Biblioteche digitali: prospettive e sviluppo
di S. Michael Malinconico

1. La crisi delle biblioteche di ricerca

Le biblioteche di ricerca sono in crisi. Gli utenti si aspettano un accesso rapido e comodo a una mole di informazioni in continua crescita. Si aspettano di poter accedere a quelle informazioni immediatamente, in tempi e luoghi di loro scelta. La quantità, il costo e la varietà delle risorse informative che gli studiosi hanno bisogno di consultare hanno superato di gran lunga la capacità di un singolo istituto di poterle fornire. Mentre la portata dell'universo delle informazioni al quale gli utenti chiedono di accedere si espande a ritmo accelerato, incendi invisibili consumano una gran quantità dei materiali tradizionali che ne costituiscono il nucleo. Gli aumenti di bilancio, generalmente indicizzati in base all'aumento medio dei prezzi, non hanno mantenuto il passo con la domanda eccezionale riposta sulle biblioteche dagli utenti, dalle raccolte, dai fornitori. Di conseguenza, bibliotecari e utenti si sono rivolti alle nuove tecnologie per la soluzione di questi problemi. Ambedue in egual misura confidano che le biblioteche digitali, o biblioteche virtuali, consentiranno a lungo termine quell'accesso comodo e universale che gli utenti delle biblioteche richiedono, che sarà più pratico conservare immagini elettroniche che documenti cartacei e che l'efficienza possibile con le tecnologie elettroniche potrà ridurre la distanza tra le richieste insite negli obiettivi di una biblioteca di ricerca e le possibilità delle sue risorse.

Iniziative portate a termine o avviate in questo decennio indicano che le biblioteche digitali, le biblioteche virtuali, una nuova infrastruttura dell'informazione, nonché l'accresciuto accesso all'informazione, da tempo previsto, sono tutti a portata di mano. Tuttavia, le prospettive per la soluzione dei problemi economici che investono le biblioteche sembrano meno chiare. Alcuni costi saranno ridotti o eliminati, ma costi nuovi e, soprattutto, un utilizzo accresciuto possono compensare questi guadagni. Il mantenimento delle attuali strutture organizzative potrà inibire ulteriormente cambiamenti sostanziali.

2. I periodici

I problemi più seri che investono le biblioteche di ricerca sono quelli legati all'acquisizione e all'accesso ai periodici. I bilanci per l'acquisto di materiali delle biblioteche universitarie che fanno parte dell'Association of Research Libraries (ARL) 1 sono cresciuti negli ultimi venti anni più velocemente dell'indice dei prezzi al consumo statunitense (Consumer Price Index, CPI) (Fig. 1).

Fig. 1: Bilanci per l'acquisto di materiali delle biblioteche universitarie dell'ARL (dal 1976)

Per contro, la capacità delle biblioteche di mantenere e accrescere le proprie raccolte è andata notevolmente diminuendo. Nel 1996 le biblioteche associate all'ARL hanno speso quasi il 125% in più per gli abbonamenti ai periodici rispetto al 1986, pur ricevendo il 7% in meno di titoli di riviste, e hanno acquistato il 21% in meno di monografie per pagare quegli abbonamenti [1].

Il prezzo medio degli abbonamenti ai periodici statunitensi ha una rapidità di crescita quasi doppia rispetto al CPI e non è azzardato affermare che la situazione è analoga in Italia e negli altri paesi. Di conseguenza, una quota sempre maggiore dei bilanci per gli acquisti è monopolizzata dagli abbonamenti ai periodici, generalmente a scapito di monografie e altri materiali.

Non c'è bisogno di insistere sull'importanza che le biblioteche di ricerca siano in grado di fornire un accesso esauriente alla letteratura periodica a supporto della ricerca dei loro utenti. Tuttavia, anche le monografie costituiscono un settore importante delle raccolte di una biblioteca di ricerca, in particolare quando questa biblioteca serve un istituto di istruzione superiore. Nel 1976, primo anno in cui l'ARL iniziò a raccogliere dati sulla spesa per i periodici, le biblioteche stanziavano in media il 60% circa dei bilanci per l'acquisto di materiali per le monografie e il restante 40% per i periodici. Nel 1979 la spesa per i periodici incideva per più del 50% sul bilancio per gli acquisti; nel 1989 la percentuale aveva raggiunto il 62% (Fig. 2).

Fig. 2: Incidenza dei periodici nei bilanci per gli acquisti

Tra il 1990 e il 1992 le biblioteche dell'ARL cancellarono abbonamenti per una cifra pari a 21 milioni di dollari [2, p. 42]. Malgrado questi tagli massicci, nel 1997 la spesa delle biblioteche dell'ARL per i periodici ha raggiunto il 67% dei bilanci per gli acquisti. Se la percentuale stanziata per gli abbonamenti ai periodici continua a crescere al ritmo attuale, nel 2017, in due decenni, inciderà per il 90% del bilancio per i materiali.

I problemi creati dal rapido aumento dei prezzi dei periodici sono aggravati dalla crescita esponenziale della quantità d'informazione pubblicata. Il numero di nuovi titoli di riviste pubblicati annualmente aumenta di più del doppio ogni sette anni. Inoltre, la pronta disponibilità di indici elettronici ha aumentato di molto il numero di fonti identificabili dagli utenti delle biblioteche, allargando quindi le aspettative riposte sulle raccolte bibliotecarie.

La fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta hanno rappresentato un periodo di notevoli cambiamenti nelle politiche di base delle biblioteche di ricerca. La maggior parte di esse ha abbandonato il concetto di costruzione e conservazione di raccolte il più possibile esaurienti e si è orientata piuttosto a facilitare l'accesso dei propri utenti ai materiali. I primi anni Novanta hanno anche visto l'avvio di molti importanti esperimenti sull'uso di tecnologie avanzate dell'informazione.

2.1. Periodici elettronici

I bibliotecari e le autorità accademiche iniziarono nei primi anni Novanta a esplorare le potenzialità delle tecnologie elettroniche di risolvere i problemi della comunicazione scientifica in forma stampata. I vantaggi delle pubblicazioni elettroniche sono numerosi e sono stati ampiamente discussi, perciò mi limiterò a elencarli brevemente:
- i periodici elettronici possono, in via di principio, essere più tempestivi di quelli stampati; i loro contenuti possono essere forniti ai lettori non appena pronti;
- i periodici elettronici possono essere resi accessibili in vari modi innovativi;
- si può ritenere che non abbiano bisogno di indicizzazione aggiuntiva;
- i loro contenuti possono essere scaricati nelle stazioni di lavoro dei lettori per analisi e rielaborazioni;
- non necessitano di rilegatura e sistemazione sugli scaffali;
- richiedono una quantità minima di spazio;
- non c'è bisogno di rimpiazzare fascicoli e pagine mancanti;
- possono essere consultati simultaneamente da più persone, eliminando la necessità di abbonamenti multipli;
- non impongono limitazioni di pagine agli autori, consentendo di includere negli articoli, tramite legami elettronici, ampio materiale supplementare;
- possono essere consultati ovunque siano raggiungibili una rete istituzionale di telecomunicazioni o Internet;
- consentono il dialogo interattivo tra, e con, lettori e autori;
- rendono possibile una quantità di servizi con valore aggiunto, ad esempio la selezione personalizzata delle informazioni, la navigazione elettronica all'interno e tra documenti diversi, l'inclusione di informazione mutimediale, ecc.;
- presentano problemi di conservazione gestibili con maggior facilità.

