Il titolo di questo libro non può che incuriosire chiunque si interessi di paleografia e di codici manoscritti. Il proposito delle due autrici, Michelle P. Brown, responsabile dei codici miniati alla British Library, e Patricia Lovett, di professione calligrafa, ovvero moderna amanuense, è quello di porre di fronte, per la prima volta, le conoscenze e le esperienze dello storico della scrittura e del moderno professionista della calligrafia.
Se alla conoscenza degli antichi modelli non può rinunciare chi, per lavoro o per diletto, vuole oggi riprodurre una bella onciale tondeggiante, una gotica spigolosa o una elegante carolina, è ugualmente importante per lo studioso di paleografia la conoscenza della procedura per ottenere una penna d'oca correttamente appuntita o l'esatta composizione dell'inchiostro di galla di quercia.
Il primo capitolo del volume, dal titolo Tools and materials, consiste appunto in un'approfondita e accuratissima disamina di tutti gli aspetti tecnici inerenti i materiali scrittori: supporti (carta e pergamena) e strumenti, sia per la scrittura (penne e stili), sia per la rigatura e per le altre operazioni preliminari.
Segue un capitolo dedicato al metodo per l'analisi della scrittura nei manoscritti antichi; gli elementi presi in esame sono: l'altezza delle lettere, l'angolatura del pennino nel tracciato, la forma più o meno rotonda della O, l'inclinazione del ductus, la sequenza dei singoli tratti di penna, la velocità di tracciato.
I capitoli successivi sono dedicati ai tipi di scrittura più noti e diffusi, con una comprensibile predilezione per quelli di origine insulare: alla capitale segue l'onciale, poi la semionciale, l'insulare, la minuscola carolina, la minuscola carolina britannica, la gotica libraria, la bastarda, la Italian rotunda cioè la gotica italiana, compresa la littera Bononiensis, e infine l'umanistica.
Di questa parte stupiscono piacevolmente non solo l'ottima qualità delle riproduzioni fotografiche ma anche gli ingrandimenti delle singole righe di scrittura e le "griglie" in cui le lettere sono inserite: queste rendono infatti possibile verificare le caratteristiche della scrittura relativamente ai parametri adottati per l'analisi (dimensioni, inclinazione, angolazione del pennino, ecc.). Il tutto è poi sintetizzato in un box riassuntivo. Naturalmente, date le premesse e gli obiettivi del lavoro, non sono rappresentate le infinite varianti e "scuole" che rendono così ricco e articolato il mondo della paleografia (e così difficile il suo studio...).
Chiude ciascun capitolo un esempio di riproduzione "moderna" del relativo tipo di scrittura: interessante testimonianza di un'attività artistico-artigianale evidentemente diffusa in Inghilterra, da noi pressoché inesistente.
I manoscritti analizzati non provengono solo dalla British Library: sono rappresentate anche la Biblioteca Vaticana, la Laurenziana, l'Universitaria di Bologna, la Bibliothèque nationale di Parigi: un'ottima occasione per godersi, splendidamente riprodotte, alcune delle più belle pagine dei codici conservati in queste biblioteche.
Il senso di meraviglia che ognuno prova di fronte allo splendore di capolavori quali i Lindisfarne Gospels o le Ore del Duca di Bedford, ma anche di fronte a un semplice corale quattrocentesco (ne abbiamo a centinaia da catalogare nelle nostre biblioteche), porta con sé il desiderio di approfondire lo studio di questi materiali, preziosi testimoni del nostro passato. E non si può fare a meno di condividere le parole di Michelle Brown: «...each volume is rather like an archaeological excavation, offering up a vast amount of fascinating detail and fitting together with other evidence to give a deeper understanding of its age».
Monica Vezzosi
Biblioteca di Scienze ambientali, genetica, scienze biochimiche, Università di Parma