Primi elementi di "webografia"
di Elena Boretti

È ancora molto diffusa l'idea che Internet sia un gioco che non vale la pena prendere sul serio, perché riguarderebbe solo gli appassionati di informatica, oppure coloro che hanno interesse a diffondere pubblicità o utilizzare un nuovo mezzo di persuasione a bassi costi. In realtà c'è qualche elemento di verità in queste considerazioni, ma bisogna anche tener conto della rapidità di cambiamento del settore, un settore in cui la comunicazione, che si affianca all'offerta di informazione, richiama l'attenzione verso le esigenze della domanda. Se questa dinamicità possa indurre a una evoluzione in positivo dipende in buona parte da coloro che vi si dedicano: sappiamo tutti che Internet non appartiene a nessuno, ma è il risultato di quanti, enti e utenti, si collegano e se ne servono per veicolare informazioni e messaggi.

È innegabile che Internet, creata dal mondo dell'informatica, abbia appassionato per primi coloro che si occupano o hanno maggiore esperienza in quel campo, ed è anche innegabile che chi opera in quell'ambito, o a stretto contatto con esso, goda di una connettività migliore e a più bassi costi e quindi di condizioni privilegiate. Si tratta però di fattori del tutto accidentali e in corso di superamento, ai quali non possiamo permettere di coltivare l'equivoco che fa scambiare la tecnologia informatica con la gestione dell'informazione. Può sembrare un'affermazione banale, soprattutto nell'ambito della nostra professione bibliotecaria, ma è anche vero che non è stato ancora trovato un equilibrio nel rapporto fra le competenze specifiche delle due diverse professioni, quella dell'informatico e quella dell'information manager. Che cosa si intende, nella terminologia comunemente usata, per "sistema informativo"? Probabilmente il significato che prevale ancora diffusamente è quello di "sistema informatico", costituito da componenti tecnologiche. In un momento di grande fermento come quello attuale vi sono invece ambiti tipici della nostra professione all'interno dei quali il bibliotecario dovrebbe svolgere una funzione di indirizzo per lo sviluppo di servizi informativi efficaci.

Negli ultimi tre anni Internet ha compiuto un grande salto di qualità con la realizzazione, grazie al CERN di Ginevra, della tecnologia che ha dato la nascita al World Wide Web. Da quel momento è iniziata una vera esplosione sia nel numero degli utenti di Internet che nella quantità di informazione resa disponibile. Anche nelle biblioteche si è iniziato a parlare della possibilità di passare dal possesso di documenti alla fornitura di accesso all'informazione e alla documentazione elettronica. La grande facilità di consultazione del Web, i bassi costi delle attrezzature e le semplici competenze necessarie a produrre pagine da mettere a disposizione hanno indotto quella esplosione che ha gettato anche luci negative su questo mezzo. Ma, come tutti i professionisti dell'informazione dovrebbero ormai ben sapere, non è il mezzo a essere di per sé buono o cattivo, bensì l'uso che se ne fa.

Sono sempre più numerose le biblioteche, anche in Italia, che mettono a disposizione l'accesso a Internet. Oltre a dover affrontare gli aspetti di istruzione degli utenti, i bibliotecari si sono dovuti chiedere come regolamentare questo servizio e si sono preoccupati di costruire un elenco di indirizzi utili, di bookmarks, che fornisse una guida alle ricerche. Le fonti informative così reperite possono essere citate negli elaborati degli studenti, pur mancando ancora una normativa citazionale standardizzata. Ma i problemi che si pongono non sono solo di questo tipo. Infatti, come potremmo valutare la scientificità di uno studio che impiega queste fonti se non abbiamo elementi per stabilire almeno che queste fonti sono certe, autorevoli e verificabili? L'identificazione delle fonti, come ben sappiamo, è compito della bibliografia. Ma nel caso della - forse potremmo dire - "webografia", l'identificazione e la localizzazione richiedono entrambi la conoscenza dell'URL, l'indirizzo della pagina Web. Per un problema che si semplifica, un altro se ne aggiunge: se la facilità di localizzare una fonte potrebbe facilitare anche il suo controllo, verificare una fonte, i documenti elettronici, e particolarmente quelli in Internet, ha invece una estrema volatilità. Poiché sono tanto semplici ed economici da creare, con molta frequenza vengono anche sostituiti, eliminati o spostati ad altri indirizzi, vanificando del tutto la loro affidabilità.

