero» ma apparentemente senza rimborso (o, meglio, da compensare con l'altro contributo citato). Nel caso dell'Istituto di patologia del libro, il passaggio attraverso l'AIB servì probabilmente a non attendere la formalizzazione del decreto istitutivo, datato 23 giugno 1938. Già in precedenza l'AIB aveva versato ad Alfonso Gallo un somma rilevante, dalle proprie casse, per il laboratorio di Grottaferrata, successivamente trasferito a Roma per costituire la prima base dell'IPL: «1936, maggio 27 - Alla Abbadia di Grottaferrata come contributo della AIB ai lavori occorrenti per l'impianto del Gabinetto di Restauro (prof. A. Gallo) [L.] 18.665».

20 Per esempio, il 4 aprile 1941 è registrato un «Sussidio del Ministero per rimborsare l'AIB di compensi dati per suo conto», di 2.999 lire, che dovrebbe riferirsi a compensi al personale della Casanatense e ai commissari di un concorso lì svolto e a piccoli sussidi a impiegati presumibilmente in difficoltà economiche. Le 7840 lire incassate nel maggio 1943 («Contributo del Ministero a spese o compensi fatti a suo conto dalla AIB») coprivano probabilmente, ma solo in parte, i versamenti registrati negli stessi giorni e ai primi di giugno, sempre «per incarico del Ministero», a Felice Campoli, Alberto Giraldi, Antonio Tamburini e Walter Freddi per una missione in Dalmazia (5000 lire), ad Attilio Rossi, ispettore generale delle Belle arti, per l'intervento all'asta libraria di Lucerna (2000 lire), e ancora a Giraldi, direttore della Nazionale di Palermo, «profugo da quella città» (3000 lire). Occorre tener presente che anche supponendo che le registrazioni del libro di cassa siano sempre complete ed esatte - cosa che la ben nota meticolosità di Luigi De Gregori farebbe credere - la loro motivazione è registrata sommariamente, mentre non sono conservate nell'archivio storico dell'Associazione, almeno per quanto ho potuto finora vedere, le comunicazioni ministeriali, dalle quali risulterebbe la motivazione ufficiale dei trasferimenti. Né mi era possibile, in questa circostanza, cercarne traccia negli archivi della Direzione generale. Per inciso, l'unica comunicazione ministeriale di questo genere finora emersa annuncia, il 10 aprile 1940, la concessione di un «sussidio» di 10.000 lire «a favore della Biblioteca dell'Associazione italiana bibliotecari» (sic), che corrisponde probabilmente al contributo di pari importo (decurtato delle solite 5 lire) registrato nel libro di cassa al 15 maggio successivo come destinato al Congresso di Napoli. Si può quindi sospettare che le motivazioni ufficiali, pur potendo fornire spunti interessanti, difficilmente chiarirebbero le destinazioni effettivamente concordate per questi finanziamenti.

21 Il ruolo dell'Associazione in questa importante iniziativa editoriale non mi pare che sia fin qui emerso, cosa che mi riprometto di fare in un prossimo contributo sulla base dell'insperato ritrovamento, nell'Archivio storico dell'AIB, di un'ampia documentazione, probabilmente depositata proprio dal Sorbelli.

22 Mentre in genere le spese effettivamente sostenute superano di poche centinaia di lire il finanziamento ricevuto, fanno eccezione l'anno 1937 (in cui si spesero solo 27.300 lire) e l'anno 1939 (in cui se ne spesero ben 41.714), arrivando comunque a un pareggio quasi perfetto sull'intero periodo. I compensi per il primo anno purtroppo vennero indicati in un elenco a parte, non conservato. Alla fine del 1942 e nel gennaio 1944 si aggiunsero ai finanziamenti dell'Accademia d'Italia due contributi del Ministero, per lavori statistici collegati.

