Le pouvoir des bibliothèques: la mémoire des livres en Occident, sous la direction de Marc Baratin et Christian Jacob. Paris: Albin Michel, 1996. 338 p. (Bibliothèque Albin Michel. Histoire). ISBN 2-226-07901-7. FF 140.


Nel 213 a.C. l'imperatore cinese Huang-ti fece bruciare tutti i libri, considerati pericolosi per la stabilità del regno. Quasi nello stesso periodo Tolomeo II Filadelfo, consigliato da Demetrio Falereo, dispose lo sviluppo della grande biblioteca di Alessandria. Questa singolare e inquietante coincidenza, ricordata da Luciano Canfora in uno dei saggi di questo libro, suggerisce un paradigma dell'atteggiamento solo apparentemente contradditorio che il potere ha riservato nel corso dei secoli ai libri e alle biblioteche: un controllo attraverso le strategie dell'accumulazione o dell'eliminazione. Può essere stimolante cominciare da qui per parlare di una riflessione realizzata attraverso quattordici saggi, tutti di storici e filologi di professione, salvo un bibliotecario, sulla storia delle biblioteche. È quanto ci propone - con l'aggiunta di uno stimolante post-scriptum - il volume curato da Christian Jacob e Marc Baratin. Come afferma Jacob nella prefazione, la raccolta prende lo spunto dalla realizzazione di una nuova grande biblioteca nazionale in Francia. Le pouvoir des bibliothèques si situa così al crocevia della storia del libro e delle biblioteche, proponendo un approccio nuovo, dopo alcuni anni di studi, con una particolare attenzione alla sociologia degli ambienti intellettuali, alle tecniche della scrittura, all'insieme dei gesti, dei luoghi e dei modelli di lavoro del pensiero nonché alle dinamiche della tradizione e alla memoria del sapere.

Il libro è diviso in tre sezioni. La prima, De l'ordre des livres à la carte des savoirs: utopies et inquietudes, comprende sei saggi, che hanno come comune denominatore l'immagine di una biblioteca che non è solo accumulazione di libri, ma luogo della convergenza delle informazioni sul mondo. Si apre con un contributo di Bruno Latour, Ces réseaux que la raison ignore: laboratoires, bibliothèques, collections, che propone una descrizione dei meccanismi di concentrazione del sapere, ponendo la biblioteca accanto al museo di storia naturale e ai laboratori scientifici, veri e propri "centri di calcolo" della comunità umana.

Christian Jacob, curatore del volume, David McKitterick, l'unico bibliotecario, e Salvatore Settis, il cui testo è quello già apparso su "Quaderni storici", 58 (1985), aggiornato e accresciuto dall'autore, mostrano come, da Alessandria ad Aby Warburg, passando per la genesi della biblioteca moderna, si assista al continuo conflitto tra l'utopia di un sapere sempre in trasformazione e la ragione degli schemi di classificazione. Jacob (Lire pour écrire: navigations alexandrines, la cui prima versione sintetizzata fu presentata al colloquio Alexandrie ou la memoire du savoir) dimostra come la più grande collezione di libri del mondo antico, quella di Alessandria, abbia prodotto anche nuove forme di scrittura dotta, quali le tecniche dell'edizione dei testi e l'esegesi, manifestando l'esigenza di nuove forme di visibilità del sapere, vera e propria "economia grafica della trasmissione".

Il "quaderno dei luoghi comuni" del tardo umanesimo è l'argomento del saggio di Ann Blair, Bibliothèques portables: les recueils de lieux communs dans la Renaissance tardive. Questa pratica, spesso iniziata con la scuola e attraverso la quale il lettore disegna la traccia del suo itinerario intellettuale, diviene anche un genere letterario e un fenomeno editoriale che anticipano l'enciclopedia, in quanto riduzione della biblioteca alle dimensioni di un unico volume. Roger Laufer (Nouveaux outils, nouveaux problèmes) si sofferma sull'"iperbiblioteca" del futuro e sulle trasformazioni che essa produrrà nei modi di leggere e scrivere, ristrutturando completamente gli statuti della ricerca. La dimensione multimediale determinerà una nuova forma di interazione tra lettore e biblioteca di modo che - secondo lo studioso francese - gli stessi itinerari della lettura individuale diverranno documenti di cui conservare le tracce.