L'archiviazione dei documenti elettronici da considerarsi storici, non più attuali, è un problema per il quale si dovrà presto iniziare a cercare una soluzione, ma prima vi sono altre questioni da risolvere. Prima di affrontare l'archiviazione, infatti, dobbiamo imparare a selezionare le informazioni affidabili. I bibliotecari hanno affinato delle tecniche per lo sviluppo delle collezioni, hanno criteri per selezionare le acquisizioni, ma allo stesso modo ora dovranno preoccuparsi di imparare a valutare i documenti elettronici. «Solo l'informazione affidabile è potere», dice Robert Harris [1], parafrasando uno slogan diffuso dai documenti ufficiali dell'Unione Europea, mentre Ciolek [2] si chiede quale possa essere il rapporto fra totalità dell'informazione in rete e informazione affidabile: 1:1, 100:1 o 1000:1? Ma, molto più di questo, altri pensano che, dal momento che l'informazione elettronica è facilmente alterabile, le biblioteche dovrebbero svolgere un ruolo di autenticazione e validazione dei documenti elettronici, con la regolamentazione quindi del deposito obbligatorio e l'organizzazione della conservazione [3].

In attesa che su questi aspetti si giunga ad accordi che non potranno che essere internazionali, la biblioteconomia anglosassone, o meglio la sua disciplina gemella, la scienza dell'informazione, si sta da un po' di tempo occupando con un certo impegno di ripensare i criteri tradizionali di valutazione delle fonti di reference per suggerirne l'applicazione ai documenti elettronici, in primo luogo a beneficio delle capacità di selezione critica da parte degli studenti. In Internet, afferma ancora Harris [1], nessuno approva il contenuto di un documento prima che diventi pubblico, ed è quindi l'utente a doverlo valutare in base ai propri bisogni. Occorre aver chiaro cosa si sta cercando, poi è necessario orientarsi verso il tipo di risorse più credibili per la soddisfazione di quella particolare esigenza e infine è necessario saper valutare la risorsa, con la consapevolezza che la valutazione di qualità è quasi un'arte che non può confidare su alcun indicatore perfetto.

Finora l'arte di cui si sta parlando era evidentemente propria, secondo Harris, dell'editore. In effetti questo rilievo sulla figura dell'editore che, venuto a mancare nel mondo elettronico, apre un vuoto per quanto riguarda le garanzie di affidabilità del documento, è un motivo che torna frequentemente nella letteratura sull'argomento [4, 5]. L'invito a porre attenzione al modo in cui si presenta un documento sul Web per imparare a riconoscere se sia frutto di un'iniziativa individuale, istituzionale o commerciale è una raccomandazione costante da parte di tutti coloro che si occupano di valutazione di risorse Internet. Anche la presenza o meno di uno sponsor e la chiarezza con cui è riconoscibile il rapporto fra l'eventuale sponsor e i contenuti informativi della pagina sono elementi verso i quali è richiamata l'attenzione con molta frequenza. Secondo Patterson [6] l'organizzazione ospitante è importante per la valutazione dell'autorevolezza, in particolare se vi sia la presenza di un nome o di un logo ufficiale sulla pagina. Anche se nessun contributo afferma esplicitamente che l'organizzazione possa essere identificata come editore a tutti gli effetti dei documenti elettronici ospitati, non di rado autori come Smith [7] adottano, nel loro elenco delle fonti citate, criteri redazionali che collocano il nome dell'organizzazione in posizione affine a quella normalmente riservata agli editori nelle citazioni bibliografiche. È effettivamente vero che, allo stato attuale degli usi del Web, quel che viene ospitato sui siti non è il risultato di una selezione dei contenuti da parte di una redazione qualificata: anzi, i siti commerciali vendono spazi a pagamento e l'acquisto diventa la sola condizione per la pubblicazione. È anche vero, però, che quando il logo o il nome di un'organizzazione appaiono con evidenza sulle pagine di un documento vi è una chiara assunzione di responsabilità nella pubblicazione.

