Ci sono dei libri che riescono a segnare dei passaggi importanti nell'ambito di una disciplina, malgrado o, forse, proprio grazie alla giovane età dei loro autori. Ci sono libri che nascono dalla passione dello studio e rappresentano il felice coronamento di un percorso universitario che ogni professore dovrebbe augurarsi per i suoi alunni migliori. È questo senz'altro il caso di questo volume.
Molto opportunamente, nella presentazione, Piero Innocenti sottolinea come si tratti di un «contributo importante a far crescere riflessione di metodo e studi sul campo»: infatti se Anna Galluzzi si è posta come primo obiettivo quello di ricostruire la storia dell'attività di valutazione in Italia nell'ambito delle biblioteche pubbliche, scopo della sua indagine è anche quello di verificare in che modo questa attività si sia svolta, quali siano state le metodologie adottate, se i criteri utilizzati siano scientificamente validi e, di conseguenza, se i dati raccolti possano essere attendibili. Non a caso l'intero terzo capitolo è dedicato a una disamina delle metodologie utilizzate nelle indagini censite e in un'utile appendice, che conta più di cento schede, di queste indagini si forniscono anche le coordinate essenziali.
Naturalmente non manca il tentativo di prendere in esame il funzionamento delle biblioteche pubbliche in Italia, esame a cui l'autrice dedica l'intero secondo capitolo sottolineando come «l'idea di passare dall'analisi delle metodologie a quella dei dati è scaturita dall'opportunità offerta da questo lavoro di censimento di visionare una notevole quantità di rilevazioni effettuate nelle biblioteche pubbliche italiane», sebbene si sottolinei l'estrema prudenza che è stata utilizzata nel comparare dati spesso disomogenei.
Guidata da Giovanni Solimine, la cui autorità nel campo è indiscussa, Anna Galluzzi ha saputo cogliere la felice intuizione di una necessità improrogabile: questa indagine sulle indagini ha lo scopo di analizzare quanto prodotto in un decennio e al tempo stesso di fornire un punto di partenza non più empirico, ma finalmente scientificamente consolidato, a quanti vogliano seguire la strada della valutazione e della misurazione dei servizi bibliotecari per capire meglio quale sia l'impatto della realtà in cui operano sulla comunità degli utenti. Per questo ritengo che il volume rappresenti un passaggio importante: l'analisi della Galluzzi consente ora di avere, dati alla mano, un quadro completo e fornisce un punto di partenza imprenscindibile.
Il nostro paese presenta delle realtà variegate: anche questo lavoro fotografa un'Italia a diverse velocità, dovute a quell'incompiutezza del processo unitario che sembra essere un portato ormai endemico della nostra storia nazionale. L'assenza di un sistema bibliotecario omogeneo non è altro che una delle tante facce della disarmonica poliedricità di ogni altro settore della nostra vita pubblica. Questa riflessione "realistica" non deve, però, spingerci all'inazione, ma soltanto farci rendere conto della situazione in cui ci troviamo a operare. Lo sforzo di standardizzazione in questo senso è fondamentale: far capire a chi ha in mano le redini del potere (comunque questo potere si eserciti) che esistono dei possibili modelli a cui ispirarsi è essenziale. Al tempo stesso è fondamentale avere la coscienza che certi modelli non sono immediatamente esportabili in un contesto che ha caratteristiche completamente diverse. Per questo a volte appare sterile il semplice richiamo all'imitazione di esperienze straniere, senz'altro difficilmente adottabili hic et nunc, ma che certo è bene conoscere e sforzarsi di imitare.
Credo di poter affermare che la lettura di questo volume dimostra una crescita complessiva dell'attenzione ai temi della valutazione. Personalmente ritengo che di strada se ne debba fare ancora molta, ma ribadisco che il merito del libro è proprio quello di fare il punto sulla situazione italiana: abbiamo finalmente la possibilità di abbandonare il dilettantismo degli inizi per operare in maniera più seria e appropriata su un terreno certo difficile, ma che rappresenta uno dei modi migliori per testimoniare la vitalità e la necessità dei servizi bibliotecari.
Non manca, naturalmente, chi veda anche un pericolo nell'attività di valutazione e di misurazione, e non tanto perché tema per il proprio posto di lavoro, ma perché paventa una possibile adozione troppo acritica di certi criteri di giudizio. Il rischio è quello che i nostri amministratori non diano per scontato che le biblioteche siano necessarie e che certi strumenti servano a migliorarne la qualità, ma preferiscano operare non solo recidendo i rami secchi ma tagliando le stesse radici. È un timore non peregrino nella realtà italiana. Ma è proprio per questo che i bibliotecari devono appropriarsi degli strumenti della valutazione, non diversamente da quanto accade per le nuove tecnologie. Non il rifiuto aprioristico, ma la conoscenza e la consapevolezza sono gli unici antidoti efficaci in questi casi.
La passione con cui Anna Galluzzi affronta la materia e la competenza con cui la padroneggia dimostrano che ha saputo mettere ben a frutto gli insegnamenti di Giovanni Solimine e ci confortano nell'auspicare che le biblioteche e i bibliotecari italiani possano perseguire la strada della misurazione e della valutazione dei servizi con sempre maggiore competenza.