C'è la viva speranza, da parte sia dei bibliotecari che degli utenti, che questi vantaggi possano essere raggiunti a costi inferiori rispetto ai periodici a stampa.

Nel 1990 Ann Okerson, allora direttore dell'ARL Office of Scientific and Academic Publishing, propose che le università rivendicassero con gli studiosi una comproprietà dell'informazione da loro creata, suggerendo che al posto dell'attuale sistema di pubblicazioni a stampa la comunità accademica incoraggiasse i ricercatori ad affidare i risultati dei propri studi a basi di dati elettroniche, realizzate e gestite dalla comunità accademica stessa. Un accesso relativamente poco costoso a queste basi di dati sarebbe stato fornito tramite Internet [3]. Frank Quinn, docente di matematica al Virginia Polytechnic Institute, ha rilanciato i suggerimenti della Okerson auspicando in particolare che le biblioteche assumano un ruolo centrale nella gestione e manutenzione di basi di dati contenenti contributi scientifici riveduti e curati [4].

Il sistema attuale è talmente costoso che di fatto può costituire un ostacolo all'accesso e alla diffusione dell'informazione. È un sistema iniquo verso gli studiosi e le università che creano e utilizzano le informazioni pubblicate nelle riviste a stampa. Le università pagano i ricercatori e forniscono loro i mezzi per la creazione di nuova conoscenza. Spesso, i singoli ricercatori e le università da cui dipendono pagano un costo a pagina agli editori di riviste, per la pubblicazione delle loro ricerche. Ci si aspetta poi che le università ricomprino questo lavoro sotto forma di abbonamenti ai periodici necessari per la creazione di ulteriore conoscenza. Inoltre, i direttori delle riviste sono spesso studiosi che non vengono pagati dalle case editrici, ma dalle stesse istituzioni che sostengono i ricercatori di cui pubblicano i lavori. Ironia della sorte, la pubblicazione in riviste prestigiose costituisce spesso un criterio per l'avanzamento di carriera all'interno dell'università, quindi le università sono obbligate a pagare addirittura una terza volta per la pubblicazione dei lavori nelle riviste a stampa!

Purtroppo, sembra improbabile che i vantaggi economici derivanti dalle pubblicazioni elettroniche possano essere raggiunti con facilità. Le organizzazioni coinvolte nell'editoria scientifica sono parte integrante del processo di creazione, validazione e registrazione dell'impresa intellettuale. Una volta analizzato con più attenzione l'intero processo, pochi sono desiderosi di apportarvi modifiche frettolose, malgrado i costi apparentemente molto alti. Richard Entlich, uno dei bibliotecari responsabili del Chemistry On-line Retrieval Experiment (CORE) della Cornell University - uno dei primi esperimenti su larga scala sulle riviste elettroniche - esprime la sua riluttanza: «nella maggior parte delle discipline vi sono troppe preoccupazioni per il mantenimento della qualità e della credibilità tradizionalmente associate a società scientifiche ed editori commerciali per permettere modifiche radicali nella pratica editoriale. La maggior parte attende che gli editori esistenti assumano un ruolo di leadership» [5, p. 119].

La reputazione di una rivista in cui viene pubblicata una ricerca viene spesso presa in considerazione per valutare la qualità e l'autorevolezza di quella stessa ricerca. Gli editori e i direttori di periodici fondano e mantengono questa reputazione riunendo comitati di redazione che esaminano e giudicano i lavori prima della loro pubblicazione. I redattori garantiscono anche l'uniformità e la coerenza degli articoli pubblicati nei vari fascicoli, lavorano con gli autori per assicurare che l'informazione venga presentata in modo chiaro e comprensibile, assistono e istruiscono nuovi autori a preparare lavori di alta qualità e incoraggiano a scrivere articoli in campi che meritano di essere sviluppati [6, p. 69]. Inoltre, i redattori garantiscono che i termini tecnici vengano utilizzati appropriatamente. La mancanza di controllo della nomenclatura utilizzata negli articoli pubblicati porterebbe a una grande confusione in alcune discipline, ad esempio la botanica, la chimica o la zoologia [6, p. 67]. Questi requisiti dovrebbero essere soddisfatti indipendentemente dal mezzo di produzione di una rivista.

Apparentemente, la potenzialità di ridurre i costi dei periodici sembrerebbe alta. La stima dei costi a pagina per la produzione di riviste indica che circa il 45% può essere attribuito alla stampa, alla carta e alla spedizione [7, p. 8]. Anche se alcuni di questi costi vengono sostituiti dalle spese per la memorizzazione dei dati e per l'accesso, rimane ancora largo spazio per ridurre i costi tramite la conversione all'editoria elettronica. Frank Quinn, che ha diretto riviste scientifiche tradizionali, ritiene che i costi per le riviste elettroniche possano essere contenuti al 20% circa di quelli correnti [4, p. 29]. Tuttavia, la conversione dall'editoria tradizionale a quella elettronica non può eliminare la necessità di appoggiarsi alle strutture organizzative attualmente esistenti, né diminuire considerevolmente il valore dell'esperienza, della competenza e della reputazione delle organizzazioni che costituiscono l'attuale industria editoriale scientifica. Se le organizzazioni e le persone che gestiscono e mantengono l'apparato della comunicazione scientifica non cambiano, non vi è motivo di ritenere che la sua economia possa cambiare.

L'attuale esperienza delle pubblicazioni su CD-ROM non fa presagire nulla di buono per pubblicazioni elettroniche alternative, a costi inferiori. Per esempio, un'indagine condotta nel 1996 dalla biblioteca centrale dell'Università dell'Alabama sul costo delle versioni su CD-ROM degli indici e delle opere di consultazione posseduti ha evidenziato che le licenze monoutente sarebbero costate circa il 60% in più, mentre quelle per utenti multipli in rete sarebbero costate almeno il doppio delle versioni a stampa [8]. Molti bibliotecari si sono rassegnati al fatto che le pubblicazioni su CD-ROM costino più delle fonti cartacee che dovrebbero sostituire [2, p. 44].

Le riviste elettroniche, in teoria, consentono una diffusione più rapida e tempestiva dell'informazione. Gli articoli possono essere divulgati appena accettati per la pubblicazione; la divulgazione non è legata alle scadenze temporali dei singoli fascicoli; non c'è bisogno di tempo per la stampa, la rilegatura e la spedizione. Così è stato, infatti, per la prima rivista elettronica totalmente in linea, «Online journal of current clinical trials» (OJCCT), della OCLC. Tuttavia, una causa importante di ritardo, il tempo necessario per l'esame, la valutazione e la revisione, verosimilmente non può essere ridotta di molto [9]. Comunque, «OJCCT» rappresenta un caso piuttosto unico, dalla cui esperienza non siamo in grado di trarre conclusioni. Certamente, alcune applicazioni delle tecnologie avanzate possono ridurre questo ritardo, ad esempio la posta elettronica può essere utilizzata per accelerare il processo di revisione e i sistemi computerizzati sfruttati per ricordare ai revisori di apportare le loro critiche, ecc. Ciò nonostante, esperti come Peter Denning, presidente del Publications Board dell'Association for Computing Machinery, sostengono che il processo di revisione continuerà a durare da uno a due anni [10]. I ricercatori di fisica non possono attendere così a lungo, perciò per anni hanno fatto affidamento sulle basi di dati di preprints, articoli sottoposti a una rivista per la pubblicazione ma non ancora accettati. In effetti, molti di loro ritengono che questa sia un'alternativa preferibile alle riviste stampate [11].