La seconda sezione, intitolata Bibliothèques et societé: les politiques de la mémoire, si articola su quattro saggi e focalizza la dimensione dello stretto rapporto tra il potere (spirituale, temporale, ecc.) e la biblioteca. Antony Grafton (Comment créer une bibliothèque humaniste: le cas de Ferrare) dimostra come i criteri di selezione per creare le collezioni (la bellezza degli oggetti, la qualità dei testi) fossero già nel Quattrocento al centro del dibattito nell'entourage di Leonello d'Este. Roger Chartier (Le prince, la bibliothèque et la dédicace) sottolinea invece il ruolo che le dediche ai sovrani hanno nell'Europa del XVI-XVII secolo, non semplice dono al potente, ma identificazione di quest'ultimo come vero ispiratore, in un certo senso l'autentico autore, dell'opera. Mediante la sua biblioteca - in ciò consiste lo stretto rapporto con la politica - il principe crea le condizioni perché nasca il sapere, l'opera appunto. Da luogo di conservazione di una ricchezza minacciata, la biblioteca si trasforma in uno specchio nel quale si riflette la potenza del sovrano.

I saggi di Paul Nelles e di Jacques Revel hanno entrambi come oggetto la nascita della biblioteca moderna. Il primo (Juste Lipse et Alexandrie: les origines antiquaires de l'histoire des bibliothèques) sottolinea il ruolo di Giusto Lipsio nella definizione dei suoi compiti, in quanto istituto non confessionale, indirizzato al lavoro erudito e indipendente dall'insegnamento, mentre il secondo (Entre deux mondes: la bibliothèque de Gabriel Naudé) cerca di dimostrare come l'Advis pour dresser une bibliotèque più che il fondamento della nuova disciplina biblioteconomica sia il riflesso della realtà dei suoi tempi e in particolare della rete di relazioni creata intorno al Presidente del Parlamento di Parigi Jacques August de Thou e alla sua biblioteca. Ma ci pare che questo non tolga nulla al libretto di Naudé e alla sua dimensione, che non è certo solo di circostanza.

L'ultima parte del volume (La transmission, la perte et l'oubli) focalizza il ruolo di trasmissione della cultura e dei saperi e sul potere che in tal senso esercitano le biblioteche. Marc Baratin (De la bibliothèque à la grammaire: le paradigme de l'accumulation) si sofferma sui trattati dei grammatici latini e mostra come siano il riflesso della tensione tra il puro piacere dell'accumulazione e lo sforzo di trasmettere l'essenziale. Luciano Canfora, nel saggio che abbiamo citato all'inizio (Les bibliothèques anciennes et l'histoire des textes), dimostra come la continuità o la rottura della tradizione dipendano anche da fattori materiali, come la conservazione fisica dei libri, e dalle innovazioni tecniche che ne modificano le forme e i contenuti, soffermandosi sul passaggio dal rotolo di papiro al codice in pergamena nel quale individua le cause - altrimenti incomprensibili - della perdita di sezioni di molte opere classiche. Pierre Riché rivisita il tema a lui caro della circolazione e riproduzione dei manoscritti nei monasteri del medioevo (Les bibliothèques et la formation de la culture médiévale). Il saggio di chiusura di Jean-Marie Goulemont attira l'attenzione sul sentimento di precarietà, diffuso nell'epoca dei Lumi, che la gran quantità dei libri ingenera, determinando il timore della loro perdita, vera e propria "sindrome di Alessandria". Situando la nascita dell'Encyclopédie in questo clima, l'autore sottolinea la dimensione pessimistica di una parte dell'Illuminismo.

Il volume si chiude con un post-scriptum di Ann e Patrick Poirier (Mnémosyne) che si collega al tema dell'ultima sezione: in una forma grafica che potremmo definire preipertestuale i due "archeologi-architetti dei luoghi della memoria" ci danno un saggio di una ipotetica fine della civiltà della scrittura attraverso le note di un archeologo che descrive le tracce di una biblioteca scomparsa.

Proprio perché frutto della collaborazione di specialisti quasi tutti estranei alla professione bibliotecaria, il volume si raccomanda per l'ampiezza della visuale dalla quale affronta il tema "potere della biblioteca" (che vuol dire anche, ovviamente, "sulla biblioteca"). Pur tenendo conto del fatto che alcuni contributi sono solo in piccola parte originali (Jacob, Settis) o ripercorrono temi già abbondantemente sviscerati (Riché), ovvero traggono conclusioni sulle quali si può non concordare pienamente (Revel), Le pouvoir des bibliothèques rappresenta un momento di riflessione che non potrà essere eluso da chi vorrà (se e quando?) tracciare le linee di una "politica per le biblioteche", in un'epoca di grandi trasformazioni (o trasfigurazioni?).

Lorenzo Baldacchini, Istituzione Biblioteca Malatestiana