Mark R. Willis.  Dealing with difficult people in the library.  Chicago: American Library Association, 1999.  195 p.  ISBN 0-8389-0760-1.  £ 22.50.

Il libro rivendica con orgoglio l'appartenenza alla tradizione della manualistica professionale americana, che rifugge da ogni chimera teorica per fornire risposte concrete ai diversi problemi sorti durante il lavoro in biblioteca.

L'argomento, del resto, è di quelli che non si prestano a disamine filosofiche ma che richiedono soluzioni efficaci e immediate: la gestione dei conflitti tra gli operatori e gli utenti della biblioteca.

L'area di potenziale crisi è vasta, spaziando da situazioni meramente irritanti (sgarbi, male parole, atteggiamenti supponenti) fino ad arrivare a casi di pericolo per l'incolumità degli operatori e di altri utenti (abusi sessuali, intimidazioni, minacce, violenze).

Nessuno insegna agli addetti al pubblico come far fronte ai contrasti che ogni giorno si consumano all'interno delle mura della biblioteca: tanti corsi su come trattare l'informazione, nessuno su come trattare la gente difficile. E un motivo c'è: la percezione collettiva della biblioteca (condivisa peraltro dagli stessi operatori) è quella di un'isola felice, al riparo dalle grandi asperità della vita, dove cortesemente si richiedono informazioni e graziosamente si ricevono risposte e libri da portare a casa. Un luogo, insomma, popolato da persone ammodo, ove la presenza del cafone o dello squilibrato è il pesante ma eccezionale tributo da pagare al mondo là fuori, che grazioso non è, e che non si lascia inventariare, catalogare, classificare come i buoni, vecchi libri.

Per quanto duro a morire, questo mito è ben lontano dal rispecchiare la realtà degli ultimi anni. Essere pienamente radicate nella vita delle comunità locali comporta per le biblioteche americane l'effetto di dover far fronte a una massa di gente provvista delle più diverse storie personali, le cui istanze entrano in rotta di collisione con quelle degli utenti "carini": ubriachi e drogati in crisi di astinenza, malati mentali alle prese con i propri fantasmi, pedofili alla ricerca di carne fresca in sezione ragazzi, genitori che abbandonano i figli in biblioteca o ne fanno oggetto di violenza, barboni che eleggono a propria dimora le sale di lettura più tranquille, signori dabbene che girano con le armi bene in vista e paiono pronti a farne uso per farsi spazio nel mondo. Insomma, una ricca e variata massa di cattivi soggetti che gli operatori della biblioteca non possono cacciare fuori (in forza del famoso Primo emendamento), né possono miracolosamente convertire a più miti consigli; senza contare poi le tante occasioni di microconflittualità che insorgono con gli utenti "normali", che si irritano per un libro irreperibile, si lamentano dell'orario di apertura (per quanto ampio possa essere) o accusano gli operatori di essere dei buoni a nulla a carico del contribuente. Che dire, infine, di chi pretende di attraversare le sale della biblioteca con i pattini o si presenta in tenuta da spiaggia o si è dimenticato le scarpe a casa?

Di fronte a questa così variegata gamma di situazioni potenzialmente conflittuali, gli operatori della biblioteca sono chiamati ad agire non facendo appello alle proprie risorse personali ma contando su un apposito addestramento e facendo riferimento alle politiche sviluppate dall'istituzione per far fronte agli specifici problemi.

Chi sta al banco informazioni non è tenuto a farsi carico da solo della gestione del conflitto ma ha il diritto di disporre di una serie di punti di riferimento certi, in grado di aiutarlo a sviluppare la propria reazione individuale all'interno dei binari fissati dalla politica della biblioteca. Condividere con l'intero staff l'approccio alle diverse situazioni conflittuali libera il singolo operatore dal peso di vivere il conflitto come un fatto personale, e assieme mette al riparo la biblioteca dalle disparità di trattamento che le diverse reazioni individuali sono destinate a creare.

Per ogni area di potenziale contrasto con il pubblico, il libro individua in modo sistematico i segnali di pericolo, fornisce indicazioni operative sullo sviluppo di specifiche abilità di comunicazione e suggerisce l'adozione delle più opportune tecniche di autocontrollo, per concludersi poi con la messa a punto di strategie che coinvolgano tutti gli operatori, sia dal punto di vista strettamente operativo (non rimanere mai da soli con l'utente difficile, frapporre un tavolo tra noi e lui, concordare con i colleghi un segnale di pericolo, segnalare agli altri la presenza di persone sospette, ecc.) che da quello più generale delle politiche di servizio.

L'istanza algidamente politically correct di vietare in biblioteca comportamenti considerati inopportuni (dormire) anziché impedire l'accesso a specifiche categorie sociali (i barboni) si traduce nella messa a punto di "regole della casa" a cui gli operatori possono fare riferimento con sicurezza, riducendo il proprio carico di stress e assieme rendendo condivise le motivazioni che rendono opportuno il ricorso alla forza pubblica, o del pari l'allontanamento dall'edificio, la sospensione del diritto al prestito, il pagamento di multe e indennizzi.

Molto istruttive le "regole" adottate in alcune biblioteche americane, riprodotte in appendice: impossibile però trasferirle senza cospicui adattamenti nella nostra realtà bibliotecaria, dove le occasioni di conflitto con i lettori sono fornite dai cellulari più che dalle pistole e lo spaccio di merendine risulta più praticato di quello di sostanze illegali. Assolutamente inediti per noi i conflitti sull'uso dei pattini in biblioteca, i bambini abbandonati dai genitori, i casi di persone in tenuta da spiaggia o sgradevolmente puzzolenti: e d'altronde doveva pur esserci un lato positivo nella tradizionale emarginazione dalla vita reale delle biblioteche pubbliche nostrane, ancora frequentate - appunto - da una minoranza selezionata di persone che, dietro l'inappuntabile facciata, limitano cortesemente gli atti impropri alla sottrazione di documenti e al microvandalismo verso le suppellettili.

Ma la realtà esterna preme anche sulle nostre biblioteche, che - ampliando la loro base sociale - sono chiamate a fare i conti con la stridente conflittualità di istanze, bisogni e aspirazioni di soggetti che condividono con sempre minore frequenza l'appartenenza ai medesimi ambiti valoriali e che tendono a considerare il richiamo alle regole come fastidioso ostacolo al dispiegamento dei propri diritti. Si tratta di una sfida delicata e importante che la comunità professionale italiana è chiamata ad affrontare, potendo però contare sull'esperienza di chi - come Mark R. Willis - ha saputo fare i conti con la "modernità", fornendo con questo libro utili indicazioni operative sia ai singoli operatori di sportello sia al management bibliotecario.

Maria Stella Rasetti
Biblioteca comunale "Renato Fucini", Empoli (FI)