Tuttavia, le pubblicazioni a stampa soddisfano ammirevolmente alcuni requisiti che attualmente rappresentano una sfida significativa per i documenti elettronici. Per esempio, le riviste a stampa fissano permanentemente le informazioni all'interno di una griglia di pagine, fascicoli e volumi, consentendo in tal modo un comodo riferimento a lavori pubblicati in precedenza. Inoltre, dal momento che le riviste vengono stampate in più copie, che vengono acquistate e conservate da molte biblioteche, l'integrità e la disponibilità continua delle informazioni in esse pubblicate sono garantite. Le politiche e le pratiche di archiviazione e indicizzazione sono importanti per la comunicazione scientifica quanto quelle editoriali [11] e al momento costituiscono punti deboli che le riviste elettroniche devono risolvere per poter divenire strumenti completamente maturi.

Per di più, ci sono ostacoli tecnici enormi che le fonti d'informazione elettronica devono superare per poter competere con successo con l'editoria cartacea. Per esempio, devono essere messe a punto tecniche standardizzate per la codificazione di equazioni matematiche, simboli speciali, tabelle, grafici e illustrazioni; questi standard devono essere adottati da tutti gli sviluppatori di hardware e software; i sistemi risultanti devono raggiungere una diffusione molto estesa. Comunque sviluppi come il Portable Data Format (PDF) della Adobe fanno ritenere che tali problemi possano essere risolti presto. È almeno altrettanto importante che vengano individuati modi adeguati per proteggere i diritti di proprietà intellettuale dei produttori di informazione senza impedire indebitamente la libera circolazione dell'informazione.

2.2. Periodici elettronici correnti

Tuttavia, alcune riviste elettroniche hanno già fatto la loro apparizione e si stanno diffondendo rapidamente. A giugno 1998, tramite Internet, era possibile accedere ad almeno 344 riviste elettroniche con procedure di revisione (peer-reviewed) in campo scientifico, tecnico e medico e a 77 riviste elettroniche in campo umanistico [12], ma la componente elettronica può essere differente, cosicché possiamo dividerle in almeno quattro categorie distinte:

TipoEsempi
Solo versione elettronica«On-line journal of plastic and reconstructive surgery»
«Psycoloquy»
Versione elettronica di riviste a stampa«Applied physics letters»
«The journal of biological chemistry» (JBC)
Versione elettronica con versione d'archivio a stampa«New astronomy»
Sommari e riassunti elettronici di riviste a stampa«Science»
«Nature»
«The journal of the American Medical Association»

Al momento la forma più comune di rivista elettronica è quella di complemento alla rivista a stampa, con la fornitura di sommari, riassunti, una scelta di articoli e altre informazioni in linea, ma non il testo completo di tutti gli articoli.

Le riviste elettroniche già disponibili possono modificare non solo la natura delle biblioteche ma anche la natura stessa del sapere. Oggi con il World Wide Web è possibile, con un semplice tocco del mouse, saltare da un articolo ad altri articoli o risorse collegati, come basi dati di strutture del DNA o immagini delle galassie. Per esempio, molti riferimenti negli articoli del «Journal of biological chemistry» sono hyperlinks alla base di dati Medline; i geni menzionati negli stessi articoli sono collegati alla GenBank, un servizio fornito dal National Center for Biostatics Information [13]. La versione in linea di «Science» del 16 febbraio 1996 include un'animazione di un nanosecondo di un processo di rottura molecolare [14].

Ci si aspetta che in futuro i dati grezzi degli autori possano essere allegati alle loro pubblicazioni, consentendo ad altri di verificare i risultati. Per esempio, «Gene-COMBIS», rivista elettronica di biologia molecolare, consente a chi legge un articolo che descrive una soluzione a un problema di biologia molecolare per mezzo di un software di scaricare il programma utilizzato per analizzare i dati e anche i dati stessi, se gli autori acconsentono a metterli in linea [13].

3. Conservazione e accesso

Le tecnologie digitali facilitano l'accesso alle raccolte bibliotecarie, trasferendo i contenuti delle fonti d'informazione o loro fedeli rappresentazioni attraverso lo spazio, dal luogo in cui sono conservate a quello in cui sono richieste. Le stesse tecnologie potrebbero essere utilizzate per trasportare la sostanza dei materiali nel tempo, contribuendo in tal modo alla loro conservazione. La conservazione è una delle massime preoccupazioni delle biblioteche di ricerca. A metà del XIX secolo furono introdotte macchine da stampa a vapore; esse consentirono di aumentare enormemente la quantità di informazione pubblicata, che a sua volta portò a un aumento considerevole del consumo di carta. Per soddisfare questo forte aumento di richiesta, le cartiere iniziarono a fabbricare la carta con pasta di legno, utilizzando l'allume per tentare di migliorarne l'inchiostrazione. Questo tipo di carta, ancora largamente utilizzato, diviene fragile con il tempo e si sbriciola. Si ritiene che il 25% delle raccolte delle biblioteche di ricerca negli Stati Uniti si stia deteriorando seriamente o si sia già polverizzato [15]. Questo problema ha preoccupato le biblioteche di ricerca per più di 30 anni e in genere si è cercato di risolverlo con programmi cooperativi di microfilmatura su larga scala.

Nel 1984 l'ARL approvò una risoluzione che esortava il Council of Library Resources (CLR) - una delle più importanti agenzie di finanziamento per i programmi bibliotecari - a individuare una strategia nazionale per la conservazione. Il CLR istituì il Committee on Preservation per sviluppare tale strategia e dare consigli per il finanziamento di un'iniziativa nazionale. Durante la prima riunione, il Comitato stabilì due principi chiave che hanno informato la creazione di un programma nazionale:
1) «l'accesso a ciò che viene conservato è importante quanto la conservazione dell'informazione stessa, e
2) i libri avrebbero avuto la massima priorità nella pianificazione di una programma a scala nazionale» [15].

Nel 1986 il CLR propose e sostenne l'istituzione di una Commissione per la conservazione e l'accesso (Commission on Preservation and Access), appoggiata da università e fondazioni.

3.1. Conservazione digitale dei libri

Alla luce dello stretto legame stabilito tra la conservazione e l'accesso, non sorprende che sia stata intrapresa una serie di progetti per verificare l'efficacia e la fattibilità della riproduzione digitale per la conservazione. Uno dei primi fu il progetto CLASS, condotto dalla Cornell University in collaborazione con la Xerox e la Commission on Preservation and Access. Dal 1990 al 1993 vennero scannerizzati 1000 libri fragili e fu sviluppato un sistema per memorizzare le immagini digitalizzate e produrre a richiesta copie su carta permanente. Uno dei prodotti di questo programma fu lo Xerox Docutech Production Publisher Copier con cui si possono produrre libri interi a richiesta: realizza rapidamente immagini elettroniche dei documenti, le memorizza, le recupera e stampa copie ad alta risoluzione. Un libro intero può essere stampato in meno di due minuti a un costo inferiore ai 7 dollari [16, p. 97].

