RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Conor Fahy.  Bibliologia: Marta e Maddalena delle discipline del libro.  Genova: Associazione italiana biblioteche, Sezione ligure, 1997.  31 p.  (Biblioteche e fondi librari in Liguria. Frammenti di un discorso bibliografico; 1).  L. 12.000.

Il titolo «accattivante» - così lo definisce l'autore di questo scritto breve ma, come sempre quando si tratti di C. Fahy, ricco di spunti che creano reti insospettabili nel vastissimo territorio di pertinenza del libro, antico soprattutto - cela, dietro la metafora neotestamentaria, una riflessione precisa e puntuale sul rapporto fra bibliologia (disciplina che studia il libro come oggetto materiale) e storia del libro (che di questo oggetto fa il punto di partenza per un'analisi multidirezionale che abbraccia la storia, l'economia, la società, la cultura...).

Della bibliologia dunque si tracciano i confini ideali: essa si occupa di descrivere esemplari servendosi di tutti gli elementi che il libro materialmente fornisce. Eppure la sua analisi, per essere il più possibile compiuta, deve necessariamente ricorrere ad altro materiale, proveniente dai vari settori della storia del libro «da cui quindi in parte dipende per la validità delle sue conclusioni». Dal discorso di Fahy emerge così che bibliologia e storia del libro non possono vivere autonomamente, perché se è vero che gli ambiti disciplinari da esse ricoperti viaggiano anche in parallelo, più frequentemente accade che si intreccino, talvolta costituendo intricati percorsi nei quali è difficile dire dove cominci una e termini l'altra.

Occorre spendere qualche parola sul ragionamento induttivo che sta alla base delle ricostruzioni storiche in ambito bibliologico: è vero, ammette Fahy, i risultati affidati anche alle migliori ipotesi soffrono di una certa fragilità e, soprattutto, sono passibili di essere del tutto sconfessati da un elemento nuovo. Le nostre conoscenze in materia sono rese inoltre più insicure dalla scarsità del materiale pervenutoci, ma il vero studioso non deve arroccarsi sulle proprie posizioni qualora altri formulino ipotesi più convincenti.

Le fonti a disposizione per la ricostruzione dei procedimenti di stampa sono molte, a sostegno delle notizie che l'oggetto libro (fonte primaria si potrebbe dire) fornisce, anche se non disponibili lungo tutto il periodo della stampa manuale, né sempre presenti contemporaneamente per un dato intervallo: i regolamenti dell'arte, i documenti che provano l'esistenza di rapporti tra autori e tipografi, i manuali per i tipografi. Certo ognuna di queste testimonianze soffre e del fattore umano che interviene tra fatto e scritto e delle destinazioni, talora del tutto speciali, di questo materiale.

Bisogna raffrontare dunque ancora lo studio particolare al concetto generale, esaminando il rapporto tra il libro e il suo autore, la produzione tipografica "altra" di chi ha stampato il libro di cui ci si occupa, la produzione anteriore della stessa opera o di opere simili, il territorio in cui quell'edizione nasce: tutto ciò naturalmente senza dimenticare l'analisi sulla fonte primaria degli studi sul libro, e cioè il libro stesso. Di qui l'invito ai bibliologi a entrare in biblioteca per analizzare i libri di cui discorrono, facendosi - per richiamare il titolo - da Marte anche un po' Maddalene.

Piacevole sorpresa, al termine di questo intervento, è la postfazione di Anna Giulia Cavagna, promotrice dell'incontro che ha suscitato anche lo scritto di Conor Fahy: l'autrice ribadisce un invito tante volte espresso da Fahy, quello di un censimento dei risultati della ricerca nel campo delle discipline del libro accumulatisi nel tempo e mai compiutamente raccolti. Numerosi, infatti, sono i percorsi possibili di studio di queste fonti, tanto anche il materiale a disposizione di chi sia disposto a «riguardare con occhi meno stanchi» la miriade di indicazioni che sulla stampa e della stampa si sono date in ogni tempo.

Ilde Menis, Centro interdipartimentale di servizi bibliotecari di Economia, Università di Udine