Ma è ovvio che la valutazione dell'autorevolezza di una risorsa si dovrà basare, oltre che sull'editore, soprattutto sull'autore, ovvero sulla sua qualifica, la sua notorietà, la sua esperienza. E anche in questo molta parte delle risorse accessibili sul Web suscita perplessità, essendo l'indicazione di una responsabilità personale abbastanza rara e riservata principalmente alla pubblicazione di testi.

Quando si voglia invece conoscere chi abbia curato la redazione di un repertorio (per esempio un repertorio di risorse Web) difficilmente si troveranno esplicitati i nomi personali. L'organizzazione commerciale o scientifica, agendo come investitore nella realizzazione del prodotto, sembra voler apparire come unico proprietario di tutti i diritti, comprendendo anche quelli morali sull'elaborazione intellettuale dei contenuti. È una dimostrazione di quanto poco valore si attribuisca all'apporto intellettuale in confronto alle componenti tecnologiche delle fonti Web, un po' come se, a proposito di un libro, si volesse riconoscere l'importanza del contributo del tipografo e tacere quella dell'autore. Ma, in un universo informativo talmente vasto, l'indicazione di un nome personale non può essere sufficiente ad accreditare una risorsa. Innanzitutto sarà importante che il nome dell'autore sia accompagnato dalla sua qualifica, che sia raggiungibile per posta elettronica attraverso l'indirizzo sensibile sul documento stesso, che a questo si aggiunga l'indicazione di una sede, un telefono.

I contributi sulla valutazione però non ricordano l'uso di un altro accorgimento che potrebbe essere di grande utilità: la pubblicazione, in un documento collegato, del curriculum dell'autore, come vediamo fare in Rettig [8]. La pagina biografica è un'abitudine che viene praticata spesso sul Web più per vezzi autopromozionali che per attestazione dell'esperienza professionale, e che invece potrebbe essere utilmente adottata come motivo di accreditamento scientifico dei documenti di un autore. Per il momento è più frequente l'uso di una semplice indicazione, al piede del documento, sulla qualifica e l'incarico svolto dall'autore nel settore di interesse trattato.

Per Kirk [9], invece, l'autorevolezza di una fonte è già attestata quando vi si giunga a partire da un documento autorevole, mentre il nome del server ricavabile dall'indirizzo è sufficiente a costituire garanzia al pari del nome di un editore. Se elementi più certi, come l'organizzazione (il suo logo), sarebbero sicuramente apprezzati, per Kirk anche il solo ritorno all'home page posto al piede della pagina è sufficiente come attestazione di paternità editoriale. Sono criteri un po' troppo ampi e che lasciano insoddisfatti.

Uno dei più accreditati esperti, James Rettig, si mostra invece assai più esigente. Occupandosi da lunga data di questi temi e avendo lavorato molto anche sui criteri di valutazione delle fonti cartacee a paragone con quelle Web, Rettig [10-12], come Brandt [13] o Smith [14], è un sostenitore dell'importanza delle recensioni. La maggioranza dei servizi di indice sul Web intraprende la valutazione delle risorse nella totale ignoranza della tradizione elaborata per le fonti informative a stampa in ambito biblioteconomico. È questo un rilievo condiviso da molti altri, come Smith [7], Wendt [6] o Tillman [15], che concordano sul fatto che numerose sono le presentazioni di siti, spesso con l'attribuzione di punteggi che sintetizzano il merito riconosciuto, ma rare se non del tutto eccezionali sono le iniziative di valutazione critica attuate con metodi di livello scientifico.