Il progetto CLASS ha dimostrato che la conservazione digitale rappresenta un'alternativa conveniente alla fotoriproduzione. Ha dimostrato anche che la scannerizzazione a 600 dpi è sufficiente per scopi di conservazione e che, ulteriormente sviluppata, potrebbe affiancare o sostituire la microfilmatura. Dal momento che le immagini digitalizzate possono essere recuperate dal calcolatore e trasmesse elettronicamente, il sistema risultante può anche favorire l'accesso ai materiali.

Nell'ottobre 1991 la Commission on Preservation and Access acconsentì a finanziare un secondo e più ambizioso, programma, Project Open Book, proposto dalla Yale University. Questo progetto si differenzia sotto molti aspetti da CLASS e ha come obiettivo la digitalizzazione di 10.000 libri dalle copie microfilmate anziché dagli originali cartacei. Questa svolta apparentemente bizzarra, se coronata da successo, avrà conseguenze molto importanti. Innanzitutto, ci sono ancora importanti questioni irrisolte che riguardano l'efficacia a lungo termine della conservazione digitale, mentre non esistono problemi di questo genere rispetto al microfilm. Quindi, se le immagini digitalizzate possono essere realizzate meccanicamente da microfilm, ciò può essere fatto a un costo di poco superiore a quello di una copia di conservazione garantita. In secondo luogo, se la riproduzione digitale si dimostrasse una tecnologia realmente efficace per la conservazione, ci sarebbero grandi quantità di microfilm che le biblioteche vorrebbero convertire in questo formato. Comunque, sia le tecniche che l'esperienza acquisita da Project Open Book saranno preziose [17].

Open Book, come CLASS, scannerizzerà le pagine a 600 dpi. Le immagini saranno memorizzate sia a 600 dpi per la stampa, sia a 200 dpi per la consultazione. Questi progetti sono serviti a stabilire 600 dpi come standard di fatto per la risoluzione dell'immagine digitale.

Un altro progetto per la conservazione del libro a larga scala è degno di particolare menzione, soprattutto per l'impostazione economica. La biblioteca giuridica della Columbia University ha ricevuto nel 1993 una sovvenzione per scannerizzare e memorizzare in formato digitale entro il 1996 10.000 libri all'anno in via di deterioramento. La Columbia University ritiene che la scannerizzazione non costi più dei 100 dollari a volume che richiede attualmente la microfilmatura e che si sarebbe potuta evitare la spesa di 20 milioni di dollari per la costruzione di un edificio supplementare per le nuove acquisizioni [18].

3.2. Conservazione digitale dei periodici

JSTOR, progetto avviato nell'agosto 1995, si basa sull'esperienza acquisita durante i progetti precedenti, ma ha obiettivi diversi intendendo creare immagini digitalizzate di serie retrospettive complete di periodici. JSTOR è un'organizzazione indipendente senza scopo di lucro, che lavora a stretto contatto con l'Università del Michigan. La Fondazione Mellon ha fornito il finanziamento iniziale. L'obiettivo dichiarato di JSTOR è di aiutare le biblioteche a trarre vantaggio dai progressi delle tecnologie dell'informazione e di riconciliare le esigenze talvolta in conflitto di studiosi, biblioteche e case editrici. A differenza di CLASS e Open Book, lo sforzo iniziale verterà sulle principali riviste scientifiche, anziché sui libri. Gli obiettivi di JSTOR sono:
1) «migliorare l'accesso alla letteratura periodica, collegando le immagini digitali delle pagine delle riviste a un potente motore di ricerca;
2) mitigare alcuni problemi economici delle biblioteche, facilitando i problemi di immagazzinamento (risparmiando perciò sugli investimenti per gli spazi) e riducendo anche i costi di gestione relativi al recupero e alla ricollocazione dei volumi arretrati;
3) contribuire a risolvere problemi di conservazione, da lacune nelle collezioni a mutilazioni di pagine al deterioramento a lungo termine delle copie cartacee;
4) assistere le associazioni scientifiche e altre case editrici nella transizione verso sistemi elettronici di pubblicazione, proteggendo allo stesso tempo i loro valori tradizionali e la loro stabilità finanziaria» [19].

JSTOR intende realizzare immagini digitalizzate di tutti i fascicoli, dal primo fino a quelli pubblicati 3-5 anni prima della data corrente. La data precisa di arresto varierà in base agli accordi presi con l'editore originale della rivista e scorrerà ogni anno. Il traguardo che JSTOR vuole raggiungere è la realizzazione delle immagini digitalizzate di 100 riviste in 10-15 campi entro il 2000 [20]. JSTOR ha scelto di concentrarsi sui fascicoli arretrati anche se gli utenti in genere sono più interessati a quelli correnti. William G. Bowen, presidente della Fondazione Mellon, spiega il perché di questa scelta: «Visti i nostri obiettivi, c'erano molte ragioni pratiche per focalizzare il progetto sui fascicoli arretrati. Dopo tutto è questa parte della letteratura periodica che è a) meno facilmente accessibile, b) più bisognosa di conservazione, e c) più avida nel consumo di spazio [...]. Inoltre, dal nostro punto di vista, il fatto che gli arretrati non generino grosse entrate per gli editori ha rappresentato un fattore positivo, non negativo. Per avviare questo progetto avevamo bisogno di ottenere i permessi di riproduzione e sapevamo che questo sarebbe stato molto più facile se il progetto non comportava rischi per le maggiori fonti di entrata degli editori. Volevamo lavorare in accordo con le case editrici come con le biblioteche, per favorire gli interessi comuni di ambedue. Solo adottando quella che può essere definita una prospettiva "di sistema allargato", che riconosce le legittime esigenze sia dei fornitori di materiale scientifico che dei loro utenti, possono essere realizzati accordi socialmente ottimali» [19].

Logicamente, gli utenti preferiscono avere a disposizione tutti i fascicoli, i più recenti e gli arretrati. Ci si aspetta che gli editori di riviste forniranno il materiale in formato elettronico per quanto riguarda i fascicoli futuri e che JSTOR offrirà legami trasparenti tra i segmenti d'archivio. Gli individui e le biblioteche continueranno a pagare gli abbonamenti correnti direttamente alle case editrici a un prezzo non superiore a quello degli abbonamenti alle riviste cartacee; inoltre, pagheranno una quota a JSTOR per l'accesso all'archivio degli arretrati e ai legami con gli archivi correnti. Le tariffe richieste da JSTOR varieranno in base alle dimensioni dell'istituzione; attualmente vanno da 2000 a 5000 dollari all'anno [21].

I benefici per le biblioteche comprendono molti dei vantaggi delle riviste elettroniche: in particolare ci sarà meno bisogno di ulteriori spazi per l'immagazzinamento, non sarà necessario rilegare o ricollocare i fascicoli, rimpiazzare quelli mancanti, recuperare volumi in magazzini non a scaffale aperto, ecc. I benefici per gli utenti delle biblioteche comprendono l'accesso elettronico all'interno o all'esterno della biblioteca e la disponibilità di serie arretrate complete che le loro biblioteche non sarebbero normalmente state in grado di fornire.

Il personale che lavora al progetto JSTOR ritiene che la fornitura di accesso elettronico agli archivi arretrati di una rivista farà aumentare l'interesse per gli abbonamenti correnti: perciò è nell'interesse degli editori concedere a JSTOR i diritti per l'accesso alle annate arretrate. Inoltre può svolgere questo servizio alle biblioteche meglio degli editori. È più probabile che queste affidino la responsabilità della conservazione degli arretrati delle riviste a un'organizzazione come JSTOR che non a case editrici commerciali.

