Bibliotecari al confino: Anita Mondolfo

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Elisabetta Francioni

Abstract

L'articolo ripercorre la vicenda professionale e umana di Anita Mondolfo (Senigallia, 1886-1977), figura di indiscutibile originalità nel panorama bibliotecario italiano, che - per le sue origini ebraiche e per le convinzioni politiche non allineate - dovette subire le persecuzioni del regime fascista. Laureatasi all'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento a Firenze - una scuola di studi rigorosi e di severità intellettuale e morale - dopo la specializzazione in paleografia, la Mondolfo intraprende per scelta (ma sarebbe più giusto dire per vocazione) la carriera nelle biblioteche governative. Prima sede di servizio è la Biblioteca nazionale di S. Marco a Venezia (1909-1911), dalla quale viene trasferita, per suo espresso desiderio, alla Nazionale centrale di Firenze (1911), dove in breve diventa responsabile delle sale di consultazione.

Negli anni della prima guerra mondiale frequenta gli ambienti antifascisti e partecipa ad iniziative di soccorso in favore dei profughi rifugiatisi a Firenze, avvicinandosi alle idee di Gaetano Salvemini e Piero Calamandrei, al cui movimento parteciperà più direttamente nel secondo dopoguerra (sarà candidata con "Unità Popolare" alle elezioni del 1953). Risale probabilmente a questo periodo la conoscenza di Croce e Gentile, che avranno un ruolo centrale nei momenti cruciali della sua biografia.

Dopo due anni di reggenza della Biblioteca governativa di Lucca (1926-1928), la Mondolfo viene chiamata a dirigere la Marucelliana di Firenze (1928-1936), dove dà prova di notevoli doti organizzative continuando l'azione intrapresa anni prima da Guido Biagi. Spinta dalla preoccupazione di conservare il suo lavoro (da lei più volte definito «lo scopo della mia vita») che sente minacciato dalla progressiva irreggimentazione ideologica, si iscrive - seppur tardivamente - al Fascio di Firenze: è il 1933, anno in cui l'appartenenza al partito diventa requisito obbligatorio per i dipendenti pubblici.

Nel 1936 è chiamata a ricoprire la direzione della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, dove dà inizio a uno schema unificato di soggetti che, col titolo di Soggettario per i cataloghi delle biblioteche italiane, uscirà nel 1956 con la sua prefazione. Circa un anno dopo, il Ministero le comunica il trasferimento alla Biblioteca universitaria di Padova: da tempo la Mondolfo era sorvegliata dalla questura fiorentina (che aveva anche intercettato una sua lettera diretta all'«oppositore Benedetto Croce»), e le era stata, inoltre, annullata d'ufficio l'iscrizione al PNF. Riesce - con l'aiuto di Gentile - a essere mandata a Roma, dove lavorerà alla collana ministeriale «Indici e cataloghi delle biblioteche italiane» e alla redazione dell'Enciclopedia italiana, alla quale collaborava già da qualche anno.

Con l'applicazione delle leggi razziali (1938) Anita Mondolfo viene licenziata dal Ministero e collocata in pensione. Il 10 giugno 1940, giorno dell'entrata in guerra dell'Italia, è tratta in arresto come «ebrea antifascista» giudicata «capace di turbare l'ordine pubblico in tempi eccezionali». Dopo alcuni giorni di detenzione nel carcere di Regina Coeli, viene tradotta a Montemurro (Potenza) e poi a Senigallia, entrambe località d'internamento per dissidenti politici: dovrà attendere il dicembre del 1942 quando - per intervento di Gentile - potrà tornare libera in seguito alla grazia concessale da Mussolini.

Dopo la Liberazione riesce, con qualche difficoltà, a essere reintegrata al suo posto di direttrice della Nazionale (che, nel frattempo, il Ministero aveva affidato ad Anna Saitta Revignas): riorganizza la biblioteca e la dirige, con riconosciuta autorevolezza e competenza, dal 1945 fino al 1953, anno in cui le viene conferito l'incarico di ispettrice generale bibliografica, col quale chiuderà la sua carriera (1955).

Nel corso della sua lunga attività Anita Mondolfo ha dato un apporto fondamentale ai più importanti temi di politica bibliotecaria, intervenendo ai congressi dell'AIB (lungimirante, in quello del 1931, la sua proposta di «accentramento di schedatura»), ricoprendo importanti incarichi (fu membro del Centro nazionale per il catalogo unico e docente di biblioteconomia all'Università di Firenze), pubblicando contributi originali sulle principali riviste e repertori italiani.

I suoi scritti sono riuniti per la prima volta nell'esauriente bibliografia che segue all'articolo, omaggio postumo a una singolare figura di bibliotecaria sino ad oggi non abbastanza ricordata dalle nostre riviste professionali.

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