Tra le esperienze di selezione di risorse basate su criteri verificabili, che non siano solamente dettati dall'impiego delle tecnologie più avanzate, ma prendano in esame i contenuti informativi, si possono elencare quelle di The Argus Clearinghouse [16], Britannica by Encyclopedia Britannica [17], CyberStacks [18], The Internet Public Library [19]. Molto più spesso, però, i servizi di indice non dichiarano esplicitamente i criteri di selezione. Sul Web si trovano anche esperienze di recensione, come quella di Infofilter [20], che però ha cessato questo progetto, Ariadne [21] e quella condotta dallo stesso Rettig [8]. È l'esempio dal quale sta prendendo spunto la rubrica L'altro scaffale di «Biblioteche oggi», consultabile anche sulla rete civica di Pistoia [22], dove sulla pagina La Forteguerriana per l'informazione in rete [23] si stanno raccogliendo le esperienze di recensione a fonti elettroniche disponibili sul Web o su periodici a stampa.

Se in effetti è molto ampia la bibliografia [4, 5, 24, 26] sulla valutazione delle fonti Web, quasi tutti i contributi esistenti sono di provenienza anglosassone e la letteratura professionale italiana ha dedicato ben poco spazio a questo tema [27, 28]. La necessità di simili esercizi si dimostra nella difficoltà che appare ancora evidente non solo nell'adozione di strumenti critici appropriati da parte dell'utente di queste risorse, per quanto professionale e qualificato, ma anche nella eccessiva aderenza degli strumenti di valutazione proposti in questi studi a quelli più certi e già comunemente accettati da tempo per la valutazione delle fonti cartacee. Se è chiaro che il documento elettronico richiede metodi di produzione e di uso che non sono inerenti solo alla sua componente tecnologica, non è chiaro ancora in tutte le sue implicazioni quanto e come la parte tecnologica influisca sugli aspetti di redazione e organizzazione del contenuto.

Le specificità e particolarità che differenziano il documento cartaceo da quello elettronico non sono minori se si prendono in esame documenti elettronici su diverso supporto, come per esempio su CD-ROM o su Web, perché la tecnologia adottata influisce fortemente, in modo diverso per i diversi aspetti, sul valore dell'opera. Sarebbe un gravissimo errore generalizzare e applicare ad esempio al CD-ROM, tanto più condizionato da hardware e software [29], gli stessi criteri di valutazione delle risorse Web, basate su strumenti tecnologici ampiamente standardizzati. Gli studi classici di valutazione delle fonti cartacee [30-33] possono quindi essere di aiuto solo se riusciamo ad astrarre da essi dei criteri per esaminare la capacità di apporto informativo dell'opera, mentre altri elementi valutativi, legati al buon impiego del tipo di supporto, dovranno essere creati appositamente per ciascun diverso supporto. Solo affinando queste competenze il bibliotecario potrà perfezionare la propria capacità di selezione delle risorse, integrando fonti cartacee e fonti elettroniche di vari tipi, scegliendo quelle più appropriate alle esigenze della biblioteca e della sua utenza, e anche imparando a realizzare pubblicazioni della biblioteca che non siano solo volumi a stampa.

Tra gli elementi da ritenere fondamentali per accreditare una fonte Web ve ne sono almeno altri due: le date e la "webografia". Per quanto riguarda le prime, è comune accordo ritenere indispensabile che venga fornita non solo una data di aggiornamento delle pagine, ma anche una data di creazione del documento, mentre alcuni propongono che si dia, oltre a queste, anche la data della prima collocazione sul Web. Una data specifica dovrebbe riguardare, nel caso di repertori, il controllo dei links alle risorse Web.