JSTOR è diventato completamente operativo nel 1997 e attualmente conta 283 partecipanti; per garantire un servizio efficace ai propri utenti sono stati creati due siti mirror alla Princeton University e in Gran Bretagna [20].

4. Il costo delle fonti d'informazione elettronica

Non è necessario dilungarci sui vantaggi e sui benefici delle risorse informative in formato elettronico e sulla loro popolarità tra gli utenti delle biblioteche. Tuttavia, le fonti di informazione elettronica sono generalmente molto più costose delle risorse equivalenti o simili nei formati tradizionali. Le limitazioni di bilancio impongono, per poter finanziare i servizi elettronici, una ridistribuzione dei fondi per alcuni materiali o servizi tradizionali. Per esempio, questa è stata la conclusione di un'indagine condotta da McKimmie nel 1990 su come le biblioteche universitarie impostano i loro bilanci per le basi di dati su CD-ROM. Egli notò che «la diminuzione più cospicua di fondi, dovuta agli stanziamenti per l'informazione elettronica, investiva i bilanci per i libri» [22, p. 224]. Molti bibliotecari e utenti ritengono che i vantaggi siano sufficientemente interessanti da favorire questa ridistribuzione. Per esempio, Malcom Getz, già prorettore per i servizi informativi alla Vanderbilt University, elenca i quattro vantaggi principali che, a suo parere, possono giustificare la rinuncia ad alcune attività tradizionali per finanziare servizi elettronici.

Innanzitutto, alcune fonti informative sono di per sé più utili in formato elettronico che a stampa, per esempio documenti molto lunghi in cui è necessario cercare un'informazione specifica o che contengono numerosi riferimenti interni. In questi casi, le possibilità della ricerca con l'elaboratore e i legami ipertestuali rendono le versioni elettroniche dei documenti molto più utili di quelle a stampa. Parimenti, fonti che contengono testo da incorporare all'interno di nuovi documenti o dati numerici che richiedono ulteriori analisi sono ovviamente più utili in formato elettronico. Infine, i documenti elettronici possono essere prontamente trasmessi e distribuiti attraverso una rete di comunicazione, perciò sono più accessibili e facilmente condivisi. Secondo alcuni questi vantaggi giustificano anche il pagamento di un prezzo superiore per le versioni elettroniche [23].

In secondo luogo, in alcuni casi non c'è scelta. Alcuni dati sono disponibili solo in formato leggibile dal calcolatore [23, p. 74] e il numero di fonti informative pubblicate solo in formato elettronico sta aumentando costantemente. Queste includono riviste come «The online journal of clinical trials», indici come ABI Inform e basi di dati specializzate come The physics preprint archive, gestita da Paul Ginsparg a Los Alamos. Gran parte dell'informazione governativa viene ora pubblicata solo in forma elettronica.

In terzo luogo, la quantità di informazione stampata ogni anno rischia di sopraffare la nostra capacità di trattarla. Nessuna biblioteca potrà acquistare tutte le fonti stampate che i suoi utenti vorrebbero consultare. La quantità di informazione stampata in tutte le forme e in tutti i formati cresce esponenzialmente, così come il costo dei singoli documenti. Tenere il passo è molto difficile per le raccolte bibliotecarie. Il numero di nuove monografie pubblicate negli Stati Uniti è aumentato di circa il 50% tra il 1975 e il 1995 e il loro costo medio è quasi triplicato. Ogni anno il numero di nuovi periodici aumenta di circa il 10%. Il numero di nuovi periodici pubblicati nel 1998 è di due volte e mezzo superiore a quello del 1988. Il numero di nuove basi di dati pubblicate su CD-ROM è raddoppiato ogni anno dal 1986 - anno della loro prima apparizione - al 1994 ed è aumentato del 44% negli anni 1992-1996. Le biblioteche con i loro bilanci limitati non sono in grado di mantenersi al passo con questi ritmi di crescita.

Se una biblioteca avesse cercato di fornire ai propri utenti la stessa frazione della quantità totale di informazione registrata che viene pubblicata ogni anno, dal 1978 al 1998, il suo bilancio per i materiali sarebbe dovuto aumentare di quasi 11 volte durante questo lasso di tempo (Fig. 3).

Fig. 3: Bilancio ipotetico per l'acquisto di materiali

Ovviamente questa non è un'aspettativa realistica. I bilanci delle biblioteche dell'ARL, che in effetti sono cresciuti più rapidamente degli indici d'inflazione generale, sono cresciuti solo del 42% di quest'importo. In altre parole, attualmente le biblioteche dell'ARL sono in grado di fornire, in proporzione, solo i 2/5 delle risorse informative che fornivano venti anni fa (Fig. 4).

Fig. 4: Frazione del totale delle pubblicazioni acquistate dalle biblioteche dell'ARL (Bilancio per acquisti / bilancio ipotetico)

Entro il 2002 questa frazione si ridurrà a 1/3. In parole povere, le biblioteche sono sempre meno in grado di soddisfare i bisogni d'informazione dei loro utenti con le proprie risorse. Il prestito interbibliotecario tra le biblioteche dell'ARL è raddoppiato nei sette anni dal 1989 al 1996 [24] e un numero via via maggiore di biblioteche si sta rivolgendo a servizi di fornitura di documenti invece di rinnovare abbonamenti a riviste costose e poco utilizzate.

Dal momento che la maggior parte dei documenti pubblicati pubblicati ogni anno, quasi un milione, non sarà conservata localmente, saranno necessari strumenti elettronici per localizzare singoli documenti tra gli altri. Se il documento cercato è in formato elettronico, può essere prontamente trasmesso a chiunque voglia utilizzarlo [23, p. 74-75]. Se non lo è, può comunque essere digitalizzato per la trasmissione come immagine o via fax, salvo limitazioni di copyright.

In quarto luogo, è economicamente vantaggioso memorizzare informazioni in formato elettronico invece che stampato o fotografico. Getz ha calcolato il costo di memorizzazione e conservazione di un gigabyte di dati con vari mezzi, ad esempio libri a stampa, microfiche, dischi magnetici, dischi ottici, ecc., dimostrando, sulla base dei prezzi del 1991, che memorizzare e conservare i dati su microfiche costa quasi il triplo rispetto ai dischi WORM e che rispetto a questi ultimi memorizzare l'informazione in forma stampata è 170 volte più costoso. Se effettuassimo lo stesso calcolo oggi, scopriremmo che memorizzare i dati su microfiche sarebbe più costoso di circa il 67% rispetto ai dischi magnetici e che, rispetto a questi ultimi, la stampa sarebbe 100 volte più costosa (Fig. 5). Inoltre, Getz afferma che «il costo di investimento per un sistema di memorizzazione di un terabyte di dati [il contenuto informativo di un'intera raccolta scientifica] rientra nelle possibilità di numerose organizzazioni e che i costi sarebbero inferiori a quelli per la costruzione e il mantenimento di una biblioteca cartacea di portata paragonabile» [23, p. 75-77].

