In SBN con Dewey: il catalogo classificato del Polo della Biblioteca nazionale centrale di Firenze

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Maria Chiara Giunti

Abstract

La pubblicazione dell'Edizione 21 italiana, a cura del gruppo di lavoro della Bibliografia nazionale italiana (BNI) coordinato da Luigi Crocetti, contribuirà, credo, a un ulteriore avanzamento nella diffusione della cultura e della pratica della Classificazione Dewey nella realtà bibliotecaria italiana. Mi sembra perciò in questo momento particolarmente opportuno fornire un contributo di informazione e di riflessione sullo stato dell'arte e sulle prospettive di sviluppo del catalogo classificato in SBN, riferendomi a quanto elaborato e sperimentato nel Polo della Nazionale di Firenze, che per brevità indicherò come "Polo BNCF".
Il Polo BNCF è stato, insieme a quello di Ravenna, il primo di SBN ed è tuttora Polo sperimentale per i programmi SBN. Proprio in quell'iniziale periodo 1985-1986 il gruppo dei catalogatori semantici della BNI si pose due contemporanei e correlati, seppur distinti, obbiettivi: da un lato l'adozione da parte della BNI della classificazione integrale Dewey, con l'abbandono della cosiddetta pratica degli Schemi BNI o Tavolette, dall'altro la costruzione nel nascente SBN di un vero e proprio catalogo classificato, sulla base dell'allora corrente Edizione 19 integrale.
I criteri che furono allora definiti in merito alla struttura di un archivio di classi in SBN, si sono dimostrati validi alla prova del tempo, seppur con successivi adeguamenti, rispetto sia alla crescita della base dati della Biblioteca, sia anche al susseguirsi delle varie edizioni della Classificazione Dewey.
Occorreva innanzitutto, a nostro avviso, costruire un archivio precoordinato di classi Dewey che fornisse l'ossatura, la struttura portante, del catalogo classificato in linea. L'archivio doveva fornire al classificatore uno strumento di ricerca preliminare nella fase di scelta della classe, e poi di controllo della correttezza formale del numero immesso, senza tuttavia che venisse confuso con lo strumento per classificare, costituito invece dalle tavole della Classificazione; ma soprattutto doveva fornire all'utente un accesso verbale per arrivare alle notizie bibliografiche e quindi ai documenti, sia mediante lo scorrimento delle liste dei numeri con relativa vedetta, sia mediante l'interrogazione diretta per termini. Per costruire un simile archivio occorreva però soddisfare due condizioni preliminari. La prima era l'esistenza di un adeguato programma SBN, che fu ideato in collaborazione con il Centro elaborazione dati (CED) della BNCF e da quest'ultimo realizzato tra il 1985 e il 1987, mediante l'inserimento nei programmi di classificazione delle funzioni autonome di creazione e cancellazione classe, e di modifica vedetta. Tali modifiche sono poi confluite nella riscrittura a maschere dei programmi SBN nel 1993–1994. La seconda condizione riguardava il contenuto stesso dell'archivio, ed era quella di una traduzione italiana dell'edizione corrente della DDC, comprendente almeno tutte le intestazioni (o vedette) dei numeri base, cioè di quelli contenuti nelle tavole delle classi da 000 a 999. Questo lavoro di traduzione fu compiuto direttamente all'interno dell'ufficio catalogazione semantica della BNI, nel corso del 1985-1986.
Una volta eseguita la traduzione italiana dell'intestazione di un numero Dewey, occorreva esplicitare la catena gerarchica e il contesto classificatorio del numero stesso, evitando però di appesantire eccessivamente la vedetta (sia per il limite di 160 caratteri della stringa in SBN, sia per la leggibilità da parte dell'utente). La vedetta cioè doveva contenere un congruo numero di termini, atti a indicare sia il punto di vista generale o la disciplina sotto il quale un argomento è considerato nella classificazione, sia la sua posizione relativa in una particolare catena gerarchica.
