Maria Mannelli Goggioli. La Biblioteca Magliabechiana: libri, uomini, idee per la prima biblioteca pubblica a Firenze. Firenze: Olschki, 2000. xvi, 222 p. (Monografie sulle biblioteche d'Italia; 9). ISBN 88-222-4858-9. L. 44.000.

La storia delle biblioteche in Italia costituisce da tempo terreno di dibattito fra gli addetti ai lavori, caratterizzato comunque da una sorta di rifiuto da parte degli storici a considerare queste istituzioni come oggetti degni di considerazione storiografica. Non è facile pertanto, pur all'interno di una produzione non trascurabile relativa agli ultimi decenni, imbattersi in contributi che riescano a muoversi in una prospettiva storiografica sufficientemente articolata e complessa.
Non è certo un caso quindi che questo volume tenga in qualche modo di nuovo a battesimo una collana che non vedeva titoli dal 1983 e che si moltiplichino da tempo, anche dal mondo dei bibliotecari, appelli ad apporti specifici che, derogando da un esclusivo interesse per gli aspetti catalografici e biblioteconomici, affiancati spesso ad una cronaca fattuale dell'incremento dei singoli fondi e all'agiografia dei donatori originari, riconduca la storia dei singoli istituti nell'ambito della complessiva riflessione storiografica in atto nel nostro paese, mettendo fine ad un' "estraneità" che si presenta tanto più acuta per l'età moderna.

Scrivendo qualche anno fa su questo argomento («Società e storia», (1996), n. 72, p. 253-281), ricordavo le sollecitazioni in questo senso della Pesenti Marangon agli inizi del decennio appena trascorso e i quasi contemporanei rimproveri mossi da uno storico come Nicola Labanca su una rivista professionale («Biblioteche oggi», 9 (1991), n. 1, p. 99-102), che, di fatto, tacciava i bibliotecari italiani di «accanimento sugli aspetti catalografici e manualistici» e li indicava come diretti responsabili del mancato sviluppo nel nostro paese, anche nel dopoguerra, di qualcosa «di appena paragonabile all'attenta analisi storica delle vicende dei libri e delle biblioteche che invece circola e vivifica altre culture biblioteconomiche europee». Rimbrotti che echeggiavano in qualche misura quanto già Armando Petrucci aveva avuto modo di scrivere anni prima introducendo l'edizione italiana de L'apparition du livre di Febvre e Martin.

Va dato quindi merito all'autrice di questo volume di aver approntato un contributo di indubbio spessore, anche riguardo allo stimolante passaggio privato/pubblico nella struttura bibliotecaria italiana, procedendo sul doppio binario, storico e biblioteconomico, di una rivisitazione analitica e documentata delle origini della Magliabechiana, fino alla sua apertura nel gennaio 1747. La vicenda della progressiva definizione e gestione del patrimonio librario lasciato in legato da Antonio Magliabechi viene collocata, infatti, nella cornice di un'ampia architettura storico/bibliotecaria, articolata su un analitico esame interno/esterno, compresi «i condizionamenti politici e culturali che ebbero un forte peso sulla natura, sulla destinazione e sulla fisionomia del nascituro istituto».
Vanno viste in quest'ultima ottica le indagini sui rapporti fra biblioteca e potere, già praticate ad esempio dalla Pesenti Marangon nel suo volume sulla Universitaria padovana, segnati nel corso del tempo da interventi specifici: quelli dell'ultimo granduca della dinastia medicea e, dopo la morte di Gian Gastone, quelli relativi all'affidamento della gestione della struttura a una serie di esponenti significativi dell'apparato burocratico/funzionariale del governo lorenese, prima Carlo Rinuccini e Andrea Alamanni, legati a doppio filo al vecchio regime mediceo, e successivamente uomini aperti al nuovo e certo di respiro europeo, formatisi alla scuola sperimentale, come Antonio Cocchi e Giovanni Targioni Tozzetti.
Un passaggio che marca concretamente l'evoluzione della figura del bibliotecario verso una professionalizzazione che in Toscana troverà definitivi sviluppi nella gestione leopoldina del granducato e che si accompagna all'evoluzione della legislazione toscana sul deposito delle copie d'obbligo e sui permessi di stampa (un aspetto su cui l'autrice, purtroppo, non ha potuto avvalersi del recente saggio di Sandro Landi su Il governo delle opinioni pubblicato da Il mulino).

Accanto a questo, il volume non manca di affrontare con competenza l'aspetto biblioteconomico e la progressiva organizzazione interna della donazione magliabechiana precedente all'apertura al pubblico. Costituisce un capitolo a sé, riproposizione di precedenti studi dell'autrice, l'esame del sistema di classificazione impostato dal Cocchi, riconosciuto «di eccezionale importanza nel panorama italiano della tassonomia documentaria» e ispirato all'opera filosofica di John Locke, sviluppata dal medico toscano facendone derivare un elenco di classi.
La successiva, imponente attività catalografica del Targioni Tozzetti conduce così direttamente all'apertura di una biblioteca che non porta più i segni dell'identificazione del fondo librario con il donatore, cioè con una figura di bibliofilo erudito e con l'affastellamento dettato dal suo «furore d'aver libri»: solo un'organizzazione catalografica efficiente poteva dar vita – com'era nelle intenzioni dello stesso Magliabechi – alla nascita di una biblioteca "pubblica" a Firenze.

Mario De Gregorio
Biblioteca comunale di Siena