Il volume contiene, pubblicato con parecchio ritardo rispetto alla sua redazione, lo studio di fattibilità CoBRA-UNIMARC redatto nel 1996 e finanziato dalla Comunità europea, disponibile da tempo anche in formato PDF (con l'esclusione delle appendici A-I) all'indirizzo http://www.bl.uk/information/uni.pdf. Lo studio è stato svolto nell'ambito del progetto HPB (Hand Press Book), promosso dal CERL (Consortium of European Research Libraries) con lo scopo di creare un catalogo europeo del materiale librario pubblicato nel periodo della stampa preindustriale (fino al 1830). La base dati è attualmente ospitata presso il californiano RLG (Research Libraries Group), mentre i dati vengono raccolti in formato UNIMARC. Sugli scopi del progetto, cui collabora anche l'ICCU, e su alcuni dei problemi messi in luce da questo studio di fattibilità informa l'intervento di Claudia Fabian, coordinatrice dello studio stesso, Isa De Pinedo e Cristina Magliano pubblicato su questo «Bollettino» (37, 1997, n. 2, p. 193-206).
Lo studio di fattibilità aveva come scopo l'analisi di un cospicuo campione di registrazioni catalografiche di libri antichi fornite da sei istituzioni europee, quattro partecipanti al progetto, la Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera, la Bibliothèque nationale de France, la Kungkiga Biblioteket di Stoccolma e l'ICCU, e due che non parteciparono al progetto, le biblioteche nazionali portoghese e croata, che sono anche le uniche biblioteche di questo gruppo che utilizzano UNIMARC come formato nativo di catalogazione e non solo come formato di scambio. L'analisi doveva consentire di verificare quali problematiche sorgano volendo fondere in un catalogo cumulativo registrazioni catalografiche di paesi differenti. Si comprende quindi come lo studio, anche se è centrato sulle problematiche poste dal libro antico, sia di utilità più generale, poiché rappresenta forse il primo tentativo di analisi approfondita di differenti applicazioni nazionali di UNIMARC.
Per quanto concerne gli aspetti maggiormente legati al trattamento del libro antico nello studio di fattibilità e durante l'esecuzione del progetto furono indicate numerose modifiche da apportare a UNIMARC per consentire un adeguato trattamento del libro antico. Pressoché tutti i nuovi campi o le modifiche suggerite dal CERL sono state via via recepite dal Permanent UNIMARC Committee (PUC) dell'IFLA, incaricato della manutenzione del formato nei periodici Update del manuale. Così sono stati aggiunte le etichette 012 (Impronta), 140 e 141 (Dati codificati per il libro antico), 830 (Nota generale del catalogatore), 518 (Titolo nella forma grafica standard moderna) e nel terzo Update, pubblicato quest'anno, l'etichetta 035 (Altro numero di sistema), che contiene il numero di sistema attribuito dall'organizzazione da cui è stata derivata la registrazione. Inoltre sono stati introdotti alcuni sottocampi specifici e nuovi codici proposti dal CERL per le etichette codificate.
Ai fini di realizzare lo studio fu prodotto un software che ha consentito di effettuare una serie assai ampia e dettagliata di rilevazioni circa l'applicazione di UNIMARC nei sei centri partecipanti, basandosi su 258.000 registrazioni. Le osservazioni che nascono da queste rilevazioni, delle quali è dato il dettaglio nelle appendici A-G, trascendono di gran lunga l'ambito di applicazione di UNIMARC al libro antico e rappresentano un punto di partenza per riflessioni sulla reale compatibilità delle varie applicazioni nazionali del formato e su quali potrebbero essere le strade per avvicinare maggiormente le differenti interpretazioni nazionali dello standard.
Una prima osservazione riguarda i set di caratteri utilizzati: a causa di limitazioni ancora assai pesanti nei software utilizzati sono numerosi i compromessi che vengono fatti dai vari enti per la gestione dei caratteri speciali. Ne consegue che al momento di transcodificare i dati dal formato interno a quello di scambio non tutti i caratteri riescono a essere espressi in modo corretto. Si auspica un rapido passaggio all'uso di Unicode, tuttavia se, come si dice da più parti, il set Unicode potrebbe a causa della sua pesantezza essere utilizzato prevalentemente per lo scambio e non per la gestione interna, potrebbero riproporsi i medesimi problemi rilevati attualmente.