Malcom Getz - 1991

Dimensioni Costo unitario ($) Capacità (GB) Costo GB ($)
Libro 500 pagine 20 0,0020 10.000,00
Microfiche 500 pagine 25 0,1500 166,67
CD-Worm 12" 360 6,2000 58,06
Disco magnetico Microcomputer 1300 0,0400 32.500,00
Disco magnetico Mainframe 52.000 2,6000 20.000,00
Nastro magnetico robotizzato 1100 Cartucce 508.000 2420,0000 209,92

Costi attuali - 1998

Disco magnetico Microcomputer 900 9,0000 100,00

Fig. 5: Costo di memorizzazione per gigabyte

All'elenco di Getz si possono aggiungere almeno altri tre vantaggi. Primo, la quantità di materiali disponibili in formato elettronico sta aumentando costantemente. Un numero crescente di materiali rari e preziosi, anteriori all'era elettronica, viene convertito in formato elettronico, consentendo agli utenti di avere accesso a risorse uniche, a dispetto del luogo in cui essi o le risorse che desiderano consultare sono localizzate [25-27]. Per molti aspetti l'accesso elettronico è superiore all'accesso all'originale. Gli oggetti originali, talvolta rari, vengono risparmiati dall'usura dovuta a un utilizzo frequente e gli utenti possono sfruttare la tecnologia informatica per migliorare le immagini elettroniche dei documenti. Per esempio, documenti scoloriti o macchiati con gli anni possono essere difficili da leggere, mentre alcuni procedimenti informatici possono eliminare le macchie e la scoloritura e regolare il contrasto tra la stampa e lo sfondo brunito per ricreare immagini chiare e leggibili [28].

In secondo luogo, vengono create sempre più numerose risorse elettroniche per la ricerca, altrimenti irrealizzabili, come GenBank [29]. Il valore di risorse come queste aumenta ulteriormente in conseguenza dei legami elettronici che possono essere stabiliti tra loro, ad esempio collegamenti dalla base di dati Medline alle sequenze di geni di GenBank, che possono essere a loro volta collegate a basi di dati di strutture molecolari. In terzo luogo, si può accedere anche a una grande quantità di dati che gli individui e le organizzazioni rendono disponibili - o pubblicano - su Internet, ad esempio liste di discussione elettroniche, pagine Web e archivi di dati di persone, società e istituzioni.

I bibliotecari continueranno ad acquistare materiali su supporti tradizionali per le loro raccolte generali e avranno anche accesso a risorse elettroniche adeguate. Nell'immediato futuro, i bibliotecari dovranno spesso decidere se acquistare risorse elettroniche al posto o in aggiunta a risorse simili in forma stampata per le loro raccolte. Tuttavia, è prevedibile che la quantità di materiale stampato acquistato diminuirà costantemente, in larga misura a causa dei costi, ma anche per la disponibilità di alternative elettroniche più attraenti. Per esempio, nel quinquennio 1991-1996 la biblioteca dell'Università della California a San Francisco ha diminuito la sua raccolta fisica del 50% e il direttore prevede diminuzioni costanti in percentuali analoghe fino al 2006 [30].

5. L'indagine IFLA/ITS sui servizi elettronici

È chiaro che l'utilizzazione di risorse informative elettroniche soppianterà inesorabilmente le fonti tradizionali e che siamo alla soglia di cambiamenti molto importanti. Ci sono molte testimonianze aneddotiche di questo cambiamento. Ma un'analisi della letteratura biblioteconomica rivela che sono disponibili pochi dati empirici, che non abbiamo misure obiettive dell'entità e dell'ambito di questi cambiamenti e che, di conseguenza, non abbiamo mezzi attendibili per calcolarne il ritmo. È necessario pianificare questi cambiamenti per anticiparne e controllarne le conseguenze. L'Information Technology Section dell'IFLA ha avviato un progetto per verificare fino a che punto le biblioteche universitarie hanno cominciato a fare affidamento sulle fonti elettroniche al posto, o come complemento, di quelle stampate.

Per rispondere a queste domande abbiamo preparato e distribuito questionari a diversi gruppi di biblioteche per determinare la tipologia dei servizi elettronici da esse offerti e la percentuale dei loro bilanci per l'acquisto di materiali destinata a questi servizi. Abbiamo chiesto questi dati per l'anno finanziario appena terminato, per quello terminato due anni prima e per quello terminato quattro anni prima, ottenendo in questo modo tre punti fissi dai quali iniziare a verificare eventuali tendenze.

Innanzitutto, abbiamo distribuito il questionario alle 108 biblioteche universitarie che fanno parte dell'Association of Research Libraries. Abbiamo scelto le biblioteche dell'ARL perché sono le più grandi, importanti e avanzate biblioteche nordamericane; perciò, ci si aspettava che fossero le prime ad adottare le nuove tecnologie. Inoltre le biblioteche dell'ARL raccolgono e diffondono da circa 90 anni statistiche dettagliate e uniformi sul proprio funzionamento; sapevamo quindi che esse possedevano statistiche accurate e prontamente disponibili e una comprensione uniforme delle definizioni dei termini utilizzati per registrare i dati operativi. Dal momento che stavamo cercando di determinare fino a che punto i servizi elettronici fossero stati assorbiti nel normale funzionamento delle biblioteche, ci interessava conoscere le somme stanziate per questi prodotti e servizi dal bilancio per i materiali e quelle provenienti dalla voce Altre spese del bilancio. Le somme stanziate dai bilanci per i materiali sono importanti perché costituiscono una misura per calcolare la rapidità dello spostamento delle raccolte dalle forme a stampa a quelle elettroniche.

Le biblioteche dell'ARL utilizzano generalmente la voce Altre spese per finanziare iniziative che non rientrano in maniera chiara nelle altre categorie di bilancio. Spesso le nuove attività sono comprese in questa voce: per esempio, molte biblioteche hanno utilizzato questa categoria di bilancio per finanziare le loro iniziative tecnologiche.

6. I risultati dell'indagine

6.1. Servizi elettronici

Abbiamo inviato il questionario a 108 biblioteche. Abbiamo ricevuto 61 risposte, che rappresentano un tasso di risposta pari al 56%. Fatto non sorprendente, tutte le biblioteche che hanno risposto hanno affermato di aver offerto nel 1996 alcuni servizi elettronici in aggiunta al loro OPAC, così siamo stati in grado di utilizzare tutte le risposte.

6.2. Accesso a dischi ottici, basi di dati installate localmente o con accesso remoto, altri servizi elettronici

Abbiamo esaminato quali tipi di servizi elettronici venivano offerti:
- accesso a basi di dati su dischi ottici, ad esempio CD-ROM;
- accesso a basi di dati installate localmente (in aggiunta all'OPAC);
- accesso in linea a basi di dati remote, ad esempio Dialog, Lexis-Nexis, ecc.;
- accesso ad altri servizi elettronici, per esempio a Internet.