Per la citazione delle fonti, invece, un accordo comune non è stato ancora raggiunto. Non affronteremo qui questo argomento, oggetto di numerosi studi anche in ambito italiano [34, 35], ma ci limiteremo a dar conto di come viene trattato negli studi sulla valutazione. Smith [7] e Harris [1] accennano all'importanza della citazione delle fonti e alla possibilità di verifica dell'informazione mentre Richmond [36] annovera tra le dieci "C" proposte per valutare Internet proprio la citazione («le risorse Internet devono essere citate per permettere di identificare le fonti utilizzate, accreditare l'autore e fornire ulteriori suggerimenti di ricerca al lettore») e rinvia alla consultazione di appositi manuali di stile per l'apprendimento delle corrette modalità. In effetti, non solo è indispensabile per l'autorevolezza delle risorse Web introdurre nell'abitudine la citazione delle fonti [37], ma si sente anche molto urgente l'esigenza di approdare a uno standard citazionale. Se guardiamo a quanto accade nelle "webliografie" [38], o "webografie" [6], o anche "bibliografie" [4, 5, 24] (il termine è in uso soprattutto quando si comprendano fonti cartacee) che completano alcuni dei documenti utilizzati per questo studio, si ha una prova di come possano essere varie le differenze formali e con esse le possibilità di effettivo utilizzo delle fonti. I semplici elenchi di titoli sensibili [25, 39] o di URL sensibili [10] hanno un valore solo come indici di accesso a risorse selezionate per soggetto, ma non permettono al lettore l'identificazione e il riconoscimento delle risorse cui si riferiscono e quindi sono del tutto inutilizzabili come bibliografie. Vi sono poi esempi che seguono la forma autore-titolo sensibile-data [30], ancora abbastanza povera, mentre le forme più diffuse sono quelle più complete, che forniscono autore, titolo, data, URL sensibile e a volte anche luogo e nome dell'organizzazione [5, 7, 24].

L'ordine e i segni grafici adottati sono però diversi. Infatti, oltre ai problemi derivanti dalle troppe carenze di elementi identificanti, le notazioni grafiche non standardizzate intervengono ad accrescere le ambiguità. Soprattutto a proposito delle date, che si possono trovare in varie posizioni e talvolta racchiuse fra parentesi tonde o quadre, se non si conosce la norma cui l'autore ha deciso di attenersi si perde del tutto l'interpretazione del significato. Non avendo ancora risolto i problemi di conservazione dei documenti storici e di indirizzo permanente delle risorse, trovano infatti molta importanza in "webografia" non solo la data di creazione e quella di ultimo aggiornamento, ma anche quella di consultazione o stampa, tutte indicazioni che dovrebbero essere fornite ma per le quali si consigliano stili vari e difformi [1, 6]. Ulteriori difficoltà, secondo Ciolek [40], derivano dal fatto che il documento elettronico non abbia paginazione.

La citazione delle fonti, seppur molto importante, non è l'unico punto critico per la maggioranza delle risorse Web. Come insegna Katz [32] per le fonti informative cartacee, i fattori fondamentali della valutazione - proposito, autorevolezza, contenuto, destinatari, costo, forma - possono avere applicazioni diverse nel caso riguardino bibliografie, repertori, indici, enciclopedie, manuali, cataloghi, periodici, opere a testo completo, biografie, elenchi, orari, statistiche o altro ancora. Ad esempio, se nel caso di una bibliografia è molto importante la metodologia adottata, nel caso di una biografia assume rilievo fondamentale il rapporto, e quindi il punto di vista del biografo verso il biografato; un'opera di reference non può non avere un buon apparato di indici; un'enciclopedia dovrà essere molto diversa per contenuti, linguaggio, confezione se rivolta ai ragazzi piuttosto che agli adulti. Queste specificità già individuate per le fonti a stampa dovrebbero diventare ancora più complesse quando si passi a un supporto elettronico, proprio per le sue maggiori potenzialità e quindi per i risultati che ci possiamo attendere da esso. I contributi che abbiamo esaminato, invece, non solo si limitano a una ricognizione molto generale dei principi fondamentali della valutazione, ma restano in gran parte aderenti alla tradizione classica attestata per le fonti a stampa, introducendo criteri specifici per il Web solo in modo molto ridotto e parziale. In riferimento al contenuto si richiama l'attenzione sulla sua ampiezza e completezza, sugli estremi cronologici, sull'area geografica, sulla lingua, sul livello della trattazione - che può rivolgersi a interessi generali, accademici, educativi - e sul punto di vista, che può riflettere interessi di gruppi, culture o nazioni. A questo proposito, probabilmente anche perché la maggior parte di questi contributi si colloca nell'ambito delle biblioteche universitarie e ha una funzione di guida per gli studenti, un tema molto ricorrente e a volte addirittura centrale [41] è l'invito a fare molta attenzione ai contenuti del documento, che possono essere veicolo di pressioni a favore di particolari gruppi di interesse economico, politico, culturale. Si tratta di un richiamo a diffidare, che certo non esalta, ma anzi getta una luce negativa sull'uso del nuovo mezzo.

