Sognando l'America


Non riusciremo a stancarci di sognare che anche in Italia si possa costruire un sistema bibliotecario realmente funzionante, anche se a volte il riproporsi sulla stampa quotidiana di articoli che denunciano il cattivo funzionamento di alcune strutture bibliotecarie ci spingerebbe quasi a proporre provocatoriamente di decidere, una volta per sempre, la chiusura delle nostre biblioteche e il trasferimento dei libri in una o più biblioteche americane, in modo da por fine allo "scandalo".

Credo di poter affermare, senza tema di smentita, che l'AIB e i tanti bibliotecari italiani che operano coscienziosamente ormai da decenni chiedono che finalmente le nostre biblioteche possano offrire agli utenti i servizi che è giusto pretendere da un sistema bibliotecario armonicamente strutturato. In questo senso le critiche, anche le più severe, "fanno il nostro gioco" e sarebbe un errore rispondere in maniera altezzosa o dubitare del "diritto di lamentazione" di chi solleva problemi reali e denuncia, anche in maniera impietosa, carenze nei servizi. È utile invece non solo cercare un confronto, ma anzi trovare alleati in una battaglia che è, da sempre, anche la nostra. L'AIB è impegnata da molto tempo su questo fronte. E non solo con dichiarazioni politiche di intenti, ma nella pratica, come dimostra lo sforzo di proporre al mondo bibliotecario italiano strumenti quali Linee guida che possano consentire di misurarci con le diverse problematiche del servizio per migliorarne la qualità complessiva.

Saranno i prossimi anni finalmente quelli che consentiranno di ridisegnare il panorama bibliotecario italiano? Noi non vogliamo stancarci di sognarlo.

Ci piacerebbe che finalmente le biblioteche scolastiche trovassero il giusto riconoscimento a livello nazionale, quale primo anello della catena della formazione e dello sviluppo culturale dello studente/cittadino.

Vorremmo che le biblioteche di pubblica lettura fossero uno dei perni del rapporto di fiducia che un'amministrazione stipula con i cittadini nel territorio. Un fulcro attorno al quale possa ruotare la crescita civile di un paese, di una circoscrizione, di una città.

Ci piacerebbe che le biblioteche delle università e degli enti di ricerca fossero uno dei gangli fondamentali del progresso scientifico, grazie a investimenti adeguati e a una diffusa coscienza della necessità dello studio, nella convinzione che la biblioteca, di carta o "ibrida" che sia, debba essere un supporto indispensabile per la comunità scientifica nazionale e internazionale non solo per il reperimento, ma anche per la diffusione dell'informazione.

Vorremmo che le biblioteche pubbliche statali potessero svolgere in piena armonia quelle funzioni di conservazione e di supporto alla ricerca avanzata che dovrebbero essere loro proprie.

Abbiamo spesso ribadito, a tutti i livelli, che non rinunciamo al nostro sogno perché siamo convinti che le biblioteche svolgono una funzione fondamentale per la crescita democratica di una nazione. Rinunciare a questo straordinario strumento equivarrebbe a un suicidio collettivo delle nostre coscienze.

Non v'è dubbio, però, che anche la pubblicistica (spesso per mano di docenti universitari, ma non solo) che talora si esercita nella denuncia delle disfunzioni del nostro sistema bibliotecario, rischia di rendere vuota la lamentazione, senza fare lo sforzo di aiutarci a trovare una soluzione dei nostri problemi, quando invece di analizzare le ragioni vere, si limita a ricordarci di come funzionino bene le biblioteche di altri paesi, in specie quelle americane.

Siamo i primi a lodare i modelli stranieri, soprattutto a considerare quanto sia importante tenerli presenti, riproducendoli, se possibile, anche da noi. Eppure, come non provare un certo fastidio, lo si dice sinceramente, quando l'esempio portato a paragone è l'America? E non si tratta solo di una nostra invidia nei confronti dei colleghi statunitensi. Certo le biblioteche americane, siano esse di pubbliche lettura, universitarie o di ricerca, siano la Library of Congress o la National Library of Medicine, sono un esempio più che valido.

Ma rispetto al funzionamento, mettiamo, delle nostre università, davvero l'unica differenza tra Italia e America si riscontra nelle biblioteche? E anche per quel che concerne il rapporto tra amministratori, cittadini e biblioteche di pubblica lettura, l'unica differenza tra Italia e America si rileva nel funzionamento delle biblioteche?

Sia ben chiaro: che la differenza esista è verissimo e può anche essere utile ribadirlo, ma non sarà che la nostra realtà bibliotecaria altro non è che l'ulteriore testimonianza di una diversità strutturale, di una diversa evoluzione sociale ed economica? Insomma di una diversa considerazione complessiva della biblioteca all'interno del contesto culturale?

Se la risposta è affermativa, il richiamo all'esempio americano sembra servire solo a dimostrare che chi lo avanza si è recato qualche volta all'estero, magari anche per motivi di studio. Ma certo non è un contributo "critico" alla soluzione dei nostri problemi.

Perché mentre noi continuiamo davvero a sognare l'America, molti di quelli che la portano ad esempio ci danno l'impressione (e non ce ne vogliano) di aver trovato l'America proprio nella realtà italiana, di cui noi, per altro, non ci stancheremo mai di sottolineare i difetti, sperando che davvero il nostro sistema bibliotecario possa trovare una sua precisa identità all'interno di un contesto normativo e, soprattutto, sociale e culturale che riconosca alle biblioteche e ai bibliotecari la loro funzione fondamentale per l'evoluzione democratica della nostra società.