Valentina Comba. Comunicare nell'era digitale. Milano: Ed. Bibliografica, 2000. vii, 149 p. (Bibliografia e biblioteconomia; 58). ISBN 88-7075-555-X. L. 30.000.

I bibliotecari sono stati investiti da una serie di cambiamenti tecnologici che hanno modificato in profondità il modo di lavorare e di comunicare. Essi si trovano a una svolta difficile della loro professione.
L'autrice si dichiara solidale con il loro disagio e cerca di analizzarlo. Non si tratta di un aspetto della generale difficoltà di tutti i cittadini del mondo industrializzato ad adattarsi alla rapida evoluzione delle tecnologie della comunicazione. Il disorientamento dei bibliotecari, secondo l'autrice, ha una ragione specifica: il timore di perdere le biblioteche e, con esse, la propria funzione di mediatori tra libri e lettori, tra conoscenza scritta e studiosi.

Tale timore si può superare, secondo la Comba, cercando un'identità professionale diversa, valorizzando e arricchendo le competenze maturate finora. Ella considera fondamentale il perfezionamento della capacità di comunicare con gli utenti, secondo tre modalità: informare, insegnare, e collaborare.
La prima modalità - informare - è tipica del bibliotecario di reference: scoprire, con una accurata intervista, cosa realmente cerca l'utente. In un'era “digitale” l'utente può essere assente fisicamente dalla biblioteca e accedervi compilando un modulo reperito sul Web della biblioteca o inviando un e-mail del tutto informale. Il bibliotecario in questo caso lavora senza dati di tipo analogico. Ha solo quelli digitali: una richiesta, qualche domanda. L'intervista di reference va dunque condotta in modo molto analitico evitando qualsiasi tipo di ambiguità nella comunicazione.
La seconda modalità - insegnare - è una sorta di sviluppo della prima. Le tradizionali istruzioni sull'uso della biblioteca sono ora un'introduzione alla ricerca in rete o nelle banche di dati. In quest'attività i bibliotecari mettono in gioco le competenze acquisite e ne costruiscono di nuove.
La terza modalità - collaborare - è quella più innovativa, perché trasforma radicalmente l'identità del bibliotecario. L'autrice riporta sia alcuni esempi di collaborazione tra bibliotecari e medici, sia gli sviluppi del Computer Supported Cooperative Work. In entrambi i casi il bibliotecario viene coinvolto nell'attività di altri specialisti, le sue abilità si integrano con quelle di altre professioni. Con il modello della collaborazione, i bibliotecari escono dalle biblioteche e affrontano ogni tipo di bisogno informativo.

Se dunque le biblioteche si duplicano in rete con architetture virtuali, se le loro collezioni sono visibili da una pluralità di prospettive poiché i lettori possono ora edificare biblioteche personali e temporanee, è necessario che i bibliotecari abbandonino le biblioteche.
Il suggerimento è provocatorio. La trattazione assume di nuovo, come l'inizio del libro effettivamente prometteva, un tono appassionato e a volte polemico.
Tuttavia proprio l'incertezza tra distacco e passione rispetto alla materia trattata provoca una forte ambiguità nell'impostazione del libro. L'autrice tende a volte a sintetizzare momenti della sua ricerca (i capitoli sulla comunicazione), altre volte riflette sulla professione, altre volte ancora si occupa di problemi tecnici, strettamente biblioteconomici.

Si potrebbero dunque trovare molti lettori diversi interessati a questo libro, ma nessuno di loro ne sarebbe pienamente soddisfatto.
Questo limite del libro è in realtà motivato dalla stessa autrice in una delle prime pagine: "Dunque si è voluto circoscrivere contenuto e messaggio, allo scopo di mettere a navigare subito la barchetta nell'acqua della fontana, prima che tutti i bambini tornino a casa a giocare con qualcos'altro".
La preoccupazione è comprensibile: c'è urgenza di comunicare le proprie riflessioni prima che il contesto che le ha originate si trasformi. Tuttavia i temi discussi dalla Comba non sono legati strettamente all'attualità, hanno una portata più ampia, e la sua ricerca è stata attenta e approfondita. La sua barchetta avrebbe insomma potuto vincere la regata anche salpando più tardi. Il vantaggio sarebbe stato visibile sul piano formale, con una maggiore uniformità di registro stilistico, e anche sul piano della struttura del contenuto, che ora ha densità e consistenza abbastanza eterogenee.
Un ultimo rilievo riguarda infine uno dei punti di forza del libro, la sua bibliografia ibrida, ricca, contaminata. Ora è disseminata nelle numerose note a piè di pagina, ma se venisse organizzata sarebbe un'ottima guida per i bibliotecari che vogliono uscire dalle biblioteche.

Anna Vaglio
Università Bocconi