UNIMARC all'epoca della redazione dello studio di fattibilità prevedeva la possibilità di utilizzare 166 etichette, di queste ne risultano utilizzate 75 e soltanto 12 sono utilizzate in tutti e sei campioni analizzati: 001 (Numero di registrazione), 100 (Dati generali per l'elaborazione), 101 (Codice di lingua), 200 (Titolo e formulazione di responsabilità), 210 (Pubblicazione, distribuzione, ecc.), 215 (Descrizione fisica), 300 (Note generali), 500 (Titolo uniforme), 700 (Autore personale - Responsabilità principale), 701 (Autore personale - Responsabilità alternativa), 702 (Autore personale - Responsabilità secondaria), 801 (Fonte di origine della registrazione). Sono un po' meno delle etichette previste dalla «Guideline» 4 UNIMARC Minimal level record pubblicata dal PUC all'inizio del 1999, ma sono assai vicine, almeno per i dati descrittivi, al livello minimo di descrizione previsto dalle AACR2 (1.0D1), con la sola eccezione dei dati riferiti all'edizione, mancanza che un po' sorprende visto il tipo di materiale su cui si è basata l'analisi.
Come è noto manca ancora un formato UNIMARC per i dati di copia e di localizzazione, mentre esiste da anni USMARC format for holdings and locations: se disporre di un formato standard per questo tipo di dati può essere di interesse limitato per cataloghi locali, diventa assai interessante in caso di consorzi. Infatti le soluzioni di ripiego finora adottate prevedono l'inserimento dei dati di copia e localizzazione in campi proprietari 9xx, che quindi differiscono anche sensibilmente a seconda delle decisioni locali. La preparazione del formato di copia è nei programmi del PUC, ma finora non è disponibile neppure in bozze.
Un ulteriore aspetto che emerge in modo evidente dal confronto delle registrazioni è la differente interpretazione delle possibilità offerte da UNIMARC per le pubblicazioni in più volumi. La problematica impatta con il trattamento dei campi di legame 4XX, che se hanno rappresentato una innovazione di UNIMARC, si sono anche prestati alle più differenti interpretazioni. Non è questo il luogo di affrontare questa problematica, che naturalmente attiene più in generale alla tipologia e alla valenza delle relazioni fra le varie entità bibliografiche, che solo ora e per la prima volta FRBR tenta di affrontare da un punto di vista che non sia la mera empiria prevalente nei codici di catalogazione e nei formati di descrizione bibliografica e di scambio. Per restare sul versante empirico, che è poi quello di UNIMARC, si rileva come in apposita appendice K, posta in chiusa del volume, si presentino cinque possibili diversi approcci (ma tre presentano due alternative per cui si sale in totale ad otto) alla catalogazione della medesima opera in più unità fisiche. Sostanzialmente le casistiche si riportano tutte alle ben note tre opzioni maggiori descritte nella «Guideline» 5 pubblicata dal PUC: creazione di più registrazioni su più livelli, collegati fra loro con legami in modo gerarchico, che è anche l'opzione preferita dallo standard; creazione di registrazioni su più livelli, ma proponendo titoli composti da titolo comune, numero e titolo di parte per le registrazioni delle singole unità fisiche ed eventualmente una registrazione di insieme; creazione di un'unica registrazione con nota di contenuto, più o meno ricca. Le scelte e le loro possibili varianti dipendono dalle opportunità, in termini di investimenti sulla catalogazione, dalle tipologie dei cataloghi, recuperati da schede o frutto di catalogazione primaria, e dagli usi catalografici nazionali. È chiaro che questi aspetti debbono essere messi in conto laddove si progetti la creazione di cataloghi multinazionali, come in questo caso, ed è evidente che le differenze anche forti rilevate fra i diversi cataloghi costituiscono un problema non piccolo laddove si miri alla integrazione delle registrazioni in un'unica base di dati.
In generale dallo studio di fattibilità emerge che UNIMARC è un formato sufficientemente flessibile e adattabile, in grado cioè di ospitare dati rispondenti alle differenti tradizioni catalografiche; anzi la flessibilità di UNIMARC nel consentire soluzioni alternative è stata percepita al limite come un incoraggiamento a mantenere pratiche molto varie, mentre sarebbe auspicabile, secondo gli estensori dello studio, una maggiore uniformità di trattamenti. Ma poi, e per finire, proprio questa si direbbe la lezione che ci offre questa pubblicazione: molti passi avanti sono stati fatti dagli enti catalografici nazionali e internazionali verso l'integrazione di vari aspetti della catalogazione; è però chiaro che si è ancora ben lontani da una completa omologazione, né forse alla fin fine la si saprebbe davvero auspicare, poiché laddove la si è realizzata spesso ci si è mossi su una preesistente omogeneità di base oppure ad applicazione di posizioni culturalmente o economicamente dominanti. Forse proprio la integrazione che la rete mondiale esercita sempre più e la maggiore sofisticazione delle tecnologie dovrebbero indurre ad utilizzare le tecnologie stesse come mezzo di armonizzazione di pratiche nazionali, che spesso hanno motivazioni storiche e culturali non disconoscibili, piuttosto che inseguire omogeneizzazioni tutt'altro che facili da praticare.