Nuove forme di gestione delle biblioteche:
"istituzioni" e altro

A sei e più anni dalla legge 142 (il nuovo ordinamento delle autonomie locali risalente al giugno 1990) siamo sempre più curiosi di sapere cosa si è mosso nel campo delle forme amministrative di gestione delle biblioteche, se, dove la forma "istituzione" è stata introdotta, vi siano state significative ricadute nei modelli gestionali organizzativi, e se quest'analisi possa aiutarci a indovinare cosa riserva il futuro alle biblioteche.

Nel 1990 la nuova legge aveva suscitato grandi speranze, e forse qualche illusione di troppo, per le biblioteche di ente locale, e non solo per le biblioteche. Le nuove forme di gestione, e soprattutto la forma "istituzione", sembravano rispondere alle rivendicazioni di sempre delle biblioteche che, anche attraverso la voce dell'Associazione, chiedevano in primo luogo più autonomia, ma per avere anche più progetto e più risorse, cioè più capacità di adeguarsi in modo dinamico e flessibile alle esigenze degli utenti e di fronteggiare meglio vincoli e difficoltà anche di natura economica.

In questi anni, però, non sono proliferate le istituzioni (neppure in altri settori, come ricorda più avanti Baldacchini), né comunque, in genere, si sono affermate nuove formule amministrative di gestione. Senza voler ritornare al già detto sul perché di queste aspettative disattese o addirittura tradite (la paura delle novità, l'indeterminatezza dei nuovi modelli, le difficoltà forse "primordiali" di molte delle nostre biblioteche), abbiamo invece chiesto ai testimoni di alcune delle esperienze più significative in corso di raccontarci in brevi schede le linee essenziali dei mutamenti amministrativi e gestionali e le attese per il futuro.

Lorenzo Baldacchini, direttore dell'Istituzione Biblioteca Malatestiana di Cesena, illustra il percorso "classico" di una biblioteca comunale, avente una forte caratterizzazione di biblioteca storica e nel contempo di biblioteca pubblica al centro di un sistema urbano con otto biblioteche decentrate, che passa da una gestione tradizionale in economia all'istituzione prevista dall'art. 23 della legge 142.

Chiara Rabitti, responsabile della catalogazione della Biblioteca della Fondazione Querini Stampalia, riferisce dell'esperienza particolare di una fondazione privata che gestisce in convenzione - non da oggi - il servizio di biblioteca pubblica per il Comune di Venezia.

Maurizio Caminito, vicedirettore dell'Istituzione Sistema delle biblioteche centri culturali del Comune di Roma, aggiorna le nostre informazioni sulle prospettive di un'istituzione che ha una forte caratterizzazione di sistema territoriale multibiblioteche.

Raffaella Manelli del Centro di documentazione della Provincia di Modena arricchisce il quadro con un'esperienza che non è riferita alla gestione di una singola biblioteca o sistema ma ad un centro di servizi per le biblioteche. È una storia che viene da lontano, risalendo ancora agli anni Settanta, e trova finalmente uno strumento adeguato nell'istituzione prevista dalla legge 142.

La lettura dei vari contributi suggerisce un quadro che non riguarda solo queste formule diverse dalla gestione in economia, ma anzi conferma e aiuta a mettere a fuoco quegli elementi che caratterizzano in questi anni, e toccheranno sempre di più nel futuro, anche le biblioteche che continuano a essere gestite con modalità amministrative tradizionali. Misurare i costi del servizio, valutare i benefici, controllare meglio le entrate (anche se sappiamo che per queste biblioteche difficilmente la percentuale di copertura delle uscite potrà essere alta), ragionare in termini di alternative anche per i singoli aspetti del servizio, gestire al meglio le risorse umane: sono i temi che non è più possibile tralasciare, se non si vuole evitare anche una perdita di credibilità della biblioteca. Gli standard di qualità e il rapporto con gli utenti, infine - anche in riferimento al rapporto centro-periferia, come insegna l'esperienza dell'Istituzione romana - sono il nodo centrale dell'attività, in quanto rappresentano gli obiettivi del servizio.

Emergono anche le difficoltà di gestione di tutte le biblioteche oggi, che spesso ruotano intorno alla parola "autonomia" e non differiscono dai temi in gioco in tutti gli altri servizi pubblici: la realizzazione di una piena autonomia dell'istituzione (nel suo significato più esteso e non solo intesa come modo di gestione ai sensi della 142), anche dove si è "inventata" una formula amministrativa diversa, insieme alla necessità di far crescere comunque l'autonomia gestionale dei dirigenti per consentire flessibilità e velocità nell'operare, e per converso il problema che l'autonomia non può oscurare la centralità dello scopo pubblico, il quale deve essere indirizzato e controllato.

Inoltre si conferma che non è facile per le biblioteche attingere a fonti di finanziamento esterne rispetto a quelle pubbliche, mentre resta egualmente forte l'esigenza della cooperazione.

Una preoccupazione può forse sorgere dal dubbio che la forbice si allarghi, aumenti cioè la distanza tra le biblioteche più "consolidate", dove il nuovo si afferma (non necessariamente attraverso nuove formule istituzionali) e talvolta si rafforza una tradizione anche precedente, e tante situazioni di sofferenza dove la biblioteca continua a mantenere un carattere di marginalità e di arretratezza. Una situazione ambigua si crea quando, in questo secondo caso, si segue la via di dare in appalto a terzi il servizio: il massimo del nuovo - controllo pubblico e gestione privata - o la battuta finale di una crisi involutiva?

Molto a questo punto sta anche alla nostra capacità di iniziativa, dei singoli bibliotecari e dell'Associazione, nel riproporre il senso della biblioteca nella comunità civile, ma non come riaffermazione di una rendita di posizione, bensì come continua ricerca nella messa a punto, a costi ragionevoli, di un servizio utile e adeguato alle esigenze dei cittadini.

Teresa Sardanelli