Credo che tra i bibliotecari italiani sussista un diffuso pessimismo sull'incerto orizzonte che la grande politica assegna alle biblioteche italiane, istituti sofferenti per la mancanza di adeguati programmi di governo e alle cui lacune la buona volontà di chi nelle biblioteche lavora non può, per motivi strutturali, porre oltre una qualche misura efficace rimedio. Tra i mali storici del tessuto bibliotecario statale risalta l'assenza di un'infrastruttura avanzata (sulla quale i singoli istituti, anche di piccola dimensione, possano contare per assicurare l'erogazione di una quota minima di servizio) a partire da un deposito legale efficace della produzione editoriale italiana e da una bibliografia nazionale corrente esaustiva e tempestiva nei processi di compilazione.
In occasione dell'innovazione normativa riguardante il ministero italiano della cultura si è generato un dibattito che ha coinvolto le associazioni interessate alla questione e si sono nutrite speranze andate rapidamente deluse con l'approvazione del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, col quale si è istituito il Ministero per i beni e le attività culturali.
L'Associazione italiana biblioteche ravvisò nel progetto di decreto «un'insufficiente volontà riformatrice del settore e [...] l'eccessiva vaghezza e genericità di tale schema, che pare prospettare un semplice riordino degli uffici che gestiscono i patrimoni culturali, senza alcuna autentica intenzione innovatrice» (in: http://www.aib.it/aib/cen/mbca6.htm). Analoga sensazione si prova, a decreto emanato, leggendo gli atti della giornata di studio promossa dall'Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, che qui si recensiscono, durante la quale è stata colta l'occasione per rinnovare un ideale cahier de doléances, da più parti auspicando che tra le pieghe della normativa di applicazione e di secondo grado si recuperi parzialmente ciò per cui il legislatore ha generalmente manifestato un sostanziale disinteresse. Difatti, dai 28 interventi che la pubblicazione contempla, effettuati per lo più da bibliotecari autorevoli del nostro paese, si possono trarre alcune considerazioni sulle quali discutere.
La struttura deputata ai servizi bibliografici nazionali, lasciati nel vago dalla normativa, dovrebbe ricevere un'esplicita competenza sulle seguenti materie: deposito legale, bibliografia nazionale, standard catalografici e di conservazione, prestito interbibliotecario e riproduzione di documenti, descrizione programmata di fondi storici librari e manoscritti, mediazione con l'Unione Europea per i programmi riguardanti le biblioteche, predisposizione di programmi nazionali, coordinamento della cooperazione interbibliotecaria, elaborazione di un'interfaccia d'accesso unica verso il patrimonio bibliografico italiano ovunque collocato, organizzazione federale degli istituti bibliotecari italiani, promozione delle reti bibliotecarie e attribuzione ad alcune biblioteche della funzione di perno per le diverse attività nazionali.
Traendo spunto da quanto accade nei paesi più evoluti, è necessaria la costituzione di una biblioteca nazionale italiana che integri in un'unica struttura o coordini attraverso un sistema di rete le attività delle biblioteche nazionali centrali di Firenze e di Roma, della Discoteca di Stato, dell'Istituto centrale per il catalogo unico e dell'Istituto centrale per la patologia del libro. La scelta tra un'unica sede in cui accentrare le funzioni tipiche di una biblioteca nazionale o un sistema integrato di istituti bibliotecari e bibliografici variamente localizzati sul territorio nazionale e con competenze specifiche, sebbene orientate al raggiungimento del medesimo scopo, dovrebbe essere effettuata dopo un esame delle attività che biblioteche e organi amministrativi del ministero attualmente svolgono e di quelle che eventualmente si potrebbero programmare o istituire ex novo, anche con la collaborazione di biblioteche non appartenenti all'amministrazione centrale. La biblioteca nazionale offrirà i suoi servizi principalmente alle biblioteche italiane, affinché, in ogni parte del paese, i cittadini possano fruire di una serie di prestazioni bibliotecarie standardizzate. Ritengo che l'istituzione della biblioteca nazionale costituisca l'occasione per risolvere il problema della finalità uniformemente attribuita alle biblioteche pubbliche statali, nazionali comprese, dall'art. 2 del d.p.R. 5 luglio 1995, n. 417: essendo queste biblioteche in bilico tra i compiti delle biblioteche comunali, delle universitarie e delle biblioteche di conservazione, esse difficilmente sono in grado di comunicare all'utenza una mission coerente con l'identità bibliografica o la natura bibliologica delle raccolte singolarmente possedute. O si decide, dopo adeguati studi di fattibilità, di trasferire definitivamente questi istituti agli enti locali o alle università oppure si attribuiscano a essi funzioni di carattere nazionale come, ad esempio, una qualche forma di specializzazione nella raccolta dei documenti prodotti dall'editoria corrente o la partecipazione a un sistema nazionale di biblioteche storiche dedicato alla produzione libraria antica manoscritta e a stampa.
Il Ministero dovrebbe promuovere, passando dal principio della tutela della cosa alla erogazione di servizi di fruizione delle cose da tutelare, una gestione integrata e unitaria dei beni culturali e, con il ricorso a programmi nazionali di ampio respiro, la collaborazione tra biblioteche di varia tipologia o tra istituti culturali di diversa natura (archivi, musei, biblioteche).
Affinché il sistema bibliotecario nazionale diventi più efficace si deve fare leva sulla formazione e sulle competenze dei bibliotecari, anche per mezzo del riconoscimento giuridico di un adeguato profilo professionale. Tale rendiconto dovrebbe ormai persuadere che il problema politico delle biblioteche consiste nella circostanza che, al di là di alcune apprezzabilissime eccezioni individuali, il sistema dei partiti e della pubblica amministrazione dimostra una cronica insensibilità per la questione bibliotecaria. Dato che il legislatore, a parte una blanda concessione di cui all'art. 2, comma 2, lett. c) del succitato decreto legislativo («Il Ministero esercita, in particolare, le funzioni amministrative statali nelle seguenti materie: [...] promozione del libro, della lettura e delle attività editoriali di elevato valore culturale; sviluppo dei servizi bibliografici e bibliotecari nazionali»), ha ritenuto di rigettare proposte organiche come quella dell'istituzione di una biblioteca nazionale che agisse da nucleo strategico dei servizi bibliografici e bibliotecari del paese, non si può non constatare un'insanabile divergenza politica e culturale tra chi sostiene la necessità di una reale innovazione in materia di biblioteche e la classe dirigente del paese: circostanza che dovrebbe far riflettere sulla reale efficacia delle strategie fin qui adottate per le nostre battaglie e indurre, ad avviso di chi scrive, a intraprendere la strada di una più decisa conflittualità.
Roberto Ventura
Biblioteca di Scienze tecnologiche, Università di Firenze