Come ricorda il curatore nell'introduzione, l'opera ha le sue origini nell'esperienza della Società umanitaria e della Federazione italiana biblioteche popolari. Giunto ormai alla sua quarta edizione - la prima venne pubblicata nel 1968 dalla FIBP, poi riedita a cura della Regione Lombardia nel 1979, cui seguì una terza edizione curata da Maurizio Bellotti e apparsa nel 1985 presso le Edizioni Unicopli - questo manuale ha però attenuato molto il suo legame con la prestigiosa tradizione da cui nasce, perdendo così anche in parte quella identità che ne costituiva uno dei pregi maggiori.
Il titolo, infatti, lascerebbe supporre che le intenzioni siano ancora quelle di fornire uno strumento di lavoro per il bibliotecario delle biblioteche pubbliche di base, ma così non è, come si cercherà di dimostrare in questa recensione. Il concetto stesso di "biblioteca pubblica" ha fatto fatica a entrare nella nostra tradizione biblioteconomica e solo recentemente si è andata affermando una chiara definizione di questa tipologia di biblioteca come istituto dell'autonomia locale, rivolto a tutti i cittadini appartenenti a una determinata comunità, orientato a soddisfarne i bisogni di informazione, divulgazione e lettura. I notevoli passi avanti che le biblioteche italiane di ente locale hanno compiuto dal 1985 - anno in cui, come si è visto, apparve la precedente edizione del manuale - giustificava pienamente la decisione di procedere a una nuova edizione che si proponesse di guidare chi opera nelle biblioteche pubbliche nella gestione di queste trasformazioni e nell'allestimento di un'offerta di servizi adeguati alle esigenze della società contemporanea. Questi problemi assumono nelle biblioteche di base una particolare connotazione e richiedono risposte mirate e strumenti operativi costruiti ad hoc: compito di un manuale professionale è quello di presentare i cardini fondamentali di una disciplina e di fornire gli "utensili" del mestiere per costruire soluzioni efficaci nella pratica quotidiana.
Presentando il manuale, Moscati sostiene che esso ha intenzione di intercettare i bisogni formativi che si manifestano nell'universo bibliotecario italiano, anche a causa del numero crescente di aspiranti bibliotecari che frequentano corsi di biblioteconomia negli atenei e nelle scuole di formazione professionale. Per questo motivo - ma anche per l'assenza di buoni manuali di base - è facile prevedere che questo libro avrà fortuna e venderà molte copie. Se gli obiettivi sono questi, non ci pare allora del tutto comprensibile un'affermazione successiva del curatore, quando egli, cercando di sottolineare gli elementi di continuità con le precedenti edizioni, dichiara che essi sono il titolo e la fedeltà al piano editoriale iniziale: seria divulgazione, forma esemplificata ma non banalizzata, attenzione agli sviluppi della professione. La sensazione è che si vogliano conciliare tante esigenze e perseguire troppe e diverse finalità senza soddisfarne pienamente nessuna, e, ciò che appare più grave, perdendo il sicuro ancoraggio che il manuale aveva sempre avuto con il mondo delle biblioteche pubbliche.
La contraddizione principale che ci sembra di poter cogliere è proprio nell'aver voluto mantenere la vecchia etichettatura (tutte le edizioni di quest'opera si intitolano La biblioteca pubblica), forse sperando anche in un effetto trainante, nel momento in cui il taglio del manuale diviene generalista o, peggio, eclettico. Non si può non notare, infatti, che dei 13 autori che hanno collaborato al volume, soltanto Luca Ferrieri opera nel mondo delle biblioteche pubbliche ed è il solo, infatti, ad affrontare nel suo contributo un tema specifico delle biblioteche di base, come è quello della promozione della lettura. Si tratta di una questione centrale nelle strategie di servizio della public library, che Ferrieri tratta con maestria e con grande equilibrio, anche in rapporto alle altre funzioni delle biblioteche di base: se si vuole uscire dalla genericità e da un banale lavoro di sintesi, come purtroppo accade per altri contributi, sono indispensabili una sensibilità e un'esperienza specifiche, capaci di andare al cuore dei problemi che caratterizzano la vita di una particolare categoria di istituti. Questo cui ora si è fatto cenno è uno dei quattro articoli che formano la prima parte del manuale, intitolata Saggi biblioteconomici, che si compone anche di un contributo di Luigi Bicchieri sulla catalogazione, di uno di Carla Martini sull'automazione e della riproposizione del bellissimo saggio di Lorenzo Ferro - già presente nell'edizione del 1985 e qui aggiornato solo nella bibliografia - sul servizio di informazione e reference, probabilmente tra le più belle pagine che siano mai state scritte in Italia su questo argomento.