Un sito Web può avere intendimenti di tipo promozionale, pubblicitario, di comunicazione di novità, di intrattenimento, di informazione per uso pratico o per affari, ma è condiviso l'apprezzamento verso una dichiarazione esplicita, evidente e immediata sull'intendimento e i destinatari del sito. Per Caywood [42] il titolo dovrebbe essere informativo del contenuto, per favorire l'individuazione dei propositi e dei destinatari. È parere comune che il tipo di tecnologia potrà ritenersi ben sfruttato se l'informazione sarà molto aggiornata, ma anche priva di errori e originale rispetto a quanto può già trovarsi su carta o su altri supporti. Oltre a questo, Smith [7] richiama a un buon uso dell'ipertestualità: i legami ad altri documenti devono essere appropriati, esaurienti, devono rendere evidente quando puntano ad altri siti, non devono essere deludenti. Ma, raccomandano Jacobson e Cohen [43], anche quando i links sono appropriati sarà sempre importante non dare per scontato che possano essere i più rilevanti. Per Smith [7] e per Grassian [44], inoltre, una risorsa Web ha un contenuto di maggior valore se non trascura le risorse in altro formato e quindi integra, quando sia utile, riferimenti a fonti cartacee. Per Caywood [42] le pagine dovrebbero essere concise e nel suo insieme la realizzazione dovrebbe offrire di più di quanto si potrebbe avere a stampa. La proposta di Caywood è in effetti mirata a un'analisi più specifica per le risorse Web, ma questo tipo di approccio, che affronta la valutazione a partire dall'accessibilità e dal design per arrivare solo successivamente all'analisi dei contenuti, è molto vicino a quello dei grandi servizi di indice del Web che, come dimostra Smith [7], antepongono a ogni altra la considerazione per gli aspetti tecnologici più di avanguardia. In conclusione, se è condivisa l'aspettativa per una originalità [37] delle fonti Web rispetto a quelle cartacee, per un esplicarsi di maggiori e nuove potenzialità grazie al mezzo elettronico anziché a stampa, si stenta ad afferrare in che cosa consista ciò che dovrebbe costituire questa differenza.

Dal punto di vista dei contenuti nessun significativo passo in avanti è stato messo in risalto, né in generale né in relazione a particolari tipologie di pubblicazione. Dal punto di vista formale [45] le osservazioni scivolano facilmente verso considerazioni su aspetti tecnologici in cui si perde di vista la questione centrale, la capacità innovativa del nuovo mezzo nel farsi supporto di informazione.

Nel solco dell'uso classico, gli studi sulla valutazione non si occupano di redazione dei documenti, ma solo di quegli aspetti della loro realizzazione formale che possono influire sul loro miglior utilizzo. Solamente Scholz [46] spiega che un documento Web è composto redazionalmente di una intestazione, un corpo e un piede, ma senza poi soffermarsi a spiegarne le ragioni e gli elementi che vi devono trovare collocazione.