Si escluse subito una decodifica verbale analitica e totale, cifra per cifra, dei numeri: sarebbe risultato non solo troppo lungo e frammentato, ma a volte ripetitivo e quindi inutile al fine di cogliere il significato proprio del numero, a causa soprattutto dei molti "numeri gancio" Dewey. Si scelse perciò di contenere la vedetta del numero base entro un massimo di due elementi, separati da un punto, in cui il secondo corrispondesse al vero e proprio significato finale del numero, qual'è esplicitato nelle tavole della Classificazione Dewey, e il precedente corrispondesse invece alla vedetta del numero superiore più significativo della natura generale della classe, risalendo la catena gerarchica di uno o al massimo di due livelli. Evitammo di comporre la vedetta mettendo in prima posizione l'intestazione del numero più alto, all'apice della scala gerarchica, poiché questo avrebbe del tutto alterato la struttura gerarchico-enumerativa propria della classificazione, e fornito anche scarso aiuto all'utente, soprattutto nelle classi molto articolate ed estese, dove uno stesso soggetto compare in più divisioni della classe generale stessa. La vedetta di un numero base può essere anche limitata ad un solo elemento, ovvero alla pura e semplice intestazione che quel numero ha nelle tavole, quando il soggetto abbia un solo ambito di classificazione.
Un ulteriore motivo di contenimento della vedetta a un massimo di due parti componenti fu individuato nella possibilità di eseguire la ricerca nel catalogo classificato a partire dai termini contenuti nelle vedette: un eccesso di termini avrebbe comportato un richiamo eccessivo, tale da vanificare l'efficacia della ricerca. Sempre con un occhio all'utente, oltreché ad esigenze di revisione e manutenzione dell'archivio, pensammo di differenziare anche graficamente le vedette dei numeri base da quelle dei numeri costruiti, scrivendo tutte le prime in carattere maiuscolo, le seconde in minuscolo.
Lo scorrimento verso l'alto, cioè verso i numeri più brevi e generali, e verso il basso, cioè verso i numeri più lunghi e specifici, è l'altra colonna portante dell'archivio delle classi in SBN.
Per favorire una più immediata lettura della catena gerarchica anche all'interno della vedetta di un singolo numero si è inoltre preferito evitare la forma del sintagma preposizionale, preferendo più termini separati laddove invece l'intestazione Dewey è di tipo sintagmatico-preposizionale. Il criterio generale adottato nella decodifica verbale dei numeri costruiti è stato quello di aggiungere alla vedetta del numero base superiore soltanto i termini dell'intestazione dell'ultimo numero della catena, le vedette dei numeri costruiti sono contenute perciò entro un massimo di tre elementi.
Quando, nel maggio 1993, fu pubblicata l'Edizione 20 italiana, cioè la prima edizione italiana di un'integrale, la BNI decise che l'avrebbe adottata a partire dal gennaio 1994.
Ci trovavamo allora con un archivio di classi basato sull'Edizione 19, ammontante a circa 20.000 numeri base muniti di vedetta, e a circa 16.000 numeri costruiti ma ancora per una buona metà privi di vedetta, che avremmo in ogni caso dovuto decodificare. Le notizie bibliografiche, quindi i documenti, classificate con l'Edizione 19 assommavano complessivamente a 87.461, di cui 70.556 in BNI. Valutammo che il catalogo classificato del Polo BNCF era allora uno dei pochissimi in tutto l'ambiente SBN, peraltro in una base dati di biblioteca già consistente e in corso di rapida crescita. Ripartire da zero con un archivio 20 interamente da reimpiantare avrebbe comportato un costo sproporzionato di lavoro di programmazione informatica e di gestione catalografica, a fronte di scarsi o nulli vantaggi per l'utenza, per la quale cambiavano radicalmente soltanto i numeri per le opere di musica (divisione 780). Ritenemmo perciò più opportuno, in quella fase, procedere ad una trasformazione dell'archivio 19 in 20, tranne per la divisione 780 che andava invece chiusa e ricreata in toto sulla base della nuova edizione. Fu concepito perciò un programma di adeguamento parziale dell'archivio, mediante l'attribuzione di diversi simboli ai numeri. Questa manovra comportò uno sviluppo nei programmi SBN relativi alla gestione nella base dati di più edizioni Dewey (teoricamente già prevista).
L'ulteriore cambiamento da 20 a 21 ha comportato una nuova valutazione e riflessione, che ha condotto a un cambiamento di rotta, concretizzatosi sostanzialmente nella decisione di chiudere stavolta l'intero archivio 20 e aprirne uno 21, anche a costo di duplicare una parte dei numeri e di scontare una fase di vedette vuote. L'assunzione diretta del compito della traduzione integrale e degli adattamenti da parte del gruppo di lavoro della BNI stessa, con il coordinamento di Luigi Crocetti, ha comportato da un lato una molto più approfondita conoscenza e valutazione dell'entità e delle caratteristiche dei cambiamenti contenuti nella nuova edizione, dall'altro ha permesso l'utilizzo da parte del Gruppo redazionale della base dati TINddc contenente prima la 20 italiana, poi, alla fine del lavoro, la 21 italiana.
