La Bibbia: edizioni del XVI secolo, a cura di Antonella Lumini. Firenze: Olschki, 2000. xxxix, 327 p. (Biblioteca di bibliografia italiana; 162). ISBN 88-222-4868-6. L. 80.000.

Assai più che il catalogo di una mostra - sia pure di occasione ed impegno corposamente “giubilari” - è questa pubblicazione uscita a corredo dell'esposizione svoltasi alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze e nella quale è stato offerto al pubblico un folto gruppo delle oltre trecento Bibbie raccolte nei fondi dell'istituzione. L'evento, svoltosi nella primavera del 2000, ha assunto un particolare rilievo culturale, sia per la Biblioteca che, oltre a pianificare l'iter espositivo, ha elaborato un'approfondita analisi storico-catalografica dei singoli pezzi, sia per tutti quei ricercatori che - osservando da diverse prospettive disciplinari un materiale bibliografico così particolare - si sono avvantaggiati allo stesso tempo di una rassegna visivamente appagante e di uno strumento critico pregevole.

Le Bibbie sono state dunque esibite tenendo presente la loro triplice valenza di libri religiosi, elaborati letterari, prodotti tipografici. Inoltre, ben a ragione si è effettuata la scelta di non oltrepassare il limite temporale del sedicesimo secolo: questa tranche cronologica, infatti, ha rappresentato per la storia editoriale del testo sacro proprio il periodo più intenso, durante il quale la Scrittura è stata oggetto di svariate e feconde revisioni accuratamente meditate da eruditi ed ecclesiastici, in una sorta di furor filologico. Soltanto nell'ultimo decennio del Cinquecento - ormai radicatesi le contrapposizioni tra schieramenti riformista e controriformista - la stesura biblica di ambito cattolico venne portata a definitiva cristallizzazione: dopo un tentativo, non compiuto, effettuato da Sisto V, la versione ufficiale del 1592 fu autorizzata, nonché imposta all'orbe romano, da papa Clemente VIII; e dai nomi dei due pontefici che fortemente la vollero venne chiamata Bibbia Sisto-Clementina.
Molteplici sono ovviamente le angolature dalle quali il corpus biblico può essere studiato: il catalogo fiorentino rende ampiamente ragione degli aspetti bibliografici ed editoriali, come pure delle scelte redazionali che costituirono nel corso di quel secolo la variabile forte di ogni successiva edizione (e si tenga presente che quella cattolica non fu l'unica chiesa ad effettuare scelte dogmatiche nell'omologazione del canone). Una storia delle varianti letterarie non è lo scopo precipuo del libro; ne è bensì l'ovvio presupposto critico. Grazie al saggio di Ida Zatelli e a quello della curatrice Antonella Lumini - e attraverso la lettura progressiva dei dati storici contenuti nelle singole schede - è in effetti possibile ripercorrere a grandi linee quelle opzioni interpretative - applicate in autonomia da ciascun redattore, o caldeggiate dagli establishment confessionali - che contribuirono a diffondere nelle coscienze dei popoli d'Europa non una sola ed unica Parola, bensì numerose Parole.

Ripercorrere criticamente le vicende di “normalizzazione” e “trasgressione” (esse costituirono il segno meno cruento, ma non il meno significativo, degli scontri ideologici che tanto marcarono la vita del Cinquecento) è compito degli storici, e non strettamente dei bibliografi. Però, è di pertinenza del bibliografo mettere in risalto come un'edizione, un libro, un esemplare, portino comunque in sé le tracce palesi dell'humus intellettuale di cui il manufatto stesso è espressione grafica. L'analisi comparata delle diverse fatture, accanto a quella delle motivazioni religiose e culturali - spesso esplicitate dai curatori in circostanziate prefazioni o commenti dottissimi - ci restituisce un panorama esauriente di quell'erudizione della quale abbiamo finito per perdere, oggi, la memoria. E a maggiormente porre in evidenza la frequentazione, se non addirittura la familiarità, che nei secoli di ieri gli studiosi portavano al testo biblico, viene in modo opportuno il saggio di Marielisa Rossi, che riflette sulla varietà di possessori e provenienze di tutti questi esemplari: dal riesame dei fondi storici, dall'analisi qualitativa e quantitativa delle presenze librarie (e delle scelte sottese) è possibile ancora adesso stabilire gli indirizzi culturali delle istituzioni (in prevalenza comunità conventuali, ma non solo) o le personali preferenze dei privati: enti e persone che delle tante Bibbie si trovarono spesso a fare raccolta, più ancora che uso.

Flavia Cancedda
Roma