Tra gli aspetti più ricordati troviamo l'importanza della stabilità del sito e della sua massima accessibilità, in modo che la volatilità delle risorse sia il più possibile ridotta; la semplicità dell'uso, che deve essere del tutto intuitivo; la funzionalità della grafica e delle illustrazioni, che non devono essere decorative, ma esplicative del testo; la concisione e la logicità dell'organizzazione; la disponibilità della funzione di ricerca, quando il complesso delle pagine sia molto ricco e non sia sufficiente la consultazione per indici; la leggibilità anche da parte di utenti che usino software obsoleti (una raccomandazione, questa, quasi mai seguita persino dai servizi pubblici); la velocità di visualizzazione delle pagine. Molto apprezzati sono anche le capacità creative e gli elementi di originalità, ma, a ben guardare, tra gli aspetti formali molti sono quelli che restano del tutto dimenticati. Sono per esempio aspetti tecnico-formali anche quelli che permettono che un sito sia ben censito dai motori di ricerca del Web, ma è chiaro che un sito ben censito è anche più efficace, perché più facilmente reperibile dall'utente. Si potrebbe pensare che aspetti come questo non vengano presi in considerazione dalle scienze dell'informazione, perché ritenuti più di pertinenza di chi non opera tanto sui contenuti informativi, quanto sulla loro trasposizione informatica. Mancando la figura dell'editore elettronico, si potrebbe discutere molto su quale debba essere la linea di demarcazione che distingue, separa e invita alla collaborazione l'esperto di informazione e l'informatico, ma chi si occupa da sempre di gestione dell'informazione, piuttosto che di tecnologie, ha certamente maggiore probabilità di successo nell'orientare l'impiego del mezzo alle esigenze dell'utente.

Un segnale abbastanza indicativo di quanto sta accadendo è il fatto che solo Richmond [36] e Caywood [42] ricordano il copyright, richiamando entrambi, in modo diverso, al suo rispetto, ma trascurando del tutto che un buon elemento di valutazione di una fonte è costituito anche da una chiara, corretta ed equilibrata dichiarazione di proprietà intellettuale. Se pensiamo che questi contributi prendevano le mosse dall'esigenza di fornire criteri di giudizio sul valore scientifico delle fonti Web e consideriamo che questo è quindi con tutta probabilità il livello migliore di quanto si possa oggi trovare, ci rendiamo conto di come non sia scontato che i criteri che valevano per la carta possano essere semplicemente applicati ai nuovi mezzi e si sia ancora lontani dall'acquisire usi che possano essere universalmente riconosciuti e condivisi fino al punto di rendere questi supporti sostitutivi di quelli tradizionali.

A conferma di quanto grande sia lo spazio per la sperimentazione e quanto forte la sua esigenza, abbiamo provato ad analizzare il modo in cui questi stessi documenti offrono informazioni sulla loro stessa pubblicazione. Se appaiono entrati nello standard la firma, l'indirizzo di posta elettronica e la data di aggiornamento, abbiamo trovato che effettivamente non sempre c'è un'indicazione di copyright, l'URL, la qualifica dell'autore, l'ente, la sua sede e il telefono. L'attenzione verso le esigenze del lettore offre la più matura dimostrazione quando sul documento stesso si trovano le istruzioni su "come citare questa pagina".

Ma le potenzialità di Internet non si limitano all'ambito delle pubblicazioni elettroniche e l'ipertestualità è solo una delle forme di interattività che è possibile sperimentare. Oggi, per fare un esempio, dall'interrogazione di un catalogo si può ottenere direttamente la disponibilità del testo, da un repertorio di indirizzi la funzione di invio di comunicazioni. Per questo è ancora più inutile per il Web, piuttosto che per la carta, elaborare una lista generica di elementi di valutazione. L'originalità che si va cercando, e della quale non sembrano avere molta consapevolezza coloro che si occupano di valutazione delle risorse in Internet, non sarà limitata ad aspetti grafici o formali, ma dovrà spingersi a ricercare innovazioni sostanziali. Si tratta di affrontare un vero e proprio salto di qualità, che può trasformare l'offerta di informazione in offerta di servizi, in canale di comunicazione, in altri usi al cui scopo devono ancora essere trovati i modi di destinare una sperimentazione avanzata, che non può certo essere affidata solo agli informatici, che non riguarda solo il settore delle pubblicazioni elettroniche, ma che certamente lancia una sfida a tutti coloro che si occupano di scienze dell'informazione.