È stata così favorita sia una preventiva completa valutazione delle novità, quindi della quantità di numeri di classificazione coinvolti nel cambiamento, sia la possibilità di parziali riversamenti di numeri e vedette dalla base TINddc alla base SBN. Come noto l'Edizione 21, a differenza della 20 rispetto alla precedente, contiene varie revisioni complete, revisioni estese, espansioni, riguardanti numerose divisioni dotate di ricca e crescente garanzia bibliografica (che è del resto tra i principali motivi di tali cambiamenti), anche nella nostra realtà italiana.
Per impiantare il nuovo archivio delle classi basato sull'Edizione 21 abbiamo cercato di combinare diverse esigenze.
In primo luogo abbiamo dovuto fare i conti con limitatissime risorse di tempo e di forze, da applicare a un archivio aperto "in fieri" e questo non ha permesso un'immissione iniziale troppo estesa di numeri base, e sono stati benvenuti tutti gli automatismi qualitativamente compatibili.
Abbiamo perciò preparato un primo scheletro dell'archivio base 21, formato dai numeri e vedette di ordinamento della BNI 2000, basate sull'Edizione 13 ridotta. Contemporaneamente sono state rielaborate, con procedure in parte manuali e in parte automatiche, tutte le parti della classificazione 21 integralmente nuove, prima riversando in batch in SBN le sequenze di numeri dalla base TINddc, poi adattando le vedette con le necessarie catene gerarchiche.
In secondo luogo si è cercato di riutilizzare il patrimonio di dati relativi alla precedente edizione, duplicabili senza o con minime modifiche. Abbiamo quindi ideato un programma che, per ogni numero nuovo dell'archivio 21 e privo di vedetta, va a cercare nella base SBN 20 lo stesso numero munito di vedetta, e quindi la duplica legandola al numero 21. Il programma è congegnato con una stop-list che esclude tutte le sequenze di numeri comprese nelle classi sottoposte a revisione estensiva e completa. Il programma può essere lanciato a intervalli rapportati alla crescita dell'archivio e può operare anche per parti di classificazione, dove si noti una maggiore crescita di numeri e quindi di vedette vuote. Naturalmente questa prima fase di costruzione dell'archivio 21 richiede sempre di accompagnare le fasi automatizzate con l'assiduo controllo e intervento da parte del bibliotecario, mediante la lettura e le frequenti integrazioni per il completamento delle catene gerarchiche dei numeri. Alla data del 31 dicembre 2000, procedendo in questo modo, abbiamo un archivio 21 di 8.587 numeri base (completi di vedetta) e 5.061 numeri costruiti (in parte da decodificare), per un totale di 13.648 numeri, legati a 16.532 notizie.
Concludendo vorrei sottolineare come i notevoli passi fatti sul piano gestionale lasciano irrisolte una serie di questioni sul fronte dell'utente del catalogo classificato in linea.
Mi chiedo innanzitutto quanti, e in quali modalità, gli OPAC esistenti in Italia e all'estero prevedano una ricerca per classe. Sarebbero inoltre interessanti indagini sulla diffusione e il grado, soprattutto qualitativo, di utilizzo dei cataloghi classificati esistenti, ottenibili oggi più di ieri grazie ai dati rilevati dagli OPAC.
Mi chiedo anche quali siano le più efficaci modalità per segnalare i cambiamenti dovuti ai passaggi di edizione Dewey, in modo che l'esito della ricerca sia completo: è sufficiente il filtro del numero di edizione, o non si dovrebbe pensare a un campo note più articolato che si possa aprire dai numeri che cambiano almeno nelle due edizioni più recenti? Credo anche che dobbiamo pensare a eventuali collegamenti fra OPAC e versione elettronica della Classificazione Dewey, anche se per ora disponibile solo in lingua originale.
È chiaro comunque che la presenza di un archivio di classi coerente e decodificato è il presupposto indispensabile per gli ulteriori sviluppi degli stessi OPAC.

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