Alberto Salarelli – Anna Maria Tammaro. La biblioteca digitale. Milano: Ed. Bibliografica, 2000. 303 p. (Bibliografia e biblioteconomia, 57). ISBN 88-7075-546-0. L. 35.000.

Il volume di Salarelli e Tammaro si può considerare un primo tentativo di sistematizzazione di una serie di riflessioni e discorsi che il dibattito biblioteconomico italiano ha visto crescere esponenzialmente negli ultimi anni, attraverso articoli su riviste professionali, siti Web e interventi a convegni e seminari, dibattito al quale gli stessi autori hanno ampiamente partecipato.

In questo senso, trovo apprezzabile e condivisibile l'impostazione del volume, che ha un taglio problematico e non paradigmatico; scopo del volume è, infatti, non tanto quello di proporre soluzioni operative o di passare in rassegna l'insieme dei possibili metodi di lavoro, quanto quello di mettere in evidenza i problemi aperti, dei quali gli autori suggeriscono possibili chiavi interpretative.

Proprio in quanto tappa di un processo di sistematizzazione, il volume ha complessivamente un carattere divulgativo, soprattutto relativamente alla letteratura professionale di ambito angloamericano. L'esposizione problematica delle esperienze e delle riflessioni che si vanno facendo nell'ambiente angloamericano è sicuramente stimolante e aiuta a chiarire il quadro generale all'interno del quale il mondo delle biblioteche si sta muovendo. Ad esempio, sapere che l'espressione e il concetto di digital library sono stati inventati in un contesto professionale non bibliotecario contribuisce a far acquisire ai bibliotecari la consapevolezza che il livello di osmosi della nostra professionalitá con il contesto tecnologico e sociale circostante è sempre piò alto e che per questo è necessario uscire dalla propria nicchia professionale.

Passando alla struttura del volume, esso si presenta articolato in due parti, intitolate rispettivamente L'informazione digitale, di Alberto Salarelli, e La biblioteca digitale, di Anna Maria Tammaro.
La prima parte si focalizza sulle questioni di "contesto" della biblioteca digitale, senza chiarire le quali sarebbe impensabile anche solo parlare di biblioteca digitale; tra queste, significato e produzione del documento digitale, tecnologie informatiche e telematiche (reti e relativi protocolli).
La seconda parte ha un carattere più strettamente biblioteconomico, in quanto affronta tutti gli aspetti organizzativi e funzionali della biblioteca digitale.

Le due parti si amalgamano opportunamente, pur restando giustamente diverse sul piano dello stile espositivo, in conseguenza dei due approcci prescelti e delle caratteristiche individuali e di formazione dei due autori.
Per quanto riguarda la prima parte, è d'obbligo sottolineare la convergenza nell'impostazione della riflessione di Salarelli con altre pubblicazioni prodotte negli ultimi tempi sugli stessi temi, in ambienti diversi da quello bibliotecario. Penso ad esempio al volume di Fabio Ciotti e Gino Roncaglia, Il mondo digitale, edito da Laterza nel 2000. In particolare, mi sembra di percepire in questo tipo di pubblicazioni un approccio comune che va nella direzione di interpretare le tendenze, le prospettive e la filosofia della comunicazione digitale (cfr. la recensione della scrivente al suddetto volume in «Bollettino AIB», 40 (2000), n. 3, p. 402-405).
Questa prima parte ha un taglio introduttivo-divulgativo, ma l'autore non manca di approfondire e di esplicitare le complessità insite in alcune tematiche, in particolare quelle ritenute di maggiore interesse per la professione bibliotecaria; tale alternanza di contenuti introduttivi e approfondimenti, pur necessaria, lascia a volte un po' disorientati nella lettura e può suscitare l'impressione di un leggero disequilibrio tra le parti.

Per quanto riguarda la seconda parte, risultano particolarmente efficaci le puntualizzazioni su alcune questioni fondamentali, ad esempio, la definizione di "biblioteca digitale" e i rapporti con i concetti di biblioteca "elettronica", "ibrida", "virtuale". Condivisibile anche la preferenza accordata alla definizione della biblioteca digitale proposta dalla Digital Library Federation: «Le biblioteche digitali sono organizzazioni che forniscono le risorse, compreso il personale specializzato, per selezionare, organizzare, dare l'accesso intellettuale, interpretare, distribuire, preservare l'integrità e assicurare la persistenza nel tempo delle collezioni digitali cosí che queste possano essere accessibili prontamente ed economicamente per una comunità definita o per un insieme di comunità». Tali precisazioni sul piano definitorio, come chiarisce l'autrice, non costituiscono soltanto la risposta a un problema metodologico, bensì servono a delineare esattamente i confini della materia trattata. Nei fatti poi, spesso si riscontrano delle deroghe a questa scelta di campo, lì dove si affrontano funzioni e aspetti della biblioteca digitale non ancora ben sviluppati e che possono essere per il momento discussi solo in riferimento a biblioteche in una situazione cosiddetta "ibrida" (per esempio, quando si parla di valutazione si trattano di fatto i metodi di rilevazione sperimentati nelle biblioteche "ibride").

