Alberto Salarelli.  World Wide Web.  Roma: Associazione italiana biblioteche, 1997.   95 p.   (ET: Enciclopedia tascabile; 11).   ISBN 88-7812-039-1.   L. 12.000.

Questo nuovo volumetto dei rosa, l'«Enciclopedia tascabile» che l'Associazione italiana biblioteche pubblica con grande impegno divulgativo, tiene fede a quanto il suo autore, Alberto Salarelli, responsabile del laboratorio di informatica dell'Istituto di biblioteconomia dell'Università di Parma, si ripromette nella Premessa: descrivere la storia del WWW e introdurre con efficacia la discussione sul rapporto tra Web, informazione, ricerca e quel che più ci interessa, l'utilizzo dello strumento Web nell'ambito delle biblioteche.

C'è di che riflettere e il volumetto, diviso in due capitoli secondo gli argomenti in discussione (WWW: Internet come un ipertesto; Navigazione e recupero dell'informazione), ha il pregio di non eccedere in tecnicismi e di non utilizzare un lessico per iniziati, tanto più apprezzabile quando si tratta, come nella prima parte, di dare conto delle evoluzioni più recenti del Web e della sua sofisticata tecnologia: non manca perciò una serie di informazioni generali utili tanto a chi si accinge per la prima volta a "navigare", quanto a chi ha più esperienza e abbia appreso la filosofia generale del Web, ma voglia sistematizzare le proprie conoscenze. Efficace, tanto per fare un esempio, mi pare la distinzione tra Internet e WWW come elementi connessi ma distinti, che ci porta a quella che l'autore chiama "idea base" del Web: «collegare la documentazione presente in rete in modalità ipertestuale, in modo da superare i problemi legati alla differenza di piattaforme, di sistemi operativi e di protocolli d'accesso». Altrettanto utile, direi, è quella sorta di dizionarietto ragionato dei termini tecnici troppo spesso utilizzati con grande disinvoltura: e non è raro, in effetti, sentir parlare di HTML, URL, browser, con la netta sensazione di qualcosa di appiccicato e senza sostanza. Il volumetto di Salarelli, nel contesto dell'utilizzo nella biblioteca di questo strumento informatico, ci dà una serie di definizioni che tornano utili per sapere con chiarezza ed estrema sintesi di che cosa si sta trattando.

La seconda parte del libro riveste, invece, un interesse del tutto diverso. L'autore entra nel vivo dell'uso di questo strumento in biblioteca e procede per accenni, segnalando i problemi e indicando anche qualche possibile soluzione. Due aspetti messi in rilievo mi pare siano interessanti da sottolineare in questa sede: da una parte l'ampiezza dell'informazione che si può trovare sul Web e quindi i problemi della sua gestibilità, dall'altra il rapporto tra la professione del bibliotecario e la nuova tecnologia che incombe sulle biblioteche e sugli utenti. Due problemi evidentemente connessi e che Salarelli così sintetizza: «oggi, quando ancora un numero relativamente piccolo di persone ha acquisito la cittadinanza del cyberspazio, uno dei maggiori problemi consiste proprio nella capacità di poter sfruttare le potenzialità informative della rete. Troppo spesso ci si trova in una situazione paragonabile all'entrare in una biblioteca senza bibliotecari e senza cataloghi, dove per giunta ogni utente si sente in diritto/dovere di contribuire alla ricchezza della collezione donando ad ampie mani i propri manoscritti fino ad ora pudicamente custoditi nel cassetto più recondito della scrivania [...]. L'idea originaria del Web [...] abbatte la distanza fra utente ed informazione favorendo un approccio diretto al documento». E tra i problemi di gestibilità dell'informazione vanno senz'altro ascritti anche quelli che riguardano i costi delle attrezzature e dei collegamenti, spesso o quasi sempre in linea commutata, con verticali innalzamenti delle bollette telefoniche del singolo utente o delle biblioteche: al proposito mi paiono utili i consigli che l'autore raccoglie nel paragrafo Pianificare una strategia di ricerca, dove vengono segnalati alcuni siti di interesse generale e di immediato utilizzo.

L'ultimo aspetto che ci preme evidenziare, ovvero i riflessi nella professione, è affrontato nel paragrafo finale, Conclusioni: WWW per chi e perché, e ci sono un paio di frasi che, crediamo, debbano essere meditate con attenzione dai molti colleghi preoccupati di uno snaturamento e di una progressiva tecnologizzazione dei bibliotecari. Scrive Salarelli: «se è comunque vero che sono sempre meno le persone che possono affermare di non avere alcun interesse alla conoscenza del Web - in ogni caso esistono categorie di professionisti che necessariamente devono rendersi conto della portata di questo strumento per mantenere alta la qualità del proprio lavoro, fra questi innanzitutto i bibliotecari». E prosegue: «Da sempre chi entra in biblioteca non ha necessità dell'oggetto libro [...] ma delle informazioni in esso contenute. Il supporto è in molti casi indifferente all'utente: ciò che conta sono le risposte alle sue domande. Le cose stanno in altro modo per chi deve gestire l'informazione: una parte non trascurabile della professionalità del bibliotecario consiste proprio nella capacità gestionale dei mezzi di trasmissione delle conoscenze e del loro sfruttamento ottimale. Il WWW è in fondo solo un nuovo supporto in grado di veicolare dati che possono - nel concreto - trasformarsi in risposte ad un'ampia gamma di bisogni informativi». Ecco: d'un sol colpo Salarelli taglia il nodo gordiano di una questione annosa che divide i bibliotecari in umanisti (o pseudo tali), figli di una tradizione culturale antica e conservatrice, e bibliotecari tecnocratici protagonisti di biblioteche virtuali e d'un pessimo o meraviglioso mondo asettico senza carta. Il taglio è netto anche perché, tutto sommato, è un falso problema. Per chi è curioso e l'ha conservato c'è stato su questo tema un lungo dibattito su AIB-CUR, abbastanza di recente, e il risultato è più o meno lo stesso: il problema non esiste. Il bibliotecario è sempre stato, o avrebbe dovuto essere, un mediatore di informazione, e perciò quale ne sia il supporto, penna d'oca o catalogo online, il risultato non cambia. Se poi riesce a essere - e in molti casi lo è - un intellettuale e un ricercatore, dipende anche dal fatto che svolge una delle professioni più interessanti del mondo.

Enzo Frustaci, Biblioteca Romana dell'Archivio Capitolino