Come si può vedere dalla Fig. 6, al 1995 tutte le biblioteche che hanno risposto offrivano l'accesso a basi di dati su CD-ROM e quasi tutte anche a basi di dati remote in linea. Estrapolando i dati possiamo concludere che attualmente tutte le biblioteche offrono ambedue i servizi. Volevamo sapere anche se le biblioteche offrissero l'accesso ad altri servizi elettronici e abbiamo chiesto loro di indicarceli: quelle che hanno risposto affermativamente hanno indicato in genere che fornivano l'accesso a Internet. La percentuale di biblioteche che offriva l'accesso ad altri servizi elettronici è aumentata di circa 2/3 dal 1991 al 1993 e la tendenza era ancora più marcata negli ultimi due anni: la percentuale di biblioteche che offriva tale accesso era più che raddoppiata dal 1993 al 1995, dal 36% all'85%. Anche l'estrapolazione di questi dati indica che attualmente questo servizio è disponibile dappertutto. Anche l'accesso a basi di dati installate localmente continua ad aumentare, ma a un ritmo sensibilmente decrescente. Questo potrebbe essere dovuto all'accresciuta disponibilità di basi di dati su CD-ROM e di fonti informative in Internet, o a un terzo fattore, se non a una semplice fluttuazione statistica. Il nostro strumento d'indagine non ci consente di rispondere alla domanda: sarà necessaria un'ulteriore ricerca per determinare se la tendenza persiste e le sue eventuali cause.

Fig. 6: Servizi d'informazione elettronica

6.3. Accesso a basi di dati a testo completo

Il numero di nuove basi di dati elettroniche ha continuato ad aumentare a ritmo molto sostenuto per un certo periodo di tempo; il segmento in più rapida crescita è quello delle basi di dati a testo completo, la cui disponibilità determina la rapidità delle aspettative di realizzazione delle biblioteche digitali o virtuali. La fig. 7 mostra la percentuale di biblioteche che ha risposto di rendere disponibili testi integrali su dischi ottici e su basi di dati installate localmente o ad accesso remoto. I dischi ottici sembrano essere il mezzo preferito dalle biblioteche che forniscono l'accesso a basi di dati a testo completo: il 92% delle biblioteche ha affermato di rendere disponibili i testi completi in questo formato e la tendenza è tale che ad oggi si può affermare che virtualmente tutte le biblioteche che hanno risposto facciano lo stesso.

Fig. 7: Testo completo nei servizi d'informazione elettronica

Meno della metà delle biblioteche ha risposto di rendere disponibile i testi completi su basi di dati installate localmente. Tuttavia, il tasso di crescita dell'offerta di questo servizio è notevole e possiamo aspettarci che ben più della metà, forse i 3/5 delle biblioteche associate all'ARL offrano attualmente l'accesso ai testi completi su basi di dati installate localmente. È interessante notare che la percentuale di biblioteche che offrono l'accesso al testo completo su basi di dati installate localmente cresce allo stesso ritmo della percentuale di biblioteche che offrono l'accesso a testo completo su basi di dati remote. In effetti, possiamo dire che dal punto di vista statistico non c'è una differenza significativa tra i due ritmi di crescita. Da ciò possiamo concludere che le biblioteche indagate rendono disponibili testi completi alla stessa rapidità dei servizi commerciali: ambedue sembrano rispondere nello stesso modo alla richiesta dell'utente e alle opportunità di fornire un servizio migliore.

6.4. Servizi d'informazione elettronica finanziati interamente con il bilancio per i materiali

Il nostro scopo nell'intraprendere quest'indagine era di determinare fino a che punto le risorse elettroniche fossero state integrate nei normali processi di acquisizione. Un metro di valutazione è costituito dall'entità dei casi nei quali le risorse elettroniche sono finanziate interamente dal bilancio per l'acquisto di materiali di biblioteca (Fig. 8).

Fig. 8: Risorse elettroniche finanziate interamente dal bilancio per acquisti

Da questo punto di vista, i dischi ottici hanno fatto i maggiori progressi: quasi tre quarti delle biblioteche hanno risposto che i dischi ottici (inclusi i CD-ROM) sono finanziati interamente dal bilancio per i materiali. Questi dati concordano con i risultati dell'indagine di McKimmie, secondo la quale i bilanci per periodici, libri, acquisti generali e reference incidevano per il 71% sulle fonti di finanziamento dei CD-ROM [22, p. 223].

Circa metà delle biblioteche interrogate finanziava completamente, tramite il bilancio per l'acquisto dei materiali, i costi relativi agli altri tre servizi d'informazione elettronica individuati in quest'indagine. Tuttavia, come si evince anche dalla fig. 8, le biblioteche stanno assorbendo nei loro bilanci dei materiali i costi per l'accesso a basi di dati remote in linea a un ritmo assai più veloce di altri costi. Perciò, sembra evidente che la consultazione di basi di dati remote in linea stia diventando un servizio bibliotecario corrente. Questa può essere una conseguenza prevedibile delle massicce cancellazioni di abbonamenti a periodici e indici. Altri servizi - basi di dati su dischi ottici, basi di dati installate localmente, ecc. - vengono assorbiti molto più lentamente, perché probabilmente sono ancora considerati miglioramenti del servizio al pubblico e non possono essere assimilati così rapidamente a materiali o servizi che sono stati interrotti. Ulteriori analisi dei dati possono rivelare correlazioni interessanti tra le cancellazioni di abbonamenti a periodici e il finanziamento di servizi elettronici.

6.5. Recupero dei costi per i servizi d'informazione elettronica

La Fig. 9 conferma la teoria che la consultazione delle basi di dati remote in linea stia diventando un servizio bibliotecario normale e accettato. Nella figura si può vedere una forte tendenza decrescente nel recupero dei costi per la consultazione delle basi di dati in linea: la percentuale media di recupero dei costi per la consultazione delle basi di dati in linea nel 1995 è quasi dimezzata rispetto al 1991. La percentuale media di recupero dei costi per altri servizi elettronici è talmente piccola da diventare irrilevante. Anche questi dati concordano con l'indagine di McKimmie: per esempio, egli ha notato che «le tariffe applicate agli utenti non sono indicate come fonti di entrata per i CD-ROM» [22].

Fig. 9: Recupero medio dei costi per i servizi d'informazione elettronica

Si noti la tendenza chiaramente decrescente della percentuale media di recupero dei costi per altri servizi elettronici; abbiamo già notato che si tratta soprattutto dell'accesso a Internet. Possiamo calcolare con un alto livello di confidenza - il 94% - che questa percentuale tenderà ad azzerarsi prima della fine del decennio (o del secolo).

6.6. Stanziamenti di bilancio

Abbiamo chiesto alle biblioteche le percentuali dei loro bilanci stanziate per i servizi d'informazione elettronica e i servizi di fornitura di documenti dal fondo per l'acquisto di materiali e da quello per le altre spese. Le risposte sono sintetizzate nella Fig. 10. È da notare che le spese per i servizi d'informazione elettronica dal fondo per l'acquisto di materiali stanno aumentando a ritmo rapido, mentre quelle dalla voce Altre spese sono anch'esse in aumento, ma a un ritmo molto inferiore (circa 2/5 rispetto all'altro). Questa è una prova che le spese per i servizi elettronici stanno soppiantando quelle per il materiale a stampa tradizionale. Mentre la quota dei bilanci dei materiali stanziata attualmente per le fonti elettroniche è piuttosto limitata (il 6,5%), se l'attuale ritmo di crescita venisse mantenuto gli stanziamenti per le fonti elettroniche supererebbero il 50% del bilancio per i materiali nel 2007, in meno di dieci anni.

Fig. 10: Stanziamenti di bilancio

Analogamente, possiamo notare che la percentuale del bilancio dei materiali attualmente stanziata per i servizi di fornitura di documenti, anche se per ora bassa - pari al 2,1% - sta aumentando a un ritmo crescente, del 15% annuo. Mantenendo il ritmo di crescita attuale, questo stanziamento potrebbe superare il 50% nel 2018, entro vent'anni.