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[13] D. Scott Brandt. Evaluating information on the Internet. «Computers in libraries», 16 (1996), n. 5, p. 44-46.

[14] Alastair Smith. Criteria for evaluation of Internet information resources. Last modified 2 March 1997. http://www.vuw.ac.nz/~agsmith/evaln/index.htm. Ultima consultazione 22-12-1997.

[15] Hope N. Tillman. Evaluating quality on the net. 1995, last revised 13 November 1997. http://www.tiac.net/users/hope/findqual.html. Ultima consultazione 22-12-1997.

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[21] Ariadne: the Web version. Last updated on 15-Jan-1998. http://www.ariadne.ac.uk/. Ultima consultazione 25-2-1998.

[22] L'altro scaffale: versione elettronica della rubrica di "Biblioteche oggi", a cura della Biblioteca comunale Forteguerriana. Aggiornata il 10 febbraio 1998. http://www.comune.pistoia.it/data/dirbib/informazione/indice.html. Ultima consultazione 24-2-1998.

[23] La Forteguerriana per l'informazione in rete. Ultimo aggiornamento 10 febbraio 1998. http://www.comune.pistoia.it/data/dirbib/informazione.html. Ultima consultazione 24-2-1998.

[24] Nicole Auer. Bibliography on evaluating Internet resources. Last updated November 24, 1997. http://refserver.lib.vt.edu/libinst/critTHINK.HTM. Ultima consultazione 22-12-1997.

[25] Alastair Smith. Evaluation of information sources. Last modified 5 December 1997. http://www.vuw.ac.nz/~agsmith/evaln/evaln.htm. Ultima consultazione 7-2-1998.

[26] Susana Alves. InfoGuide: World Wide Web site evaluation for information professionals. Royal Melbourne Institute of Technology, Department of Information Management, July 1997. http://www.bf.rmit.edu.au/Dimals/rguides/website.htm. Ultima consultazione 14-2-1998.

[27] Francesco Giacanelli. Valutare Internet per migliorare la ricerca. «Biblioteche oggi», 14 (1996), n. 9, p. 35-39.

[28] Gabriele Gatti. Macchine celibi? Accumulo o distribuzione dell'informazione fra tecnologie e professionalità. «Biblioteche oggi», 15 (1997), n. 6, p. 6-21 (oppure in Forum, E.S. Burioni, http://www.burioni.it/forum/bo97-gatti.htm).

[29] Peter Jacsó. CD-ROM software, dataware and hardware: evaluation, selection and installation. Englewood: Libraries Unlimited, 1992.

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[44] Esther Grassian. Thinking critically about World Wide Web resources. UCLA College Library, June 1995, last update 11/5/97. http://www.library.ucla.edu/libraries/college/instruct/critical.htm. Ultima consultazione 22-12-1997.

[45] T. Matthew Ciolek - Irena M. Goltz. Information quality WWW virtual library: the Internet guide to construction of quality online resources. 15 Mar. 1996, last updated 14 Nov. 1997. http://www.ciolek.com/WWWVL-InfoQuality.html. Ultima consultazione 22-12-1997.

[46] Ann Scholz. Evaluating World Wide Web information. Purdue University Libraries. Last update February 1996. http://thorplus.lib.purdue.edu/library_info/instruction/gs175/3gs175/evaluation.html. Ultima consultazione 30-1-1998.


ELENA BORETTI, Biblioteca comunale Forteguerriana, piazzale della Sapienza 5, 51100 Pistoia, e-mail boretti@aib.it.