Nell'agosto del 1998 si è svolta a Sheffield la seconda Conferenza internazionale sui bisogni informativi, iniziativa che nella sua continuità dovrebbe rappresentare un foro permanente in cui confrontare le esperienze e le riflessioni sui modelli comportamentali umani nell'atto della ricerca.
Il consumo e la velocità della comunicazione inducono tendenzialmente al delirio di onnipotenza e all'idea della conoscenza facilmente accessibile, convinzioni però sempre più deboli dinanzi alla difficoltà di impostare corrette strategie di ricerca, di sapersi orientare tra la molteplicità di fonti disponibili e di valutare criticamente i risultati.
L'opera in esame, suddivisa in sette sezioni tematiche, complessa quanto ambiziosa nella pretesa di uscire dalla logica dell'approfondimento monotematico, spazia tra assiomi teorici per poi estendersi all'analisi e al confronto di comportamenti e situazioni diverse, all'interno delle quali caratterizzazioni e finalità assumono un peso rilevante. Del resto la pluralità delle traiettorie ricalca quella molteplicità dei fattori che condizionano il comportamento umano dinanzi alle esigenze informative non solo in campo professionale (sanitario, scolastico, ecc.), ma anche nella vita di tutti i giorni. Viene più volte ribadito il concetto di percorso cognitivo condizionato dal "contesto" (insieme di variabili demografiche, sociali, culturali, linguistiche ed emotive) e dall'incertezza, asserto attorno al quale ruotano gli interventi di antropologi, sociologi ed esperti in scienze della comunicazione.
È evidente che il successo di un sistema informativo non si misura essenzialmente in termini di quantità e pertinenza dei dati, bensì sulla capacità di risolvere un problema, semplificando e ottimizzando le scelte decisionali di ciascun individuo. Lo dimostrerebbero le indagini e le interviste raccolte per lo più in Gran Bretagna e negli Stati Uniti: quando la conoscenza del problema è minima o frammentaria cresce il disorientamento, si utilizzano tutte le risorse accessibili per poi passare alla selezione dei dati raccolti. Ben diverso è l'approccio se si è fissato un obiettivo da raggiungere o si ha già in mente la risoluzione al problema: sarà più semplice definire i parametri della ricerca e scartare le informazioni non pertinenti.
Comune denominatore di molti contributi è l'utilizzo degli strumenti informatici (banche dati, CD-ROM, riviste in formato elettronico) e della rete. Ad esempio, Nicholas e Williams hanno esplorato l'impatto di Internet sui giornalisti, in teoria i più interessati alla comunicazione globale e in tempo reale, ma in pratica i più conservatori nella scelta delle fonti e poco entusiasti della telematica. La maggior parte di quelli intervistati si limita all'utilizzo della posta elettronica e alla lettura delle riviste online.
Quali le ragioni di tale comportamento? La scarsa conoscenza della struttura delle basi di dati e delle tecniche di interrogazione, la mancanza di tempo, l'inaffidabilità delle notizie che viaggiano in rete, ma soprattutto l'incapacità di districarsi tra risultati numericamente consistenti e non sempre perfettamente rispondenti ai propri bisogni. Il medesimo atteggiamento "tecnofobico" è stato osservato in campo medico: dinanzi alla perplessità e all'urgenza di una diagnosi, può capitare di fuggire da un ventaglio di fonti pertinenti e aggiornate (come Medline, ad esempio) per rifugiarsi nei consigli del collega o nella letteratura tradizionale.
A quanto pare la diffidenza verso Internet o verso le banche dati non è solo dei professionisti della comunicazione e di coloro che operano in ambiti scientifici, ma anche degli utenti delle biblioteche pubbliche e degli studenti. Esiste ancora il lettore tradizionale che rifiuta le alternative tecnologiche, che per svago o per ragioni non professionali utilizza Internet come strumento di comunicazione (per chattare e scambiarsi e-mail) e si affida alla casualità delle notizie che raccoglie navigando da un sito all'altro, sempre che non abbandoni anzitempo l'impresa, scoraggiato dalle lunghe attese di connessione. A tal proposito viene sottolineata la necessità di coordinare la progettazione dei sistemi informatici con la ricerca sul comportamento umano rispetto all'informazione.
Quali conclusioni possiamo trarre dai lavori presentati alla conferenza, al crocevia tra psicologia e sociologia? Dobbiamo prendere atto che si tratta di studi di natura teorica e di carattere esplorativo che, pur sottacendo sul ruolo di mediazione svolto dai bibliotecari, offrono spunti per servizi in grado di soddisfare le esigenze degli utenti, aiutandoli a muoversi nel complesso e tumultuoso sistema tecnologico. Tuttavia nessuna teoria scientifica è priva di contraddizioni! Proprio le esperienze raccolte in questo volume costituiscono un'eloquente testimonianza di come la soggettività della conoscenza ponga dei limiti alla standardizzazione dei processi cognitivi e alla schematizzazione dei modelli comportamentali umani a essi legati.
Antonella Novelli
Biblioteca della Facoltà di farmacia, Università di Bari