Quel libro nel cammino della mia vita: antologia di testimonianze

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Marzia Miele

Abstract

Quel libro nel cammino della mia vita: antologia di testimonianze, prefazione di Giuseppe Pontiggia. Milano: Comune di Milano, Assessorato cultura e musei, Settore biblioteche, 2000. 239 p.
Confesso che il primo impulso che ho avuto leggendo questo libro è stato di unirmi al coro delle testimonianze.Come presentare e commentare le dichiarazioni d'amore verso un libro, se non aggiungendo la mia personale storia? Perché chi conosce il piacere dell'immergersi nelle infinite esperienze che i romanzi, i racconti, la letteratura ci possono offrire, non ha bisogno di spiegare la necessità di leggere.Ma ciò che è apparentemente ovvio sovente necessita di esplicitazioni, e in questo testo troviamo le spiegazioni più consone al tema trattato: non lunghe disquisizioni accademiche sulla necessità e l'importanza della lettura, sul suo valore didattico e formativo, ma la testimonianza diretta, coinvolgente per il portato di verità delle emozioni realmente sentite, dell'impatto, a volte risolutivo, che un libro può avere nella nostra vita.Perché un dato hanno in comune tutte queste storie tanto diverse tra loro quanto lo sono le persone che le hanno scritte: l'incontro con un determinato testo ha instaurato un dialogo tra i loro bisogni, le aspettative della vita o di un certo momento esistenziale e quel testo ha determinato una svolta, un cambiamento nella propria interiorità.Questo libro trae la sua origine da un'iniziativa lanciata nel gennaio 1999 dall'associazione “La Camera chiara”, in collaborazione con la Biblioteca comunale centrale di Milano, le biblioteche rionali di Affori e Dergano-Bovisa, sempre di Milano, la rivista «Il segnale» e con la consulenza di Giuseppe Pontiggia.
L'intento era quello di coinvolgere direttamente i lettori in una sorta di indagine sulla lettura che, evitando la freddezza delle indagini di carattere sociologico, il carattere denotativo e non connotativo delle statistiche ricavate dalla elaborazione di un questionario, rivelasse le ragioni profonde di una scelta. Partendo da questa ipotesi, si è lanciato un appello ai propri lettori perché rievocassero l'incontro con un libro che aveva avuto un'importanza rilevante nella loro vita.Il risultato, come sottolinea Giuseppe Pontiggia nella prefazione, è un'antologia di storie emozionanti, come emozionanti sono stati gli incontri da cui hanno tratto origine. E, aggiungo io, di lettura gradevole, come se in qualche modo la passione per la parola scritta avesse trasmesso anche a persone comuni e certamente lontane, per lo più, nella loro vita quotidiana dai mestieri della scrittura la capacità di comunicare attraverso la parola scritta.Dopo avere elogiato il risultato conseguito con questa iniziativa, devo però, da addetta ai lavori, fare due appunti ai promotori e curatori dell'opera: non è stata esplicitata la metodologia seguita per contattare i lettori e chiedere il contributo, non è stato tentato alcun tipo di analisi di chi ha risposto all'appello e di chi invece non ha voluto o potuto farlo.Forse non si intendeva principalmente fornire uno strumento metodologico a quanti sono interessati alla promozione del libro e della lettura, ma il riferimento esplicito nell'introduzione all'iniziativa del Ministero per i beni e le attività culturali “Scuole di lettura” e la dedica iniziale ai non lettori, fa intravedere il desiderio di contribuire in qualche modo ad avvicinare il mondo opaco di chi nella loro vita ancora non ha ancora sperimentato l'incontro con il “suo” libro.In quanto al secondo punto, pur condividendo il desiderio di approfondire non i dati statistici, ma il come e il perché della passione di leggere, è importante - credo - comprendere quali sono i fattori determinanti per fare di una persona un potenziale lettore.Nello scorrere i diversi interventi, non ho potuto fare a meno di notare che la maggior parte proviene da insegnanti e studenti, da una categoria cioè naturalmente vicina al libro e alla scrittura. Certo, sarebbe stato ingenuo aspettarsi una risposta ampia da strati diversi della popolazione, penso comunque, pur rispettando il comandamento di Pennac sulla libertà di non leggere, che uno sforzo maggiore debba essere fatto per penetrare nella sfera dei non lettori e mutarli in potenziali lettori. Intanto possiamo cominciare tutti noi, che operiamo nei servizi culturali e nelle strutture educative, usando questo testo come uno strumento per intrigare e appassionare, mediando la conoscenza di opere “alte” attraverso le parole semplici, ma efficaci, di chi quelle opere ha amato più che apprezzato.

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