La seconda parte del volume affronta i problemi della gestione bibliotecaria. Se è sicuramente apprezzabile la decisione di dedicare tanta attenzione a queste tematiche, dispiace che non si sia dato spazio a qualcuno dei tanti bibliotecari che negli scorsi anni ha portato avanti interessanti esperienze di progettazione, gestione e valutazione di servizi nell'ambito dei sistemi bibliotecari o di singoli istituti. Considerando che la quasi totalità degli autori opera in Lombardia e tenendo conto che proprio nelle biblioteche pubbliche di quella regione esiste ormai un consolidato e maturo bagaglio di esperienze, ci saremmo aspettati che si partisse da lì per proporre ai lettori del manuale un ventaglio di metodi e tecniche di management. In alternativa, o accanto a questi contributi, si sarebbe potuto ricorrere a studiosi o professionisti che, pur provenendo da altri ambiti disciplinari, già avessero avuto occasione di occuparsi dell'applicazione di tali strumenti alla conduzione delle biblioteche. Invece si è preferito ignorare tutto ciò e ricorrere a esperti - il cui valore non si intende qui mettere assolutamente in discussione e che hanno preparato dei lavori anche di buon spessore teorico e metodologico - che non riescono nei loro saggi a entrare mai nel vivo dei problemi che caratterizzano in modo peculiare la vita delle biblioteche. Questa impostazione nega i presupposti su cui si fonda il volume e crea una discrasia tra il livello di astrattezza di questa parte e, invece, l'estremo pragmatismo con cui vengono affrontati alcuni temi tradizionali, come quello delle procedure catalografiche: tutto ciò finirà col depotenziare l'efficacia didattica del manuale e conferma ancora una volta quanto sia difficile dare vita a pubblicazioni miscellanee organiche e coerenti (per inciso e a parziale giustificazione dei limiti di quest'opera, si può ricordare che da simili critiche non è immune neppure il migliore manuale di questo tipo esistente nel nostro paese, i Lineamenti di biblioteconomia curati da Paola Geretto per la Nuova Italia scientifica nel 1991).
Passando a un'altra delle contraddizioni che percorrono tutto il volume, bisogna rilevare che risulta quanto meno discutibile la scelta di dedicare la terza parte allo studio di casi che poco hanno a che vedere con i servizi delle biblioteche pubbliche e che, tra l'altro, vengono affrontati a volte in modo tale da non corrispondere neppure alle finalità per cui questa parte è stata impostata. Come scrive Moscati nella sua introduzione, ci si è voluti rifare al modello «tipicamente anglosassone, di manuale teorico e pratico [...], dove vengono proposti studi di casi (i famosi Case studies e Case histories), che hanno il duplice compito di illustrare, con esempi concreti e secondo fini didattici, come i principi della materia abbiano trovato una soluzione pratica in grado - se possibile - di "fare scuola" e di documentare, ai fini della ricerca, lo stato dell'arte della disciplina». Con queste premesse, non ci si aspetterebbe di trovare in un manuale per le biblioteche pubbliche uno scritto di Fermo Valsecchi sui servizi di documentazione nella Camera di commercio di Milano, uno di Gabriella Cortesi sull'uso dei CD-ROM nel servizio banche dati della università IULM di Milano, uno di Emanuela Costanzo sulle biblioteche carcerarie, uno di Paolo Giovannetti sulla biblioteca dell'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia e uno di Donatella Lombello sulle biblioteche scolastiche. Può essere senz'altro utile e interessante un approfondimento su queste realtà, come su tante altre, e in alcune circostanze chi lavora nelle biblioteche di base può ricavarne anche suggerimenti per intervenire sul territorio - le biblioteche carcerarie e scolastiche, ad esempio, possono essere sicuramente partner di attività cooperative -, ma si tratta pur sempre di realtà periferiche rispetto ai tanti altri possibili casi che si sarebbero potuti esaminare e che invece connotano in modo specifico l'evoluzione del servizio delle biblioteche pubbliche nel nostro paese: per fare solo qualche esempio, pensiamo ai servizi di secondo livello realizzati all'interno di alcuni sistemi territoriali, alla cooperazione nella definizione della fisionomia documentaria e nello sviluppo delle raccolte, alla progettazione di servizi rivolti a particolari categorie di utenti, all'uso della multimedialità e delle risorse disponibili in rete, alla creazione di sistemi di circolazione dei documenti, all'adozione di forme di gestione in autonomia, e ad altro ancora. Di tutto ciò nel volume si parla poco o non si parla affatto, o meglio non se ne parla più: le edizioni precedenti, infatti, dedicavano la dovuta attenzione ad alcuni temi caratterizzanti della biblioteca pubblica, come l'organizzazione degli spazi o la sezione ragazzi.
Senza voler enfatizzare gli steccati esistenti tra le diverse tipologie e modelli di biblioteca, va evidenziato che, se intendono dare apporti significativi, le istanze della formazione e la produzione manualistica debbono cercare un punto di equilibrio fra i temi generali e introduttivi allo studio della biblioteconomia e l'analisi di specifiche problematiche, che richiedono competenze e modalità di intervento molto mirate. Nella letteratura professionale italiana esiste già una discreta offerta di opere di taglio manualistico, sia a livello generale sia su temi particolari: questo manuale può trarre in inganno chi si lascia guidare dal titolo o dal ricordo delle edizioni precedenti e in effetti aggiunge molto poco a quanto era già a disposizione di chi si avvia agli studi biblioteconomici o intende prepararsi a un concorso per entrare nel mondo delle biblioteche pubbliche.
Giovanni Solimine
Università della Tuscia, Viterbo