23 In effetti al Congresso del 1932 Vittorio Camerani, bibliotecario dell'Istituto internazionale di agricoltura (l'odierna FAO), propose la pubblicazione di un periodico dell'Associazione, «o sotto forma di semplice bollettino di informazioni sociali e professionali, o meglio ancora, sotto quella di rivista mensile, [che] dovrebbe essere il vero organo di collegamento tra tutti i bibliotecari italiani» (Il bollettino e l'annuario dell'Associazione dei bibliotecari, in: Il secondo Congresso dell'Associazione dei bibliotecari italiani: Modena-Firenze, 12-15 giugno 1932, Roma: Biblioteca d'arte, [1933], p. 86-87). Accanto a una rivista di carattere veramente professionale, invece che «ufficioso e scientifico» come la rivista ministeriale, Camerani proponeva anche la pubblicazione di un annuario, per sviluppare il dibattito e gli studi di biblioteconomia, che «non sono mai stati incoraggiati in Italia, per la nota ragione che, prima del sorgere dell'A.B.I. poco o nulla si era fatto per le biblioteche». Ma si trattava di proposte allora mai prese in seria considerazione. Le comunicazioni ufficiali, relative soprattutto al congresso e al rinnovo delle cariche, erano ospitate, come si è detto, nella rivista ministeriale, «Accademie e biblioteche d'Italia», su cui pure scrivevano di solito i bibliotecari più attivi nell'Associazione, nella gran parte dei casi appartenenti allo Stato, salvo qualche "incursione", per raggiungere un'opinione pubblica più ampia o per temi politicamente delicati, in riviste di cultura come la «Nuova Antologia». A proposito degli opuscoletti, segnalo che mentre non risulta nel libro dei conti la spesa per quello citato del 1930, forse sostenuta dal Comitato promotore, non è reperibile, nell'Archivio e nella Biblioteca dell'AIB, quello del 1934, con lo Statuto e il Regolamento, di cui è registrata la spesa.

24 Parte di questa cifra (8626 lire), ovviamente ridimensionata in modo drastico quanto a potere d'acquisto, venne recuperata nel dopoguerra da Giorgio De Gregori, allora tesoriere dell'AIB, che la versò nelle casse della ricostituita Associazione (cfr. G. De Gregori, Relazione finanziaria del tesoriere (anni 1951-54), «Notizie AIB», 1 (1955), n. 1, p. 12-14). Probabilmente fu possibile recuperare solo uno dei due conti bancari dell'Associazione: nel maggio del 1936, infatti, il Ministero aveva imposto l'apertura di un secondo conto, su cui potesse operare solo Leicht (invece di Luigi De Gregori), versandovi l'ultima tranche dei residui dei fondi per il Congresso del 1929.

25 Archivio storico AIB, E.I.1: Congressi, Modena-Firenze 1932. Il carteggio ha parecchi punti gustosi. Il sempre garbatissimo conte Boselli, accanto alla corrispondenza ufficiale che inviava per conto di Leicht, aggiungeva amichevoli missive o cartoline per la Ortiz, in cui notava per esempio, del direttore generale: «Dicendo di approvare tutto, in realtà manda all'aria quasi tutto. Non sarà facile metterci d'accordo a tanta distanza!». Nonostante il telegramma di Leicht («Approvo programma includendovi relazione De Gregori. Prego attendere lettera») e l'invio immediato del programma definitivo, che Boselli pudicamente definiva «in qualche parte assai diverso» dall'altro, il Ministero fece partire lo stesso la comunicazione nella forma decisa da Salvagnini e poi ritardò di una decina di giorni la seconda circolare. Sempre alla Ortiz, Boselli scriveva in quegli stessi giorni: «Del resto sempre più mi convinco che è assurdo un Segretario, che non sta nella sede dell'ufficio! Ella si faccia dare qualche persona che la coadiuvi nella parte materiale; ne ha ben diritto. La Casanatense, il cui Direttore è Tesoriere e perciò deve avere a cuore le cose della Associazione, non può dare un suo impiegato svelto per alcuni giorni?».

26 Archivio storico AIB, Carteggi di bibliotecari, Leicht a Luigi De Gregori, 27 maggio [1939]. Nello stesso fascicolo anche la lettera citata subito dopo, del 15 giugno [1933], e la cartolina del 14 settembre [1942], da cui ho tratto la frase su Intendente. Come si vede, Leicht aveva purtroppo la scomoda abitudine di omettere spesso l'anno nelle date. Della statura e qualità dell'allora presidente dell'AIB testimoniano, fra l'altro, due interessanti documenti presenti nel fascicolo, la minuta della lettera del 15 dicembre 1943 al direttore generale Scardamaglia, in cui Leicht, come presidente dell'AIB e vicepresidente onorario dell'IFLA, chiedeva un intervento del Ministero presso le autorità d'occupazione tedesche per scongiurare l'evacuazione della Biblioteca dell'Istituto archeologico germanico e della Hertziana da Roma, e il memoriale presentato a sua difesa dall'esonero dall'insegnamento universitario deciso dal comando militare americano di Roma il 4 luglio 1944, per complicità con il caduto regime.

27 Si vedano due ricordi di Francesco Barberi nelle Schede di un bibliotecario (1933-1975), Roma: AIB, 1984, p. 61-62, e una sua interessante lettera del 17 settembre 1944, dopo la liberazione di Roma, diretta probabilmente alla Ortiz, che rievoca fatti e discussioni dei mesi precedenti (Archivio storico AIB, A.I.2: Comitato promotore riformatore 1946-1948).