6.7. Cancellazioni e sostituzioni di abbonamenti a periodici e indici

La stragrande maggioranza (80%) delle biblioteche dell'ARL ha disdetto abbonamenti a periodici e indici nel corso dell'anno finanziario 1995. Solo tre biblioteche, pari al 5% di quelle che hanno risposto, hanno affermato di non aver disdetto abbonamenti ai periodici in nessuno dei tre anni oggetto dell'indagine (1991, 1993 e 1995); dal momento che non abbiamo fatto indagini sugli anni finanziari 1992 e 1994, non possiamo affermare che esse non abbiamo effettuato disdette nell'intero periodo in questione. D'altra parte, più della metà delle biblioteche ha disdetto abbonamenti in tutti e tre gli anni oggetto dell'indagine e i tre quarti hanno effettuato disdette in due o più degli anni in oggetto. Che le cancellazioni degli abbonamenti siano generalizzate non deve sorprendere, anche se il fenomeno è meno ampio e frequente di quanto ci si potesse aspettare. Come si evince dalla Fig. 11, la percentuale di biblioteche che disdice abbonamenti aumenta costantemente, anche se di poco, ogni anno.

Fig. 11: Cancellazioni di abbonamenti a periodici e indici

Tuttavia, di maggior interesse è il rapido aumento delle biblioteche che affermano che la disponibilità di alternative elettroniche ha influenzato la loro decisione di disdire degli abbonamenti o ha inciso sulle loro scelte di acquisto. Se si è mantenuta la tendenza emersa per gli anni 1991-1995, la disponibilità di alternative elettroniche influenza ormai, in praticamente tutte le biblioteche dell'ARL, le decisioni di cancellazione e di acquisto.

6.8. Percentuale di cancellazioni di periodici, stornata per servizi d'informazione elettronica

La Fig. 12 non presenta notevoli sorprese. La percentuale di biblioteche che non utilizza affatto i risparmi derivanti dalle disdette degli abbonamenti ai periodici a favore dei servizi d'informazione elettronica decresce dal 1991 al 1995.

Fig. 12: Storno dei risparmi derivanti dalle cancellazioni di periodici

In effetti, fino al 1995 meno della metà non ha utilizzato risparmi derivanti dalle cancellazioni per finanziare servizi elettronici, ovvero più della metà li ha utilizzati almeno in parte. Inoltre, la percentuale di biblioteche che storna fino al 10% dei risparmi sulle disdette mostra un chiaro aumento; più dei due quinti, il 40%, di tutte le biblioteche indagate ha accantonato fino al 10% dei risparmi sulle disdette per finanziare i servizi elettronici. Tuttavia, la tendenza è meno chiara se si prendono in considerazione le biblioteche che stornano quote relativamente ampie, diciamo dal 10% al 50%. In questi dati non emergono tendenze chiare, forse per il piccolo numero di casi; le variazioni fra gli anni non sembrano statisticamente significative.

7. Conclusioni

La comparsa delle biblioteche digitali sembra ormai chiaramente una realtà. L'accesso alle fonti d'informazione elettronica è in crescita costante e quella più rapida riguarda l'accesso alle basi di dati remote in linea e la fornitura di altri servizi d'informazione elettronica, come l'accesso a Internet. L'accesso a materiali elettronici a testo completo tramite servizi in linea e basi di dati installate localmente è aumentato significativamente negli ultimi anni. Particolare incidenza ha avuto l'accesso in linea a documenti a testo completo, probabilmente a causa dello sviluppo dei servizi di società come Information Access Company, UMI, Dialog e altre. Dal momento che sempre maggiori risorse a testo completo diventano disponibili tramite il World Wide Web, la tendenza verso la fornitura in linea sta indubbiamente crescendo.

Il numero di biblioteche che destinano ai servizi elettronici tra il 5% e il 10% del loro bilancio annuale per i materiali è più che triplicato (dal 16% al 50%) nel periodo oggetto dell'indagine, mentre quelle che destinano l'11% o più sono aumentate da zero a oltre il 10%. La percentuale di biblioteche che destina meno del 5% è diminuita da più dell'80% a meno del 40%. Complessivamente, sembra che le biblioteche stiano destinando sempre maggiori stanziamenti alle risorse elettroniche e che i fondi necessari vengano presi dai bilanci per i materiali. Ciò suggerisce che le fonti d'informazione elettroniche stanno iniziando a essere accettate come risorse ordinarie importanti e a competere con quelle nei formati tradizionali.

Abbiamo anche notato un aumento costante del numero di biblioteche che annualmente disdicono abbonamenti ai periodici. Sembra che le fonti elettroniche abbiano un'influenza sempre maggiore sulle decisioni di cancellare abbonamenti o rinunciare ad alcuni acquisti. Nel 1995, ultimo anno oggetto della nostra indagine, circa il 60% delle biblioteche interrogate - dal 26% di appena quattro anni prima - affermava di prendere in considerazione le alternative elettroniche al momento della cancellazione degli abbonamenti.

Il ritmo di crescita delle voci di bilancio per l'acquisto di materiali e per altre spese delle biblioteche dell'ARL sta rallentando. Sembra che i bilanci per gli acquisti delle biblioteche dell'ARL abbiano iniziato ad appiattirsi nel 1995 (l'analisi della regressione mostra solo una crescita graduale). Anche le voci di bilancio per Altre spese stanno crescendo lentamente. Ciò va considerato nel contesto del costo crescente dei materiali, che ha mostrato in questo periodo un notevole aumento, soprattutto nel settore delle riviste scientifiche e tecnologiche (10-15% o più). Ciò costituisce un problema, soprattutto in considerazione del numero crescente di nuove risorse prodotte, sia a stampa che elettroniche.

Perciò, ci si può aspettare, come risulta evidente dai dati che abbiamo raccolto, che le biblioteche si impegneranno sempre più in esperimenti nei quali le risorse elettroniche sostituiscono le risorse tradizionali a stampa e in microforme. I dati attuali ci forniscono validi termini di confronto per valutare l'evoluzione delle biblioteche digitali: abbiamo in programma una seconda indagine sulle stesse biblioteche, nell'autunno 1998, per vedere se le tendenze che sembrano chiare continueranno a manifestarsi. Abbiamo iniziato anche a raccogliere dati analoghi nelle biblioteche di tutto il mondo, ma questi non sono ancora stati completamente analizzati. Dal momento che abbiamo effettuato indagini in un ampio numero di paesi, ci aspettiamo che emerga un quadro assai meno chiaro, ma anche questi dati serviranno come punti di riferimento per comprendere il futuro.


1 Le biblioteche associate all'ARL sono le più grandi e prestigiose biblioteche di ricerca dell'America del Nord. Comprendono 109 biblioteche universitarie e 11 biblioteche non universitarie, come la Library of Congress, la National Library of Canada, la New York Public Library, ecc. All'epoca dell'indagine riferita in questo articolo le biblioteche universitarie aderenti all'ARL erano 108.

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S. MICHAEL MALINCONICO, School of Library and Information Studies, The University of Alabama, 513 Main Library, Tuscaloosa, Alabama 35487-0252, USA, e-mail mmalinco@slis.ua.edu. Traduzione di Maria Teresa Natale.