Le due questioni centrali attorno alle quali ruota la trattazione di questa seconda parte del volume sono, da un lato, la centralità dell'utente e i problemi della definizione dell'utenza potenziale della biblioteca digitale, dall'altro la scelta obbligata della cooperazione in ambiente digitale e il nuovo modello cooperativo.
Mi pare possa essere utile soffermarsi brevemente su questi due aspetti. Per quanto riguarda la costruzione e la valutazione del servizio in funzione dell'utente, il cuore del problema è esemplificato dal paradosso "universale/personale": nella biblioteca digitale «un accesso generalizzato a utenti remoti e non conosciuti dovrà convivere con un servizio personalizzato diretto a singoli utenti con precisi interessi ben conosciuti. Il problema della biblioteca digitale sarà quello di conciliare la diversità dell'utente e l'universalità dei bisogni informativi». Quindi da un lato si assiste all'estensione e all'accessibilità praticamente universale delle risorse e del servizio, dall'altro alla sua personalizzazione sempre più spinta. Tale paradosso porta – a sua volta – con sè altre conseguenze altrettanto paradossali: l'accessibilità universale abbatte le barriere spaziali e favorisce la disintermediazione, mentre le personalizzazioni introducono nuove forme di intermediazione. Tale paradosso viene affrontato spostando sempre di più l'ottica dall'utenza potenziale in senso classico (bacino legato a un'area territoriale o istituzionale) al concetto di target population (cioè gruppi di utenti accomunati da bisogni informativi assimilabili). Alle tematiche dell'utenza sono poi strettamente collegate quelle dei programmi di istruzioni per gli utenti e dell'apprendimento di capacità didattiche da parte dei bibliotecari.

L'individuazione di target di utenza, definiti sulla base di comuni interessi informativi, porta con sè la scelta cooperativa come strumento per passare dal piano della specificità a quello dell'universalità. La biblioteca digitale ha come suo naturale complemento uno stile di lavoro cooperativo, che investe tutte le fasi di vita dell'informazione digitale. Anche la cooperazione però non può più incentrarsi su un modello territoriale, ma deve appunto evolvere verso un modello tematico/utenziale. Le questioni centrali restano quelle tecnologiche (interoperabilità) e organizzative (accordi e consorzi), ma i soggetti coinvolti si associano o collaborano secondo modalità e su piani completamente diversi dal passato.

Ci sarebbe inoltre da approfondire il dibattito almeno su altri due aspetti problematici sollevati nella seconda parte del volume: la scelta della tariffazione dei servizi come scelta obbligata della biblioteca digitale e la priorità assegnata a strumenti di valutazione qualitativi piuttosto che quantitativi. Pur concordando con le ragioni di fondo di entrambe le posizioni espresse, guardando alla situazione italiana non posso che esprimere qualche dubbio. Per quanto riguarda la prima questione, mi chiedo se le biblioteche italiane, ancora così poco digitali nei fatti possano permettersi la tariffazione di servizi ancora così lontani da standard di qualità.

Riguardo al timore espresso dall'autrice che, sul piano valutativo, si venga sommersi da indicatori quantitativi perdendo di vista l'opinione degli utenti, credo che in Italia si è lontani dal correre questo rischio; mi pare infatti che nessuno degli indicatori dei servizi della biblioteca digitale è stato ancora applicato nel nostro contesto bibliotecario. Se dunque non si raggiunge un buon livello di attendibilità, di periodicità e di approfondimento delle analisi quantitative realizzate mediante gli indicatori, forse non sono ancora maturi i tempi per applicare strumenti di valutazione ancora più complessi quali sono quelli qualitativi.

In entrambi i casi credo che la divergenza di opinioni dipenda dal punto di vista internazionale scelto dall'autrice per la sua trattazione, punto di vista che rispecchia realtà ben più avanzate rispetto alla situazione di molte realtà bibliotecarie italiane; per questi motivi, la seconda tappa del percorso di sistematizzazione potrebbe forse essere proprio la traduzione e la rilettura dei contenuti della biblioteca digitale in riferimento al contesto bibliotecario italiano. é il momento di appropriarsi dei risultati delle riflessioni che si sono fatte fino a questo momento a livello internazionale.

Trovo stimolanti anche le conclusioni degli autori, che si soffermano sul futuro della professione bibliotecaria. Concordo con l'affermazione che il mondo digitale richiede una complessità e varietà di competenze a cui in linea di principio il bibliotecario dovrebbe essere già in grado di adattarsi, ma l'interrogativo (e affermativamente la speranza) è: il mondo digitale avrà bisogno dei bibliotecari?

Un ultimo appunto di tipo stilistico: sarebbe forse stata opportuna un'ultima revisione dell'apparato bibliografico a piè pagina, in particolare allo scopo di omogeneizzare le due parti del volume. Avrei inoltre corredato le citazioni dei siti Web (correttamente citati secondo lo standard ISO 646-1983, come indicato in premessa) con l'indicazione della data di ultima consultazione o comunque avrei indicato la data di ultima verifica complessiva della funzionalità dei link una volta per tutte all'inizio del volume.

Mi sembra invece in linea con l'impostazione del volume (le cui citazioni sono tra l'altro riferite per l'80% a materiali disponibili solo o anche online) la doppia proposta di approfondimento: bibliografico e webibliografico.

Anna Galluzzi
Biblioteca centrale della Facoltà di ingegneria “G.P. Dore”,
Università di Bologna