Giovanni Solimine.  Le raccolte delle biblioteche.  Milano: Ed. Bibliografica, 1999.  241 p.  (Bibliografia e biblioteconomia; 55).  ISBN 88-7075-539-8.  L. 30.000.

Il lavoro di Solimine presenta anzitutto degli evidenti pregi formali: è scritto in modo chiaro e accattivante, la materia vi è ben distribuita e opportunamente articolata in quattordici agili capitoli che coprono esaurientemente il tema trattato, l'impianto è sorretto da una buona coerenza interna e l'argomentazione complessiva si sviluppa con ordine e appare nelle sue varie parti convincente.

Ma anche dal punto di vista sostanziale il libro ha meriti notevoli. Prima di tutto, anche se ciò può un po' stupire, dal momento che si tratta di un tema veramente centrale per quella che Serrai ha denominato «biblioteconomia gestionale», l'opera viene a colmare una lacuna abbastanza evidente nel panorama della produzione italiana. L'autore ricorda opportunamente i lavori di Rinaldo Lunati sulla scelta del libro, di Carlo Carotti sulla costruzione delle raccolte e di Madel Crasta sullo stesso tema, ma, a parte questi e pochi altri contributi, non si può dire che l'argomento sia stato particolarmente studiato dalla biblioteconomia italiana, soprattutto dal punto di vista di una considerazione complessiva che sappia collegare, come fa bene Solimine, i suoi vari e diversi aspetti: programmazione, acquisizione, gestione spaziale, cooperazione, valutazione, conservazione, revisione. Alcuni di questi aspetti, come quello che potremmo chiamare del "deflusso" del materiale dal bacino delle raccolte, o anche del "diserbaggio" (per riferirci a espressioni in uso nella pubblicistica internazionale), pur rivestendo una grande importanza, anche per quella che può essere detta la "filosofia" dei servizi, sono stati finora particolarmente trascurati sia nella prassi che nella teoria. È merito di Alfredo Serrai avere introdotto a questo proposito la nozione di «metabolismo bibliotecario» e di avere sottolineato con forza, come Solimine ricorda, che conservazione e scarto sono due facce di un'unica medaglia; esistono tuttavia nella situazione italiana problemi giuridico-amministrativi che non possono essere ignorati né sottovalutati e per i quali occorrerebbe elaborare qualche linea di azione. Una possibile soluzione, non però del tutto convincente, è quella proposta in Lombardia, consistente nell'emanazione, caso per caso, di provvedimenti di "sdemanializzazione", secondo una sorta di "delibera quadro" riportata in appendice al capitolo sulla revisione.

Possiamo osservare a questo proposito che, se pure il documento appena menzionato suscita, come si è detto, qualche perplessità, va comunque ascritto a merito dell'autore l'aver riportato al termine di alcuni capitoli di questo lavoro un'utile documentazione, anche di provenienza internazionale: si può ricordare a mo' d'esempio quella sorta di declaratoria di profili professionali dei diversi incaricati della gestione delle raccolte elaborata dall'Università di Parigi X che costituisce, in traduzione italiana, l'appendice sul capitolo relativo all'approccio biblioteconomico alle raccolte (I mestieri della biblioteca).

Naturalmente, come ogni lavoro, anche questo presenta parti meglio sviluppate rispetto ad altre: oltre al capitolo già ricordato sulla revisione, mi sembrano particolarmente riusciti quello sulla cosiddetta "virtualità", dove si introducono importanti osservazioni sull'accessibilità e sulle condizioni di utilizzabilità dei documenti elettronici e quello su monitoraggio e valutazione, tema quest'ultimo che rientra, come si sa, tra le competenze specifiche dell'autore. Qualcosa di più si sarebbe invece potuto dire ad esempio sulle fonti utilizzabili per la scelta del materiale.

La trattazione è fortemente centrata sull'idea di programmazione che, a partire dell'elaborazione di una "carta delle collezioni", deve sorreggere la messa in opera di tutte le procedure relative alla costituzione, allo sviluppo e alla gestione delle raccolte e comporta il coordinamento della varie attività che in esse sono implicate. Ciò può essere espresso, a parere dell'autore, con il termine management, che egli traduce «gestione consapevole» delle biblioteche.

I discorsi (e i corsi) di management presentano però, a mio avviso, un rischio abbastanza insidioso: quello che l'ascoltatore un po' distratto non percepisca sempre con esattezza quando termina l'ispirazione al semplice buon senso - che costituisce comunque il quadro generale di riferimento - e incominciano invece nozioni tecniche specifiche, che possono del resto poi arrivare a un alto grado di sofisticazione. Così quando si legge che «Uno dei principali strumenti nelle mani del bibliotecario e di cui egli dovrà avvalersi per il suo lavoro sarà una profonda conoscenza della biblioteche», questo rischio sembra fare un po' capolino. Si tratta però, a ben guardare, di una semplice impressione. In realtà, ciò che Solimine intende, anche se non lo esplicita completamente in questa frase, è che la conoscenza che il bibliotecario deve avere della biblioteca, diversa in questo da quella che anche altri possono avere, deve essere profonda dal punto di vista biblioteconomico. Su questo, per la verità, Solimine insiste a sufficienza: non solo le raccolte devono essere considerate nella loro formazione e sviluppo con criteri biblioteconomici, atti ad esempio a coglierne la stratificazione e la fisionomia legata alla storia di ogni particolare biblioteca entro il quadro di una storia bibliotecaria complessiva, ma anche il singolo documento deve essere considerato nel suo valore propriamente biblioteconomico, ai fini dell'acquisizione, della gestione e dello scarto.

Il pregio maggiore di quest'opera consiste proprio nell'evidente proposito, a mio avviso ben realizzato, di offrire al bibliotecario degli strumenti atti a fargli sviluppare una competenza specifica nel modo di considerare e giudicare la biblioteca, vale a dire una cultura biblioteconomica. Ciò è particolarmente importante in determinati contesti, come quello universitario, dove altre figure, ad esempio i docenti, possono avere di libri e di raccolte conoscenze sotto altri aspetti anche più approfondite, ma non sono deputate a risolvere i problemi organizzativi in campo bibliografico. E serve anche a chi si occupa di biblioteconomia a identificare meglio i compiti e gli ambiti della disciplina, sottraendosi alla tentazione di fondarne il dominio specifico su aspetti troppo formali e, a lungo andare, addirittura irrilevanti.

Paolo Traniello
Università dell'Aquila